tag:blogger.com,1999:blog-84283661345315520542024-03-28T11:48:52.503+01:00Bokura no KakumeiUn magnifico planetario, vero? Ecco, vedi... il proiettore ricrea illusioni fiabesche
per chi ha nel cuore desideri ingenui, per chi spera che esista davvero qualcosa
di eterno e per chi crede ancora che i miracoli possano avvenire. Ma non c'è niente
al di sopra di questa stanza.
Francesco Granzierahttp://www.blogger.com/profile/14967626801426918935noreply@blogger.comBlogger282125tag:blogger.com,1999:blog-8428366134531552054.post-51966957558813517772024-03-12T13:02:00.018+01:002024-03-12T21:22:46.437+01:00Stacy, una Graphic Novel di Gipi<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhB5Z3MtVI9qMrPw1dJZDC7x_8EVBoXslg1wsGMHU-LLdYO56htPVm0DFknug8s6TZFEMPJZjXrQ0xo-ZVqn6uCqCd6pPxQWo-UEmunuArll3xOvtjZnac6ybffag-MAJ0oMCUawUiQj4kjC-EvI9gK496JhkX_qpcPFJmSyi8auojxqV82k86rnrgP/s1097/Cattura.PNG" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="764" data-original-width="1097" height="268" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhB5Z3MtVI9qMrPw1dJZDC7x_8EVBoXslg1wsGMHU-LLdYO56htPVm0DFknug8s6TZFEMPJZjXrQ0xo-ZVqn6uCqCd6pPxQWo-UEmunuArll3xOvtjZnac6ybffag-MAJ0oMCUawUiQj4kjC-EvI9gK496JhkX_qpcPFJmSyi8auojxqV82k86rnrgP/w384-h268/Cattura.PNG" width="384" /></a></div><br /> <p></p><p style="text-align: justify;">Gipi, almeno per me, è uno ai livelli di Pazienza, se non il suo erede spirituale. Anche se di suo non mi è piaciuto proprio *tutto*. La <i>Terra dei Figli</i>, ad esempio, mi aveva fatto a dir poco addormentare. Ciò premesso, Gipi sembra una persona fragile: lo si vede a sentirlo parlare nelle interviste, lo si percepisce dalle sue movenze incerte. La sua probabilmente è una psicologia post traumatica, della serie che c'è qualcosa che deve averlo scosso per davvero quando era piccolo. E ciò che in lui è sopravvissuto a tale "breaking point" interiore ora come ora deve convivere col senso di colpa dovuto al privilegio (il senso di colpa è una cosa che Gipi ha in comune con Zerocalcare). Perché sì, accedere dal nulla agli ambienti altolocati della cultura italiana e poter quindi campare della propria arte è appannaggio di pochi, e l'autore sembra risentirne. Detto questo, a un certo punto, non ricordo in che anno di preciso, questa persona fragile posta una vignetta su Instagram (una stronzata, sì, ma chissenefrega: su Magnus & Bunker c'era di peggio; sullo stesso Pazienza c'è molto di peggio, soltanto che a quei tempi non c'era la cancel culture). Da qui inizia il putiferio: l'artista viene linciato da femministe, politicamente corretti vari, leoni da tastiera e per finire dai suoi stessi amichetti di merende della sinistra radical chic italiana. Ergo Gipi si toglie definitivamente dai social, che già in precedenza gli provocavano disagio (e ci mancherebbe, sono stati creati apposta per friggere le teste delle persone!), e scrive <i>Barbarone sul pianeta delle scimmie erotomani</i>, un fumetto comico denso di riflessioni sul baratro del solipsismo animalizzato contemporaneo (l'astronave/specchio con la stessa forma di uno dei personaggi; le scimmie che vogliono inculare l'alter ego Gipiano). </p><span><a name='more'></a></span><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">In questo periodo buio dell'autore, che ricordiamoci è fragile e sensibile, nasce poi <i>Stacy</i>, una somatizzazione più articolata dell'evento. La storia parla di questo Gianni (notare la scelta del nome) il quale, dopo aver venduto in televisione la sua storia di poveretto e aver grazie a ciò accresciuto la sua fama e popolarità, un bel giorno, durante un'intervista, dice una cosa che sarebbe stato meglio non dire; questa cosa viene poi ripubblicata in forma parziale e strumentale e da lì parte la shitstorm mediatica. Tra i suoi odiatori telematici c'è Lalla, una femminista tatuata e vagamente goth che appartiene al suo stesso establishment culturale: i due si conoscono per via di amici e lei in qualche modo lo aiuta a rifarsi una reputazione – sono i social media in sé stessi a spingere le persone a odiarsi. Sono di fatto una forma di "dividi e impera" totalitaristico, e l'autore, che ne è consapevole, calca la mano su questo aspetto. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Il focus della narrazione, rant e riflessioni personali a parte, è quindi il rapporto tra Gianni e Lalla, questa Lalla impegnata nel sociale ma di una pochezza intellettuale assurda che diventa un po' un personaggio riparatore creato ad hoc per alleviare il dolore, una sorta di <i>waifu</i> autoriale, la donna dei tuoi sogni forte e in grado di guidarti e dominarti, che ti sa scopare per bene, che passa sopra ai tuoi problemi pur rimanendo un oggetto di venerazione feticistica. E poi il rapporto col demone, l'alter ego oscuro che è venuto fuori durante l'intervista vittimistica ed ergo a causa del narcisismo dello stesso Gianni, in ultima sintesi per via del suo essere egoriferito e assetato di visibilità, proprio come Lalla. Perché se non si è così non si può avere successo nel mondo contemporaneo: se non si appartiene a quegli ambienti lì che richiedono di fare, dire e pensare quelle altre cose lì, si è senza voce. E Gipi lo sa bene. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">"Sono davvero così?" sembra un po' essere la domanda che si pone l'autore durante i suoi sperimentalismi visuali e narrativi (alcune parti non sono neanche disegnate e ci sono pezzi di sceneggiatura scritti a macchina a fare da collante). La risposta è "No": ed ecco il borsone esplosivo sotto al tavolo. Questo è un po' un cliché: molte opere incazzate con la società dei consumi post '89 finiscono con la smitragliata finale, tipo Bianconi che nel suo <i>Regno Animale</i> vorrebbe ammazzare soubrette, personaggi dello spettacolo, influencer ante litteram ecc. Il fatto è che non si può, quindi <b>il solipsismo altrui forza le persone intelligenti a chiudersi sempre più nel loro stesso solipsismo: principio di azione e reazione</b>. Ed ecco il mito del MGTOW, le microsette, gli incel, i terroristi della domenica, la carriera e gli eroi dell'autovelox. Gipi condanna il "riduttivismo" applicato alle persone imposto dai social media, in altre parole il fatto che dietro agli avatar, soprattutto al suo avatar, ci siano esseri di carne e sangue; ma il passo successivo, cosa che il fumetto non dice, è un qualcosa a cui soltanto Anno Hideaki era arrivato (dopotutto il Giappone è sempre stato avanti a tutti in fatto di nevrosi di massa). Ossia "siamo una società di bambini". Questo perché il dolore, che è stato rimosso dal totalitarismo del piacere consumistico, è stato cancellato, oppure – ancora peggio – simulacrizzato al fine di raccattare fama e consensi. E il dolore, quello vero e taciuto, è il principale motore di crescita e consapevolezza, ossia dell'umanità. </p>Francesco Granzierahttp://www.blogger.com/profile/14967626801426918935noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-8428366134531552054.post-12257818352373981032024-02-13T21:39:00.006+01:002024-02-14T10:21:32.514+01:00Sanremo, l'italietta e la sua società di bambini<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgnNA8fGAWCbMNRP69fmp9mzwZvVJ-QdB6MEZbZ6FFTJ36yJtbhHDUJxlVKSkEnFkfL7VvSzm79IQ4vZusmSTsfjml4P7U9BniC7JjvMTs9IESyJHxGHPuJUM-5VOkUXTE54z4hyphenhypheny6NKxloH6NMEm2vZGJsmumtoesE6IE4vTb9E3VWMQ6NeJbdVkJu/s1280/sanremo_endofeva.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1280" data-original-width="1077" height="346" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgnNA8fGAWCbMNRP69fmp9mzwZvVJ-QdB6MEZbZ6FFTJ36yJtbhHDUJxlVKSkEnFkfL7VvSzm79IQ4vZusmSTsfjml4P7U9BniC7JjvMTs9IESyJHxGHPuJUM-5VOkUXTE54z4hyphenhypheny6NKxloH6NMEm2vZGJsmumtoesE6IE4vTb9E3VWMQ6NeJbdVkJu/w291-h346/sanremo_endofeva.jpg" width="291" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><br /></div><p style="text-align: justify;">Premetto che non ho mai visto un Sanremo in vita mia, se non qualche spezzone quando ancora vivevo con mia nonna. Ciò premesso, questo Sanremo del 2024 mi è tuttavia arrivato alle orecchie in modo del tutto indiretto per via di un gruppo Telegram che frequento e di un'amica che lo ha seguito e commentato in un gruppo Facebook. Di mio non riuscirei mai ad ascoltare piangine cantate in autotune: io ho bisogno di musica vera ed energica, non di simulacri musicali. Detto questo, ho un'idea ben chiara di come siano andate le cose: <b>e soprattutto che Sanremo sia di fatto lo specchietto, la pantomima del modo di essere di un'intero popolo.</b> Vince la figlia di quello importante con una manipolazione del televoto, cosa ovvia:<b> in Italia ciò che </b><b>veramente </b><b>conta è essere figli di qualcuno. </b>Perché sì, nel regno feudale italico vige il fatto che il ricco vale sempre più del povero e non conta come tale ricchezza viene accumulata: il ricco è ricco, il potente è potente, fine. Il vero patriarcato è quello dei figli dei politici che abusano di ragazze con problemi mentali e la cosa viene insabbiata dai giornali; quello della piccola borghesia industriale di provincia, soprattutto del nord, che vota a sinistra, si dice pro-Ucraina e pro-Israele, partecipa alle manifestazioni arcobaleno e allo stesso tempo teleguida la vita dei propri figli educandoli a essere predatori privi di apatia, piccoli fascisti in miniatura tutti dediti all'accumulo di oggetti materiali e al consumo di persone. Tornando a Sanremo, messa da parte la vincitrice, abbiamo poi quella di quarant'anni, <b>la millennial con la frangetta e tante, troppe qualificazioni</b> (addirittura una laurea in fisica mi hanno detto) <b>la quale, per scalare la classifica, deve fare un botto di palestra, usare tonnellate di creme per la pelle e di trucco, mettersi le calze autoreggenti sexy, cantare una canzonetta orecchiabile e così via; tutto questo per poi perdere miseramente di fronte all'inarrivabile, giovanissima "figlia di qualcuno"</b> (un qualcuno tra l'altro defunto, così ci scappa pure la lacrimuccia). Al di là di un possibile discorso generazionale della serie "i millennials, pur essendo iperqualificati ce l'hanno sempre nel culo, anche quando cercano di adattarsi a una contemporaneità che non gli appartiene veramente, sicché sono venuti su con i valori del mondo pre-crisi", <b>questa è di fatto l'esaltazione della spiccata crudeltà della vita: la donna giovane trionfa su quella vecchia; il "figlio di qualcuno" trionfa sul figlio di nessuno; soltanto la fortuna e l'essere nel posto giusto al momento giusto è ciò che conta veramente in una vita dominata dal caos.</b> E qui si arriva alla napoletaneità e ai napoletani. Ora vi spiego perché. </p><span><a name='more'></a></span><p style="text-align: justify;"><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhuktbtlxvtRma5PFO6WwzvJK6wqDHXtbKIOF-CS7ZL_5ulUCckDNLmerZcWjNE6N-t4G_L6QrE3L1iRntGZOcO3StyqyuveQMEONejHrw02QwsfuFTJqX4va576KldDU7y3YT3au0BMK71c_HZCqsUgiPHXtrnyWY3Roh8YTNxB1DiufR2pXM8spro/s314/mAq3mzn3rUEFNga_.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="314" data-original-width="314" height="259" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhuktbtlxvtRma5PFO6WwzvJK6wqDHXtbKIOF-CS7ZL_5ulUCckDNLmerZcWjNE6N-t4G_L6QrE3L1iRntGZOcO3StyqyuveQMEONejHrw02QwsfuFTJqX4va576KldDU7y3YT3au0BMK71c_HZCqsUgiPHXtrnyWY3Roh8YTNxB1DiufR2pXM8spro/w259-h259/mAq3mzn3rUEFNga_.jpeg" width="259" /></a> </div><div style="text-align: center;"><b><i>Statt' accuort!</i></b></div><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Il napoletano non poteva mai vincere Sanremo. <b>Questo</b> <b>perché, volgarità e tifo da stadio a parte, la napoletaneità è l'ultima forma di coscienza sociale rimasta al nostro popolo</b>, ossia un popolo di bambini che giocano a fare il ballo del qua qua sotto gli occhi vigili dei loro padroni - che tra l'altro hanno pure richiamato colui che aveva osato dire "stop al genocidio", giusto per rimarcare <b>che va bene sì giocare, ma poi è chi sta in alto che decide quale gioco è consentito fare e quale no.</b> Forse negli anni ottanta Maradona poteva ancora lottare e vincere contro la tirannia degli industriali del nord ridicolizzando le loro squadre e andandosene poi a Cuba da Fidel Castro. Ma esisteva ancora l'URSS, che faceva cagare addosso un po' tutti in occidente: quindi c'erano delle limitazioni all'alta finanza, esisteva una sinistra realmente sociale e così via. Insomma, quello era un mondo ben diverso da quello caotico di oggi. Ciò premesso, nell'atavismo "napuli" vi è tuttora una considerazione fondamentale sulla natura umana, <b>ossia che le persone son persone, che la vita è regolata dal caso e quindi è ingiusta, e che con ciò, le persone soffrono</b>. Ma la consapevolezza della sofferenza, soprattutto quella degli altri, è ciò che rende veramente un bambino un uomo. <b>E a chi sta in alto servono bambini da bacchettare e a cui fare all'occorrenza il lavaggio del cervello, non adulti.</b> Perché sì, i napoletani, il loro modo di essere, la loro cultura, è tutta carica di empatia <b>e ha alla sua origine la comprensione del dolore del vivere</b>. Quindi no, un napoletano oggi come oggi non potrà mai vincere qualcosa, perché postmodernismo, come ho più volte sottolineato, è post-umanesimo. E la napoletaneità - i partenopei, i "portatori di saggezza" - è a mio avviso l'unica vera forma di rudimentale umanesimo rimasta al nostro paese. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhO_D2_rJ3rHKGUHRp9wjezyKy_3jJggwZHlvd8sStAO8taVkgfXDK3RLlE1UX1t99ykFmvdnCeHjJ3Ce__rgh2uaq5WxSxANs8crjQz9jq5hLz9C6a8L6WLlqMNNPFSEOC8b5gRGMam58msv6DgKSAaU4R25fD96YNRuQAiatgDn9zDVPJoGKxR-Hh/s1949/Immagine.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1175" data-original-width="1949" height="233" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhO_D2_rJ3rHKGUHRp9wjezyKy_3jJggwZHlvd8sStAO8taVkgfXDK3RLlE1UX1t99ykFmvdnCeHjJ3Ce__rgh2uaq5WxSxANs8crjQz9jq5hLz9C6a8L6WLlqMNNPFSEOC8b5gRGMam58msv6DgKSAaU4R25fD96YNRuQAiatgDn9zDVPJoGKxR-Hh/w387-h233/Immagine.png" width="387" /></a></div><div style="text-align: center;"><b><i>In un paese in cui soltanto i primi vengono ascoltati e acclamati, gli ultimi almeno ci provano a lasciare un messaggio sensato. </i></b></div><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Ci sono poi i "Lasad", altri millennial come la frangettata con gli stockings. Loro si dicono "punk", anche se mi sono sembrati un po' costruiti. Mentre cantavano la loro canzone c'era una ragazza con il caschetto blu, i tatuaggi e tutto l'armamentario dark ("la protagonista di uno dei tuoi romanzi", mi ha detto qualcuno) che faceva il gesto di tagliarsi, dopodiché si riconciliava col padre. Ho indagato e ho scoperto che questi "Lasad", anche se molto grossolanamente, cantavano del disturbo borderline, di una società anaffettiva tormentata dalle dipendenze e dalla mancanza di amore. I "Lasad" sono arrivati pressoché ultimi: questo a riprova che<b> i bambini-vecchio italioti non sono proprio in grado di comprendere il dolore altrui, soprattutto quando esso viene fuori dalle ferite interiori, da quelle che non si possono vedere e soltanto raramente coagulano</b>. I "Lasad" mi sono sembrati molto costruiti, sì, neanche lontanamente paragonabili a gruppi punk veri e propri come gli Exploited o i Disciplinatha, <b>ma almeno ci hanno provato a parlare di cose serie e problemi reali</b>. Pressoché ultimi in classifica, ovvio. In fondo, nel mio Antropofagia, il protagonista in origine lo volevo proprio chiamare "Ultimo", scelta che ho dovuto correggere per evitare rotture di palle per via dell'omonimo cantante per ragazzine. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Sembra che comunque i "Lasad" non siano stati gli unici a parlare di disagio sociale: la metafora di questo grande circo-allegoria a parer mio è quella <b>di</b> <b>un paese martoriato e di una classe dirigente vetusta e antropofaga</b>, del tutto refrattaria a cambiare i suoi schemi mentali. Ben venga quindi il trionfo dell'irrazionalità, della crudeltà della natura, <b>del rituale sbeffeggiamento dello straniero-padrone atto a esorcizzare la propria impotenza di servitori nati </b>(i Placebo che nel 2001 spaccavano tutto perché si erano sentiti presi per i fondelli; il <i>"quantosseibbona"</i> a Megan Gale; in ultima istanza la <i>perculazio quaquaresca</i> a John Travolta). Perché in Italia è tutto così, ma proprio tutto, e a qualsiasi livello. <i>"Mio figlio ha studiato a Londrah, ha avviato un'attivitah redditiziah":</i> quante volte ho sentito questa frase uscire dalla bocca di qualche borghesotto di provincia arricchito. Oppure:<i> "Questa ragazza è proprio una troia, meglio ficcarla in una comunità di recupero, va"</i>. Minchia quanta empatia questi italiani. <i>"Un mio amico Sabato grazie a Tinder se ne è scopate tre di fila, una dopo l'altra: che storia, eh?"</i> vomita ad alta voce il figlio di uno di questi borghesi al suo amico durante una partita di figurine fantasy. In un incontro a tema borderline, una vecchietta tutta pimpante e ben vestita, sorriso stampato in faccia stile spot pubblicitario, dice ai quattro gatti semidormienti che stanno lì a fare da pubblico: <i>"Una ragazza aiutata dalla nostra associazione mi ha detto che si taglia perché il dolore che si procura a quel modo è un sollievo rispetto a ciò che prova nella sua anima"</i>. E infine, tornando a Sanremo, <i>"La nostra solidarietà va a Israele"</i> e quindi un israeliano ucciso ha più valore di un arabo ucciso, e si possono uccidere e mutilare migliaia e migliaia di bambini arabi innocenti senza che si possa dire "be'" a tale riguardo, pena "istigazione alla violenza". <i>"Spero che i Russi ci invadano, è l'unica soluzione"</i> ho sentito dire da qualcuno. No, non è l'unica soluzione. I problemi dell'italietta resteranno sempre, perché il sangue, la genetica, sono cose che non cambieranno mai. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/9u44uUI0dK4" width="320" youtube-src-id="9u44uUI0dK4"></iframe></div><br /><div style="text-align: center;"><b><i><span style="font-family: courier;">Je sto vicino a te<br />Cu ciento strilla attuorno<br />Je sto vicino a te fin'a che nun duorme<br /><span style="color: red;">Je sto vicino a te<br /></span><span style="color: red;">Pecchè 'o munno è spuorco</span><br />E nun cercà 'e sape' meglio che duorme<br /><span style="color: red;">Ma che parlamme a fà sempe de stesse cose<br /></span><span style="color: red;">Pe' ce ntussecà</span><br />E nun ce 'ncuntrà ogne vota<br />C'arraggia 'ncuorpo e chi<br />Jesce pazzo tutt'e juorne pe' capì<br /><span style="color: red;">Je sto vicino a te pe' nun piglià cadute<br /></span><span style="color: red;">Je sto sempe cu te 'ncoppa 'a sagliuta</span><br />Je sto vicino a te e ciento strilla attuorno<br />Nun me fanno sentì si staje scetata o duorme...</span></i></b></div><div style="text-align: center;"><b><i><span style="font-family: courier;"><br /></span></i></b></div>Francesco Granzierahttp://www.blogger.com/profile/14967626801426918935noreply@blogger.com11tag:blogger.com,1999:blog-8428366134531552054.post-86652849691502399722024-02-06T23:46:00.008+01:002024-02-07T20:20:18.660+01:00Due aggiornamenti shitarellici <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhqVt1JnMTkSRDP208Rfk-pi0M8fIyxmmezJHTy8JF7g4E6Zh1wim91nD9ImekxuQRwwrow6Fcx3Nm4coDTKzAPPoSJOTE3Sr7dpnlvsqs1y3J814GkID1Hocp5jZuD6EjyG0W4Pz3-7QfD3QoLz_oZ8uHbR4tINIdPVirFDZDkjSN6l8OcQWNH0bbX/s1342/comunicaz_servizio.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="774" data-original-width="1342" height="227" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhqVt1JnMTkSRDP208Rfk-pi0M8fIyxmmezJHTy8JF7g4E6Zh1wim91nD9ImekxuQRwwrow6Fcx3Nm4coDTKzAPPoSJOTE3Sr7dpnlvsqs1y3J814GkID1Hocp5jZuD6EjyG0W4Pz3-7QfD3QoLz_oZ8uHbR4tINIdPVirFDZDkjSN6l8OcQWNH0bbX/w393-h227/comunicaz_servizio.jpg" width="393" /></a></div><div><br /></div><div><br /></div><div style="text-align: justify;">Lo scopo di questo post è informare i nostri lettori che l'amico e co-blogger Gualtiero (Shito) Cannarsi ha: <b>1)</b> Aggiornato il suo scritto <a href="https://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2023/02/chaly.html"><b>オカエリナサイ ~ CHAЯLY</b></a>, che consiglio di andare a rileggere (ovviamente, se non l'avete ancora fatto, provate anche a guardare il film: a mio avviso è un classico). <b>2)</b> Insieme a me e al musicista e poeta Antonio Belfiore ha partecipato a un video nel quale parliamo un po' del mio libro, <i><b>Antropofagia</b></i>, della sua genesi e di alcune tematiche a esso annesse, che vi linko qui sotto.</div><div><span><a name='more'></a></span><div><div><br /></div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/HaHTTwYyg_o" width="320" youtube-src-id="HaHTTwYyg_o"></iframe></div><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Detto questo, per chi non l'avesse notato (per scelta utilizzo sempre la solita vecchia grafica <i>old style </i>creata nel lontano 2014 da Francesco Busato aka Onizuka90, quindi magari certi cambiamenti nell'impostazione del blog possono passare inosservati), c'è una sezione apposita per i post di Shito/Gualtiero, un'altra per il materiale multimediale legato al mio libro (ci sono anche dei video che non ho annunciato nei post) e un'altra ancora che conduce al mio canale YouTube, che uso poco (un po' come tutti i <i>social</i>, che detesto) ma sul quale ogni tanto carico dei video (nell'ultimo, ad esempio, parlo di libri che ho letto di recente: sicuramente ne farò altri simili. Sentitevi comunque liberi di scrivermi e di proporre argomenti in merito ai quali potrei scrivere/parlare). </div></div></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div><br /></div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhKvy658MDkHtat5u__MHUKkzLgSUqGaBbzKMMj34gKK2QG_hNbWzqRbYfM1pawj6--5eeC7AgEraaIlotjQDKrykduBg6FRvgaYaRMuCch3Bl5l3roP00-pS7E04O5pT-86TpJMkFpxG7PzdL3McKJoK2ypVuL-Gplz52MxztM2Ymp2bWC6PQb0YpQ" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" data-original-height="108" data-original-width="741" height="62" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhKvy658MDkHtat5u__MHUKkzLgSUqGaBbzKMMj34gKK2QG_hNbWzqRbYfM1pawj6--5eeC7AgEraaIlotjQDKrykduBg6FRvgaYaRMuCch3Bl5l3roP00-pS7E04O5pT-86TpJMkFpxG7PzdL3McKJoK2ypVuL-Gplz52MxztM2Ymp2bWC6PQb0YpQ=w422-h62" width="422" /></a></div><br />Detto tutto ciò, un "nicchiosissimo" saluto dai vostri AkiraS. e Shitarello. </div>Francesco Granzierahttp://www.blogger.com/profile/14967626801426918935noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8428366134531552054.post-58387310578018773662024-01-27T21:54:00.006+01:002024-01-28T10:26:01.619+01:00La vera guerra in corso <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgr2d3G_rWZ9Kvl6jtoRX8feAoY63FLFowNxQLx8Fzn6OC6U7HtKGu0n1z3R5eHWIz3VjKvcQTfUXiwspgaBFwATz36YB86y2pYCzPqnNA2Pv1PwpR_yDluqHxdMAMstrsXKDW285It2__zhKYLQLCOLLya4i1R3v4tvJP0MorAXlxHKhiRgx04NySu/s1463/cover_guerra_in_corso.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1075" data-original-width="1463" height="262" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgr2d3G_rWZ9Kvl6jtoRX8feAoY63FLFowNxQLx8Fzn6OC6U7HtKGu0n1z3R5eHWIz3VjKvcQTfUXiwspgaBFwATz36YB86y2pYCzPqnNA2Pv1PwpR_yDluqHxdMAMstrsXKDW285It2__zhKYLQLCOLLya4i1R3v4tvJP0MorAXlxHKhiRgx04NySu/w357-h262/cover_guerra_in_corso.png" width="357" /></a></div><br /><p style="text-align: justify;">Il mondo è in guerra, e pure l'Italia lo è, tutta intenta a seguire il suo padrone a stelle e strisce con le pezze al fondoschiena: l'invio di navi nel Medio Oriente mi ricorda molto l'invio di soldati in braghe di tela in Russia quando c'era il pelatone servo dei nazisti (gli italiani sono un popolo di inservienti: cambia il padrone, ma le modalità di sottomissione incondizionata sono sempre le stesse). Certo, le missioni di guerra vengono ora chiamate "missioni di pace" con un gusto Orwelliano, l'informazione è manipolata all'estremo come accade in tutti i regimi, ma di fatto sì, c'è una guerra mondiale in corso. Le guerre nella postmodernità sono guerre localizzate e nelle quali non conta veramente la vittoria di un particolare schieramento: ciò che conta è che vadano avanti a oltranza, sicché più tali guerre durano e più il profitto sul sangue degli innocenti viene massimizzato. Ma ora qualcosa è cambiato: questa non è una guerra come tutte le altre. A Gaza è in corso un genocidio, del tutto taciuto dall'occidente; c'è stata una minaccia da parte di un parlamentare israeliano in merito all'utilizzo della bomba atomica (poi ritirata, ma dai <i>lapsus</i> freudiani delle persone si capisce comunque ciò che loro, nonché gli annessi <i>entourage</i> politici, pensano veramente). La guerra in Ucraina, d'altro canto, ha fatto il suo dovere: staccare l'Europa dal gas russo per annetterla completamente agli USA sotto tutti gli aspetti, anche energetici. In questo senso, gli <i>yankee</i> hanno raggiunto il loro obbiettivo, nonostante i soldati Russi stiano facendo stragi di ucraini e avanzando nella mattanza (e benché i nostri giornali di regime abbiano detto l'esatto contrario fin dall'inizio del conflitto). In tutto questo, gli schieramenti globali sono i seguenti: USA+Israele+Europa+satelliti Vs Iran+Russia+satelliti (la Cina è un <i>player</i> ambiguo, ma sta comunque rinforzando i suoi armamenti e si muoverà in base al proprio interesse, dando come al solito un colpo al cerchio e uno alla botte). <span></span></p><a name='more'></a><p></p><p style="text-align: justify;">Da un lato quindi abbiamo i paesi capitalistici e consumistici, quelli "senza Dio", in cui il controllo è esercitato mediante l'informazione, i <i>social media</i> e la pornografia, e nei quali la narrazione del successo economico del singolo individuo "libero di autorealizzarsi da sé" è il mantra dietro al quale si nasconde una strategia di smembramento sociale ben precisa (che ho già discusso altrove). Dall'altro invece abbiamo due paesi a trazione teocratica (ebbene sì, Putin dichiarò il comunismo o il "modo di essere" russo dedicato alla realizzazione pratica delle Sacre Scritture, cosa che un politico occidentale mai farebbe), guidati uno dal cristianesimo ortodosso, l'altro dall'Islam, ossia le due ultime grandi religioni familistiche rimaste (il cristianesimo occidentale, fin dalla riforma protestante – che tra l'altro è stata la vera miccia che ha innescato il capitalismo moderno, vedasi il saggio di Max Weber – ha via via perso la sua ortodossia, quindi non lo ritengo rilevante). Si capisce quindi il perché di tutto questo affannarsi a parlare e a demonizzare il "patriarcato" da parte dei media: è un modo di attaccare questi due paesi, che sono il nemico giurato dell'occidente capitalista post guerra fredda. Il capitalismo 2.0 – innescato dalla caduta del Muro di Berlino – per esistere deve infatti far fuori la figura di Dio, del Padre e del Figlio, dei padri e dei figli, dell'ordine ovvero il tessuto sociale comunitario: deve creare individui solitari e senza radici, senza guida, senza valori, incapaci di essere coesi. <b>In tal modo, tali individui, sentendosi tristi e vuoti a causa dell'assenza di senso delle proprie esistenze, consumeranno più prodotti</b> (l'uomo è un mammifero, ha bisogno del <i>partner</i>, ha bisogno del gruppo, ha bisogno del nido, e quindi di un luogo in cui sentirsi al sicuro). D'altro canto, ogni sistema teocratico che tuteli l'unione del nucleo familiare non può creare consumatori: il consumo è una distrazione dalla coesione sociale, è una distrazione dal dovere della crescita dei figli ("non comprare i <i>rabbadani</i>, le cose inutili", mi insegnava mia nonna, dotata di un forte retaggio cattolico provinciale/pastorale, e quindi familistico: soltanto perdendo un amore, anche e forse soprattutto a causa di tali distrazioni consumistiche, ho capito a posteriori il valore di questo insegnamento).<span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiOuXT6F2TgKM4JGqr7BBJupAAZpsCjvIm5XbMNA_QneH36yjNRy0lwUUkFDvZhdF_Mv_ga7E7AUXYXxxvYVGqFTN2u5CPducj8hc_pL0oDFbrUF6vvW8VpyucaYBjNaXd4lnO_JYqcXtjRqvdtAGlAqt_t5R8MjOA_E1DIa12Cziz0Vnqz1lWuV71k/s6000/DSC00005.JPG" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="6000" data-original-width="4000" height="349" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiOuXT6F2TgKM4JGqr7BBJupAAZpsCjvIm5XbMNA_QneH36yjNRy0lwUUkFDvZhdF_Mv_ga7E7AUXYXxxvYVGqFTN2u5CPducj8hc_pL0oDFbrUF6vvW8VpyucaYBjNaXd4lnO_JYqcXtjRqvdtAGlAqt_t5R8MjOA_E1DIa12Cziz0Vnqz1lWuV71k/w232-h349/DSC00005.JPG" width="232" /></a></div><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Con questo discorso non voglio giustificare i metodi brutali della polizia iraniana nei confronti delle donne, o inneggiare a Putin. L'essere umano, a mio modo di vedere, è una bestia fallata, una sorta di virus: nasce come animale (a)sociale da una difficoltosa evoluzione partita da qualche scimmietta isterica ed è portato per sua intima natura a fare il male a sé stesso e ai propri simili (il socialismo a mio avviso è crollato proprio per aver fatto l'errore di considerare la natura umana come un qualcosa di positivo). Gli esseri umani tendono al solipsismo, alla tirannia dell'ego, all'<i>antropofagia</i>. Basta andare nei tribunali e leggere un po' di atti per farsi le idee chiare sul merito (soprattutto quelli riguardanti il diritto di famiglia e la tutela dei minori). Oppure nei sobborghi degradati delle periferie, lì dove non esiste la narrazione piccolo borghese progressista e favolistica del "siamo tutti buoni", del "tutti si possono salvare", del "non è vero che ci si salva da soli", o similari menzogne/pillole blu. La famiglia e la società sono naturalmente imperfette per via dell'asocialità umana: a lungo andare marito e moglie litigano, possono anche arrivare ad ammazzarsi a vicenda, possono cannibalizzare i figli (quante volte un padre magari stupra la figlioletta o una madre la vende ai vecchi bavosi per due lire), eccetera. <b>Servono quindi delle leggi morali, delle grandi narrazioni molto forti che in qualche modo tengano sotto controllo la natura antropofaga dell'uomo.</b> Questo a mio avviso è il compito connaturato delle religioni e dello Stato, e su questo concordo pienamente con Hobbes e Schopenauer. <b>Il consumismo e il capitalismo, d'altro canto, fanno leva sul solipsismo e sulla bestialità umana</b> (i <i>social media</i>, ad esempio, sono l'approdo finale del solipsismo di massa atto al consumo), puntano a indebolire lo Stato e a cancellare le religioni. Il capitale odia la socialità umana e umanistica, ha un cinismo di fondo per il quale i soldi valgono di più delle persone ed è lecito che la tecnologia, in ultima istanza l'intelligenza artificiale, prenda il posto delle scimmiette asociali bisognose di narrazioni e di leggi morali che tutti noi siamo. Le <i>élite</i> occidentali, comunque, spingendo sempre più sulla distruzione dei ceti medio-bassi, di fatto stanno praticando la loro stessa autodistruzione: gli schiavi vanno curati un minimo, se li si porta all'estinzione poi non possono più servire né riverire i padroni. Dunque rimarrai solo pure tu, grande potente che quando vai a Davos devi prenotarti una <i>escort</i> per sfogare i tuoi bassi istinti antropofagi. Se devi andare con la prostituta, comunque (e lo fai mentre i giornali che controlli strillano a più riprese contro il patriarcato che invero tu stesso rappresenti, e di nuovo torniamo a Orwell), <b>forse solo lo sei già</b>. Detto questo, per riassumere il mio punto di vista, per quanto difettose e sotto alcuni aspetti atroci, <b>le religioni </b><b>ortodosse </b><b>di massa</b> <b>sono i sistemi di salvaguardia di una specie animale molto problematica che se non viene istruita (talvolta obbligata) a praticare la tolleranza, l'altruismo e l'amore per i suoi simili, tende ad autodistruggersi e a diventare succube della sua stessa</b><i><b> antropofagia</b></i>. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjG3T-cQhq96UFUQNB-o2jHpYXOlIKN0X9BeTm4mxkxwrkru77j-Nf_AwI2P2BkcK5KRN0SKdgwqhhfS2KRzlyq1MFMPnS1n53uq-z4XzfSXL1t_se7EiiN_gQ-KyAT0Nbg7gD04g_405A0FTtKu-j9rYGt-gkVTG9rJ1lVydMnR5hABjvXd9vJ7aRM/s6000/DSC00007.JPG" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4000" data-original-width="6000" height="233" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjG3T-cQhq96UFUQNB-o2jHpYXOlIKN0X9BeTm4mxkxwrkru77j-Nf_AwI2P2BkcK5KRN0SKdgwqhhfS2KRzlyq1MFMPnS1n53uq-z4XzfSXL1t_se7EiiN_gQ-KyAT0Nbg7gD04g_405A0FTtKu-j9rYGt-gkVTG9rJ1lVydMnR5hABjvXd9vJ7aRM/w350-h233/DSC00007.JPG" width="350" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><p style="text-align: justify;"><b>La vera guerra in corso è quindi l'Occidente che ha deciso di spingere l'acceleratore sulla distruzione dell'Islam.</b> Dopodiché, se vincerà, rimarrà il cristianesimo ortodosso, ossia la Russia, che potrà essere distrutta dal suo interno come accadde in passato con le politiche congiunte di Gorbačëv e dell'FMI. Nel frattempo si stringerà sempre più la cinghia sul ceto medio occidentale, come già stanno dimostrando le attuali politiche europee: <b>le persone non potranno più avere né un lavoro né una casa né un'automobile né una famiglia. Si nutriranno di insetti e faranno largo uso di realtà virtuali e droghe pesanti tipo il Fentanyl</b>, che al momento sta già facendo piazza pulita di meno abbienti nelle periferie statunitensi. L'umanità di oggi e di un non troppo lontano futuro, alla luce di ciò, me la immagino come una grande azienda in cui i dirigenti stanno cercando di far fuori i sottoposti che non sono abbastanza profittevoli, poiché nelle ore di pausa devono ancora pregare e crescere i figli; dopodiché, eliminati loro, sarà il turno degli ordinari dipendenti, anche quelli più bravi e devoti, fino a quando non rimarranno soltanto più i direttori generali. Ma un'azienda composta soltanto da alti dirigenti, inutile dirlo, è destinata a fallire: nel finale di <i>Metropolis</i> di Fritz Lang, il capitalista stringeva la mano all'operaio; nell'oggidì, invece, questa cosa non è più possibile: il capitalista <i>si ciba</i> dell'operaio. A tale preciso proposito, si può anche leggere il racconto <i>Kappa</i> di Akutagawa: <b>il cannibalismo come soluzione finale agli esuberi portati dalla rampante tecnologia industriale.</b><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgfO6ryPAn75Oo0koYQNygLkUPkXLEy5M2a9WeTkS-uMf7YT6343f9xUPrSMCqnCO-RwUvmNK9XNB3LCuqSsMryNuaStaBfkRl-lAUcYrRRH9aP2sVW4bSXrQyEYpBrFH8AUaKQYr_3SXupZCFY9gO47nRhLJEFm9pv3YEJ3VH3elIxIHR-717A1aG4/s6000/DSC00008.JPG" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4000" data-original-width="6000" height="224" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgfO6ryPAn75Oo0koYQNygLkUPkXLEy5M2a9WeTkS-uMf7YT6343f9xUPrSMCqnCO-RwUvmNK9XNB3LCuqSsMryNuaStaBfkRl-lAUcYrRRH9aP2sVW4bSXrQyEYpBrFH8AUaKQYr_3SXupZCFY9gO47nRhLJEFm9pv3YEJ3VH3elIxIHR-717A1aG4/w337-h224/DSC00008.JPG" width="337" /></a></div><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Cristianesimo ortodosso e Islam non prevedono alcun transumanesimo, sicché l'esistenza di un Dio e la sua relazione con il mantenimento di conseguenti meccanicismi pratici di preservazione delle realtà sociali di riferimento sono cose date per assodate e non sindacabili, pena il crollo di tutto in insieme di pesi e contrappesi atti a evitare in ultima istanza la denatalità, che è sinonimo di distruzione della specie (sono infatti i mussulmani quelli che continuano a fare figli, a prescindere dalle loro condizioni economiche, sia in occidente che altrove: a Gaza infatti, ad esempio, che è un <i>lager</i> a cielo aperto, sono stati uccisi moltissimi bambini e bambine). Non è buffo come proprio i credi rivelati, dogmatici, si rivelino come le più naturalisticamente umane delle dottrine di vita? <b>Le Sacre Scritture paiono talvolta come lucchetti apposti ai Vasi di Pandora.</b> Fatto salvo ciò, l'Occidente industrializzato e consumistico (e anche la Cina, dato che al suo interno perseguita delle minoranze mussulmane) vuole distruggere l'Islam, sì, peccato che la manodopera basso proletaria che impiega appartenga in gran parte a tale religione <b> </b>– gli occidentali statisticamente non fanno più figli. A riempire il vuoto lasciato dalla volontà di distruzione dell'altrui Dio (il proprio è già stato deposto da tempo, come osservavo prima) c'è appunto il transumanesimo, che è una corrente di pensiero figlia dell'illuminismo, del puritanesimo calvinista, in ultima istanza dell'ebraismo ashkenazita. <b>Il <i>Dio dei non-luoghi</i> che benedice l'uomo solitario</b> <b>in grado di realizzare da sé il paradiso in Terra è invero molto diverso da quello territoriale, carnale, sanguigno e passionale dell'Islam e dell'ortodossia russa </b>– gli ebrei ashkenaziti sono sempre stati un popolo "spatriato" dedito agli affari terreni; protestantesimo e calvinismo d'altro canto sono conseguenze dell'urbanesimo piccolo borghese, e quindi del passaggio da una realtà pastorale a una tecno-industriale, ossia, appunto, <b>della transizione da <i>luoghi </i>a <i>non-luoghi</i>.</b> L'intelligenza artificiale di cui tutti i giornali e telegiornali tanto sbraitano altro non è che la realizzazione finale di tutto un processo iniziato in Occidente con la Riforma e il deterioramento della Chiesa Cattolica. <b>Se l'immanenza va realizzata mediante il profitto fine a sé stesso, e questa è l'etica senza radici ebraico-puritana, allora l'essere umano in quanto tale è inutile e bisogna andare oltre, bisogna far sì che la tecnica porti avanti la distruzione della vita per realizzare completamente i propositi dei numeri, delle equazioni e dell'astrattismo finanziario. </b>Questo non è complottismo, ma il naturale approdo dell'inconscio collettivo tecnocrate delle classi dirigenti occidentali. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgG5TfIU3i3Ql-e_5r6_GpF056DY-u5v4e9pUIJ88Fj2UiXBNPJTEav4_zUbSFKQ0gDSDRJbTQAuaxbM_ZdgHJbuIqmC80J8blMcyYgOvkkj6Gftk0nVRV3_VpNXeiDGTbGxhN6MfXkPmVJXRwlU9pbajLk8OZ_bhc5aSjvLWOA1U8cBB5nx-bncS8U/s6000/DSC00004.JPG" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4000" data-original-width="6000" height="229" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgG5TfIU3i3Ql-e_5r6_GpF056DY-u5v4e9pUIJ88Fj2UiXBNPJTEav4_zUbSFKQ0gDSDRJbTQAuaxbM_ZdgHJbuIqmC80J8blMcyYgOvkkj6Gftk0nVRV3_VpNXeiDGTbGxhN6MfXkPmVJXRwlU9pbajLk8OZ_bhc5aSjvLWOA1U8cBB5nx-bncS8U/w344-h229/DSC00004.JPG" width="344" /></a></div><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Mentre scrivo questo post, la fumettista Diletta Pasquini è in Francia a proporre ad alcuni editori d'oltralpe il progetto a fumetti di <i>Antropofagia</i>, il mio romanzo di esordio. Nel progetto, oltre a vari dettagli inerenti trama e personaggi, c'è una buona parte del dodicesimo capitolo dell'opera, quello in cui Lena spiega a Ulrico che "i buchi neri sono come le persone". La copertina del progetto, manco a dirlo, è un <i>merger</i> di due <i>black hole</i>, che ho fatto ridisegnare a mano a Diletta a partire da una foto astrofisica. L'opuscolo di presentazione del progetto è quindi una voluta metafora della condizione umana, al quale ho voluto dare i connotati di un'opera a sé stante rispetto a una eventuale versione completa del fumetto. Ciò premesso, cosa intende dire veramente Lena? Lei è molto schietta e concisa, molto pragmatica, in fondo è proprio una femmina. <b>Io di mio posso dire che tutta la vita sulla Terra è un'emanazione del Sole, ossia di una palla di fuoco che va avanti a violentissime reazioni nucleari.</b> Quando una stella muore, d'altro canto, diventa un <i>black hole</i>, un'entità mostruosa e distruttrice. La vita nasce dal carbonio, che a sua volta ha avuto origine dalle stelle. <b>Noi siamo fatti di materiale stellare e in ultima istanza tutta l'energia presente sulla terra proviene dal Sole </b>(i combustibili fossili altro non sono che la "storicizzazione" dell'energia solare assorbita dagli organismi defunti).<b> La vita pertanto è un processo violento</b>: sbranarsi a vicenda, o sbranare carne defunta per nutrirsi (che equivale a utilizzare combustibili fossili, in fondo), nonché lo stesso rapporto sessuale che dà la vita, sono goffi e brutali fenomeni di attrito. D'altro canto, <b>la Storia dell'umanità è costituita perlopiù da violente guerre e millenni di odio reciproco</b>. Statisticamente, i popoli sono come gas compressi in cui le particelle urtano all'impazzata l'una contro l'altra. La vita è crudele, imperfetta, la natura umana è atroce. E a peggiorare il tutto c'è la coscienza della propria condizione: gli esseri senzienti soffrono, e tra di essi soltanto pochissimi se ne accorgono, così da poter almeno tentare di mitigare le proprie stesse, ineluttabili sofferenze. Ma un giorno <i>la bestia gridò amore nel cuore del mondo:</i> alcuni animali fatti di materiale stellare si svegliarono e crearono dei meccanicismi di salvaguardia della loro specie. Quando questi meccanicismi verranno completamente distrutti, e di "risvegliati" non ce ne saranno più, perché sarà loro proibito di esistere, allora per l'umanità sarà veramente la fine. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiI6If86e05S-gWv-JksVFwlnRXmUPZWHcHUNpCIs6-kIvLAZYQ_jhXqJO9y8IN2OOgLtT3qsEZfdr3nareE1EmC2lOxacn_zWbg3bLEx1wetnX7oJQ0w6IU3L1NWp5AIU3lXmouUXqMSn6iHQTO0XBYCWVQfvXH-ZvEDvjL1xUzbGEsoShQM-Y6pTz/s6000/DSC00006.JPG" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4000" data-original-width="6000" height="226" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiI6If86e05S-gWv-JksVFwlnRXmUPZWHcHUNpCIs6-kIvLAZYQ_jhXqJO9y8IN2OOgLtT3qsEZfdr3nareE1EmC2lOxacn_zWbg3bLEx1wetnX7oJQ0w6IU3L1NWp5AIU3lXmouUXqMSn6iHQTO0XBYCWVQfvXH-ZvEDvjL1xUzbGEsoShQM-Y6pTz/w340-h226/DSC00006.JPG" width="340" /></a></div><p style="text-align: justify;"><br /></p>Francesco Granzierahttp://www.blogger.com/profile/14967626801426918935noreply@blogger.com22tag:blogger.com,1999:blog-8428366134531552054.post-32970447407830828472024-01-13T12:35:00.011+01:002024-01-13T20:38:24.452+01:00Frivolezza o vittimismo: pesca la tua carta, AkiraSakura<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgcSpj1VWskZ9aRs7CaB1-oarqYZ5YGn16WGZzX6dXu-nd1Pp84rz8RMTXj1jWmlKDWlQZgqcjd394iT80Vi2_fFgyqYXbYrMFeQ4hYw7NPO9fWm4F4LwA2t6Lt1muOh5c9H4cA2M7xCtHSDg7t8Nrox9dpbhizPUSCOhz0-oUhX0Z-Fb2OjyGdzxHb/s1080/417157729_3648071825438984_5927650602770259436_n.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1080" data-original-width="1080" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgcSpj1VWskZ9aRs7CaB1-oarqYZ5YGn16WGZzX6dXu-nd1Pp84rz8RMTXj1jWmlKDWlQZgqcjd394iT80Vi2_fFgyqYXbYrMFeQ4hYw7NPO9fWm4F4LwA2t6Lt1muOh5c9H4cA2M7xCtHSDg7t8Nrox9dpbhizPUSCOhz0-oUhX0Z-Fb2OjyGdzxHb/s320/417157729_3648071825438984_5927650602770259436_n.jpg" width="320" /></a></div><p style="text-align: center;"><br /></p><p style="text-align: justify;">L'utilizzo dei social media per me sta diventando un'esperienza psicologicamente miserabile, tant'è che ho quasi sempre la tentazione di cancellarmi da ogni dove, cosa che tuttavia non posso fare per via del mio "hobby" di scrittore (bisogna tenere d'occhio cosa fa l'editore, bisogna andare dalle book influencer a elemosinare un po' di promozione; c'è gente nel mondo della piccola editoria che ho conosciuto proprio lì, su Instagram, quindi cancellarlo mi precluderebbe alcuni contatti che un giorno potrebbero tornarmi utili). TikTok in particolare è un qualcosa di feroce: ognuno/a cerca di spammare la supercazzola o il meme più grottesco possibile per tentare di diventare virale per qualche minuto; il resto sono flame fatti in modalità video, la fiera dei casi umani, il dissing e il contro-dissing, il minchione che fa le marchette con millemila like e così via. Gente con la faccia spenta scrolla questi microvideo uno dopo l'altro col ditino: sulla metro, per strada, nei bar malfamati, mentre mangia, mentre fa cagare il cane... Insomma, in ogni dove. E lì, sul social cinese, c'è la fiera del solipsismo, un generalizzato "tutti contro tutti" che tende all'infinito, una spirale di trash che di fatto è l'evoluzione maligna della televisione. Ora sono gli sketch a essere venduti, è l'umanità stessa che si vende da sé, basti pensare alla Ferragni che oltre a vendere i pandori scam vende altresì l'immagine di qualsiasi cosa riguardi la sua sfera privata, in primis i figli. Nella televisione quando ero ragazzino c'erano le pubblicità della Mulino Bianco, con la famiglia felice che si mangiava i biscotti; ma ora qualcosa è cambiato. Sembra proprio che qualsiasi cosa possa essere venduta: anche l'omicidio di una ragazzina può diventare un qualcosa su cui fare business (e non soltanto sui social). In tutto questo marasma raccapricciante, comunque, possiamo identificare due categorie di "espressione", se così le vogliamo chiamare: la prima è la frivolezza, la seconda il vittimismo. Che poi, alla fin fine, sono modalità esistenziali infantili. </p><p style="text-align: justify;"><span></span></p><a name='more'></a> <div><br /></div><div><p></p><p style="text-align: justify;">Parliamo della prima. E' ovvio che la componente principale delle marchette sui social debba essere per forza di cose la pagliacceria. I poveri scrittori e le povere case editrici, che tanto si affannano a cercare di pubblicizzare i loro seriosissimi libri (in Italia ci sono più scrittori che lettori), fanno numeri abbastanza miseri rispetto al Frank Gramuglia di turno (per chi non lo sapesse è uno che fa i siparietti comici sullo sfruttamento nel mondo del lavoro). E anche se si cerca di seguire le mode (ora come ora c'è quella del "patriarcato") facendo ad esempio arrivare in libreria tramite i propri potentissimi distributori una valanga di libri tutti uguali sul femminismo, nonché monopolizzando forzatamente le tematiche più "in" alle fiere di settore (si pensi a <i>più libri più liberi</i>, in cui c'era una conferenza sul patriarcato a ogni ora e gli stand vendevano più che altro libri su quell'argomento lì), gli editori medio-piccoli fanno comunque fatica a incrementare le vendite. Questo perché <i>laggente </i>vuole leggere le prodezze sessuali del vincente Fabio Volo, oppure qualche giallo scandinavo assai disimpegnato. Ritornando al buon Frank, che è pure un comico di talento, <b>penso che se lui, così come tanti infiniti altri, affrontasse l'argomento seriamente, nessuno lo prenderebbe minimamente in considerazione.</b> La cosa vale per ogni tipo di contenuto: bisogna trollare, bisogna fare dell'ironia, altrimenti ciò che si dice o si vuole far passare, una volta accennato senza frivolezza alcuna, potrebbe diventare un qualcosa di indigesto, di inaccettabile. Ma, soprattutto, solleverebbe un problema che, per via dell'assenza della maschera del divertimento a smorzarlo, verrebbe percepito come concretamente reale e quindi allarmante, preoccupante, per di più senza alcuna possibilità di risoluzione, perché di fatto viviamo in un totalitarismo assoluto. Questa dinamica vale altresì nella vita reale: non si può parlare <i>seriamente</i> <i>di cose serie</i> con la gente: il <i>principio di realtà</i> (che tra l'altro è il fondamento della scienza, che a sua volta è la madre del grande dio tecnologico che tutto domina e sovrasta) va alleggerito, filtrato, rielaborato e censurato, altrimenti ciò che è vero rimane un tabù. Tramite la frivolezza si può dissimulare qualsiasi cosa, si può ficcare la testa sotto la sabbia per poter stare meglio. Ma soprattutto si può mettere qualsiasi discussione seria a tacere, si possono segare via le gambe all'interlocutore in partenza, senza alcun dispendio di energia. Un ragionamento richiede sforzo, capacità di immedesimazione, empatia, capacità di analisi. Queste cose nella società dell'oggidì mancano, e per di più, se uno è dotato di cotali virtù, viene velatamente invitato a sopprimerle dalla frivolezza altrui. <b>C'è una voragine sociale in corso, una crisi economica destinata a non terminare mai, un mondo che si è fatto ipertecnologico e transumanista senza la giusta preparazione, ma tutti sono lì a pensare ai meme sui gattini.</b> Come dicevo nel primo paragrafo, qualsiasi cosa è business, anche un dramma familiare o un qualsivoglia meme sradicato dalla realtà. Guardare seriamente in questo baratro, dico con un minimo di consapevolezza e senza alcuna risatina stupida, è molto rischioso. Non si scherza col nichilismo, perché la razza umana nel corso del tempo <b>è semplicemente sopravvissuta: non è mai stata una specie privilegiata capace di permettersi perennemente la stupidità</b>. Nel contesto di una natura violenta in cui il più forte sbrana il più debole, nelle terre sempre più inquinate di in un piccolo pianeta sperduto in una galassia minore dell'universo, se non si è capaci di darsi un senso da sé si sarà semplicemente destinati a essere spazzati via. Per di più, il torpore della frivolezza permesso da tutta una serie di "conquiste" tecnologiche si basa sul sacrificio altrui, sulle risorse sottratte dall'occidente ai paesi del terzo mondo, sul lavoro minorile nei paesi sottosviluppati (si pensi al fenomeno del <i>fast fashion</i>, che unisce schiavitù a distruzione dell'ecosistema, un fenomeno tutto pompato dalle influencer su Instagram, che sono la nuova icona del consumo feroce, lesivo e distruttivo). <br /></p><p style="text-align: justify;"> </p><p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNTCxwAQUZ7ryIcfoMGYTZjMTDpBVheAtuTHJ3V_BSn_X1-eYcyYkhiX-bQlrVamloPlErjCklEjkXg65UtA2UH2SdtZx1H6ivjxX3Bkyysv9uhJ2qV8hTWcItBH30SRqguDg-tmtMnG5s433ntu4kMzGmB3SX_OsGyhARsmpcHX3FgfCtImOLXPPY/s800/fat-fashion-sfruttamento.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="498" data-original-width="800" height="208" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNTCxwAQUZ7ryIcfoMGYTZjMTDpBVheAtuTHJ3V_BSn_X1-eYcyYkhiX-bQlrVamloPlErjCklEjkXg65UtA2UH2SdtZx1H6ivjxX3Bkyysv9uhJ2qV8hTWcItBH30SRqguDg-tmtMnG5s433ntu4kMzGmB3SX_OsGyhARsmpcHX3FgfCtImOLXPPY/w335-h208/fat-fashion-sfruttamento.png" width="335" /></a></div><p></p><p style="text-align: center;"><i><b>Pensati libera. </b></i><br /></p><p style="text-align: justify;"> </p><p style="text-align: justify;">Non per niente i regimi, quando le cose vanno male, cercano di far svagare il popolo. Gli alti comandi nazisti, ad esempio, nel '44 facevano uscire film umoristici tipo<i> Der große Preis</i>, e così via. Ma oggi come oggi non si tratta neanche più di una questione riguardante l'intrattenimento: l'ironia frivola domina qualsiasi livello delle interazioni umane, tant'è che trasformarsi in un pagliaccio triste è senz'altro una via sicura verso il successo (ho sperimentato molto questa cosa: tutte le volte che alle superiori mi trasformavo in un perfetto demente, le ragazze iniziavano a corteggiarmi e i maschi a considerarmi un figo. L'ho fatto anche in vacanza l'anno scorso, e nonostante avessi a che fare con un gruppo di adulti, <b>le dinamiche liceali, con mio grande stupore, si sono egualmente ripetute</b>). Detto questo, l'altra faccia della frivolezza che tutto sovrasta a mio parere è il vittimismo. Una parola detta male da un influencer/Youtuber/TikToker ed ecco che scoppia il caso virale: il pronome sbagliato, l'aggettivo sbagliato, l'espressione facciale sbagliata. Un maschio deficiente prende in giro una ragazza in carne - il cosiddetto <i>fat shaming: </i>ormai esiste un termine anglofono semplificato per qualsiasi cosa - su TikTok? Ed ecco che tale TikToker accusa tutti i maschi di essere grassofobici, si mette a piangere, indossa un vestito da sera di una taglia diversa dalla sua, fa il balletto della disperazione e il circo ha inizio. Il vittimismo è sfociato nella frivolezza, come lo Yin sfocia nello Yang. Ma il vittimismo, proprio come la frivolezza, garantisce l'invincibilità: è come un power up degli shounen manga. <b>Se una persona viene percepita come la vittima, allora anche in questo caso qualsiasi discussione, qualsiasi ragionamento, qualsiasi critica o presa di posizione saranno impossibili. Anche le responsabilità cadranno: a vittime e pagliacci tutto è concesso.</b> In un mondo di solitudine e solipsismo, ogni ego viene indotto a sviluppare meccanicismi aggressivo-passivi con i quali autoaffermarsi, con i quali sconfiggere la mostruosità dell'anonimato.<b> Che nel contesto della dittatura dei social media, in cui non avere un account significa di fatto non esistere, è sinonimo della più completa mancanza di senso. </b></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Ed ecco quindi, ad esempio, uno Youtuber obeso, un personaggio un po' buffo, e quindi accettabile, che per dimostrare di esistere si strafoga di dolci per venti minuti a video. Si può prenderlo un po' giro per sentirsi migliori di lui, continuare a ridergli dietro finché quello non muore davanti allo schermo perché magari aveva già progettato di suicidarsi fin dall'inizio; e allora sì, in questo caso, a morte avvenuta, si potrà finalmente parlare del problema sociale di un ragazzo solo nella sua sofferenza e malattia, che come "strategia di sopravvivenza" non aveva nient'altro che una webcam e lo schermo di un pc. In televisione Paolo Crepet dirà qualche banalità sul disagio giovanile, Parenzo parlerà a caso senza saper argomentare, Travaglio farà un'analisi cinica e tagliente e la politica sbraiterà in piazza dando nel frattempo un bacino a Elon Musk. E quindi una via d'uscita, una soluzione reale al problema, non può di fatto esistere, perché la frivolezza è penetrata in ogni ambito della società. Come dicevo in un <a href="http://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2023/11/sugli-ultimi-fatti-di-cronaca.html">post precedente</a>,<b> i social media stanno facendo ai cervelli umani ciò che l'industrialismo feroce sta facendo alla natura</b> (e vi appiccico qui sotto una foto del lago Batou in Cina, un vero e proprio "buco nero" del pianeta Terra nato grazie alle fabbriche di smartphone lobotomizzatori). </p><p style="text-align: justify;"> </p><p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZhfFkeDIeU0muSCX3QjBx0Pkr7kpD_91iMseyuWRt2EqRkukvbjtOt5rzVCpQbJeaaj2RIvxvZUBWb01IWRRo8tvyNQpdA5iT3E7DLQg7n3Zoy6tAIX1YLdo8p0xcj1f8ryYDGnbL_9HtfLF0zGQtoUGorftMbbefIsehIXbMP7tmNv_HMKAgZWWH/s705/01-lago-tossico-di-Baotou-Cina.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="430" data-original-width="705" height="219" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZhfFkeDIeU0muSCX3QjBx0Pkr7kpD_91iMseyuWRt2EqRkukvbjtOt5rzVCpQbJeaaj2RIvxvZUBWb01IWRRo8tvyNQpdA5iT3E7DLQg7n3Zoy6tAIX1YLdo8p0xcj1f8ryYDGnbL_9HtfLF0zGQtoUGorftMbbefIsehIXbMP7tmNv_HMKAgZWWH/w360-h219/01-lago-tossico-di-Baotou-Cina.jpg" width="360" /></a></div><p></p><p style="text-align: center;"><i><b>Qui si fabbricano smartphone. Che ne dite di farci un bagnetto? </b></i><br /></p><p style="text-align: justify;"> </p><p style="text-align: justify;">Vittimismo e ironia frivola costituiscono altresì una modalità di censura e omologazione: se un contenuto<b> non è ironico o vittimistico non fa trend: il disagio psicologico può essere esternato soltanto da chi decide l'algoritmo. E l'algoritmo ci vuole tutti uguali, è programmato per uniformare, un po' come hanno sempre fatto i regimi vestendo tutti allo stesso modo. Esiste una proporzionalità diretta tra numero di follower e il grado di "inclusione" e assuefazione di una persona nel sistema consumistico contemporaneo, non inversa. </b>Si veda Chiara Ferragni, che è l'emblema della "vita per l'apparenza", dell'eguaglianza tra "l'essere" e "l'avere" (ed essendo fatta di niente, si va a schiantare infine su un Pandoro: se una persona è fatta di stronzate, verrà uccisa da una di esse, non di certo da una Balena Bianca o un Grande Antico). Detto questo, discorso sui social media a parte, se mi sento vittima, oltre che passare automaticamente dalla parte della ragione o indossare un manto di invincibilità (di nuovo, si pensi ad esempio al video di scuse della Ferragni), posso illudermi di avere un senso in quanto persona, il mio ego può sopravvivere senza andare in frantumi di fronte all'innata crudeltà della vita (o la mia stessa crudeltà, che tuttavia non è accettabile perché "siamo tutti bravi bambini", tutti principi e principesse Disney). <b>L'ingiustizia insita nell'esistenza, nel lancio di dadi che ogni vita e vissuto comporta, è del tutto inelaborabile nella società in cui viviamo, perché essa nient'altro è che un reticolo caotico di persone sole. Spettava alle ideologie e alle religioni fornire una qualche forma di senso alla innata tendenza al solipsismo degli esseri umani. Ma postmodernità è post-umanità e qui invero non c'è nient'altro a parte se stessi e le proprie nevrosi, e tutti gli altri non sono altro che semplici specchi in cui tali nevrosi si riflettono, generando una catena senza fine di incomprensione. Non è facile sopravvivere al proprio sé da soli, ma si è costretti a farlo. Sempre, in ogni momento. Questa è l'unica vera grande "conquista" dell'occidente ipertecnologico e transumanista wannabe. </b></p></div>Francesco Granzierahttp://www.blogger.com/profile/14967626801426918935noreply@blogger.com13tag:blogger.com,1999:blog-8428366134531552054.post-63465520919344515662024-01-06T19:12:00.002+01:002024-01-06T19:12:53.617+01:00Annuncio su Antropofagia: la prima presentazione dal vivo<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhZwDl7hNqI0ehOip7Dqhotd4QQtCR_oxPpkdzCB4WprPXRQdFHPql5AiPHrHP8_EenA6SzSSDUSRZv4hBTLevvF3lAUw9SaswRTcYlqiioocAcoa9Wc5iyeWGoYs_puB-HNCbBL57aJ0dWMVPiTayas1RRtPuI3zktIaWdJFoumu6NXpFKihukA84S/s3368/LocandainaJ%20-%20presentazione%200.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3368" data-original-width="2480" height="501" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhZwDl7hNqI0ehOip7Dqhotd4QQtCR_oxPpkdzCB4WprPXRQdFHPql5AiPHrHP8_EenA6SzSSDUSRZv4hBTLevvF3lAUw9SaswRTcYlqiioocAcoa9Wc5iyeWGoYs_puB-HNCbBL57aJ0dWMVPiTayas1RRtPuI3zktIaWdJFoumu6NXpFKihukA84S/w370-h501/LocandainaJ%20-%20presentazione%200.jpg" width="370" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><p style="text-align: justify;">Ciao a tutti e grazie per il supporto che continuate a dare a me e a questo blog. Come da locandina, la prima presentazione dal vivo del libro <b>si terrà al CAM Garibaldi (Corso Garibaldi 27) a Milano, il 14 Gennaio alle 18:00.</b> A intervistarmi sarà lo scrittore e Youtuber Antonio Belfiore. Se volete una presentazione nella vostra città, non esitate a contattarmi: basta trovare una libreria indipendente nella vostra zona e chiedere loro se sono interessati a farne una, in tal caso mi organizzerò con l'editore per incontrarci dal vivo. Un saluto da Francesco "AkiraSakura" Granziera. </p>Francesco Granzierahttp://www.blogger.com/profile/14967626801426918935noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-8428366134531552054.post-81127772111573444922023-12-15T14:55:00.058+01:002024-02-24T19:56:01.860+01:00 L'arcano significato di Puella Magi Madoka Magica<p></p><p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://i.pinimg.com/736x/8c/99/3d/8c993d43261eaa416a2c994506617466.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="414" data-original-width="736" height="225" src="https://i.pinimg.com/736x/8c/99/3d/8c993d43261eaa416a2c994506617466.jpg" width="400" /></a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Nell'anno 2011 si era molto parlato di<i><b> Mahou☆Shoujo Madoka Magica</b>,</i> una serie animata giapponese di quell'anno, anche nota col titolo internazionale in latino (!) classico (!!) di <i><b>PUELLA MAGI MADOKA MAGICA</b></i> (si pronuncia "puèlla màGHI màdoka màGHIca", con la fonetica <i>restituta</i>). Persino sulle varie <i>board online</i> nostrane vi era stata una certa frizione tra sostenitori e detrattori dell'<i>anime</i>, dove la critica più comune che veniva mossa verso l'opera di Shinbou Akiyuki e Urobuchi Gen era quella di un eccessivo, nauseante manierismo espressivo, ovverosia il suo replicare <i><a href="https://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2015/11/sailor-moon-s-recensione.html">Sailor Moon</a></i>, <i><a href="https://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2014/04/narutaru-recensione.html">Narutaru</a></i>, <i>Bokurano</i>, persino<i> Pretty Cure</i>, ma senza la <i>verve</i> del passato, quanto piuttosto e per contro applicandovi un'estetica <i>loli-moe </i>esasperata, compiaciuta e<i> </i>allucinata (allucinante?), frammista a sprazzi di scene e scenari che si sarebbero potuti definire <i>post-dada</i>, ecc. C'era inoltre chi paragonava la serie alla coeva <i><a href="https://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2016/05/mawaru-penguindrum-recensione.html">Mawaru Pingdrum</a></i> di Ikuhara Kunihiko, con cui in effetti non aveva e non ha nulla a che spartire, da cui ulteriore fraintendimenti di lettura. Detto tutto questo, è platealmente ovvio che <i>Madoka Magica</i> sia innanzitutto un'opera creata da <i>otaku</i> marci e rivolta e dedicata ad altri <i>otaku </i>marci,
e quindi pienamente postmoderna e
intimamente, strutturalmente autoreferenziale, decadente e degenerativa, oltreché pornograficamente violenta e voyeuristicamente lubrica. In pratica si tratta si qualcosa di realmente, e forse volutamente, disgustoso. Più che la tipica sospensione di incredulità di una narrazione fantastica, quest'opera parrebbe quasi voler instaurare nel pubblico una sorta di "sospensione di dignità", come a stipulare tra autori e fruitori un patto-non-detto di vittimistica e indulgente autocommiserazione dell'essere dei patetici reietti sociosentimentali. Tuttavia, come spesso accade con la finzione giapponese, anche dinanzi ai peggiori deragliamenti di depravazione, la serie ha comunque un
significato preciso, forte e chiaro, che chi scrive ritiene di valore. Credo sia per questo che, in passato (anche se con un usuale ritardo, perché sono tardo) mi sforzai, quasi mi violentai a guardare gli episodi fino all'ultimo, <i>sorbendone l'amaro veleno sino a ingollarne sinanco l'aspro calice</i>. Il significato vale più di tutto, il contenuto prima della foma, sempre, sempre. Eppure, scoprii con mio sommo sgomento, alla gran parte degli "appassionati" italiani sembra che il senso ultimo di questa serie sia tragicamente
sfuggito, dunque in questo <i>post</i> – privo di qualsivoglia tempismo – cercheremo di enuclearlo così da metterlo in brillante luce. Perché non è mai troppo tardi per capire qualcosa, o il bene di non si sa chi, come sempre. Dacché ognuno so salva da sé.</div><p></p><span><a name='more'></a></span><br /><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://wegotthiscovered.com/wp-content/uploads/2021/07/Madoka-Kaname.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="800" height="225" src="https://wegotthiscovered.com/wp-content/uploads/2021/07/Madoka-Kaname.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-family: arial; font-size: x-small;"><b><br /></b></span><b><span style="font-family: arial; font-size: small;">Belle parvenze. Ottimi auspici.</span></b></td></tr></tbody></table><br /><p></p><p style="text-align: justify;"><b>Innanzitutto, ma di cosa tratta <i>Madoka Magica</i>?</b></p><p style="text-align: justify;">Come è facilmente intuibile dal titolo, si tratta di un <i>anime</i>
di maghette, un genere molto comune nell'animazione giapponese. Chi scrive ebbe il suo debutto professionale nel settore scrivendo uno "studio sulle maghette" (魔女っ子の研究, "<i>majokko non kenkyuu</i>"), ed era ormai quasi trent'anni fa (1994), tuttavia ora sottolineo come
sia qui necessaria una più puntuale digressione strettamente linguistica, che ai tempi sarebbe stata inaccessibile a me per primo. Ovvero: quando si
parla di "maghette", in genere ci si riferisce al termine originale
giapponese di "<i>majokko</i>" (appunto: 魔女っ子), che in effetti sarebbe però doveroso tradurre come "streghette". Fa differenza? Sì. Questo perché "<i>majo</i>"
(魔女) è un composto dato dai caratteri di demone-femmina, e indica pertanto una femmina demoniaca, quindi da intendersi propriamente come una "strega". Nel termine, giapponese come italiano, è intrinsecamente inteso un forte senso di femminea malignità, che di certo metterebbe
d'accordo tutti i più diligenti e forcaioli inquisitori del passato, e per contro farebbe ancor più certamente esplodere il cervello alla larga maggioranza dei benpensanti di oggi, ma per quel che si voglia la lingua si determina da sé, e la linguistica diacronica ci parla della nostra storia culturale. Tant'è. Dunque tornando a
questa particolare serie animata, specificatamente intitolata <i>PUELLA MAGI MADOKA MAGIKA</i>, abbiamo in effetti delle "<i>majo</i>" (魔女, streghe), gli antagonisti della situazione, mentre come protagoniste ci sono anche e soprattutto delle "<i>mahoushoujo</i>" (魔法少女), ovvero "fanciulle magiche": in questo ben più complesso composto di composti troviamo<i> in primis</i> 魔, cioè "<i>ma</i>", che è sempre il carattere di "demone", a cui aggiungendo poi 法, "<i>hou</i>" (che significa "tecnica,
metodo") si ottiene 魔法, "<i>mahou</i>", che significa dunque "tecnica demoniaca", o "pratica maligna", insomma maleficio,
magia, stregoneria. Ovviamente 少女 (<i>shoujo</i>, per intenderci lo stesso di <i>"shoujo manga</i>") si compone a sua volta di "piccola-femmina", ovvero ragazzina, fanciulla. Ergo
in <i>mahoushoujo </i>abbiamo "tecnica demoniaca" (magia) + "piccola
femmina" (fanciulla, ragazzina), quindi in totale il senso del composto è
precisamente "fanciulla magica", o volendo proprio "maghetta".
Tuttavia, noterete che scrivendo solo il primo e l'ultimo carattere del tutto si torna inevitabilmente a <i>majo</i>, 魔女, strega.<br /><br /></p><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://washiblog.files.wordpress.com/2011/01/gg_puella_magi_madoka_magica_-_03_8442af1d-mkv_snapshot_20-21_2011-01-21_19-19-28.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="800" height="225" src="https://washiblog.files.wordpress.com/2011/01/gg_puella_magi_madoka_magica_-_03_8442af1d-mkv_snapshot_20-21_2011-01-21_19-19-28.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-family: arial; font-size: x-small;"><b><br /></b></span><span style="font-family: arial; font-size: small;"><b>Brutte sensazioni. Cattivi presagi.</b></span><br /></td></tr></tbody></table><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"> <br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">Sembra una cosa complessa, in fondo si tratta di etimologia straniera di un sistema linguistico agglutinante e pittografico, molto diverso dal nostro, tuttavia è necessario cogliere e tenere a mente il banale fatto umano che agli occhi di un nativo tutta questa complessità sarebbe anzi ovvia a livello di intuizione persino inconscia. Certo la diversità linguistica è davvero meravigliosa, quando approcciata così, tenendo questa pacifica cognizione in testa: è proprio ritrovandoci nudi dinanzi alla diversità che iniziamo davvero a schiudere la nostra mente. In ogni caso, qui la
cruciale importanza di questi termini e del loro rapporto si capirà in
seguito, in modo altrettanto lampante, persino per noi stranieri. Perché nella storia di questo <i>anime</i> abbiamo essenzialmente varie ragazzine prescelte dall'animaletto magico di ordinanza, chiamato Kyubey/Cuba e certo un po'<i> sui generis</i> fin da subito,
che vengono da lui "reclutate" appunto come "fanciulle magiche", Con una vera e propria sottoscrizione di un apposito contratto, l'inquietante
bestiola realizzerà un desiderio della ragazzina di turno, e lei, così dotata
di poteri magici, dovrà ripagare la regalìa impegnandosi a lottare per sconfiggere delle
creature maligne dapprima non meglio identificate ma chiamate appunto "streghe", che risiedono in loro dimensioni surreali e parossistiche ma vengono dette
<b>responsabili delle morti violente e dei suicidi che avvengono nel mondo
degli esseri umani </b>(tenete a mente anche questo). Viene altresì specificato che le fanciulle che diverranno "magiche" sono scelte in ragione della grande entità
del loro desiderare, per l'intensità della speranza con cui vogliono
vederlo realizzato.<b> </b>Sembrerebbe tutta una cosa nobile e bella. Una meritocratica selezione delle migliori giovinette che vengono investite del più altro onore per compiere la più nobile delle missioni, vero?</div><p style="text-align: justify;"><b>Ma in realtà è tutta fuffa, ed è tutta una
truffa. <br /><br /></b></p><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://hometheaterofcruelty.files.wordpress.com/2020/03/kyubey.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="800" height="225" src="https://hometheaterofcruelty.files.wordpress.com/2020/03/kyubey.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-family: arial; font-size: x-small;"><b><br /></b></span><span style="font-family: arial; font-size: small;"><b>Sono simpatico e carino, vero? E in più, anche immortale!</b></span><span style="font-size: small;"><br /></span></td></tr></tbody></table><span style="font-size: small;"> </span><p></p><p style="text-align: justify;">I più scaltri e arguti tra il pubblico avrebbero a questo punto già dovuto fiutare un
sulfureo odoraccio di patto col diavolo, ma che volete, la gioventù è pura ingenuità, e poi non solo, è ancora molto peggio. Infatti le vicende prendono subito un tono molto tetro e sanguinoso, in netto contrasto con il <i>design</i>
bambinesco delle ragazzine, ma se questa orrida distonia grafica ancora non bastasse, pur sfiorando
livelli di compiaciuto sadismo grafico infantile pressoché ripugnanti,
la svolta narrativa si rivela ancor più crudele:</p><p style="text-align: justify;">1) la vita delle fanciulle magiche è a tutti gli effetti contenuta nel loro "ciondolo magico", <i>gadget</i>
anch'esso d'ordinanza per il genere narrativo del caso, che in effetti contiene
l'anima stessa delle "fortunate" ragazzine. Il loro corpo è ridotto a un fantoccio,
una sorta di <i>zombie</i> o <i>golem</i>.</p><p style="text-align: justify;">2) Perdere il ciondolo significa
per tanto la lobotomia, romperlo significa morte. Di riffa o di raffa, niente di piacevole. Per di più, il ciondolo si consuma, o
meglio si contamina, si annerisce, e va costantemente rigenerato, ossia purificato, proprio eliminando
streghe. Ma cosa succede se invece diventa tutto nero?</p><p style="text-align: justify;">3) Succede che la
fanciulla magica del caso diventa lei stessa una strega,
irreversibilmente, e come tale verrà cacciata ossia eliminata da altre fanciulle
magiche future.</p><p style="text-align: justify;">Una dinamica niente male, eh? La precisa battuta pronunciata da Kyubey/Cuba sul merito, che
giunge come enunciazione (qualcuno direbbe "spiegone") del pacifico ovvio alla fine di un certo episodio e che lascia a dir poco sgomenta
la protagonista, è esattamente la seguente:</p><p style="text-align: justify;"><b>"<i>Kono kuni de ha, seichou tochuu no josei no koto...
shoujo-tte yobundarou? Dattara, yagate majo ni naru kimitachi no koto
ha... mahoushoujo to yobubeki darou ne.</i>"</b></p>
<p style="text-align: justify;">Che tradurrei/adatterei (sempre molto fedelmente) come:</p>
<p style="text-align: justify;"><b>"Su questa terra, le femmine in corso di sviluppo le si
chiama fanciulle, no? Quand'è così, quanto a voialtre che presto o tardi diventate
streghe... vi si dovrà chiamare fanciulle magiche, eh?"</b></p><p style="text-align: justify;">A voi la bellezza delle traduzioni precise e puntuali, che fanno capire gli originali reali. Ognuno si salva da sé, purché gli sia stata fornita tutta la preparazione necessaria. La preparazione alla comprensione di un testo straniero è la precisione della sua traduzione in una lingua a noi comprensibile, tutto qui. Quindi da quelle due semplici righe si capisce indubitabilmente come mai dicessi che era cruciale il rapporto etimologico tra <b><i>majo</i></b> <b>魔女</b> e <i><b>ma<strike>houshou</strike>jo</b></i> <b>魔</b>法少<b>女</b>,
e spero che ora il barrato vi aiuti laddove la pronuncia delle
parole italiane non può. Si noti inoltre che, nella succitata spiegazione testuale, per 'sviluppo' si trova lo <b>specifico</b> termine giapponese <i>seichou</i>, che indica <b>specificamente</b> proprio lo
sviluppo fisico femminile (ovvero dei caratteri sessuati secondari,
quali la comparsa del seno, dei peli pubici, nonché l'arrivo delle
mestruazioni,
ecc). Alla faccia della <i>schwa</i>, eh?<br /><br /></p><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://i0.wp.com/eziyoda.com/wp-content/uploads/2023/06/Kyubey-1.jpeg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="800" height="225" src="https://i0.wp.com/eziyoda.com/wp-content/uploads/2023/06/Kyubey-1.jpeg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><b><span style="font-family: arial;"><br />Adoro le spiegazioni espresse in termini univoci e puntuali!</span></b><br /></td></tr></tbody></table><br /><div style="text-align: justify;">È altresì molto interessante, anzi direi fondamentale, ribadire come Kyubey/Cuba esplichi questa terribile verità come una
semplice realtà di fatto, della quale non si può che prendere atto, come se noi qui dicessimo "beh, sì, in italiano la materia
plastica si chiama anche "gomma", no? Allora un'imbarcazione fatta con
una grossa gomma la si dovrà chiamare "gommone", eh?" – una cosa del
genere, quasi risolta nell'evidenza terminologica.</div><p></p><p style="text-align: justify;"><i><u>Così, essenzialmente si apprende che tutte le streghe sono ex-fanciulle magiche "esauste", "esaurite".</u></i></p><p style="text-align: justify;"><b>Ma esaurite in cosa?</b></p><p style="text-align: justify;"><u><i>Nella loro speranza, nel loro candore, nella loro purezza.</i></u></p><p style="text-align: justify;">Si diceva infatti che non tutte le ragazze possono divenire <i>mahoshoujo: </i>solo alcune ne hanno
il
potenziale. <b>Il potenziale è la grandezza dei desideri/speranze di ciascuna, in
buona sostanza la loro predestinata disgrazia, poiché la dimensione del speranza [desiderio] risulterà nella dimensione della successiva disperazione [rimpianto</b>], tant'è che a tutta prima Kyubey/Cuba si stupisce di riconoscere proprio Madoka abbia
un
alto potenziale: lei è una sempliciotta senza problemi né ambizioni che di desideri non ne ha alcuno. In ogni caso e non a caso, il ciondolo delle fanciulle magiche si chiama "Soul Gem", perché
come dicevamo contiene la scintillante anima delle ragazzine, ma quell'anima è
dapprima pura, cristallina, scintillante. <b>Poi si contamina con le brutture della vita, con la
disillusione, soprattutto con la perdita della speranza, e così si annerisce
di disperazione.</b> La candida speranza delle giovinette volge in nera
disperazione delle ragazze cresciute, che da fanciulle magiche diventano
inevitabilmente streghe, il cui annerito ciondolo prenderà ora l'eloquente nome di "Grief Seed", e che verranno cannibalizzate da altre, nuove, più giovani fanciulle magiche, le quali diventeranno poi a loro volta future streghe. In un ciclo continuo ed eterno.<b> </b>Dunque la parte più atroce della citata truffa non è solo che per "sopravvivere" le
<i>mahoushoujo</i> dovranno 'cibarsi' di <i>majou</i> per tirare avanti, onde purificare continuamente la proprie Soul Gem, ma che le <i>majou</i>
non sono altro che <i>mahoushoujo</i> del passato, "esaurite", "corrotte", ovvero nelle quali la speranza
(<i>kibou</i>) si è mutata in disperazione (<i>zetsubou</i>) – ossia per le quali la
Soul Gem, non essendo stata 'scaricata' della disperazione che accumula,
si è mutata in Grief Seed. Quando si dice "<i>mors sua, vita mea</i>",
un vero e proprio moto perpetuo di vicendevole antropofagia, o meglio <i>ginofagia</i>, letteralmente., perché è tutto al femminile. Chi si
ferma è perduta, poiché la fanciulla magica che si rifiutasse di uccidere le streghe, avendone
scoperta l'origine e cadendo vittima della pietà, diverrebbe ben presto
strega a sua volta e verrebbe uccisa. Un vampiro pietoso non sopravvive, e così una pietosa Carmilla. O sbrani o sarai sbranata. Una
specie di <i>Saturno che mangia i suoi figli</i> al contrario, e nell'altro sesso: non il vecchio che si ciba dei giovani, ma le giovani che si cibano delle vecchie. Di fatto è così, è per forza così.<br /><br /></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://www.crunchyroll.com/imgsrv/display/thumbnail/1200x675/catalog/crunchyroll/8333f05914c60090264fcc45aff52e67.jpe" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="800" height="225" src="https://www.crunchyroll.com/imgsrv/display/thumbnail/1200x675/catalog/crunchyroll/8333f05914c60090264fcc45aff52e67.jpe" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><b><span style="font-family: arial; font-size: x-small;"><br /></span><span style="font-family: arial; font-size: small;">Ho fatto i compiti e ho capito, ma non mi sembra carino...</span></b><br /></td></tr></tbody></table><br /><p style="text-align: justify;">Suona abbastanza spietato, come ipotetica <i>tesi dell'angioletta crudele</i>? Eppure questo è ancora soltanto l'inizio, una cosetta cattivella, ma niente più. Proseguiamo.<br /></p><p style="text-align: justify;">Ciò che Kyubey/Cuba illustrerà in seguito, sempre con la sua distaccata, gaiamente scientifica
ilarità, è che tutta questa storia sorellicida viene in effetti intenzionalmente innescata,
anzi <i>incubata</i>, e quindi perpetrata in giro per il mondo e nel corso della storia dala bestiola stessa e dai sui numerosi simili, perché a ben sapere lui non è che un singolo esponente di una specie cosmica primordiale nota appunto come
gli "<i>inCUBAtor</i>". E perché mai questi pucciosi simapaticoni farebbero tutto ciò? Forse per il diletto di una
razza di cattivissimi alieni dall'intelligenza superiore ma annoiati? Sarebbe un bel cliché, ma no, macché. A ripensarci, un personaggio di un <i>anime</i> assai intelligente, dinanzi al
ragazzino protagonista che strepitava: "ma questo è troppo crudele!",
commentava con distacco: "anche la crudeltà è una legge di natura". Wow,
non proprio una massima da nostrano "buon pastore" (<i>avatar</i> medioevale di Gesù Cristo <i>incubato</i>
a Roma), ma chi scrive ricorda ai nostrani lettori che in Giappone si
usa dire, come un'ovvietà: "non si può essere tutti felici
contemporaneamente". E quindi è così, Cuba/Kyubey non fa altro che lo
sporco lavoro che serve a mandare avanti l'universo...<br /><br /></p><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh8HjRv-ZCgXbRdvSTeIj3nhNWqpeHFfkiwgQTB-tJFiVf6pkYMZDcMKd-mtcW-BJy00l_3dhuHlSzY7Hi-pcnHxxR7StEw_h7bXSXdCNmWvLovDL-xzcu8Ma64gB3k7ILCODPMNR1MtnuM_-H42eqD19cJgcT51w8tPaG9qX_hlbCWNvRr253f-VIuYiEz/s1277/Schermata%202023-12-14%20alle%2001.11.51.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="719" data-original-width="1277" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh8HjRv-ZCgXbRdvSTeIj3nhNWqpeHFfkiwgQTB-tJFiVf6pkYMZDcMKd-mtcW-BJy00l_3dhuHlSzY7Hi-pcnHxxR7StEw_h7bXSXdCNmWvLovDL-xzcu8Ma64gB3k7ILCODPMNR1MtnuM_-H42eqD19cJgcT51w8tPaG9qX_hlbCWNvRr253f-VIuYiEz/w400-h225/Schermata%202023-12-14%20alle%2001.11.51.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><b><span style="font-family: arial; font-size: x-small;"><br /></span><span style="font-family: arial; font-size: small;">Tutto limpido e chiaro, no?</span></b><br /></td></tr></tbody></table><br /><p></p><p style="text-align: justify;"><b>No, beh... "mandare avanti l'universo"? Cioè, ma in che senso?</b></p><p style="text-align: justify;">Ah, sì, è presto detto: in un successivo, sempre molto esplicito dialogo della serie, tutta la faccenda viene portata su di un piano di metafora
meccanicistica-fisica (entropia universale e cose simili): la razza degli <i>incubator</i>
raccoglie l'energia "antientropica" che serve a mantenere in moto le
cose del mondo, anzi proprio tutte le cose che esistono nell'universo. Senza questa "raccolta di energia" operata dagli <i>incubator</i>, l'universo raggiungerebbe la quiete caotica della massima entropia, e si fermerebbe nell'eterna stasi. Tuttavia questa raccolta energetica non è cosa semplice: innanzitutto bisogna individuare delle fonti opportune. E
Cuba/Kyubey spiega alla protagonista che le fanciulle (esemplari umani
di sesso femminile e giovane età) sono per <i>loro</i> natura portate a
sperare, a desiderare, ma che per una ancor più rigida <i>legge</i> di natura, ossia per puro
meccanicismo, il desiderio/sogno/speranza
di queste *giovani femminucce umane* implicita una successiva frustrazione/disperazione
di pari ma inversa entità. E quindi? L'ulteriore fatto è che proprio in questo passaggio da speranzoso desiderio a disperata delusione – in questa reazione, per
così dire – si libera la più grande quantità di energia antientropica.
Dunque Cuba/Kyubey spiega che la razza degli <i>incubator</i> ha deliberatamente innescato e perpetrato la suddetta dinamica di collasso da <i>mahoushoujo</i> in <i>majo</i> sin dalla notte dei tempi, e l'ha fatto sfruttando la razza
umana in quanto 'portata' a ciò, poiché 'capace di sentimenti'.</p><p style="text-align: justify;">E
a ribadire il perché ci vogliano proprio la ragazzine per raccogliere
questa energia antientropica, Cuba/Kyubey dice chiaramente e
precisamente – parlando di "fonti energetiche":</p>
<p style="text-align: justify;"><b>"<i>Toriwake mottomo kouritsu ga ii no ha, dainiji seichou ki no shoujo no... kibou to zetsubou no souten'i da</i>".</b></p>
<p style="text-align: justify;">ovvero: <br /></p>
<p style="text-align: justify;"><i><b>"Tra le altre, a essere la più efficace... è </b><b><b>il passaggio </b></b><b><b>da speranza a disperazione delle fanciulle nell'età della seconda fase dello sviluppo</b></b><b>".</b></i></p><div style="text-align: justify;">Come si vede, per 'sviluppo' figura di nuovo il termine <i>seichou</i>, di cui dicevamo, questa volta persino specificato dal dettaglio "nella seconda fase dello". Quindi direi che si parla proprio del passaggio da preadolescenza ad adolescenza (femminile), e che il punto è sempre esattamente, precisamente e unicamente la
questione della speranza/desiderio femminile giovanile
(fanciulla<i> >>> mahoushoujo</i>) che si trasformerà in disperazione/disgrazia femminile
adulta (donna<i> >>> majo</i>). <b>Dunque, per Cuba/Kyubey è in realtà una una semplice dinamica di crescita: le fanciulle che molto
desiderano e sperano sono magiche, poi quando perdono la speranza –
crescendo – diventano naturalmente streghe, per venire cacciate da altre
fanciulle magiche che ancora "ci credono".<br /><br /></b></div><div style="text-align: justify;"><b><br /></b></div><div style="text-align: justify;"><b><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://images6.fanpop.com/image/photos/34800000/Kyubey-puella-magi-madoka-magica-34823815-608-348.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="348" data-original-width="608" height="229" src="https://images6.fanpop.com/image/photos/34800000/Kyubey-puella-magi-madoka-magica-34823815-608-348.png" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><b><span style="font-family: arial; font-size: x-small;"><br /></span><span style="font-family: arial; font-size: small;">Insomma, come dire che 1 + 1 equivale a 2, ecco.</span><span style="font-family: arial; font-size: small;"><br /></span></b></td></tr></tbody></table><br /></b>E adesso, vi sembra fin troppo
crudele? In effetti Cuba/Kyubey arriva a portare la
questione etica sulla fredda logica del "<i>tu stessa non piangi mica per il
bestiame di cui ti nutri, no?</i>", ovvero paragonando le fanciulline umane a delle bestie allevate,
consumate, sbranate per la
ricarica dell'energia dell'universo che l'entropia tende a consumare.
Chi scrive vorrebbe far notare la semplice realtà che "mucca" non è il termine corretto per la femmina adulta della razza mammifera bovina, quello sarebbe invero "vacca". Invece, "mucca" è specificamente il termine che indica una "vacca da latte", ovvero una vacca allevata e tenuta in vita artificialmente in costante stato di lattazione, tramite il continuo ingravidarla e la continua sottrazione dei suoi cuccioli, affinché un altra specie (noi umani), possa cibarsi del suo latte materno, comodamente stipato nei frigoriferi delle famigliole del Mulino Bianco. E senza neppure stare a descrivere le condizioni in cui vengono obbligate a "vivere" (parola grossa!) queste vacche divenute mucche, direi che anche qui a livello di crudeltà e spietatezza non siamo messi male, vero? Occhio non vede, mente non sa (o si inganna di non sapere), cuore non duole, vero? La vita è di certo qualcosa di ben più spietato della morte. Beh, nel caso della triste dinamica di fanciulle magiche e streghe, almeno Cuba/Kyubei spiega che la specie umana è stata sempre sospinta da
ciò – si vedono infatti
famose femmine umane (ragazze se giovani, donne se adulte) della Storia, figure apicali che hanno creduto, desiderato,
ottenuto e si sono poi disperate a morte, da Cleopatra a Jeanne d'Arc ad Anne Frank.
Cuba/Kyubey dice proprio: "se così
non fosse stato, voi sareste ancora nelle caverne". <b>In sostanza, la storia
della specie umana viene illustrata come una meccanica portata avanti
dall'energia femminile, l'energia della giovinezza femminile destinata a
sperare e condannata a disperarsi, per legge di natura.</b> Essenzialmente,
il desiderio delle ragazzine, votato alla disperazione, è
ciò che Cuba/Kyubey spiega avere mosso la specie umana dall'età della pietra a
oggi. Il motore di tutto. Ci sarebbe da consolarsi un po', in effetti.<br /><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://cdn1.forevergeek.com/uploads/33/2011/05/cleopatra-930x523.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="800" height="225" src="https://cdn1.forevergeek.com/uploads/33/2011/05/cleopatra-930x523.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: x-small;"><b style="font-family: arial;"><br /></b></span><span style="font-size: small;"><b style="font-family: arial;">Lei sarebbe Cleopatra, chiaramente. <br /></b></span></td></tr></tbody></table><br /><div style="text-align: justify;"> <table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://cdn1.forevergeek.com/uploads/33/2011/05/joanofarc-930x523.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="800" height="225" src="https://cdn1.forevergeek.com/uploads/33/2011/05/joanofarc-930x523.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: x-small;"><b style="font-family: arial;"><br /></b></span><span style="font-size: small;"><b style="font-family: arial;">Lei Giovanna d'Arco, evidentem</b></span><span style="font-size: small;"><b style="font-family: arial;">ente. </b></span></td></tr></tbody></table><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"> <table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://cdn1.forevergeek.com/uploads/33/2011/05/annefrank-930x523.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="800" height="225" src="https://cdn1.forevergeek.com/uploads/33/2011/05/annefrank-930x523.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: x-small;"><b style="font-family: arial;"><br /></b></span><span style="font-size: small;"><b style="font-family: arial;">Lei Anne Frank, probabilmente. </b></span></td></tr></tbody></table><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">Insomma, non so se a questo punto il lettore occidentale etichetterebbe tutta questa storia, questa lettura della storia umana tutta femminile, come maschilista o femminista, patriarcale o matriarcale, oppure tutte queste cose, che poi in fondo è lo stesso. Ogni realtà presuppone il suo contrario, no? Non parlo di cose orientaleggianti come lo <i>ying-yang</i>, ma di roba anticamente nostra come la dottrina dei contrari di cui Anassimandro, oppure del creazionismo giudeo-cristiano in cui ogni cosa di distingue e definisce dicendola, ossia nominandola, avversa e distinta dal suo opposto. La luce dalle tenebre, il cielo dalla terra, eccetera. Eccetera. Sì, stavamo parlando di un cartone animato giapponese di maghette, sì. Quindi fine digressione filosofica, torniamo a questo più basso profilo di analisi.<br /><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"> </div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/f/ff/Michelangelo_separation.jpg/800px-Michelangelo_separation.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="655" data-original-width="800" height="328" src="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/f/ff/Michelangelo_separation.jpg/800px-Michelangelo_separation.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><br /><b><span style="font-family: arial; font-size: small;">La divina <i>creazione</i>, tramite <i>separazione</i>, di luce e tenebre</span><span style="font-family: arial; font-size: x-small;"> </span></b><br /></td><td class="tr-caption" style="text-align: center;"> </td></tr></tbody></table> </div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">Ovviamente l'opera in esame costituisce e rappresenta una "decostruzione del genere" (<i>anime</i> di maghette) in stile <i>Narutaru</i>/<i>Bokurano:</i> anche questi due <i>manga</i>
di Kitoh Mohiro, da principio "tranquilli", "delicati", "fantasiosi e
fantastici" fino al limite del cliché diventano poi grevi e violenti: proprio lo stesso che accade con <i>Madoka Magica</i>, in maniera
forse ancora più spietata e soprattutto grottesca. Tuttavia il
significato di quest'ultima serie, la sua sostanza, a ben vedere si discostano nettamente dai due
precedenti cartacei. Shinbou e
Urobuchi, con <i>Madoka Magica, </i>hanno creato una serie incentrata sulla femminilità, che data furbescamente in pasto agli <i>otaku</i> anche più maniaci, anziché compiacerli, tende piuttosto a mettere sottosopra tutti i <i>cliché</i> del "<i>lolicon gokko</i>"
(pantomima lolitesca), spingendo il pubblico maschile più becero a
riflettere e capacitarsi di quanto possa essere realmente gravoso il
fardello assegnato "all'altra metà del cielo": essere destinate a
sperare, desiderare e poi condannate a disperarsi (nell'ordine), <b>per di
più portando avanti la vita della specie a sacrificio e costo della propria
ingenuità.</b></div><div><div style="text-align: justify;"><span style="font-weight: 700;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-weight: 700;">Vi pare una lettura complessa e troppo estrema?<br />Persino una <i>sovrainterpretazione</i>, magari?<br /></span></div><p style="text-align: justify;"><b>Beh, se state pensando così, ripensateci. Ripensate all'evidenza. A tale tragico proposito, è infatti evidente come ogni strega si manifesti nella materializzazione
delle sue repressioni personali.</b> Le surreali materializzazioni delle dimensioni private in cui albergano le streghe fanno colpo per lo stile grafico con cui sono realizzate, ma il contenuto resta sempre quello che è. Cerchiamo di non guardare il dito che indica la Luna, grazie. Dunque e per esempio, la prima che compare nella serie è palesemente la rappresentazione di una depressa
bulimica, come si capisce da tutti i suoi dolciumi che la attorniano. La seconda è una ammorbata<i> </i>
dell'estetica <i>kawaii</i>, probabilmente: i feticci di cui è letteralmente composto il suo mondo sono anche qui molto chiari. Ebbene, le streghe sono semplicemente la rappresentazione metaforica di donne abbandonatesi alle loro
repressioni, alla loro disperazione. <b>Ormai perdute nella nevrosi fattasi psicosi, chissà se passando dal disturbo <i>borderline</i>.</b> Il punto non è che siano mostri.
Così le vedono le <i>mahoushojo</i> dentro alla loro (di ciascuna strega) dimensione interiore, metaforici "spazi chiusi" della psicologia psicotica dei soggetti <i>in analisi</i>, che all'esterno non si dicono affatto apparire come donne più o meno
normali. Si noti che questo livello di rappresentazione non è chiaramente
esplicitato nella serie, principalmente per non rovinare la sorpresa di
scoprire cosa siano davvero le streghe, ma guardando con pupille non offuscate si può tutto discernere fin dal vero inizio del tutto. Chi scrive ritiene che gli inconsci <i>meccanismi di difesa</i> che Freud vedeva innescati dalla nostra mente tendano a strutturarsi in vere e proprie <i>strategie di sopravvivenza</i> (mentale) anch'esse subconscie, da cui la sopravvivenza (mentale) alle proprie nevrosi e poi eventualmente il collasso psicotico. Qui sto ovviamente spaziando di mio e per voi, ma la metafora posta e presupposta a fondamento e scheletro concettuale della serie animata in analisi, obiettivamente e definitivamente, è quella di un mondo retto dalla perpetua dinamica di sogno/desiderio (infanzia) e disperazione/rimpianto
(adultità) <b>femminile</b>. Un tragico, inevitabile ciclo in cui nuove fanciulle faranno pulizia e preda delle carcasse delle vecchie distrutte dal rimpianto. E così la specie umana, come ricordava Cuba/Kyubey, è stata tratta fuori dalle
caverne e lanciata nel movimento evolutivo dalla natura femminile, induce le fanciulle a desiderare di più e poi disperarsi da adulte, in quella 'follia' che è
la vita di un essere autocosciente, ma mortale. Per dire che in uno stagno perfettamente quieto, buttando un sasso,
le increspature che si generano sono caos, segnale, vita (procedimento
stocastico, anche). Sì, anche nel mare di Dirac, se volete.<br /><br /></p><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://i.pinimg.com/originals/6b/ba/b8/6bbab87f53c6a1f628658e7bcabc654b.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="800" height="300" src="https://i.pinimg.com/originals/6b/ba/b8/6bbab87f53c6a1f628658e7bcabc654b.png" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-family: arial; font-size: x-small;"> <br /></span><span style="font-family: arial; font-size: small;"><b>La strega di una bulimica, si direbbe. Divora ragazzine. Gnam.<br /></b></span></td><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-family: arial; font-size: small;"><br /></span></td></tr></tbody></table><span style="font-size: small;"> </span><p></p><p style="text-align: justify;"><b>Troppo crudo? Stoppo radicale? Stoppo spietato? Troppo triste?</b><br /></p>
<p style="text-align: justify;">Ebbene questo è un cartone animato, una storia, un contenuto, un pensiero <i>giapponese</i>. E al di là della rappresentazione senza dubbio fantasiosa, drammatica, esagerata, maniacale, direi pornografica persino, la mia personale esperienza diretta mi dice che queste stesse cose sono percepite e date del tutto per scontate ancor più che veritiere quanto alla visione, percezione, mentalità sociale nipponica. Anche restando solo nell'infantile ambito dell'animazione, tanto per dire, qui si può ricordare un bel dialogo <i>evangelico</i> tra Kaji e Ritsuko (con Misato che non
capiva niente, benché fosse ancora quasi sobria) in cui si diceva che "<i>uomini e donne sono come omeostasi e transistasi</i>"...? Anche per Anno Hideaki l'uomo, per sua natura, è entropico. Tende alla stasi, alla conservazione dello <i>status quo</i>,
a fare il pantofolaio – si direbbe. La logica, l'ordine, tutto ciò che
la rappresentazione psichica della realtà, ovvero il pensiero puro,
ambisce essenzialmente alla stasi, che è morte. Il <i>logos</i> è <i>destrudo</i>, è <i>rappresentazione del mondo</i>, e conduce alla morte. Per contro, la donna è transistatica, antientropica, tende al
cambiamento. Esprime il desiderio di vita, anzi la voglia del mondo, <i>wille</i>. Per
Aby Warburg è l'espressione dell'archetipo della <i>ninfa</i>, ossia il movimento della natura, ossia il <i>caos</i>, il disordine e l'adattamento, o <i>metis</i>, se volete.<br /><br /> </p><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://pbs.twimg.com/media/CXrFYawWYAAk_Hv.jpg:large" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="800" height="300" src="https://pbs.twimg.com/media/CXrFYawWYAAk_Hv.jpg:large" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><b><br /><span style="font-family: arial; font-size: small;">La strega di Ritsuko avrebbe di certo una "foggia felina"...</span></b><span style="font-size: small;"><br /></span></td></tr></tbody></table><p></p><p style="text-align: justify;">E dicendo di questa concezione <i>tragicamente matriarcale</i> della realtà e della vita umana, beh, da un bambinone come Anno Hideaki sarebbe davvero molto semplice e facile saltare a un <i>letterato colto</i> come Murakami Ryuu (<a href="https://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2021/09/love-pop-recensione.html" target="_blank">una loro <i>combo</i> anche su questo stesso <i>blog</i></a>). Oppure, dovremmo parlare di quel che il <i>poeta e maestro</i> Miyazaki Hayao ha espresso sotto il testo di tutti i suoi capolavori animati? Nelle parole di Suzuki Toshio, produttore, compagno d'arme e amico fraterno di una vita di Miyazaki stesso, il regista "vede essenzialmente il mondo come fatto di maschi e femmine", quindi "le sue storie parlando sempre di un ragazzo che incontra una ragazza, e sono una coppia fatta a prima vista". Una forma di romanticismo estremo e radicale, davvero degno del primissimo <i>otakuzoku</i>, che l'acclamato cineasta vivifica persino nei suoi racconti più fanciulleschi (Sousuke e Ponyo, coppia di innamorati prescolari dove lei <i>mette sottosopra mari e monti</i>, letteralmente, pur di riunirsi e darsi a lui – come <i>la leggenda del serpente bianco</i> insegna, e come l<i>a regna delle nevi dimostrava</i>, e come miti e tragici classici che già esprimevano, dalla mistericamente eleusinica <a href="https://www.eretici.org/la-bellezza-di-proserpina/" target="_blank"><b>bellezza di Persephone</b></a>, alla follia di Medea, a tutte le donne incontrate, conosciute e abbandonate da Odisseo, sino a rifiutare in ultimo la casta Nausicaä, <i>in medias res</i>. E si badi che tra Cina e Russia e Grecia, siamo sempre in Oriente, eh! Ora dovremmo parlare di Perseo, Medusa e Andromeda (non di Kurumada Masami), o delle storie dello <i>Hagoromo Densetsu</i>, forse, ma no – torniamo nel Giappone contemporaneo. Potremmo quindi dire del diffuso, costante senso di rapporti e ambizioni di famiglia nucleare, realizzate o peggio ancora negate e sofferte, che sempre e da sempre reggono le dinamiche e tirano le fila dei prodotti <i>shounen</i>, da <i>Dragonball</i> a <i>One Piece</i> (con tutto quello che c'è in mezzo). Ordunque, tornati in Giappone, tra <i>manga</i> e <i>anime</i>, riprendiamo di nuovo con la magica Madoka: passando però dalla <i>fabula</i> all'<i>intreccio</i>.<br /><br /></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://images.squarespace-cdn.com/content/v1/5ce99bc1229431000115943b/1621436512858-QXU5V7ADMDRA8TTNV7Q0/The+Fate+of+Persephone+Walter+Crane.jpg?format=2500w" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="344" data-original-width="800" height="172" src="https://images.squarespace-cdn.com/content/v1/5ce99bc1229431000115943b/1621436512858-QXU5V7ADMDRA8TTNV7Q0/The+Fate+of+Persephone+Walter+Crane.jpg?format=2500w" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><br /><b><span style="font-family: arial; font-size: small;"><i>Il fato di Persephone</i>, di Walter Crane</span></b><br /></td></tr></tbody></table><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"> </div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">Essì, perché ciò di cui abbiamo detto sinora è <i>solo</i> la <i>fabula</i>, dai risvolti persino universali ed eterni, ma è sempre una globale <i>fabula</i>, ossia una sequenza di fatti e antefatti che costituiscono una trama. Ma questa trama, quale intreccio di umani motivi ed emozioni va a sviluppare? Secondo la schietta quanto limpida osservazione di un'amica (italiana)
del padrone di casa, si potrebbe persino ridurre il tutto a: <b>"le streghe sono letteralmente le ragazze dal cuore
spezzato"</b>, una sintesi estrema che non sarebbe granché sbagliata, magari aggiungendo che "la loro sofferenza manda vanti tutto il creato". Eppure, a questo punto si deve aggiungere che le speranze, i desideri delle fanciulline che costituiscono la chiave di volta di questa storia non riguardano i meri sogni romantici tipici delle adolescenti. <b>Ogni fanciulla ha il suo desiderio, di vario genere, e proprio questa differenza costituisce il motore dell'intreccio, sino all'apoteosi del finale. </b></div><p style="text-align: justify;">Bisogna quindi introdurre la presenza della seconda protagonista delle vicende,<b> un'altra fanciulla magica apparentemente del tutto estranea al gruppo della protagonista, che risponde al nome di Akemi Homura. </b>Sin<b> </b>dalla sua prima apparizione, la cupa e spregiudicata Homura appare anzi come la vera nemesi, perfetta antitesi dell'ingenua Kaname Madoka.<b> </b>Inoltre, è evidente che Homura "sa tutto" sin da principio,<b> </b>e proprio in base a questa sua conoscenza protegge Madoka guardandole le spalle, salvandola da ogni pericolo, e soprattutto prodigandosi affinché Madoka non esprima alcun desiderio a Cuba/Kyubey, diventando così una fanciulla magica.<b> Ma perché?<br /><br /></b></p><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://miro.medium.com/v2/resize:fit:4800/format:webp/1*aY5OzkUm_bfO9I8jltR9DA.jpeg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="800" height="225" src="https://miro.medium.com/v2/resize:fit:4800/format:webp/1*aY5OzkUm_bfO9I8jltR9DA.jpeg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><b style="font-family: arial;"><span style="font-size: x-small;"><br /></span><span style="font-size: small;">Lei è Akemi Homura, sprezzante e determinata.</span></b></td></tr></tbody></table><span style="font-size: small;"><b><br /></b></span><p></p><p style="text-align: justify;">Beh, se Homura "sa tutto", questo vuol dire che sa anche quale terribile truffa sia il patto con Cuba/Kyubey, il che significa che volerlo impedire a una fanciulla non è che un tentativo di proteggerla. E certo, infatti è così.<b> </b>Dietro alla durezza di Homura non vi è infatti che un fortissimo desiderio di salvare Madoka, un desiderio espresso e ripetutamente temprato nel tempo – chi avesse visto o volesse vedere la serie capirà di certo la ragione di questa precisa mia scelta lessicale: Homura, che in passato era lei stessa diventata una fanciulla magica esprimendo il desiderio di salvare Madoka, ha avuto in ricompensa il potere di ripetere il tempo, e sta in effetti reiterando sempre la stessa successione di eventi, che si conclude inevitabilmente, "ogni volta" con lo stesso fallimento: Madoka finisce per diventare a sua volta una fanciulla magica, e soccombe nello scontro finale con la strega delle streghe. E si ricomincia<b> </b>d'accapo, con Homura che ripete il tempo grazie al suo potere, e si indurisce una volta di più a ogni giro di ripetizione.<b> </b>Difatti, se apprende che il tempo narrativo mostrato nella serie animata
non era affatto il suo primo "tentativo": ve ne erano,
insospettabilmente, molti altri pregressi. Quanti non lo si sa neppure. Quel che viene mostrato, tramite <i>flashback</i>, è che al "vero principio" delle vicende la caparbia <i>mahoushoujo</i> era Madoka, la fanciullina sprovveduta era Homura.<b> </b>Ma quale potrebbe essere, all'ultimo, il desiderio di Madoka? Il desiderio di colei che pur non avendo alcuna personale ambizione o aspirazione, essendo suo malgrado divenuta il crocevia di innumerevoli reiterazioni temporali è anche colei su cui convergono
"innumerevoli intrecci di causa-effettuo". Diciamo che fin da subito, dinanzi alle spiegazioni di Cuba/Kyubey, l'innocente protagonista era andata in crisi perché non accettava che la speranza delle
fanciulle fosse vana di per sé, in quanto necessariamente destinata
al frustrarsi nella disperazione.<br /><br /> </p><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://i0.wp.com/www.deusexmagicalgirl.com/wp-content/uploads/2017/04/tumblr_n4uywa1Sq11sfxaudo1_1280.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="440" data-original-width="800" height="220" src="https://i0.wp.com/www.deusexmagicalgirl.com/wp-content/uploads/2017/04/tumblr_n4uywa1Sq11sfxaudo1_1280.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><br /><b><span style="font-family: arial; font-size: small;">Homura fronteggia la strega finale Walpurgis. Di nuovo.</span></b><br /></td></tr></tbody></table> <p></p><p style="text-align: justify;">Con Cuba/Kyubey che continua a tentarla, incalzandola: "<b>Trattandosi
di te, che sei diventata il punto apicale del karma che lega i
destini di una moltitudine di mondi, per quanto esagerata fosse la
richiesta, dovrebbe potersi realizzare. Avanti, Kaname Madoka... al prezzo della tua anima, che cosa desideri?</b>" – alla fine la Madoka, che a causa del suo sconfinato potenziale
può esprime davvero qualsiasi desiderio, di qualsiasi entità, raggiunge la sua risoluzione ed
esprime quello che in effetti risulta il desiderio dei desideri,
"<b>Io..." (sospirone) "...voglio che tutte le streghe siano cancellate da prima di nascere. Da tutto lo spazio, nel passato e nel futuro, tutte le streghe... con la mie mani!</b>". Ovvero, non accettando che la disperazione delle fanciulle sia la fine necessaria di tutta la loro speranza, Madoka desidera che le streghe, ovvero le fanciulle magiche disperatesi, non esistano e non siano mai esistite nella realtà.</p><p style="text-align: justify;">In sostanza, nell'universo attuale e reale, descritto e spiegato da Cuba/Kyubey, tutte le fanciulle
sperano, e tutte le fanciulle in seguito si dispereranno di pari dimensione ed
entità della loro speranza. Tra tutte, solo alcune avranno sogni e speranze e
desideri tanto grandi da poter diventare fanciulle magiche (volendo realizzarli) e
quindi di seguito diventare streghe, una volta <i>necessariamente </i>
disperatesi. Ma come dice sempre Cuba/Kyubey, attonito dinanzi al desiderio espresso da Madoka, un tale cambiamento andrebbe a sconvolgere la dinamica stessa delle leggi
naturali dell'universo, tante che l'infame bestiola apostrofa schiettamente la richiesta di Madoka dicendole che: <b>"Quella preghiera... se una simile preghiera venisse realizzata... questo non sarebbe neanche a livello di interferenze temporali! È una rivolta contro le preghiere stesse! Ma tu... hai davvero intenzione di diventare un dio?</b>". Un'esternazione sgomenta quanto sincera e onesta. Tuttavia, la risposta della ragazza è però ancora più categorica <b>"Dio o cos'altro, fa lo stesso. Tutte
coloro che hanno combattuto le streghe sino ad oggi... le fanciulle
magiche che hanno creduto nella speranza... io non voglio lasciarle nel pianto! Desidero che abbiano il sorriso fino alla fine! Per quale legge intralci tutto ciò, che sia infranta... che sia cambiata! È questa la mia preghiera... il mio desiderio! Avanti, realizzalo... Incubator!".</b><br /></p>
<p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/ZiueX-jIdNI" width="320" youtube-src-id="ZiueX-jIdNI"></iframe> </div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"> </div><div style="text-align: justify;">E dinanzi a cotanta esplicita e imperiosa volitività, sì, la preghiera viene esaudita. Il desiderio viene realizzato. Si noti tuttavia che Madoka esprima il suo desiderio per il detto 'apice' di speranza e disperazioni giovanili femminili, ovvero per quelle fanciulle che
prima sognano in grande, diventando <i>mahoushoujo</i>, e poi in grande si disperano, collassando in <i>majou.</i> Il desiderio di cambiamento è effettivamente motivato e rivolto a tutte queste speciali fanciulle, sia
passate che presenti che potenziali, ma una volta riscritta la legge del creato, la stessa vale per
tutte le femminucce dell'universo. Questo lo dice altresì Cuba/Kyubey. Quindi anche le più modeste speranze delle ragazze
comuni non sono più destinate a diventare comuni disperazioni, perché il
precedente nesso di causa-effetto necessario che legava il passaggio tra
le due fasi è stato rimosso a livello cosmico. L'universo è cambiato nella sua fibra. Ma per assurgere a ciò Madoka si è comunque sacrificata, e in piena coscienza, proprio dinanzi agli occhi di un'esanime e ormai sconfitta Homura, alla quale aveva detto: <b>"Homurachan... scusami. Io... diventerò una fanciulla magica. Io... infine ho capito: ho trovato un desiderio che voglio realizzare! Quindi, a questo scopo... userò questa mia vita. Scusa... scusa davvero. È perché tu, Homurachan, mi hai sempre... sempre sempre protetto, hai vegliato
su di me fino a qui... che penso esista l'attuale me stessa. Scusa davvero. Una simile me stessa, infine ha scovato una risposta. Abbi fiducia. Assolutamente... non vanificherò quello che tu, Homurachan, ha fatto sino ad oggi."</b> Si tratta a tutti gli effetti dell'apoteosi di una storia d'amore in senso lato e al più alto livello di intensità, persino di ossessione egoistica da un lato, di benevolenza altruistica dall'altro. E con questa risoluzione interiore, diventando la fanciulla magica estrema e definitiva, armata di un arco di nerbo vegetale (ci mancano giusto i melograni), e scagliando una freccia non alla strega finale, ma al cielo. E nell'universo così ricreato, lei semplicemente non esiste e non è esistita nel mondo, essendosi resa – come paventato – un essere al di là dello spazio e del tempo.</div></div><div><br /></div><div> </div><div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://washiblog.files.wordpress.com/2011/04/moe-169031-sample.jpg?w=500" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="562" data-original-width="500" height="400" src="https://washiblog.files.wordpress.com/2011/04/moe-169031-sample.jpg?w=500" width="356" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><b><span style="font-family: arial; font-size: x-small;"><br /></span><span style="font-family: arial; font-size: small;">Danza di coppia di eroine romantiche. Chi conduce chi?</span></b><span style="font-size: small;"><br /></span></td></tr></tbody></table><span style="font-size: small;"><br /></span><p style="text-align: justify;">La scena finale, ambientata nel nuovo mondo riordinato, una disorientata Homura incontra la famigliola di Madoka, di cui ovviamente Madoka non è parte, non essendo "mai esistita". Homura sembra però averne una sorta di lascito mnemonico, oltre che a portarne in mano i nastrini per capelli, che è per qualche ragione prova a consegnare alla madre. Proprio quest'ultima ci mostra infatti i cambiamenti della nuova
legge dell'universo sulle femmine "normali".</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://m.media-amazon.com/images/M/MV5BMzBhY2FhMmUtODQ4YS00NmE5LTgwY2QtNDIyZGM4ZjgxZjUxXkEyXkFqcGdeQXVyMzExMzk5MTQ@._V1_.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="800" height="225" src="https://m.media-amazon.com/images/M/MV5BMzBhY2FhMmUtODQ4YS00NmE5LTgwY2QtNDIyZGM4ZjgxZjUxXkEyXkFqcGdeQXVyMzExMzk5MTQ@._V1_.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><b><span style="font-family: arial; font-size: x-small;"><br /></span><span style="font-family: arial; font-size: small;">Da così...</span></b></td></tr></tbody></table> <p></p><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://gargarstegosaurus.files.wordpress.com/2011/12/junk-kaname-madoka-magica.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="800" height="225" src="https://gargarstegosaurus.files.wordpress.com/2011/12/junk-kaname-madoka-magica.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><b><span style="font-family: arial; font-size: x-small;"><br /></span><span style="font-family: arial; font-size: small;">...a cosà.</span></b></td></tr></tbody></table><span style="font-size: small;"> </span><p></p><p style="text-align: justify;">La madre di Madoka, che per tutta la serie era sempre stata mostrata come una donna in carriera molto nevrotica, fissata col suo aspetto estetico, col suo apparire giovanile e rampante, nel finale dove la speranza femminile non collassa in disperazione è una dolce mammina – che anzi rifiuta i nastrini offertigli da Homura perché:<b> "quelle sono cose per ragazze giovani come te, io ormai sono troppo anziana"</b>.<br /><br /></p><p style="text-align: justify;"><b></b></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://i.imgur.com/E24zccf.gif" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" height="225" src="https://i.imgur.com/E24zccf.gif" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><b><span style="font-family: arial; font-size: x-small;"><br /></span><span style="font-family: arial; font-size: small;">Ossia da nevrosi...</span></b> <br /></td></tr></tbody></table><br /><p></p><p style="text-align: justify;"><b></b></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://static.zerochan.net/Mahou.Shoujo.Madoka%E2%98%86Magica.full.1274774.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="571" height="400" src="https://static.zerochan.net/Mahou.Shoujo.Madoka%E2%98%86Magica.full.1274774.jpg" width="286" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><b><span style="font-family: arial; font-size: x-small;"><br /></span><span style="font-family: arial; font-size: small;">...a serenità.</span></b></td></tr></tbody></table><br /><p></p><p style="text-align: justify;">E questo è il finale della serie. Se si eccettua un successivo, breve epilogo anch'esso ambientato nel mondo riscritto, dove la comunque fanciulla magica Homura va a caccia non più di streghe, ma di "malebestie", esseri dall’inquietante aspetto maschile (per espressa richiesta e intenzione degli autori), che simili a ciclopici eremiti avvolti in delle tuniche sembrano seguire vari schermi virtuali che hanno dinanzi al volto (a me fanno pensare alla profezia che Egawa Tatsuya lanciò alla fine di <a href="https://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2021/03/deadman-recensione-by-akirasakura-shito.html" target="_blank"><b><i>DEADMAN</i></b></a>, ma anche a cose come i video-social network, tipo TikTok). Accanto a Homura, lo stesso Cuba/Kyubei si comporta da bravo gattino della maga, ed è lui stesso del tutto ignaro di una pregressa esistenza di un "altro mondo governato da altre leggi", dove esisteva una fanciulla di nome Kaname Madoka, delle cui cose – tutte quante – sempre e solo Homura sembra avere vaghe schegge di ricordi, o forse sogni.</p><p style="text-align: justify;">Invero tale epilogo pare sia stato aggiunto in extremis dagli autori per lasciare aperta una porticina su un possibile seguito, cosa che in effetti poi ci sarà, ma questa è davvero un altra storia, quindi non vi è luogo di introdurla qui...<br /></p><p style="text-align: justify;"><b>Piuttosto, proviamo a tirare delle somme. <br /><br /></b></p><p style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://animasity.files.wordpress.com/2011/04/nutbladder_puella_magi_madoka_magica_-_11_038270bb-mkv_snapshot_06-32_2011-04-27_21-25-00.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="800" height="225" src="https://animasity.files.wordpress.com/2011/04/nutbladder_puella_magi_madoka_magica_-_11_038270bb-mkv_snapshot_06-32_2011-04-27_21-25-00.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: small;"><b style="font-family: arial;"><br />Vi prego lettori, valutate con <i>pupille non offuscate</i>...<br /></b></span></td><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: x-small;"><b style="font-family: arial;"> </b></span></td><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: x-small;"><b style="font-family: arial;"> </b></span></td></tr></tbody></table><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Personalmente, credo che questa serie animata sia una produzione davvero... <i>al limite</i>. In molti sensi, dico, e forse di non così banale interpretazione – quantomeno per noi occidentali. Eppure,
tutti i miei amici giapponesi con cui ne ho parlato avevano chiaramente capito il
punto, dicendomi:<b> "è la tragedia delle bambine tradite dalla vita che diventano
<i>fujoshi</i>"</b>, oppure: <b>"è che le
femmine non non possono rifugiarsi indefinitamente nella
finzione, e i loro sogni traditi </b><b>nella realtà</b><b> le portano a essere <i>fujoshi</i>"</b>, cose così. C'è da
dire che i miei corrispondenti nipponici sono tutti <i>otaku</i> di prima generazione di
vecchio stampo, gente della mia età, o più anziana – e dico in Giappone. Dunque qui urge un'altra digressione linguistica: "<i>fujoshi</i>" è un termine giapponese <i>slang</i> con cui ci si riferisce all'equivalente femminile degli <i>"otaku</i>", e indica delle giovani donne (non più ragazzine) che continuano a condurre una vita privata di solitudine sentimentale appestata da feticci narrativi femminili, tipicamente finzione <i>yaoi</i>, o simili. La dizione è specialmente crudele, perché la scrittura giapponese è <b>腐女子</b> (<b><i>fujoshi</i></b>), letteralmente "ragazza marcia". E come se la crudeltà non bastasse, occorre spiegare che il neologismo nasce come variazione di scrittura dell'omofono <b>婦女子</b> (<b><i>fujoshi</i></b>), questo un termine di giapponese standard, che indica "ragazza in età da marito", o "ragazza in età muliebre". Il risultato è che il termine <i>slang</i> 婦女子 (<i>fujoshi</i>) fa immediatamente pensare a una ragazza che sia marcita perché scaduta, nel senso di invecchiata oltre la sua data di scadenza, ovvero il periodo adatto per il matrimonio. Troppo spietato? Eppure questa è una dinamica linguistica assolutamente banale, in giapponese – certo anche la spietatezza di Kyubey non deve apparire così allucinante, in patria. Del resto il Giappone è anche il paese dove esisteva il "vecchio" detto: "Le donne
sono come le torte di Natale, vanno consumate prima del 25."
<i>Delicatissimo</i>, vero? Non che dai noialtri non esistano detti ancor più beceri, per carità. Tutto il mondo è paese, ma ogni paese ha le sue. Simili semplici, banali casi linguistici ci fanno capire come anche la percezione di un personaggio o di una storia, del loro valore e del loro significato, anche quando potessero sembrare i più universali del mondo, ebbene in realtà variano tantissimo in relazione all'ambiente umano creativo e fruitivo di riferimento. Siete davvero certi, ad esempio, di aver potuto cogliere la caratterizzazione di Katsuragi Misato - una ventinovenne che nel 1995 vive da sola con il frigo pieno di birra e stuzzichini e non si fa neppure il bucato da sé - per come intesa e percepita nella sua patria? Oppure vi siete fermati alla sua avvenenza, alla sua apparentemente gaia esuberanza? Ancora una volta, e una volta di più, occorre essere onesti: l'universalità narrativa non esiste affatto, invero non è che un vagheggiato fantasma oppure un confortevole alibi atto a nascondere la pigrizia della comprensione dinanzi all'intrattenimento straniero. Comprendere la diversità intrinseca all'estraneità del prossimo è un qualcosa che è sempre e solo un tentativo, e richiede sempre e comunque sforzo e fatica. In particolare, cose come <i>manga</i> e <i>anime</i> sono prodotti subculturali pensati e realizzati da giapponesi per giapponesi. Prendono le mosse e si riferiscono a contesti socioculturali a noi alieni, a scale valori che per noi sono a volte persino impensabili.<br /><br /></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgHLgLQaAbOmd6mFup4TeEND5PuheXD4xyuC5vW1DqfSVSp5Hx0E-F1xtLl3W-pYGfuXvHuFSv8t4RsmjNB8bIQMagSgjyNEoTv-vO5_eD5A3R9kQWnhzzrQ5OHpoaMSJ2SSG1n3poiHqLyGriZtMhkt6cpAa9wtrlWFdBAYRHnAjYpnefx3hwm_M281FRh/s2848/IMG_0086.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="2848" data-original-width="2800" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgHLgLQaAbOmd6mFup4TeEND5PuheXD4xyuC5vW1DqfSVSp5Hx0E-F1xtLl3W-pYGfuXvHuFSv8t4RsmjNB8bIQMagSgjyNEoTv-vO5_eD5A3R9kQWnhzzrQ5OHpoaMSJ2SSG1n3poiHqLyGriZtMhkt6cpAa9wtrlWFdBAYRHnAjYpnefx3hwm_M281FRh/s320/IMG_0086.jpg" width="315" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><b><span style="font-family: arial;"><br />Melagrane e noccioline di Annigoni, natura <i>morta</i>.</span><br /></b></td></tr></tbody></table> </div><div><div style="text-align: justify;">Tornando al particolare di Madoka Magica, secondo un mio caro amico di Tokyo, che direi francamente un colto nonché appassionato conoscitore di <i>anime</i> di lunga data, <b>con questa serie animata gli autori hanno voluto "mostrare ai
maschi che non vogliono crescere – gli <i>otaku</i> – quanto sia
dura e <i>inevitabile</i> la crescita per le femmine, che loro idolatrano da <i>rori</i>, ma che poi dovranno comunque crescere, anche se loro [i maschi] non vogliono vederlo"</b>.<b> </b>E questa, sì, è davvero una lettura<i> di secondo livello</i>, ossia un tentativo di interpretazione delle
intenzioni dell'opera. Si tratta quindi di un giudizio soggettivo, con delle componenti di intuizione e presunzione, con cui si può concordare o meno, in maniera più o meno documentata. Vale a dire che mentre
cosa il regista abbia espresso è chiaro nelle parole dei
personaggi, e se ne può soltanto prendere preciso e puntuale atto, al contrario l'obiettivo comunicativo quanto messo in scena resta sempre all'interpretazione del pubblico. Detto ciò, per mia personale opinione, direi <i>in primis</i> che vedere della misoginia in <i>Madoka Magica</i>, come qualcuno ha pure inteso fare, è una cosa proprio matta matta. Al contrario, credo che <i>Madoka Magica</i> sia una serie palesemente incentrata 'tutta sulle femminucce'
e sulle asperità della loro condizione esistenziale, <b>e in questo credo
sia davvero una delle serie di più genuino amore non già "tra femmine", né "per le femmine", ma proprio verso la femminilità in quanto tale – pur
idealizzata in un modo molto maschile e per questo semplicistico – che
abbia mai visto.</b>
E credo che proprio questo sia, in buona sostanza, tutto quel che di
bello e di buono ossia di significativo ci sia tutt'oggi da cogliere e ricordare in quella orripilante serie animata.</div><div class="ipsType_normal ipsType_richText ipsPadding_bottom ipsContained" data-controller="core.front.core.lightboxedImages" data-role="commentContent"><div class="ipsColumn ipsColumn_fluid ipsMargin:none"><div class="ipsComment_content ipsType_medium" data-commentapp="forums" data-commentid="179835" data-commenttype="forums" data-controller="core.front.core.comment" data-quotedata="{"userid":86,"username":"Shito","timestamp":1323794455,"contentapp":"forums","contenttype":"forums","contentid":3344,"contentclass":"forums_Topic","contentcommentid":179835}" id="comment-179835_wrap"><div class="cPost_contentWrap"><div class="ipsType_normal ipsType_richText ipsPadding_bottom ipsContained" data-controller="core.front.core.lightboxedImages" data-role="commentContent"><p style="text-align: justify;"><b><i>Amen</i>. <i>Sipario. Magia.</i></b></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" class="circolare" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiLcOj3TKgGP_kt3n48-QWLwbPmElPh5EvL1l9y1HS0r7jLD93K4cUY8_bsjfWL_aQ74YXrYdg_By2kN5TN43eAp4Vam-T5fjCc23ojCnpqppNx9JEVujkGoeQTNDkbDQndmV4VfjlIFVCIec1j8iSRZrY1oo89ERPGJGrumbhPJspQ9CWaiDOGJX1T-iXx/s1216/Madonna_della_Melagrana_(Botticelli).png" width="300" /></a></div>
</div></div></div></div></div></div></div>Shitohttp://www.blogger.com/profile/18159065278850866183noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-8428366134531552054.post-84427022044313917692023-12-03T23:02:00.001+01:002023-12-03T23:02:57.002+01:00Giulia Savarelli e la narrativa provinciale contemporanea<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgNfs3kXjCIbgmyApmjk0kC3Xj8SrJgkAuP81TgLhuWKKjfOvFhYnccApjwl_tKdRllzkEK3kH7JAlTTLSg3xPNsU53ZfkLr6oevExSyivHmC0X7anHtiIpiB_ndL89gK8ovxaPB3i9ZlFQrnu-FCD9i7oHMOCKaVIRIcrwHUlSOuipbSXNFjlcE_fR/s500/sava_pierrot_1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="500" data-original-width="401" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgNfs3kXjCIbgmyApmjk0kC3Xj8SrJgkAuP81TgLhuWKKjfOvFhYnccApjwl_tKdRllzkEK3kH7JAlTTLSg3xPNsU53ZfkLr6oevExSyivHmC0X7anHtiIpiB_ndL89gK8ovxaPB3i9ZlFQrnu-FCD9i7oHMOCKaVIRIcrwHUlSOuipbSXNFjlcE_fR/s320/sava_pierrot_1.jpg" width="257" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><span></span><p style="text-align: justify;">Avendo pubblicato con una piccola casa editrice in provincia di Bari, inevitabilmente sono incappato in tutta una letteratura di nicchia che prima mi era ignota. Il mio stesso editore, Giacovelli, è anche lui uno scrittore e nel suo ultimo libro, ad esempio, descrive tutto un mondo provinciale in cui ci sono famiglie supermega coese, i preti che danno consigli di vita, la fidanzatina della giovinezza che ti rimane accanto fino all'età adulta e altre cose che per il me stesso ragazzino figlio di divorziati e delle periferie torinesi, sono robe tipo che ne so, un film di Miyazaki. C'è tuttavia l'intrusione della postmodernità nel contesto provinciale: le prime esperienze con i social, il miraggio di Milano, l'amico che si drogava ecc. Definirei quindi questo tipo di romanzi brevi scritti da ragazzi o ragazze delle province del sud come "narrativa provinciale contemporanea". Contrariamente alla letteratura mainstream, non è un genere politicizzato (e grazie al cielo, aggiungerei), spesso è intimista e personale e comunque, modulo qualche esigenza riparativa derivante dalla perdita di qualche persona cara, presenta solitamente dei finali positivi e non sfocia mai nel nichilismo (addirittura, in uno dei due romanzi che saranno l'oggetto principale di questo post, con molta gentilezza l'autrice si "scusa" nella postfazione per aver messo un finale negativo, cosa che mi ha parecchio colpito). Questa mia riflessione sa molto di Rousseau: sono gli ambienti urbani, quelli più vicini alle industrie, a fomentare il nichilismo. Nelle province di un paese mediterraneo originariamente pastorale, il nichilismo postmoderno è una cosa di cui si sentono sì degli echi, ma poi il tutto si normalizzerà nella bellezza delle proprie cittadine, delle proprie radici e nel conforto dei propri cari (i ringraziamenti nei libri di narrativa provinciale si sprecano: grazie ai miei genitori, grazie a X, grazie a Y e così via, spesso per una pagina intera). </p><span><a name='more'></a></span><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><i>Era l'assenza di Tempesta a rendere tutto un po' più apatico e funereo.
Era la nuova forma storpia del mio cuore, a ricordarmi che niente
sarebbe mai tornato come prima.</i> [Da "Vic, dopo la tempesta"]</p><p style="text-align: justify;"> </p><p><i>Immaginai
quale dovesse essere da ora in poi il mio specchio, ma nessun riflesso
animò il vetro liscio della fantasia. Nessuna immagine del futuro,
annegata nel sangue del mio tempo presente.</i> [Da "Chiuso"]</p><p style="text-align: justify;"> </p><p style="text-align: justify;">Giulia Savarelli è una poetessa, fotografa, scrittrice ed editor, e ho avuto modo di conoscere la sua arte prima ancora che firmassi con Giacovelli (per cui l'autrice ha pubblicato il libro "<i>Miele nero. I legami del Biviere")</i> per via di un contatto in comune su Facebook. Di suo ho letto <i>"Vic, dopo la Tempesta" </i>e <i>"Chiuso"</i>. La Savarelli la inquadrerei come una sorta di Yoshitoshi ABe all'italiana: fa storie molto pacate dai connotati simbolici, talvolta vagamente filosofici, il cui tema portante è la giovinezza - <i>"Siate giovani, soltanto giovani"</i>, diceva non a caso quella <i>kawaisou</i> della Alda Merini. Non è infatti possibile scrivere poesie senza avere un attaccamento morboso e passionale a ciò che esiste soltanto in gioventù: la stessa passione amorosa, dopotutto, è cosa puramente giovanile - <i>"Ma era troppo tardi per rifarmi una giovinezza. Ci credevo più! Si diventa rapidamente vecchi e in modo irrimediabile per giunta. Te ne accorgi dal modo che hai preso ad amare le tue disgrazie tuo malgrado" </i>osservava, a ragione, il mio scrittore francese preferito. Ma passiamo ora ai due libri in oggetto.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQT0s3lK11cyHsHgtOVG11XBP5jVF48lgfAuw2NfkfbSeRAyZiQgJYonGKVRa7D8bUhMm56EP7CGERSaFAb35UExE5zCmXgd7zRF573H2xFzs95Xtvg16CqMVCfQ_Y5vFyZ70whXKPpbMZYbtNQ8Y_LpP5sbGI2q_XEgVjCjoGpCnTPHfCFlFyKMIA/s2645/Picsart_23-11-27_15-05-21-261.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2321" data-original-width="2645" height="281" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQT0s3lK11cyHsHgtOVG11XBP5jVF48lgfAuw2NfkfbSeRAyZiQgJYonGKVRa7D8bUhMm56EP7CGERSaFAb35UExE5zCmXgd7zRF573H2xFzs95Xtvg16CqMVCfQ_Y5vFyZ70whXKPpbMZYbtNQ8Y_LpP5sbGI2q_XEgVjCjoGpCnTPHfCFlFyKMIA/s320/Picsart_23-11-27_15-05-21-261.jpg" width="320" /></a></div><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: center;"><b>*** Vic, dopo la tempesta***</b></p><p><br /></p><p style="text-align: justify;">E' un romanzo simbolico-autobiografico il cui tema principale è il senso di perdita provato dalla protagonista dopo la fine di una importante relazione con la sua ragazza, che viene simbolicamente chiamata Tempesta. La cosa affascinante del libro è che si passa da descrizioni molto accurate di lei (me la sono vista praticamente davanti agli occhi, l'oggetto dell'altrui passione e sofferenza) a sferzate poetiche estremamente suggestive (alcuni passi li avevo letti ad alta voce a mia madre, che essendo come me un animo molto melodrammatico, aveva apprezzato). In tutto questo doloroso smarrimento, infine, appare poi Vic, che è una sorta di redentore idealizzato, non tanto una persona o un personaggio ma a mio parere un agente riparativo inconscio, una sorta di richiamo alla vita, un meccanismo auto-salvifico. La caretteristica principale di Vic, comunque, è quella di essere capace di comprendere il dolore della protagonista, un po' come la mia Lena (che tuttavia non è affatto un personaggio idealizzato, anzi) fa con il mio Ulrico, salvandolo. Arriva poi infine la primavera di provincia, quella delle feste, dei banchetti, delle processioni e così via, e il tutto si risolverà nella Speranza (che poi, alla fin fine, è un sentimento puramente cristiano in senso pastorale, e qui si nota nuovamente l'importanza dell'enviroment in questo genere di letteratura: di certo, se Vic fosse stato un punkabbestia di Rozzano, sarebbe andata diversamente). Ciò detto, la cosa che nobilita molto questo libro, oltre allo stile, è la più completa assenza di vittimismo: Tempesta è stata sinceramente amata, anche dopo che è stata perduta; la relazione con lei è stata veicolo di crescita e ciò viene rimarcato nel finale. Fosse stato un libro più mainstream, sarebbe stato molto facile scadere nella piangina e nella pornografia del dolore. Invece, il ritratto sincero del cuore spezzato che si fa in questa sede, è talmente onesto che il lettore più sensibile può riconoscere anche la propria stessa, personalissima sofferenza in quella narrata in punta di piedi dalla Savarelli. <br /></p><p><br /></p><p style="text-align: center;"><b>*** Chiuso ***</b></p><p style="text-align: center;"><b> </b></p><p style="text-align: justify;">"Chiuso" ha una struttura molto romanzesca, uno stile regolare e meno ibrido rispetto a "Vic". Narra del primo amore e del passaggio all'adultità come caduta delle illusioni giovanili, nel contesto della cittadina di Cosenza, che viene descritta molto affettuosamente, quasi come se fosse un personaggio a sé stante. Nell'opera si sente molto il retrogusto cristiano nell'affrontare la tematica della passione carnale: si parla di peccato, si cita la Bibbia (è nelle intenzioni dell'autrice rimarcare il contrasto tra cristianesimo e paganesimo animista), il desiderio viene personificato e chiamato con la D maiuscola (cosa molto buddhista), e così via. In questo libro comunque ho letto, come accennavo in precedenza, un grande attaccamento alla giovinezza, alla sua imperfezione, alle sue emozioni forti. La "chiusura" di cui il titolo è quello stato alla <i>Urashima Tarou</i> di congelamento nel passato, di "chiusura alle nuove possibilità" il quale, a un certo punto, dovrà lasciar spazio alla polvere perché il corpo, che è legato al tempo, inevitabilmente invecchierà e farà il suo corso. Tutto questo mi ha ricordato vagamente, come scrivevo, Yoshitoshi ABe, soprattutto per via dell'implicita narrazione data dallo stereotipo molto giapponese della "loli che cresce in una cittadina agrestre sentendo tuttavia la pressione della postmodernità". Anche in questo caso comunque il romanzo scorre fluido senza alcuna politicizzazione né piangina, con i suoi simbolismi, le sue riflessioni e i suoi emozionali ritratti della cittadina calabrese. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">In conclusione, dopo queste esperienza di lettura, sono ancora più convinto che Giappone e Italia siano tanto lontani quanto vicini: due paesi circondati dal mare le cui province sono ancora estremamente ataviche, in cui la differenza tra città e campagna è praticamente un abisso (Milano sostanzialmente in Italia è l'equivalente di Tokyo), e in cui la postmodernità è arrivata per frattali e non in modo totalizzante. L'amore dell'autrice fiorentina per Cosenza, per le passeggiate nei boschi, i suoi rimandi artistici all'animismo, al simbolismo vitalistico e così via, infatti, sono tutte cose altresì molto "giapponesi" oltre che pastorali (dopotutto, questo articolo lo sta scrivendo un tizio che ha costruito il suo stile narrativo leggendo Sanshiro di Souseki, quindi di cosa stiamo parlando). Un sincero abbraccione a tutte queste nuove persone che ho conosciuto grazie a <i>Ulrico Adventures</i>, comunque. Ci si rivede, da qualche parte. </p>Francesco Granzierahttp://www.blogger.com/profile/14967626801426918935noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8428366134531552054.post-33409258997040409912023-11-26T11:03:00.013+01:002023-11-27T14:05:58.772+01:00Sugli ultimi fatti di cronaca: Riflessioni personali<p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhKdauTvfXLsF_ii4ArG1B2X93si1QBENt1fNYonNr4SHrpge2KzPJDdFDCn2NG-8wp3C1iZzZlKETo5TYt68j0Cls-hs5zU9fOChpHSX9KJbsBXgGBwKvfG0DIQwelG9Rmo0PhP-TJggaDyBlXCGoPo4ZYmZXZPnLzaMYHbi4K8dyu0ce2N1TNy8lI/s1117/Francisco-Goya-Cane.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1117" data-original-width="897" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhKdauTvfXLsF_ii4ArG1B2X93si1QBENt1fNYonNr4SHrpge2KzPJDdFDCn2NG-8wp3C1iZzZlKETo5TYt68j0Cls-hs5zU9fOChpHSX9KJbsBXgGBwKvfG0DIQwelG9Rmo0PhP-TJggaDyBlXCGoPo4ZYmZXZPnLzaMYHbi4K8dyu0ce2N1TNy8lI/s320/Francisco-Goya-Cane.jpg" width="257" /></a></div><p></p><p style="text-align: center;"><i><b>(Il cane sono io)</b></i></p><p style="text-align: center;"><br /></p><p></p><p style="text-align: justify;">Sebbene nonostante la narrazione passata dai media gli omicidi di donne nel contesto di un rapporto di genere siano in calo (almeno stando a quanto dice il prefetto di Padova <a href="https://www.padovaoggi.it/cronaca/prefetto-messina-calo-femminicidi-22-novembre-2023.html">qui</a>), i femminicidi diventati casi di cronoca sono efferati, tremendi, quasi sempre accompagnati da preventive manifestazioni di insanità mentale da parte dell'assassino, <b>sintomi che vengono del tutto trascurati dai genitori e/o dalle rispettive cerchie sociali</b> dell'omicida (la società italiana non è assolutamente in grado di comprendere il disagio psicologico, ma sa soltanto buttare le cose in ciaciara e politicizzarle a posteriori, prendendo provvedimenti inutili). In particolare, nell'ultimo caso, sembrerebbe che l'assassino, prima di ammazzare la fidanzata, abbia confidato sia a lei che ai genitori di volersi suicidare, dimostrando altresì altre sintomatologie del disturbo borderline di personalità (che ben conosco, avendo amato abbastanza profondamente una persona con tale "patologia"). <b>Ciò premesso, l'opinione che mi è arrivata da tutto lo strombazzamento social-mediatico in merito a questo ennesimo orrore è che la colpa sia del "patriarcato"</b> (spoiler: c'è stata una cosa chiamata '68), in particolar modo del maschio bianco etero di classe media, ossia mia e di quelli come me (ho come l'impressione che per i più ricchi, nel nostro paese, si tenda quasi sempre a usare il guanto di velluto: in fondo siamo un popolo di provinciali, di inservienti, di servi nati). Peccato che io, avendo avuto tra le tante sfighe anche un padre violento come cattivo esempio da non seguire, non abbia mai storto un capello a una ragazza (anzi, a Bologna, nel 2020, ho anche rischiato di essere accoltellato per salvarne una da una rapina). Ma va bene, ormai sono abituato a sentire di tutto, poco importa. <b>Sinceramente, di mio, da maschio bianco etero appartenente alla classe media, mi sento invero molto debole in questa società:</b> il dottorato non mi ha dato uno status sociale consono al titolo; il mio lavoro mi permette di arrivare a fine mese in autonomia ma non è che mi stia rendendo ricco; non sono così attrattivo presso le femmine, che di base preferiscono altri con più soldi e/o appeal sui social rispetto al sottoscritto. Spesso poi le persone tendono a proiettare su di me le loro stesse nevrosi, quindi <b>ho quasi sempre la sensazione di rimanere bloccato in uno spazio vuoto in cui mi è impossibile comunicare realmente con il prossimo.</b> </p><p style="text-align: justify;"><span></span></p><a name='more'></a> <p></p><p style="text-align: justify;">Ultimamente in giro di cazzate ne ho lette veramente tante, e mettendo da parte follie della serie "mi vergogno di essere nato con il pisellino", oppure "ho il pisellino e quindi sono kattivoh", prendiamone ad esempio una un po' più elaborata: "Il disturbo borderline è innato". No, non è così. Il disturbo borderline è una forma di dissociazione della psiche, che da quel che ho avuto modo di esperire, viene fuori quando ci sono dei problemi nella sfera affettiva e relazionale: è una sorta di sindrome post traumatica dovuta a carenze affettive nel delicato periodo dell'infanzia.<b> In pratica, non sentendosi amata, la persona si chiude a riccio nel proprio vuoto interiore, e la sofferenza da sopportare è talmente alta che vengono fuori sintomi psicotici, talvolta anche violenti </b>(e sì, una donna borderline, ad esempio, può anche aggredire con violenza il compagno: non esiste soltanto il viceversa, come le attuali "ideologie simulacro" da testata giornalistica sgrammaticata vogliono far credere). Detto questo, non volendo divagare, <b>è chiaro che la nostra società stia tendendo sempre più alla più completa anaffettività, alla più completa disumanità. L'istituzione familiare è in profonda crisi e comunque i genitori non hanno l'empatia necessaria per fornire supporto psicologico ai figli; fin da piccoli si deve subire il bullismo e la pressione dei social media, che tendono a far sentire le persone inadeguate proponendo loro standard di vita irraggiungibili ai più; la pornografia, anche se nessuno sembra volerlo capire, è una delle forme più brutali di oggettificazione della femmina</b>, nonché fonte di disagio psicologico sia per gli attori che per i fruitori (il sesso è una cosa intima, potente e in qualche modo legata all'affettività umana; consumando del sesso simulacro in quantità massicce, è ovvio che stiamo introducendo spazzatura in quelle aree della nostra coscienza che dovrebbero occuparsi dell'empatia). Sul lavoro, manco a parlarne, il mobbing è parecchio diffuso e così via. <b>Le persone, nel 2023, in particolare quelle più giovani, sono quindi costrette a fare i conti con una <i>Wasteland</i> relazionale e sentimentale che colpisce su ogni fronte, e a ciò si aggiunge una completa mancanza di senso di futuro che anch'essa, inutile negarlo, è fonte di disagio psicologico.</b> E' quindi chiaro che <b>la tendenza sia quella di "appiccicarsi" al partner</b> e che quando il o la partner si tiri indietro (prima o poi ogni relazione finisce, l'amore eterno non esiste), la cosa assuma psicoticamente i connotati di un evento catastrofico, <b>un'apocalisse interiore devastante che alcune persone, per i motivi descritti sopra, non riescono in alcun modo ad affrontare e superare.</b> Se per di più il livello di psicosi dissociativa è bello "alto", ecco che può scappare l'omicidio (o il suicidio, è la stessa cosa: la fine di una vita umana). </p><p style="text-align: justify;"> </p><p style="text-align: justify;"><b>E' inutile girarci attorno: la solitudine è il pricipale motore della malattia mentale.</b> Questa cosa abbastanza ovvia (siamo dei mammiferi in fin dei conti, ci riproduciamo in due e abbiamo bisogno del gruppo per proteggerci dalle avversità del mondo esterno) l'avevano capita i grandi "psicologi socialisti" del passato. La psicoanalisi di oggi, invece, si basa su un mito del successo solitario derivante dal modello americano: la carriera viene prima di tutto e il partner è un contorno accessorio, una specie di animale da compagnia da abbandonare al primo screzio.<b> L'oggettificazione del compagno o della compagna, quindi, nella società attuale, avviene su tutti i livelli.</b> Questo perché, appunto, l'empatia e la comprensione dell'altro ormai sono soltanto più cose di nicchia, un retaggio del passato. Basta vedere tutto il trambusto attorno alla povera, ultima vittima di un orrendo femminicidio: tutti a parlarne, ignorando completamente la sofferenza della famiglia di lei, ognuno a dire la sua, la gara a chi la spara più grossa sui social, perché sì, l'argomento alla moda porta visualizzazioni, porta traffico, e quindi soldi.<b> La dittatura silenziosa dei social media in voga oggigiorno rende le persone antropofaghe senza che se ne rendano neanche conto</b>, perché ciò che conta è il like immediato, l'impulso di piacere, il riscontro di un guadagno, anche marginale, ma comunque utile ad alimentare il proprio narcisismo. "Ho il pisellino e quindi sono kattivoh", sull'onda di una povera ragazzina uccisa. Quanti like, quante visualizzazioni, quanti soldini. E in più posso anche sentirmi a posto con la coscienza, sentirmi integrato per bene nel sistema, sentirmi protetto dagli abissi di cose che non posso nemmeno comprendere, in primis il dolore altrui, in secundis la generale assenza di senso della morte di una persona giovane. <br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><b>Si giunge quindi a una considerazione fattuale: se l'industrialismo sta irrimediabilmente inquinando la terra e uccidendo la Natura, l'abuso di tecnologia e informatica stanno facendo piazza pulita della mente umana.</b> Un cervello non può essere sottomesso ripetutamente, fin dall'infanzia, a una caterva di impulsi meccanici, ai simulacri pulsati a intermittenza dai social, alla pornografia e quindi, di fatto, a un <b>linguaggio macchina</b>, che è ciò che sta alla base tutto questo. <b>Per linguaggio macchina non intendo una poesia o l'introiezione di una qualche forma di narrazione finalistica: intendo l'1 o lo 0, il vero o il falso, l'impulso di piacere (1) o l'impulso nullo (0) - notare che l'impulso di dolore nella mia definizione è del tutto assente, e <a href="https://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2022/01/la-civilta-senza-dolore-painless.html">qui rimando al filosofo Morioka Masahiro</a>. </b>Dato che il linguaggio è l'impalcatura dell'animo umano, se faccio crescere i bambini o i giovani con il linguaggio macchina anziché quello poetico, musicale e narrativo, che è in qualche modo legato alle emozioni umane, all'empatia verso il prossimo, al rispetto e così via, <b>li sto trasformando in robot incapaci di emozioni.</b> <b>E' abbastanza ovvio, per fare un esempio, che un ragazzino venuto su con la pornografia sia più propenso a trattare la sua fidanzatina come un oggetto; che possa fare fatica a capire la differenza tra erotismo e violenza sessuale; che possa cadere molto facilmente nella trappola di gestire il rapporto con l'altro sesso in maniera del tutto meccanica e inconsapevole.</b> Eppure nessuno sembra volerlo capire, perché di fatto, andando a toccare queste cose, si andrebbe a toccare l'interesse del nostro grande colonizzatore, che è colui il quale queste cose le ha create ed esportate per ovvi motivi che non sto a elencare (la pornografia, così come i social, è uno strumento di controllo, per questo è gratuita). Secondo la mia modesta opinione, allo stesso modo di come fa con i paesi medio orientali vendendo loro armi e sparando supercazzole per metterli gli uni contro gli altri, lo Zio Sam tende a praticare il dividi e impera anche all'interno delle sue stesse colonie,<b> cercando tramite i media di mettere tutti contro tutti, in primis i maschi contro le femmine</b> (se si raggiunge lo scopo di far lottare i sessi l'uno contro l'altro, si riesce ad abbassare il tasso di natalità di una popolazione, rendendola più debole e soggiogabile). <b>E ora come ora, essendo l'America in profonda crisi sociale ed economica, le sue politiche totalitaristiche si sono fatte molto più aggressive. Stiamo tanto a lodare l'America, il padrone, ma fatevi un giretto nei sobborghi di qualche benemerita città americana: clochard in ogni dove, eserciti di drogati zombie senza denti che camminano tutti ricurvi... in pratica l'anticipazione della fine dell'umanità, uno scenario da videogioco horror. </b><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Con questo non voglio assolvere paesi quali la Cina o la Russia, non fraintendetemi: lì semplicemente i sistemi di controllo della popolazione cambiano. <b>Gli americani utilizzano il piacere (Huxley), i paesi non "democratici", invece, utilizzano il dolore (Orwell); ma la sostanza è sempre la stessa: il vero problema, come ha fatto notare altresì Massimo Fini nel suo ottimo saggio <i>"La ragione aveva Torto?"</i> è l'industrialismo.</b> Dato che la tecnologia comunque è ormai endemica, per effetto dell'abuso di linguaggio macchina <b>la gente non è più in grado di avere una visione d'insieme delle cose, agisce per impulso, tende sempre a schierarsi da una parte o dall'altra della barricata senza capire, mossa soltanto dall'aggressività.</b> Sui social, senza stare a tirare fuori efferati omicidi privi di qualsiasi forma di empatia e umanità, questa cosa è ben evidente. Ma anche nel mondo del lavoro, in cui <b>finalmente gli alti dirigenti riescono ad avere caterve di schiavi meccanici solitari e dal pensiero unidirezionale da poter sfruttare per i loro comodi</b> (vi ricordate quando a Milano, la città più inclusiva e progressista d'Italia, un dipendente di una nota azienda del settore energetico aveva provato ad avvelenare un suo collega? E questo è soltanto un esempio). Per di più, il linguaggio macchina non viene somministrato dai media in piccole dosi, ma in quantità esorbitanti d'informazione, e ricordiamoci che il nostro cervello è ancora quello dell'<i>homo sapiens sapiens</i>, non è di certo un contenitore della spazzatura di grandezza infinita. Quando riempi troppo la botte, la botte esplode. </p><p style="text-align: justify;"> </p><p style="text-align: justify;">E' davvero difficile vivere nel 2023. E' pesante, estenuante, la resistenza di un singolo (io) per sopravvivere psicologicamente a un mondo che da bambino, nella mia ingenuità (o meglio, nello sforzo di cercare di preservarla a tutti i costi nonostante le brutture vissute), non mi sarei mai aspettato. Ogni volta che una ragazzina viene uccisa mi viene da piangere; ma oh, io sono un maschio e quindi, secondo alcuni, porto in me il germe del maligno. Per fortuna che un giorno arriverà l'intelligenza artificiale a educarci tutti, <b>che poi tanto "intelligente" non è, dato che si basa pure lei sul linguaggio macchina, come tutte le cose informatiche </b>(esempio: una ragazzina di 13 anni, come ha fatto notare Cacciari in qualche trasmissione che non ricordo, ha chiesto all'IA il suo parere sul se frequentare o no un uomo di 43 anni: l'IA, il linguaggio macchina, le ha detto di sì, di andarci insieme, ma con le dovute precauzioni). In conclusione, grosse risate a parte, tornando alla psicosi collettiva in corso, aggiungerei che <b>le "macchine umane" sono ormai talmente tanto sofferenti, talmente tanto infelici</b>, perché una macchina è schiava, è anomica, è insensata, <b>che ormai fuggire nei grandi piaceri (che comunque sono stati sdoganati col '68 e sono alla portata di tutti), in grandi realtà alternative fatte di favole e mondi utopistici, è diventato inutile.</b> Si passa quindi al "secondo livello" di escapismo, ossia il crogiolarsi nell'apocalisse incombente, nel <a href="http://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2023/04/la-vera-origine-del-complottismo.html">complottismo</a>, a sentirsi perennemente minacciati da qualcuno o qualcosa. Dall'escapismo nelle favole del passato, all'escapismo nelle tragedie del presente. C'è anche un termine per definire ciò: il consumo di "pornografia del dolore". In pratica si deve morbosamente fagocitare il disagio altrui, vedere i genitori che piangono in diretta, sentire gli audio della vittima e accalcarsi a commentarli in cerca di like; la ricerca morbosa di tutti i dettagli sull'omicidio oppure addirittura, ad esempio, l'invocazione a gran voce dello sterminio di tutti i neonati maschi (ebbene sì, qualche influencer lo ha fatto). </p><p style="text-align: justify;">E questo è tutto, mi fermo qui. Chissà comunque quale sarà il "terzo livello" di tutto ciò: spererei di morire prima di vederlo, onestamente. <br /></p>Francesco Granzierahttp://www.blogger.com/profile/14967626801426918935noreply@blogger.com22tag:blogger.com,1999:blog-8428366134531552054.post-16773387522030501562023-11-16T15:17:00.014+01:002023-11-18T16:45:08.622+01:00Annuncio importante: Antropofagia, il mio libro, è infine uscito. <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiNhA7nTIbtom3eAw9q8bW8r6YezIcwixNciZSh2fdG3ImT1ju-X7i7TR2E29Vlj7TCbgIulkYF-sdOp4gpB7i_ryJM7S1phUI9XqAXjQVmcLppLUn6RwXlbsyFE7rVB6hY5o1SBBbFzC-jJLNZz3pKuL6UbyFq6ar2JsgZZFnKPs-oT9LIth9y_U9A/s1280/foto%20gualtiero.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="956" data-original-width="1280" height="239" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiNhA7nTIbtom3eAw9q8bW8r6YezIcwixNciZSh2fdG3ImT1ju-X7i7TR2E29Vlj7TCbgIulkYF-sdOp4gpB7i_ryJM7S1phUI9XqAXjQVmcLppLUn6RwXlbsyFE7rVB6hY5o1SBBbFzC-jJLNZz3pKuL6UbyFq6ar2JsgZZFnKPs-oT9LIth9y_U9A/s320/foto%20gualtiero.jpg" width="320" /></a></div><br /><p style="text-align: justify;"><b>Il punto culminante della mia carriera di blogger/scrittore è infine arrivato: la pubblicazione di un libro.</b> Stufo delle solite lagne contemporanee piene di vittimismo, in cui chi sta male trova quasi sempre consolazioni di vario tipo, in cui gli autori sembrano avere paura di non spingersi troppo in là in quello che scrivono impauriti dal non vendere abbastanza, ho deciso di fare le cose a modo mio. Infatti, non per nulla, ci è voluto più di un anno per trovare un piccolo editore con il coraggio di pubblicare un libro del genere. Ciò premesso, ecco qui una nuova presentazione (l'avevo già un pochino presentato <a href="https://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2023/10/antropofagia-uscira-breve-cosa-dovro.html">in quest'altro post</a>): </p><span><a name='more'></a></span><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><i>Antropofagia narra le vicende di tre persone che già di per sé fanno fatica a vivere, costrette a fare i conti con una società che in effetti è la negazione della vita. </i><span style="text-align: left;"><i><b>E' una “storia suburbana”, un romanzo che non usa la periferia per le solite scaramucce di malavita ma come specchio delle ombre dei personaggi, un romanzo di accadimenti, anche frenetici e forti, come si addice alla città in cui i personaggi si muovono. </b></i></span><i>Ho voluto scrivere una storia d'amore alla fine del mondo, il nostro mondo, e l'ho fatto cercando il realismo, la schiettezza, nonché ispirandomi a eventi realmente accaduti. Nel libro ho raccontato i pericoli di internet, dei social, la conseguente disumanizzazione dei rapporti tra persone; ho raccontato il disagio psicologico, che è sempre più presente nelle nostre vite e in quelle dei nostri cari. <b>In esso poi vi è il mio grande amore per il cinema e la musica, tant'è che l'ho scritto immaginando di girare un film.</b> Ma Antropofagia non è soltanto questo: è un libro sulla crescita, una storia che tra le righe sussurra la parola "amore" verso la vita, verso il bello che essa ha ancora da offrire nonostante l'innegabile tramonto dell' umanità. <b>Antropofagia è un po' grottesco, un po' avvincente, talvolta ironico. Ma anche riflessivo, poetico e malinconico. Perché così sono io: in questo libro ho messo tutto me stesso. </b></i></p><p style="text-align: justify;"><i><br /></i></p><p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/BqMaI6dLo7c" width="320" youtube-src-id="BqMaI6dLo7c"></iframe></div><br /><p></p><p style="text-align: justify;">Per quanto riguarda l'acquisto, il libro lo trovate su tutti i soliti canali online, ma vi consiglio di prenderlo su Amazon e di lasciare una recensione positiva nel caso in cui vi sia piaciuto. <b>Inutile dire che la mia, così come quella dell'editore, è la battaglia di Davide contro il Golia delle grandi case editrici</b>,<b> </b>quindi il supporto altrui, l'entusiasmo e il passaparola sono più che necessari alla diffusione di quest'opera. <b>Ho inoltre cercato di tenere il prezzo più basso possibile, ma tenete conto che il distributore si becca il 60% del prezzo di copertina, l'editore il 4% e io, l'autore, il 10% (quindi, con meno di due euro a copia, non ci sto lucrando sopra: lo sto diffondendo perché ci credo)</b>. Grazie infine a tutti quelli che mi seguono e che si avventureranno nella lettura di questo romanzo, che è un po' il mio testamento spirituale. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><a href="https://www.amazon.it/Antropofagia-Francesco-Granziera/dp/B0CN8RLZRP/ref=sr_1_22_mod_primary_new?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&crid=37BIXIMR4CWR8&keywords=antropofagia&qid=1700141761&sbo=RZvfv%2F%2FHxDF%2BO5021pAnSA%3D%3D&sprefix=antropofagia%2Caps%2C137&sr=8-22&fbclid=IwAR2xGeV40Dkc7Y2r7YZ6hprF9XzjKK-sI_4JHqSVhHX5hV1GmT_GVTNTrZY">Clicca qui per acquistare "Antropofagia" su Amazon</a></p>Francesco Granzierahttp://www.blogger.com/profile/14967626801426918935noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-8428366134531552054.post-54182707798882708862023-11-12T22:22:00.004+01:002023-11-12T22:58:38.298+01:00Doveva essere il nostro momento: Recensione<p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrUDf63D6skqE4EGGWZUWcvh1xvywdAgxQ47r4wUjvr2iPH3awBqD3kDg3aymO1oyWDAfaS70U1vHLHp1o2Brtf-vTYQi4wV3rUCZ-j1Ay0yJ02B3oUIi8wHNf7IzCts7jJR7O7Bn-DjYt1z3l2fCKhwjPAm0Yu2pKmdtFUMqsXaSq6T7L8-2aKADJ/s824/caruso%20book.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="824" data-original-width="536" height="343" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrUDf63D6skqE4EGGWZUWcvh1xvywdAgxQ47r4wUjvr2iPH3awBqD3kDg3aymO1oyWDAfaS70U1vHLHp1o2Brtf-vTYQi4wV3rUCZ-j1Ay0yJ02B3oUIi8wHNf7IzCts7jJR7O7Bn-DjYt1z3l2fCKhwjPAm0Yu2pKmdtFUMqsXaSq6T7L8-2aKADJ/w223-h343/caruso%20book.jpg" width="223" /></a></div><i><p style="text-align: justify;"><i><br /></i></p>"Sarebbero dovuti essere speciali, l'anello di congiunzione tra il vecchio e il nuovo millennio, tra l'analogico e il digitale, e invece non erano niente. Non erano stati destinati a niente. Non avevano lasciato alcuna traccia, se non battute ironiche sotto infinite discussioni inutili". </i><p></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Ed eccolo qui, il miglior libro della Caruso, molto probabilmente il romanzo contemporaneo più bello che abbia mai letto. L'autrice, ormai giunta alla maturità artistica, abbandona quasi completamente i cliché narrativi da fanfiction per scrivere un'opera adulta, riflessiva, che in un mondo editoriale dominato dai boomer fa un po' da bandiera/contraltare di un'intera generazione di esclusi. <i>"Doveva essere il nostro momento"</i> narra dei Millenial, ossia i nati tra l'85 e il 95, quelli con una gamba fissata nel mondo pre-crisi e l'altra (mutilata) nella <i>Wasteland</i> post-crisi. Noi trentenni siamo molto particolari: i nostri genitori sono stati la generazione più viziata e inetta alla vita di tutte, gli X; i noi stessi bambini, spesso cresciuti con i valori della <i>Silent Generation</i>, ossia quelli dei nonni, hanno vissuto nella bambagia degli albori di internet, dei cartoni animati su MTV, di tutta una serie di frivolezze e certezze sociali che poi, con l'avvenire della crisi dei subprime a inizio anni duemila, sono tranquillamente andate a farsi fottere. Noi Millennial siamo così attaccati ai feticci della nostra infanzia perché, in fondo, non abbiamo mai accettato il "mondo che è venuto dopo", quel capitalismo gretto, meschino e antropofago dell'oggidì. D'altro canto, in confronto agli Zoomer (i nati negli anni duemila) siamo stati dei privilegiati, e il privilegio, inutile dirlo, genera pretese eccessive. A tutto ciò si aggiunge l'educazione ricevuta dai nonni, che, al giorno d'oggi, in un'epoca completamente priva di valori e di senso, si rivela più un handicap che un vanto. Il Millennial che ha fatto "carriera" al vecchio modo, infatti, è quasi sempre un depresso o un compulsivo, perché sa benissimo di aver fatto valangate di sacrifici per niente o, ancora peggio, per farsi svalutare e sbranare dall'onnipresente, carnivoro dio Saturno globalizzato. Ciò premesso, inquadrato il contesto, passiamo al libro in sé. </p><span><a name='more'></a></span><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><i>"Invece alla fine Zan lo aveva contagiato con i suoi deliri, così come aveva fatto con l'assurda idea che vivere in modo diverso, in condizioni più umane, fosse possibile". </i></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Zan è un Millennial che dopo essere uscito fuori di testa a furia di moderare per pochi soldi i contenuti del deep web infiltrati nel clear web quali pedopornografia, decapitazioni ecc., decide di rigettare completamente l'epoca della sovra-informazione e di creare in Sicilia una setta in cui si vive come negli anni novanta, e in cui tutto ciò che appartiene a dopo il duemila è proibito (quindi internet limitato, niente social media, si possono guardare solo programmi televisivi dell'epoca e così via). Il Guru si porta con sé Cloro, una famosa influencer Zoomer che ha sedotto via chat; Leo, un Millennial che non è mai stato in grado di dare una direzione alla sua vita; alcuni altri personaggi che rimarranno sullo sfondo. Il focus della narrazione è costituito da Leo e Cloro che se ne vanno via dal baglio, ossia il luogo in cui si teneva questo strano settarismo del "rifiuto della postmodernità cattiva", e intraprendono un viaggio in macchina per tutta l'Italia dell'era Covid, cercando di trovare un senso alla loro vita. Verrà quindi fuori quanto Cloro sia stata cannibalizzata dai social media, nonché sfruttata dalla madre, una generazione X malata di consumismo; quanto Leo, alla fin fine, arranchi proprio perché, contrariamente alla ragazza, sia ancora dotato di delle forme di altruismo e idealità fuori dal tempo, che cozzano completamente con una società di macchine saturate di informazioni disposte a distruggere e, soprattutto, a distruggersi per qualche like, qualche impulso binario dettato dai loro cervelli ormai abituati a ragionare soltanto con zeri o uni, con "sì" o "no", proprio come il software dei computer o degli smartphone a cui stanno perennemente attaccati. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><i>Cloro: "Mi sono sempre detta che nessuno mi ama perché sanno tutto di me. E questo non va bene, perché presa tutta intera, io non sono una persona amabile". </i></p><p style="text-align: justify;"><i>Leo: "Non lo è nessuno, preso tutto intero".</i></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Cloro e Leo non sono due personaggi da manga, ma effettivamente due "persone reali" con un'ottima caratterizzazione e credibilità. Anche le loro interazioni e come va a finire la loro storia è roba del tutto plausibile. In lei ho ritrovato una buona summa della sofferenza psicologica delle ragazze più giovani, in lui invece molti spunti biografici dell'autrice (dopotutto ho letto tutti i suoi libri, quindi, almeno indirettamente, la conosco). La narrazione è composta da un andirivieni di flashback e di riflessioni che emergono come sfoghi catartici nell'andirivieni molesto, ma empatico, dell'irrisolutezza di questi due personaggi principali; i rant taglienti, rabbiosi, ma del tutto giustificati, che l'autrice sparge qua e là per la strada sembrano tutti convergere verso l'asserzione "postmodernità è disumanità". Passato il vuoto dell'autostrada semideserta e dell'incomunicabilità assoluta, rimane soltanto la conseguente rassegnazione e presa in atto dell'impotenza del singolo di fronte all'oblio ipertecnologico che di fatto sta distruggendo i rapporti tra persone. In particolare, come evidenzia il dialogo tra Cloro e Leo di cui sopra, l'amore per sua natura ha una dimensione umana, ossia naturalmente parziale; nel momento in cui si vuole cancellare l'umanità con la tecnologia e l'overdose d'informazione, ahimè non è neanche più possibile essere capaci di amare: ci si satura dall'interno e la percezione che le persone hanno dei propri simili viene a sua volta saturata. Pertanto non si può essere percepiti come un "tutto intero". Siamo esseri fallaci, parziali, che hanno bisogno di completarsi con i loro simili per poter sopravvivere. Condannare gli esseri umani alla solitudine significa ucciderli. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">La cosa più importante, comunque, e il discorso vale per qualsiasi opera artistica, è che questo libro mi ha fatto riflettere su me stesso, e con questa osservazione termino una recensione del tutto positiva (sì, la gestione tra i flashback e cosa sta accadendo nel presente ogni tanto è confusionaria, ma ciò per me non è un difetto, considerato il contesto del romanzo postmoderno). Chiusa questa inutile parentesi, la sintesi delle riflessioni che ho fatto grazie a Cloro e Leo è la seguente: ho capito di non essere stato un fallito ad aver abbandonato la scienza. Ho pensato che è molto meglio impegnarsi a scrivere libri o articoli per far capire alle persone quanto la tecnologia le stia disumanizzando, che continuare a foraggiare tale tecnologia in vista di un illusorio successo personale. Pertanto, con un romanzo abbastanza simile a questo appena pubblicato a mio nome, posso finalmente sentirmi sulla strada giusta, almeno per una volta nella mia vita. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p>Francesco Granzierahttp://www.blogger.com/profile/14967626801426918935noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8428366134531552054.post-56713476655551688412023-11-10T16:36:00.010+01:002023-11-13T14:18:10.406+01:00Le mie vacanze 2023: "Quelli che si salvano sono gli invisibili"<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgzok3xrjqP8CME457C2d7-zLsaChYJxhMJ0Nompf7v14qssvO_J4sHcfxypw1H8jZO7FhRXBHq4n3m3OdK4N4DHCx2fZBfzrOSTjXrYtP0Euj3hUL3d72rgsOQtsFGQiyUQsHb4ZKLvcSS92lIb5OrhnkNmK470Klg6p1qVEraVMjXWSpYm9B5eO4l/s985/photo_2023-11-03_22-13-54.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="985" data-original-width="819" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgzok3xrjqP8CME457C2d7-zLsaChYJxhMJ0Nompf7v14qssvO_J4sHcfxypw1H8jZO7FhRXBHq4n3m3OdK4N4DHCx2fZBfzrOSTjXrYtP0Euj3hUL3d72rgsOQtsFGQiyUQsHb4ZKLvcSS92lIb5OrhnkNmK470Klg6p1qVEraVMjXWSpYm9B5eO4l/s320/photo_2023-11-03_22-13-54.jpg" width="266" /></a></div><p><br /></p><p style="text-align: justify;"> L'anno scorso ero andato in Giordania con <i>WeRoad:</i> l'esperienza offerta da questa "agenzia di viaggi" è stata una specie di ritorno alle scuole superiori in cui sono praticamente andato "in gita" con degli sconosciuti suppergiù della mia stessa età. Devo ammettere che è stata una bella vacanza - volevo semplicemente fotografare il Mar Morto, rivivere le atmosfere del <i>Clarel</i> di Melville -, che mi ha permesso di conoscere della persone con cui, stranamente, mi son trovato molto bene nonostante la mia misantropia. Ovviamente, poi, finita la vacanza, i rapporti si sono diradati, sicché ognuno è tornato a farsi i <i>casi</i> suoi, cosa legittima nel mondo incasinato di oggi. Quest'anno, invece, dovendo lavorare al libro e volendo risparmiare qualche soldo, non ho fatto alcun viaggio. C'era comunque un lettore molto interessato a conoscermi: io facevo il pigro, non avevo voglia di incontrarlo, ma lui insisteva. L'ho quindi accontentato: sono andato ai Navigli ed eccolo lì il biondo, con la sua maglietta dei <i>Joy Division</i>. Mapo è uno studente di filosofia, ha una decina di anni in meno di me ed è convinto che io sia un supermega intellettuale, uno che potrebbe scalare il mondo ma è troppo coglione e quindi si sminuisce e si mette in disparte, senza rendere gli altri partecipi di tutte le cose che sa. Parliamo per ore di fisica e filosofia, mentre nel frattempo bevo un cuba libre e fumo due sigarette. Gli offro addirittura da bere. Paragona il mio pensiero, che ha conosciuto spulciandosi tutti gli articoli di questo antro infinitesimale della rete (di cui non ho neanche voglia di rinnovare la grafica), a quello di Feyerabend, un filosofo che manco conoscevo. Mapo per di più è un darkettone, ma non di quelli volgari: è diciamo uno decadente, un "tizio postpunk" che si mangia i <i>My Bloody Valentine</i> a colazione. Abbiamo anche lo stesso gusto per i meme e il trollaggio trashissimo. Siamo amici, è fatta. </p><span><a name='more'></a></span><p style="text-align: justify;"><br /><span></span></p><!--more--><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/q9Ok40oJwew" width="320" youtube-src-id="q9Ok40oJwew"></iframe></div><div style="text-align: center;"><i><b>Video artistico by MAPO, in cui sfoggio la mia maglietta degli SLOWDIVE </b></i></div><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">La mia vacanza è stata quindi andare all'università insieme a Mapo: ho seguito delle lezioni di filosofia e mentre lui studiava facevo il controediting del mio <i>Antropocoso</i>. All'uni c'è il cosiddetto "Bronx", ossia una sala studio super caotica in cui vedo occhi accesi, vendo gente credere ancora in quello che fa, anche se sta studiando distrattamente o sta facendo pressoché cagnara. Passa uno e mi dice <i>"ShhhWEPS",</i> così, dal nulla, soltanto perché avevo vicino a me la lattina di acqua tonica. Un altro, di punto in bianco e senza conoscermi, mi rivela di aver mangiato del pesce scaduto e mi chiede se starà male. Gli rispondo di prendere del bicarbonato (e qui si vede il mio retaggio da Millennial, l'imprinting della<i> Silent Generation</i>, di quelli che, come i miei nonni, pensavano che il bicarbonato fosse la panacea a tutti i mali). Mi giro verso Mapo e gli dico: <i>"La gente qui ha la faccia pulita, sono presi bene, dico in generale"</i>. Lui mi risponde:<i> "Sono giovani, Doc... Ma stai tranquillo che se non sono figli di papà, se non sono dei radiacal chic, sono fucked"</i>. Ebbene sì, io ho trentatré anni, quella gente lì ne ha dieci o più in meno di me. Quando facevo io l'università, gli studenti erano più imbronciati. Forse è la mia generazione a essere molto particolare, dato che siamo stati cresciuti da dei vecchi e siamo stati i testimoni di un mondo che ormai non esiste più, ma che tuttavia continuiamo a rimpiangere. I GGIUOVANI mi sembrano oscillare tra tutto questo entusiasmo, tipico anche di Mapo, e stati di depressione totale, di black out allucinante. <b>Ma almeno vanno fino in fondo nelle cose, non si fermano a metà. O si rimboccano le maniche e tirano dritto, o si danno in pasto al tritacarne sociale e mediatico facendosi completamente distruggere.</b> C'è gente che vive dentro delle specie di laboratori artigianali abbandonati riconvertiti a loft; punkabbestia che vanno a fare le terapie di gruppo<b> facendo presente che i problemi dei più vecchi che stanno lì dentro non sono veri problemi, perché ancora legati "all'avere roba", ossia alle aspettative piccolo-borghesi tipiche altresì della MIA di generazione</b>; le<i> gotichelle </i>che studiano matematica mentre si fumano una canna sedute sul porticato, senza dover dimostrare niente a nessuno. Andiamo a mensa, mi siedo al tavolo ed ecco che arrivano due colleghi di università di Mapo. Uno dei due fa già il supplente alle scuole medie. Ci racconta, perfettamente rassegnato, che i ragazzini gli dicono <i>"Oh, ciao guzzo"</i> anzi di <i>"Buongiorno, professore"</i>, che ci sono le baby gang, che le ragazzine si filmano con i telefonini ripetutamente, a ogni ora. Io provo della rabbia; tutti gli altri a tavola, ossia gli Z<i>oomer</i>, incluso Mapo, fanno spallucce. E' così la vita, c'è poco da fare. Siamo al capolinea, inutile arrabbiarsi. <i>"Oh, un mio amico vuole farsi la casetta abusiva nel boschetto... Mi sa che quando la fa mi intrufolo da lui e faccio il parassita...".</i> Mi viene allora in mente quando dormivo come un barbone nel furgone con mio padre durante le vacanze, al freddo, e quanto la cosa mi facesse stare male. Loro invece non si sarebbero lamentati affatto, anzi. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Conosco poi il mito di cui mi ha parlato Mapo, questo suo amico "punk" che va alle sedute di gruppo a insultare la gente (la cosa fa molto <i>Fight Club)</i>. Si parla un po' e toh, viene fuori che all'ultima seduta ha litigato con una <i>egirl</i>. Mi dice una roba del tipo: <i>"Eh, ma sta gente mica soffre veramente, fa soltanto finta... lo fa per far trend sui social, mica è veramente fottuta come me!"</i>. E qui lo capisco, perché pure io, quando facevo l'università, mi sono sempre sentito fuori luogo (anzi, mi sono SEMPRE sentito fuori luogo, a parte rare eccezioni). Il vero problema è che, chiudendosi a riccio da giovani, ci si brucia, si perde qualcosa di importante che poi non è più possibile recuperare. Poi ci si può illudere, far finta di avere vent'anni quando invece se ne hanno quaranta, ma il tutto potrebbe diventare leggermente grottesco, anche se ormai nella società di oggi non vi è più alcun limite alla vergogna. <b>Nel viavai di ragazzi e ragazze dell'università di Milano, comunque, rivedo tante cose del mio passato, tanti tratti di persone che ormai nella mia vita non ci sono più, tratti che sembrano essere stati passati da quelli che conoscevo ad altri sconosciuti come un testimone, quasi come se un ipotetico Dio ripetesse sempre gli stessi pattern nelle sue creazioni. </b>Vedo una ragazza col caschetto, gli occhioni castani, che sorride alle sue amiche; nel nichilismo attivo di Mapo, attivo perché comunque lui ama quello che studia, rivedo il mio stesso temperamento di quando ero studente; nei suoi amici rivedo delle versioni tirate a lucido di alcune mie cumpe giovanili. L'umanità è sempre la stessa: penso che quando morirò, molto probabilmente ci sarà qualcun altro fatto un po' come me. Nessun dramma, quindi. Capisco Massimo Fini quando dice che per capire veramente la vita bisogna stare insieme ai più giovani, non a quelli della propria stessa età o ai più vecchi. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Io e Mapo siamo seduti sul muretto e guardiamo le tartarughe: gli sto parlando di uno dei due nuovi libri che sto scrivendo. Gli dico che c'è un fanatico delle armi che odia la società e un suo collega, un tizio col disturbo bipolare di nome Nobo, che narra in prima persona le sue (dis)avventure nella <i>Wasteland</i> relazionale, sentmentale e lavorativa del 2023. Gli racconto un po' di trama e aggiungo che 'sti due qua, a un rave per darkettoni, incontrano una ragazza senza braccio che si unisce a loro. Da lì in poi la storia si fa interessante. Mapo apprezza: <i>"La ragazza senza braccio, da come me la racconti, mi piace molto come personaggio. In questo mondo di patinati e perfettini almeno ci metti dei disadattati, delle persone vere, ci metti gli invisibili, quelli che è come se non esistessero. Tipo gli operai, quelli veri, non i radical chic di merda che mangiano il panino senza andare in mensa ma poi fanno le orge all'estero con i soldi dell'erasmus".</i> Penso allora a un ragionamento che avevo fatto insieme a Shito su Telegram, sempre questa estate, la cui summa è, appunto, <b>"Quelli che si salvano sono gli invisibili". </b></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Ci sono invisibili che non hanno i social e che si arrangiano come possono, senza alcuna aspettativa. Sono molto giovani eppure sembra abbiano visto già tutto e sanno benissimo cosa aspettarsi dalla vita, ossia niente. Alcuni di loro sono soli come cani e tali resteranno, senza alcuna possibilità di ottenere un briciolo di amore da una ragazza; altri invece magari convivono, ma in appartamenti di trenta metri quadri in periferia. Alcuni altri ancora finiscono morti ammazzati in fabbrica, senza che nessun giornale o influencer dicano qualcosa. Fanno il volontariato nelle carceri e pensano chiaramente che i galeotti siano più privilegiati di loro. Gli invisibili non ci credono più a cose come il comunismo o il consumismo: sono tutte facce della stessa medaglia, dei paraventi per gente che in realtà sta bene e cerca delle supercazzole da dire soltanto per poter scopare. Gli invisibili cercano la verità, ti parlano all'infinito delle loro passioni, devono crescere subito perché per sopravvivere nella più totale solitudine, quella solitudine tipica di chi è stato tagliato fuori dagli avanzi del banchetto sociale che fu, quella solitudine in cui non si hanno millemila like sui social e nessun amico lassù tra i vecchi che comandano, serve diventare duri come il marmo, e completamente autosufficienti. Non c'è spazio per le favolette, nel mondo degli invisibili. <b>In confronto a loro, gli invisibili della "vecchia guardia" come la mia sono anche fin troppo viziati, tutti persi nei loro simulacri infantili </b>- le figurine a cui giocavi da bambino, le sale giochi nostalgiche, i centri sociali e di ritrovo per bambinoni, il blogghino, l'orologino, la pretesa di sistemarsi con la mogliettina carina borghesina. Noi Millennials siamo così tanto viziati che scriviamo piangine, facciamo piangine, bla bla bla, gne gne gne. Gli invisibili nati negli anni duemila invece ti guardano in faccia, sorridono e ti dicono: <i>"Embè? Sei un coglione, Doc!".</i> Come si può dargli torto?</p>Francesco Granzierahttp://www.blogger.com/profile/14967626801426918935noreply@blogger.com11tag:blogger.com,1999:blog-8428366134531552054.post-46969370554280139122023-10-29T10:05:00.014+01:002024-01-29T11:04:31.029+01:00Io, il mio Nemico: Retrospettiva & Riflessioni personali<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjTtl5VS58usAex9yd9PM_Fh7w_tY4-3qjgOGokShkIffm44-zkuNqvlMTEIinPk9mbQ0N01uwuZGTmx7rShTRnjZnayfNK41wa2OIMxz5EV1qTYSOXfGkFO3WjWZfV2KdDwVFu2hkEL-JDhBLhwgVsgWrPQ0Il73Mtb-phoBGNCTrMhW_vnWHhruOm/s2777/2023-10-25_190304.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2777" data-original-width="1837" height="403" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjTtl5VS58usAex9yd9PM_Fh7w_tY4-3qjgOGokShkIffm44-zkuNqvlMTEIinPk9mbQ0N01uwuZGTmx7rShTRnjZnayfNK41wa2OIMxz5EV1qTYSOXfGkFO3WjWZfV2KdDwVFu2hkEL-JDhBLhwgVsgWrPQ0Il73Mtb-phoBGNCTrMhW_vnWHhruOm/w267-h403/2023-10-25_190304.jpg" width="267" /></a></div><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Dato quello che sta succedendo in giro per il mondo, ho deciso di rispolverare una vecchia lettura sconosciuta ai più, ma ben nota a mia madre, che da giovane, un po' come me, era un'avida lettrice con una discreta sensibilità verso il sociale. Quindi, per ovvi motivi, lessi <i>"Io, il mio nemico"</i> da ragazzino, anche se all'epoca non avevo ancora la maturità necessaria per poterlo veramente capire, nonostante comunque, in qualche modo, lo avessi visceralmente assorbito e fatto mio (mi sembra di ricordare una fase della mia vita in cui volevo fare il militare e il giornalista). <b>Fatte queste premesse, l'opera è appunto un capolavoro di giornalismo, quando il giornalismo ancora esisteva e non era perlopiù <i>fake news</i> o l'emblema dello sputtanamento e del partito preso come oggi.</b> In sostanza, l'autore è un giornalista ebreo con un passato nell'esercito israeliano (paracadutisti, antiterrorismo), che nel 1986, di comune accordo con il suo giornale, decide di sfruttare il suo aspetto fisico e la sua profonda conoscenza della lingua e della cultura araba per fingersi palestinese. <span></span></p><a name='more'></a><p></p><p style="text-align: justify;"><b>Yoram, divenuto quindi Fat'hi grazie alla carta d'identità di un defunto giordano dai connotati molto simili ai suoi, mettendo a rischio la sua stessa vita, finirà a fare lo schiavo sotto i datori di lavoro ebrei, che lo tratteranno come un subumano soltanto perché "arabo"; dormirà in stamberghe piene di topi e scarafaggi in cui non è nemmeno presente la doccia per lavarsi, insieme ad altri lavoranti palestinesi; presterà servizio da "arabo" in un Kibbutz, con tutte le conseguenze del caso; avrà, sempre da "arabo", una relazione con una ragazza ebrea, che ovviamente finirà male per ovvie motivazioni. </b>Sul finale, Yoram andrà a vivere per un breve periodo nei campi profughi palestinesi, diventando testimone in prima persona delle ragioni di coloro i quali l'occidente chiama "terroristi" (all'epoca non c'era Hamas ma l'FPLP, un'organizzazione di resistenza di stampo Marxista-Leninista). <b>L'inchiesta terminerà nell'87, con l'avvento dell'Intifada, e scuoterà l'opinione pubblica israeliana per poi venire insabbiata</b> (lo stesso libro è abbastanza difficile da trovare, ha avuto pochissime ristampe e al giorno d'oggi, nel mondo del 2023, se <i>"My Enemy, Myself"</i> venisse riscritto da un novello Yoram Binur 2.0, non verrebbe mai pubblicato). </p><span></span><p><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhxbBzQsmYgXZZyaT26ubif4BxIPemoCd8Y2EeP56GREhe9UZFQaoBJZOV_ZPJn3jHxNkO5v97ih4-WIQWOt_Xz1fV9nw6ea4GdSKYAyBmHMMTPNxFlMQeyTv_ZtXcnYrPcEvjc0JF5yzduDU3Iois3G3djm_bSgFUeu2UCwQdT0FE39RY_JenjY_Yg/s1889/Documento_2023-10-25_190644.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1889" data-original-width="1765" height="354" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhxbBzQsmYgXZZyaT26ubif4BxIPemoCd8Y2EeP56GREhe9UZFQaoBJZOV_ZPJn3jHxNkO5v97ih4-WIQWOt_Xz1fV9nw6ea4GdSKYAyBmHMMTPNxFlMQeyTv_ZtXcnYrPcEvjc0JF5yzduDU3Iois3G3djm_bSgFUeu2UCwQdT0FE39RY_JenjY_Yg/w330-h354/Documento_2023-10-25_190644.jpg" width="330" /></a></div><p><br /></p><p style="text-align: justify;">Prima di scrivere qualcosa su questo capolavoro, è bene ricordare l'inizio di ciò che attualmente sembra stia traghettando il mondo verso la WW3: nel 1948, in seguito alla Shoah, dopo una decisione dell'AGNU venne forzatamente creato lo Stato d'Israele in territorio arabo tramite l'espropriazione di terreni, invasioni a mano armata e il confinamento dei profughi nella striscia di Gaza e in Cisgiordania. Da qui in poi la convivenza tra arabi ed ebrei è andata avanti grazie, in soldoni, all'orecchio dello Shin Bet, l'intelligence dello Stato Ebraico, che al giorno d'oggi, per ovvi motivi, è l'organismo di spionaggio più avanzato del mondo (non vorrei passare per complottista, ma ho i miei dubbi che gli 007 israeliani non siano riusciti a predire la carneficina del 7 ottobre). Anche l'esercito dello Stato d'Israele ha un'ottimo primato mondiale, dato che per decadi ha avuto molto da fare nel reprimere le insurrezioni armate dei "terroristi" e nel gestire una quotidianità di violenti attriti sociali e culturali. <b>Detto questo, la prima cosa che Yoram mette in chiaro è che i cittadini non sono i loro governi: esiste una estrema destra israeliana, quella che oggigiorno sta radendo al suolo la striscia di Gaza e che crede nel primato di Israele su tutto il resto del mondo, così come esiste una sinistra israeliana di cui lui fa parte, che si dimostra più progressista e comprensiva nei confronti degli arabi e, in generale, dei non-ebrei</b> (i Kibbutz, ad esempio, sono organizzazioni comunitarie di sinistra, che accolgono anche cittadini dalle altre parti del mondo). <b>D'altro canto, la superiorità tecnologica di Israele nei confronti degli occupati è palese, nonché fonte di un pesante squilibrio sociale che di fatto mette il coltello nelle mani degli israeliani, ovviamente dalla parte del manico.</b> Da un lato abbiamo quindi una potenza democratica in cui si vive all'occidentale e con tutti i vizietti degli occidentali (il materialismo, la promiscuità sessuale, il carrierismo), vizietti che ovviamente non tardano a diventare nevrosi (Yoram, nonostante il coraggio e l'intelligenza, è un depresso, tant'è che in un'episodio del libro soffoca il suo disagio nell'alcool; Miri, la ragazza israeliana con cui lui si mette insieme da "arabo", viene sfruttata come un oggetto sessuale e poi liquidata senza troppi complimenti). <b>Dall'altro lato, invece, ci sono gli schiavi arabi, che sopravvivono grazie alla disciplina ascetica dell'Islam e alla pratica del <i>Sumud</i></b>, che come ci spiega Yoram è <i>"una forma di resistenza più fondamentale di quella passiva predicata da Gandhi, che prende avvio dall'idea che il semplice fatto di esistere, di sopravvivere rimanendo nella propria terra, è un atto di sfida, soprattutto quando la deportazione è il pericolo più temuto dai palestinesi"</i>. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhJghGRrWKsJ00OiggLo3suFTwbA3SuxxwTotqyz4hN6iCHnbv3Mii0sXiBjGiV4a4S2M2kWCvkWAUh7txuew984OBaYEKEtMIbgoVKzG9zjcF37lrN1OPWTomQFxCqPoTFuU671Yx1ae_JN2EKdFxtt0mNxlE-ycz4WIgU9FxsfuzvwsA3-RjxkSZc/s1469/Documento_2023-10-25_190957.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1165" data-original-width="1469" height="301" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhJghGRrWKsJ00OiggLo3suFTwbA3SuxxwTotqyz4hN6iCHnbv3Mii0sXiBjGiV4a4S2M2kWCvkWAUh7txuew984OBaYEKEtMIbgoVKzG9zjcF37lrN1OPWTomQFxCqPoTFuU671Yx1ae_JN2EKdFxtt0mNxlE-ycz4WIgU9FxsfuzvwsA3-RjxkSZc/w380-h301/Documento_2023-10-25_190957.jpg" width="380" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><p style="text-align: justify;"><b>Oltre a essere un reportage, <i>"Io, il mio nemico"</i> è altresì un'autoanalisi del suo autore</b> (anche in questo caso, la scrittura non è altro che un sollievo autoriparativo). Nella parte iniziale, infatti, Yoram fornisce al lettore una calda autobiografia in cui racconta della sua crescita nei difficili sobborghi di Gerusalemme, <b>dopodiché la sua carriera di militare e i sensi di colpa a essa annessi.</b> Di mio, penso che sia stato proprio il senso di colpa la spinta primigenia che ha permesso a quest'uomo (anzi, Uomo, con la u maiuscola) di andare a rischiare la vita in mezzo agli arabi (come fa notare lui stesso, una minima falla nella costruzione della propria storia personale di "palestinese", o anche soltanto una parola araba mal pronunciata, e la copertura può saltare, con ovvie, tremende conseguenze). I sensi di colpa di Yoram, comunque, sono ben comprensibili: i suoi colleghi non si facevano problemi a violentare ragazze palestinesi con la scusa dei controlli nei campi profughi; <b>i metodi dell'esercito israeliano, in generale, sono violenti e disumani, come l'autore ha da testimoniare sia quando è dalla parte degli oppressori, sia quando è dalla parte degli oppressi</b> (in un capitolo del libro viene maltrattato dalla polizia di frontiera soltanto per via del suo indossare la Kefiah nel bel mezzo di una manifestazione ebraica; all'aeroporto di Ben Gurion Yoram finirà nuovamente nei guai per via della sua identità fasulla di "arabo": riuscirà a schivare l'arresto per il rotto della cuffia, grazie alla sua carta d'identità israeliana di emergenza e al fatto che i poliziotti, dopo tutto un teatrino di interrogatori e controinterrogatori, arriveranno a scambiarlo per un agente del Mossad in missione super segreta). </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEitIKaNLnRTDt2gLTJk0VbY3Cy5pp1RvCwFRjKvPAxnkGBq7cTycryJFjXL87sQQYhyypGS7Op3xDYMTa9n0ihDLtbw-HWt_y5z9lj2FKIFtRct0eBs_a4sK2Y2grnVIeljcNAwcbPfUi3h8ll0I6uYlo7IZN9ctf58yqd568cowLcOAdTpDFOPSLOF/s1525/Documento_2023-10-25_190843.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1345" data-original-width="1525" height="305" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEitIKaNLnRTDt2gLTJk0VbY3Cy5pp1RvCwFRjKvPAxnkGBq7cTycryJFjXL87sQQYhyypGS7Op3xDYMTa9n0ihDLtbw-HWt_y5z9lj2FKIFtRct0eBs_a4sK2Y2grnVIeljcNAwcbPfUi3h8ll0I6uYlo7IZN9ctf58yqd568cowLcOAdTpDFOPSLOF/w346-h305/Documento_2023-10-25_190843.jpg" width="346" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><p style="text-align: justify;"><i>"Il personale del carcere di Faraa dedica molti sforzi al tentativo di fiaccare lo spirito dei ragazzi e convincerli a firmare confessioni in cui dichiarano di aver compiuto atti di violenza e sabotaggio [...] La giovane età dei prigionieri e le dure tecniche adoperate negli interrogatori hanno guadagnato al luogo una triste fama, tanto che i locali lo chiamano il <b>maslah lashabab, il mattatoio della gioventù</b>". </i>[Yoram Binur sui metodi dell'esercito israeliano]</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Le parti più violente del libro, a parer mio, sono tuttavia quelle in cui Yoram/Fat'hi lavora in due ristoranti gestiti da ebrei. Le tristi esperienze con la polizia, i campi profughi e i membri dell'FPLP, il melodramma secco del fidanzamento con Miri eccetera eccetera, sono narrazioni ancora dignitose nella loro durezza. <b>Ma nel caso dei ristoranti, che poi sono i luoghi in cui finivano (e finiscono) moltissimi giovani palestinesi nullatenenti per poter guadagnarsi da vivere, la sua dignità umana viene del tutto calpestata.</b> L'alter ego "arabo" di Yoram viene infatti sfruttato e fatto lavorare pressoché quindici ore al giorno; il datore di lavoro arriva addirittura a privarlo del suo stesso nome e prende a chiamarlo come vuole lui, tanto "voi arabi vi chiamate tutti uguali"; <b>un giorno, mentre il giornalista sotto copertura sta lavando i piatti, la figlia del padrone del locale si porta </b><b>il suo fidanzato benestante in cucina e se lo </b><b>scopa proprio lì, davanti ai suoi occhi: tanto Yoram/Fat'hi è un "arabo", uno schiavo, un essere inferiore, un cane da umiliare </b>(non so se è peggio questo o i video che girano ora come ora su TikTok, in cui gli israeliani prendono in giro i civili palestinesi uccisi dalle bombe). Ciò detto, dopo l'inferno dei ristoranti, Yoram crollerà psicologicamente e sospenderà il supplizio, facendosi aiutare a fuggire dal suo collega fotografo, Ysrael, un ex militare che lo assiste allo stesso modo di un cinico e scaltro angelo custode invisibile ai più. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><i>"Se un palestinese o un abitante della striscia di Gaza partecipa a un grave atto di aggressione, la sua casa viene distrutta<b>. Poiché la maggiorparte dei sabotatori ("terroristi" o "combattenti per la libertà", dipende dal partito preso) sono ragazzi o giovani che ancora vivono in famiglia, o che sono in affitto in una casa che non è la loro, una punizione di questo tipo ha senz'altro carattere collettivo e danneggia specialmente la famiglia degli accusati.</b> La proprietà demolita viene confiscata dall'esercito e alla famiglia è vietato costruirsene un'altra. Di solito, le famiglie che incombono in questo tipo di sventura, ricevono una somma di denaro dalla Gordania o da una delle varie organizzazioni palestiensi, allo scopo di aiutarle a trasferirsi in qualche altro luogo".</i> </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><i>"Qualsiasi ragazzo che non ha mai conosciuto altra esistenza di quella miserevole delle baracche del campo, quando gli si chiede da dove viene, è in grado di nominare con orgoglio il villaggio di origine della famiglia, <b>che spesso ha cessato di esistere ancora prima che il ragazzo venisse al mondo</b>". </i></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Paradossalmente,<i> </i>dopo innumerevoli testimonianze di questo tipo, nonché un'esperienza di vita sempre più difficile, Yoram, stremato e sull'orlo della crisi d'identità, assisterà a un matrimonio di due membri dell'FPLP in un campo profughi. <b>Così finisce il libro, con l'Intifada che prende piede e questo matrimonio a cui il giornalista dà connotati vitalistici e positivi, a suo scrivere una forma estrema di <i>Sumud</i>, di resistenza delle forze della vita su quelle della morte.</b> </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgXore87_QaILnAkd73hSaoq5r5pU5ce985D0SQIEdpkzREpbehKwgEW1nS_LyJcEG2JMUVTehdx0XSl339UT8bgncP5bfVUFtdH6-fvkHii_sPXUpUmlPZUcaTJZAjhLLeVMxDVjy2EV_ILiTy7agioY92L0wlrSe9WTvoE1zbXX-hGEMi04yhsoIs/s1471/Documento_2023-10-25_191105.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1229" data-original-width="1471" height="289" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgXore87_QaILnAkd73hSaoq5r5pU5ce985D0SQIEdpkzREpbehKwgEW1nS_LyJcEG2JMUVTehdx0XSl339UT8bgncP5bfVUFtdH6-fvkHii_sPXUpUmlPZUcaTJZAjhLLeVMxDVjy2EV_ILiTy7agioY92L0wlrSe9WTvoE1zbXX-hGEMi04yhsoIs/w347-h289/Documento_2023-10-25_191105.jpg" width="347" /></a></div><br /><p style="text-align: center;"><b>- La mia opinione su cosa sta succedendo ora nel mondo -</b></p><p><br /></p><p style="text-align: justify;">Termino l'articolo con una piccola riflessione personale che potete anche saltare, di certo io non sono Yoram Binur. Ciò premesso, secondo me il vero problema, tralasciando l'ignoranza della gente, che si schiera da una o dall'altra parte senza avere una vera coscienza di cosa stia realmente accadendo e di cosa sia accaduto in quelle terre così distanti dalla nostra bella e provinciale Italietta, a parer mio è la politica. <b>Nel senso che non esistono più dei veri uomini di Stato, come potevano esserlo un Craxi, un Andreotti o un Berlinguer:</b> dato che siamo una colonia americana e che la URSS è crollata, gli americani e i loro alleati hanno sempre ragione, fine. "Autodifesa" significa quindi uccidere indiscriminatamente donne e bambini, bombardare ospedali e così via, e va tutto bene, tanto <i>"tutti i palestinesi sono Hamas e quindi sono cattivih"</i>, e quindi anche le ragazzine smembrate che i genitori portano in giro per le macerie di Gaza in sacchetti dell'immondizia grondanti di sangue lo sono; <i>"gli ebrei hanno subito la Shoah e quindi sono bravih: se dissenti sei antisemitah"</i>. <b>Insomma, la politica, e non soltanto per quanto riguarda la carneficina compiuta da Hamas il 7 ottobre e tutto ciò che ne è conseguito, è ormai pure lei un asilo nido a cielo aperto, un luogo di infanti affetti da vittimismo compulsivo che sbraitano, fanno un po' di campagna elettorale acchiappa-like sui social e poi se ne tornano a casa con la pancia piena, a eclissarsi nei loro vizietti post-consumistici di massa.</b> Quella postmoderna, a mio modo di vedere le cose, è di fatto una politica otaku, nel senso di infantile e "aggressivo passiva" a tutto tondo. E questo è un problema molto grave per l'occidente: gli americani si sentono supereroi Marvel, gli europei sbraitano come bimbetti senza concludere nulla, ma dall'altro lato, a est, c'è gente adulta che non scherza affatto. <b>Per di più, la politica e i governi occidentali, che si vantano di essere democratici ed egualitari, sono sempre più distaccati dal popolo, sempre più lontani dalle difficoltà della gente comune. Non c'è quindi da stupirsi che le cose, quando si arriva a un punto di rottura, sfuggano poi di mano: fa parte della natura umana dormicchiare per poi svegliarsi quando ormai è troppo tardi.</b> Non per nulla, anche in occidente, e soprattutto in America, il terrorismo interno è un qualcosa di molto significativo. Quando un ragazzino americano imbraccia il mitra e trucida tutti i compagni di classe, di certo non lo fa perché è brutto e cattivo o ha letto il Corano. Lo fa perché a monte ci sono delle ragioni sociali, e quindi psicologiche - <b>ricordo che</b> <b>l'essere umano non è un atomo separato da tutto ciò che lo circonda, ma un essere contingente: la sua psiche è inscindibile dall'</b><b style="font-style: italic;">enviroment</b><i> </i><b>circostante </b><i>-</i> ben precise, che si fa finta di non vedere perché altrimenti TUTTO il sistema occidentale americanizzato, ma proprio TUTTO, andrebbe ripensato. In conclusione, <b>ripeto nuovamente il mio mantra: senza amore, la razza umana va in autoconsunzione, si svaluta e squalifica da sé.</b> Tutta l'umanità, di tutte le etnie e religioni e senza alcuna distinzione, dato che, anche se facciamo finta di non saperlo, siamo tutti piccole formichine che abitano su un pianeta insignificante sperduto nei meandri dello spazio siderale, un'oscuro abisso infinitamente più grande di tutti noi. </p>Francesco Granzierahttp://www.blogger.com/profile/14967626801426918935noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-8428366134531552054.post-22367661225447027022023-10-27T14:46:00.000+02:002023-10-27T14:46:40.653+02:00"Invidio la tua libertà": Riflessioni su una crisi tutta occidentale, identitaria e non solo<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhi1A5vZpUMZR_iP8Y-1MFDXi_SIVGOVPcyxs234VzI2kfMrRBu52w4M5GaL6UFAnafLVx77jkvfLgHRLDOcfpsuWSjxXU8ZqGXWCZyz_Ve2gRqu_FA2s_dR6u0mDwvinz8polau-3iaeqMiSwQEldY_Png_E9KMc0z2Co_r5ErA8RtjjS1o-BjGegX/s1008/1%20Portrait%20of%20Dr.%20Gachet.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1008" data-original-width="819" height="362" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhi1A5vZpUMZR_iP8Y-1MFDXi_SIVGOVPcyxs234VzI2kfMrRBu52w4M5GaL6UFAnafLVx77jkvfLgHRLDOcfpsuWSjxXU8ZqGXWCZyz_Ve2gRqu_FA2s_dR6u0mDwvinz8polau-3iaeqMiSwQEldY_Png_E9KMc0z2Co_r5ErA8RtjjS1o-BjGegX/w294-h362/1%20Portrait%20of%20Dr.%20Gachet.jpg" width="294" /></a></div><br /><p style="text-align: justify;">L'altro giorno è venuto a farmi visita un mio conoscente di lunga data che non vedevo più da molto tempo. Mi ha contattato privatamente sui social con l'intenzione di vedermi e siamo usciti a cena insieme, a Milano. Per questioni di privacy, lo chiamerò X. </p><p style="text-align: justify;">X ha su per giù la mia stessa età, forse è più vecchio di me di qualche anno. E' fidanzato da anni con una ragazza di status sociale elevato ed è manager in qualche azienda finanziaria. I soldi e lo status, volendo anche la compagnia femminile, di certo non gli mancano. Dato che so che è diventato manager, l'ho portato in un posto abbastanza chic, per non offenderlo. Lui ha apprezzato la cosa e mi ha offerto addirittura la cena. Perché quindi scrivere un post su un'esperienza di vita così banale? <b>Perché ormai, dopo questa ennesima esperienza di persona apparentemente "arrivata" che mi confida un grande disagio esistenziale, sentimentale e psicologico, avverto come una sensazione di "capolinea della società", di "fine dell'umanesimo occidentale", se così si può dire.</b> Ho come il sentore che il mito del successo solitario che noi italiani, figli di una società provinciale e pastorale, abbiamo (forzatamente) importato dagli yankee - successo che poi, insieme all'invidia, è l'ultima roccaforte su cui si basa il nostro sistema di valori post-religioso e post-ideologico -, sia ormai diventato insostenibile, grottesco, e ovviamente perseguibile soltanto mediante l'auto-sedazione (i.e. la dipendenza da sostanze o dal sesso) o surrogati di amore (i.e. il cane, lo psicologo). </p><span><a name='more'></a></span><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">X mi rivela di avere una dipendenza dall'erba; di sfogarsi continuamente sulla sua compagna attribuendole la colpa di un trasferimento infelice in un'altra città e della sua condizione di pendolare; che non sa cosa farsene dei soldi che guadagna; di essersi infilato in una ONG per darsi uno scopo nella vita; di essere ossessionato da un oggetto in suo possesso, che passa molto tempo a curare e lucidare, cosa che ovviamente contribuisce all'erosione del suo rapporto con la compagna (che comunque è consapevole del disagio psicologico del fidanzato convivente e cerca, modulo sicure sofferenze personali, di preservare il rapporto). Il copione, insomma, è sempre il solito: una vita che non viene realmente vissuta; una totale subordinazione a una mentalità piccolo-borghese d'importazione mediatica che causa soltanto infelicità e vuoto interiore; i sintomi di un "disturbo borderline", la demarcazione tra nevrosi e psicosi, che ormai, più che una patologia individuale, sembra a tutti gli effetti un fatto sociale, una fenomenologia diffusa su larga scala. <i>"Ah, ma quando andavo dallo psicologo stavo meglio..." [...] "Ah, ma tutti gli psicologi hanno individuato come causa del mio disagio questo trauma infantile..."</i> Di nuovo, sempre il solito copione che ho sentito anche da molti altri: sembra quasi che il problema sia il dolore che tutti, naturalmente e inevitabilmente, proviamo vivendo, e non invero la disumana società in cui si è costretti a vivere, società che continua a proporre miti irraggiungibili (la famiglia del Mulino Bianco, la necessità assoluta di diventare super manager o super influencer, <b>e se si fallisce, come dicono anche gli psicologi e i patetici <i>life coach</i> presenti in ogni dove, la colpa è soltanto la propria</b>, e così via). X poi, con un certo narcisismo, mi ha confidato di aver avuto delle idee suicidarie: a momenti gli ho riso in faccia, dato che ho avuto l'esperienza reale di un'amica/conoscente, una ragazza che molto probabilmente per un breve periodo della mia vita ho amato e per la quale conservo un certo affetto, che si era tagliata sul serio le vene - con tutte le conseguenze cliniche del caso -, e assicuro a tutti che<b> i fatti e le parole sono cose ben diverse e distinte</b>: è come paragonare un macigno a una piuma. Gli ho poi spiegato tutti i vari dolori reali, miei e delle persone più sfortunate di me che ho incontrato nel corso dei miei più recenti anni di vita. Lui ha capito di aver detto delle stronzate, di essere stato un tantino infantile. Mi ha quindi ringraziato per schiettezza e la sincerità. Gli ho infine raccomandato di preservare l'unione con la sua compagna, come faccio un po' con tutti quelli che si confidano con me in merito ai loro problemi di coppia: dato che io in queste cose ho fallito, cerco almeno di non far fallire gli altri. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><i>"E non hai una donna?"</i> mi ha chiesto mentre ci fumavamo una sigaretta, rendendosi conto durante la discussione che al giorno d'oggi è molto difficile trovare una partner di valore della quale potersi fidare e con la quale costruire un qualcosa insieme, soprattutto in città. Gli ho risposto una cosa del tipo <i>"no, non ho neanche voglia di cercarla. Accetto la mia solitudine, in modo rassegnato"</i>. Questo discorso lo ha colpito parecchio, dato che evidentemente lui è una persona incapace di reggere il peso della solitudine. Mi ha fatto quindi un discorso sulla libertà, se ricordo bene, dicendomi che io ero libero, mentre lui era prigioniero di infinite catene e costrizioni sociali, stile Lady Oscar nuda in mezzo alle spine (sic!). Gli feci notare che libertà la si paga con la solitudine, ritornando al punto focale del discorso. <b>Molto probabilmente, in una società che si dice gratuitamente libera, la libertà è la cosa che ha il prezzo più alto da pagare in assoluto, in tutti i sensi.</b> E ricordiamoci che la libertà è una cosa relativa, non assoluta: c'è la forza di gravità, ci sono le necessità fisiologiche, e così via. <b>C'è anche la necessità, che deve sempre essere accompagnata dalla capacità, di amare e di essere amati, cose su cui le persone sembrano avere parecchi problemi, e ciò è preoccupante per la tenuta del genere umano.</b> Come ho già scritto da qualche parte, senza amore la razza umana va in autoconsunzione. Nonostante siano tutti incazzati con le religioni, esse sono nate proprio per obbligare gli uomini ad amarsi tra loro, e per riempire il vuoto interiore che poi, volendo fare i pragmatici, è la causa principale dello sfaldamento del rapporto di coppia e quindi del calo delle nascite:<b> i depressi, oltre a essere infelici e privi di empatia, sono sterili.</b> </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Rimanendo sul discorso figli, quando lui mi ha rivelato di desiderarne alcuni, gli ho fatto notare che mia madre, per starmi dietro, aveva rinunciato a un posto di prestigio a Bruxelles, in cui avrebbe potuto fare una carriera con la C maiuscola, che per di più l'avrebbe fatta riscattare socialmente. Io stesso ragionerei a questo modo se, ipoteticamente, avessi una compagna con cui poterne fare. In tutto questo, oltre all'educazione delle due donne di provincia che ho ricevuto, c'è anche <a href="https://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2021/06/la-carrozza-il-cocchiere-e-i-cavalli.html">lo zampino di Gurdjieff</a>, che indirettamente mi ha insegnato che nel momento in cui nasce un figlio, la propria vita finisce perché va quasi interamente dedicata a quella fiorente. Inutile dire che quando entro in confidenza con alcune persone "normali" e gli spiego questo banale insegnamento di un mistico armeno di inizio novecento, si scandalizzano: i figli devono essere dei bambolotti/oggetti da lasciar lì all'asilo nido, e a cui fare le foto per metterle su Instagram mentre si fa la bella vita/carriera. <b>Di mio penso che piuttosto di fare a questo modo, i figli sia meglio non farli proprio, soprattutto tenendo presente le ininterrotte, nonché sempre più capziose e disabilitanti, pulsioni esterne alle quali verranno sottoposti dai media, dai social e, più in generale, dal progressivo decadimento urbano e dei valori umani più basilari: abbandonare un figlio a se stesso nel mondo di oggi, significa condannarlo ad atroci sofferenze psicologiche.</b> E continua quindi così la sceneggiata dell'autodistruzione, almeno fino a quando non entreranno in gioco direttamente delle belle bombe atomiche che ci spazzeranno via tutti, il cui unico pregio sarà quello di cancellarci via dalla faccia della Terra e quindi di non farci più impazzire dietro a illusioni, falsi miti di successo e a un'egoismo solipsista, infantile e borderline che nella sua grettezza ha addirittura superato quello macchiettistico degli abitanti della distopia di <i>Brave New World </i>di cui quel visionario di Huxley (non mi stupirei affatto se una non troppo futuristica razza umana di depressi sterili e drogati, in cui le religioni e le filosofie sono state completamente sradicate, non ricorresse alla creazione artificiale, e quindi industriale, di nuovi individui, magari con un bel chip piantato nel cervello fin dalla nascita, per la gioia dell'<i>hi-tech</i> yankee). </p>Francesco Granzierahttp://www.blogger.com/profile/14967626801426918935noreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-8428366134531552054.post-90114508839358457452023-10-14T22:04:00.010+02:002023-10-15T08:19:52.353+02:00Antropofagia uscirà a breve: cosa dovrò dire nelle presentazioni?<p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgtMtsWTfNPODSZ-fCAYNRs0_WCm3lI8p0RJF49pwVlLI7-cMP6F6fB3r3JAsbVBJW-rsDZ_7fq6NAMCR2S6lcrLWjbgwpvwoDEBSIEh6HzTA_02ihRd9ZlCzNEZ4kKGit6K70lbHW54lL0qmqfvqqVP2l2oxDPN_oX2_67P1S4IgHd4O25chl4C6Eg/s1053/Antropocoso_post1.PNG" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="788" data-original-width="1053" height="319" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgtMtsWTfNPODSZ-fCAYNRs0_WCm3lI8p0RJF49pwVlLI7-cMP6F6fB3r3JAsbVBJW-rsDZ_7fq6NAMCR2S6lcrLWjbgwpvwoDEBSIEh6HzTA_02ihRd9ZlCzNEZ4kKGit6K70lbHW54lL0qmqfvqqVP2l2oxDPN_oX2_67P1S4IgHd4O25chl4C6Eg/w427-h319/Antropocoso_post1.PNG" width="427" /></a></div><br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi_HTW0Qkk5fUj3qGI5goKLKT5JBM0CxeOcHwvThRCsotUJEQB15RnQuOqx3TAO3XK-4tbP6Jw9yJJieBq75iBB_jpHCfHt2E6Hh33kbi3n892avg700_r5PR7sXAtcGBVkKhzlVv70787sho2JfnCG24KIrRsR8X4oDebWPUdU_JDRNALm40LrTbsn/s2096/collage.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><br /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b><i>Quando uno capisce la diversità delle persone, è diventato veramente adulto. </i>[Shito]</b></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b><br /></b></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b><i>Ho voluto riscrivere una mia versione de Le Voyage au Boit de la Nuit di Céline. Ma siamo nel post pandemia a Milano, non c'è la guerra, e io non sono francese. C'è comunque il termine della notte, quello è inevitabile. </i>[Io] </b></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b><br /></b></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b><i>Ulrico mi piace come protagonista per la sua non convenzionalità nelle reazioni, per il suo essere sempre un po' in balìa di tutto, perché non veste i panni falsi di un eroe, ma anzi...</i> [F.A., scrittrice] </b></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b><br /></b></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="text-align: left;"><b><i>La storia di Ulrico Niemand, un "Nessuno" di nome e di fatto, delle sue relazioni e della sua crescita in un mondo scomodo e apparentemente fuori misura. È difficile trovare il proprio posto e spesso i rapporti si attorcigliano per poi dispiegare. Una trama fitta: misteri, colpi di scena, debolezze, vendette. Gli ingredienti ci sono tutti, dosati con sapienza. Ottimo lo stile narrativo.</i> [Valutatore Anonimo]</b></span><b> </b></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi_HTW0Qkk5fUj3qGI5goKLKT5JBM0CxeOcHwvThRCsotUJEQB15RnQuOqx3TAO3XK-4tbP6Jw9yJJieBq75iBB_jpHCfHt2E6Hh33kbi3n892avg700_r5PR7sXAtcGBVkKhzlVv70787sho2JfnCG24KIrRsR8X4oDebWPUdU_JDRNALm40LrTbsn/s2096/collage.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><br /></a></div><p></p><p style="text-align: justify;">Dato che un piccolo editore della provincia di Bari ha deciso di pubblicarmi il libro, <b>un libro che uscirà a breve</b> <b>e che ha assorbito gli ultimi due anni della mia vita</b>, e di pubblicarlo proprio a me, emerito Signor Nessuno della società italiana (ah, esiste veramente una "società italiana"? Forse mi sbaglio), ora mi chiedo: <b>cosa dovrò dire della mia opera nelle presentazioni che sarò tenuto a fare?</b> Il libro di punta della casa editrice, quello che ha venduto di più, che sta in alto nelle classifiche di Amazon eccetera eccetera, è quello di una ragazza borderline che racconta le sue sofferenze e le sofferenze che ha inflitto agli altri. Un'autobiografia molto sincera e onesta, ben scritta, tant'è che la ragazza in questione è finita pure in TV e ha avviato sui social un'attività parallela alla scrittura. Il mio libro, pur non essendo autobiografico, parla anch'esso di disturbi mentali e disagi sociali (e da qui credo sia nato l'interesse dell'editore), anche se, salendo sul predellino, non posso di certo dire "oh, raga, è la storia della mia vita di merda". E tutti: "poveraccio, ci fai quasi pena, mo' te lo compriamo". Questo perché<i> Antropofogia</i>, questo il titolo, è un'opera di narrativa, una cosa che vorrei avesse vita propria e, soprattutto, fosse slegata dalla figura del suo autore, cioè io. Ciò premesso, trattasi della storia di tre personaggi che hanno avuto gravi latenze genitoriali, che si ritrovano a lottare per sopravvivere in un mondo in cui le battaglie non avvengono mai ad armi pari, e in cui dietro a una facciata di buonismo, ottimismo e parvenza di benessere giace quel vecchio istinto antropofago che ha sempre caratterizzato la razza umana: una razza umana la quale, stordita dalle sue stesse nevrosi, dalla tecnologia e da falsi miti del progresso, è incapace di prendere coscienza della sua inevitabile autoconsunzione. </p><p style="text-align: justify;"><span></span></p><a name='more'></a> <p></p><p style="text-align: justify;"><i>Il governo italiano ha appena decretato la fine dello stato di emergenza legato al Coronavirus. Ulrico Niemand è un informatico che si aggira da solo per le strade di Milano. L'incontro casuale con due strane ragazze diverse in tutto, e così dal protagonista, porterà ulteriore sconvolgimento in una vita già di per sè turbata. Lalah è una giovane e affascinante marocchina intenta ad inseguire il suo sogno di diventare modella. Lena una trentenne ucraina tanto geniale quanto ferita, sempre china sul suo computer portatile. Tre strade dissestate e cariche di misteri si incrociano nell'antropofaga metropoli, in cui ogni punto di riferimento è andato perduto. </i>[<i>Antropofagia</i>, quarta di copertina]</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">In pratica un impiegato italo-tedesco a cui è mancata la madre, completamente solo a causa di un padre assente, della pandemia e di una città quanto mai ipocrita e indifferente, incontra una delle tante modelle <i>wannabe</i> di origine nordafricana che girano per Milano, e se ne innamora. In un club notturno che frequenta per disperazione, poi, conosce altresì una darkettona ucraina abbastanza scontrosa e dura di carattere, che inspiegabilmente si interessa a lui. Nascerà una relazione di reciproca tossicità tra lui e la marocchina, con l'ucraina che farà da mentore/guida a entrambi. Ulrico narra tutto in prima persona, dalla sua iniziale ossessione per la pornografia, un problema di vuoto interiore superato poi grazie alle "cure" e alla strana gentilezza della ragazza ucraina, fino alla sua effettiva maturazione: un uomo adulto in una società di bambini. Abbiamo quindi nel trittico due persone che non potendosi affidare a nessuno a causa di un ambiente ostile e privo di empatia, devono per forza di cose contare su una ragazza misteriosa proveniente da un paese molto povero, che nonostante si dichiari agnostica, in realtà è molto legata, anche se inconsciamente, al cristianesimo ortodosso. In un mondo privo di amore, quindi, uno scientista deluso dalla vita e una ragazza che ha rifiutato l'Islam, non senza problemi e attriti, in un certo senso si rivolgono all'ortodossia dell'est. Il libro poi è lungo, succedono molte cose e le carte in tavola cambiano, ma questa osservazione mi pare fondamentale per l'effettiva comprensione del testo: <b>senza amore, nonché senza un imprinting religioso/spirituale di alcun tipo, la razza umana va in autoconsunzione, si autodistrugge, si svaluta e squalifica da sé</b>. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Se il mio Ulrico ha un leggero comportamento compulsivo, di mio non sono mai stato etichettato con una patologia precisa, anche se penso di avere un qualcosa di simile a quello che psichiatri e compagnia cantante definiscono come "disturbo bipolare". Ci sono infatti delle volte in cui mi sento abbastanza iperattivo, in cui i miei pensieri si moltiplicano e incatenano come una miriade di ingranaggi, e altre in cui sento un forte senso di malinconia e vuoto interiore contro il quale, per sopravvivere, sono costretto a elaborare delle strategie. Il libro è una di queste. <b>Quando l'ho scritto stavo parecchio male: dopo un post pandemia in cui ho toccato il fondo perdendo tutte le cose a cui tenevo, ho deciso di scrivere per darmi uno scopo nella vita</b> e farmi dimenticare per un po' quel vuoto abissale che da sempre dimora in me. I libri di autori più famosi a me coetanei mi sembravano abbastanza banali, quindi ho deciso di metterci dentro più contenuto e onestà possibili, ovviamente attraverso la narrazione in se stessa - dalla quale ognuno, contrariamente a un saggio, può trarre la sua "porzione di verità" e la sua interpretazione delle vicende narrate - in modo tale da evitare il didascalismo, cosicché ogni lettore possa carpire ciò che gli interessa da <b>"una storia avvincente e ben scritta nonostante il suo nichilismo"</b> (cfr. Jacopo Mistè per il giudizio virgolettato). <b>Non ho comunque confezionato la storia per gli altri e con l'idea di vendere copie o vincere concorsi: io ho soltanto buttato giù le cose in modo tale da trarre un personalissimo conforto da esse.</b> Il momento cruciale è arrivato quando il libro, in una delle sue bozze iniziali (le revisioni sono state infinite: si parla di un lavoro immenso), è stato letto da una mia amica, che poi si è offerta di aiutarmi a editarlo e ne ha pure realizzato una splendida copertina, il cui soggetto è un personalissimo omaggio a Murakami Ryuu (la copertina del mio libro è infatti ispirata a quella originale giapponese del suo romanzo di esordio). Questa ragazza era appena uscita da una relazione durata quattordici anni, e conclusasi nel peggior modo possibile. <b>Pure lei, proprio come me, non se la passava bene. Ma leggere il libro in qualche modo l'ha aiutata. Quando mi ha detto che ciò che avevo scritto l'aveva fatta stare meglio, ho capito che avrei dovuto provare a pubblicarlo</b>, anche se <i>Antropofagia</i> è l'antitesi del politicamente corretto e delle opere escapistiche e autoreferenziali che vanno tanto di moda oggigiorno (<b>di fatto viviamo in una distopia alla Brave New World, e i due personaggi principali del mio libro, di fatto, sarebbero i selvaggi, quelli che lottano per non adattarsi a un mondo capziosamente disumano</b>). Le big infatti lo hanno ignorato; una casa editrice media, comandata da un professore universitario settantenne, si è dimostrata molto infastidita da contenuti e personaggi (<b>in una società basata sulla finzione le cose verosimili e di buonsenso causano sgomento</b>); altri ancora invece sono stati infastiditi dal turpiloquio, che comunque è indispensabile per descrivere con realismo certi ambienti degradati. Ovviamente tralascio i vari tentativi puramente <i>antropofaghi</i> di certi gruppi editoriali creati apposta per spremere gli autori chiedendo loro di acquistare duecento/trecento copie (ossia pagare migliaia di euro per pubblicare), una pratica che a mio parere andrebbe perseguita penalmente. Insomma, un anno di giungla. Alla fine dei conti, su centinaia, soltanto due sono state le case editrici che si sono dimostrate realmente interessate al manoscritto: la prima una casa editrice veneta che campa di letteratura erotica, il cui titolare è un signore simpaticissimo al quale farò spedire una copia con affetto; la seconda questa piccola realtà di Bari, gestita da un ex parrucchiere tuttofare. Ho scelto la seconda sia per via dell'impegno sociale del suo titolare che per la buona immagine che questa casa editrice ha sui social (si sbattono tantissimo per la promozione, hanno un bel sito ecc.). E, soprattutto, mi hanno permesso di tenere la copertina creata dalla mia amica, una cosa che sarebbe stata proibita dall'altra casa editrice per motivi di linea editoriale. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Il libro è altresì nato per colmare il vuoto che l'esperienza della morte ha lasciato in me: a un certo punto, parlo di qualche anno fa, ho capito di non essere eterno e di dover lasciare qualcosa a questo mondo, dato che un giorno non ci sarò più. Certo, lascio pochissimo, un romanzetto di 400 e passa pagine che leggeranno in quattro gatti più un blog di stranicchia e qualche calcolo sulle onde gravitazionali, ma tutto ciò è pur sempre meglio che niente. Non penso che <i>Antropofagia</i> sia un capolavoro, sicuramente ha i suoi difetti, ma uno dei suoi personaggi mi è rimasto molto caro e strada facendo mi ha aiutato parecchio. Se un recondito giorno del futuro sarò ancora vivo, magari rileggerò ancora una volta una copia fuori tiratura del libro da me custodita, e quel personaggio sarà sempre lì per me, esattamente come l'avevo immaginato anni e anni prima. Magari anche dopo la mia morte sarà sempre lì, anche se dimenticato dai più o bruciato o dalle bombe atomiche di una razza umana al collasso, o dal calore di un vecchio, grasso Sole, ormai intento a ingoiare la Terra. Ma almeno sarà "esistito" e, soprattutto, sarà sopravvissuto alla mia morte. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><b>Il punto cruciale riguardante invece la nascita vera e propria del libro è che </b><span style="text-align: left;"><b>Milano per me è stata come la caduta dall'Eden.</b> Cocainomani in ogni dove, ambienti lavorativi tossici, caos, solitudine; l'aggressività e competitività della gente, che vuole comunque sentirsi pulita nascondendosi dietro al paravento di certi ideali di facciata a cui soltanto i benestanti </span><span style="text-align: left;">possono credere</span><span style="text-align: left;">; la perenne sensazione di essere tagliati fuori perché Milano è una città per ricchi e stranieri, non per italiani medi. Insomma, fin da quando ci vivevo con la mia ex Milano mi ha sverginato e traumatizzato per bene (ci ero andato a vivere per avvicinarmi al Veneto, la sua regione di nascita, ma poi, per una serie di circostanze, vuoi anche per pigrizia e mancanza di quattrini, ci sono rimasto intrappolato dentro come un topo in gabbia). L'Eden, molto probabilmente mi illudevo, per me sarebbe stato potermene andare a vivere in provincia e mettere su famiglia. <b>Questa cosa così banale e di facile realizzazione per molti miei coetanei, quando ancora credevo nel futuro, era stato il mio desiderio più profondo, essendo io il figlio di due divorziati e di una<i> wasteland</i> sentimentale e relazionale di cui ancora oggi sento le cicatrici.</b> Detto tutto ciò, il mio modo di affrontare la vita, grazie alla scrittura, è sicuramente cambiato. <b>Ora la vita è sempre una merda come prima: se devo essere sincero, la voglia che ho di vivere sta scemando sempre più; ma almeno, scrivendo e creando, posso dare un senso a questa vita, esorcizzarla e usare le delusioni come carburante, prenderla per ciò che è realmente cercandoci dentro una qualche recondita forma di bellezza. </b> Poco importa se ormai non legge quasi più nessuno; poco importa che nell'epoca del post-umanesimo tecnologico campare esclusivamente di scrittura sia pressoché impossibile. Detto questo, penso che<b> </b></span><b><span style="text-align: left;">trattare delle tematiche tramite la narrativa</span></b><span style="text-align: left;"><b> sia molto più efficace che scrivere sterili saggi privi di emozioni</b>: faccio questa osservazione anche perché, nonostante i miei studi, non sono mai stato una persona così "mentale", ma invero assai emotiva e altalenante.</span></p><p><br /></p><p style="text-align: justify;">E questo è tutto, <i>almeno per ora</i>.<b> Inutile dire che comprarlo e passare parola nel caso in cui vi sia piaciuto è un bel modo per supportarmi: se il libro venderà bene, potrò pubblicarne altri senza eccessive complicazioni. Ovviamente, quando uscirà, vi avviserò con un nuovo post interamente dedicato alla sua uscita. </b><br /></p>Francesco Granzierahttp://www.blogger.com/profile/14967626801426918935noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-8428366134531552054.post-90569597695759236732023-08-22T22:36:00.008+02:002024-01-29T11:05:16.806+01:00Natsume Sōseki e i suoi libri: una specie di monografia <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGhpoNLnmomPTd6w0rgx2dEMDkXrm6WgNriyUiAiUFA4TLOJOMHxzbvPB9hiQwNMyrsa-VORKxW4lsb2k0t3LjQdk1FO-9OLbiDGByGXRPsiphtGjqYrfcqiMp5_vPBTAlfkFqpTrIZ3-7Rx1pdNnRdl4-2sND1A9HvZ_1pB4_wv5cCh4Ee3H6vxV9/s1280/Natsume_Soseki-1280x720.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="216" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGhpoNLnmomPTd6w0rgx2dEMDkXrm6WgNriyUiAiUFA4TLOJOMHxzbvPB9hiQwNMyrsa-VORKxW4lsb2k0t3LjQdk1FO-9OLbiDGByGXRPsiphtGjqYrfcqiMp5_vPBTAlfkFqpTrIZ3-7Rx1pdNnRdl4-2sND1A9HvZ_1pB4_wv5cCh4Ee3H6vxV9/w384-h216/Natsume_Soseki-1280x720.jpg" width="384" /></a></div><p style="text-align: center;"><b><i>"L'ombra del bambù </i></b><b><i>// </i><i>spazza la scala // </i><i>ma immobile rimane la polvere".</i> </b></p><p style="text-align: center;"><br /></p><p style="text-align: justify;">In questo post parlerò di Natsume Sōseki e "recensirò" i suoi libri. Innanzitutto, chi è Natsume Sōseki? In Italia pochi lo sanno, dato che a scuola non viene insegnata la letteratura giapponese e comunque le elite intellettuali del belpaese capiscono poco o nulla dell'argomento (in Italia vigono le equazioni <b>Giappone = Gardaland</b> e <b>letteratura giapponese = Murakami Haruki + Banana Yoshimoto</b>, quindi è logico che il più grande scrittore giapponese moderno venga perlopiù ignorato o affrontato in modo superficiale). Ma come sono arrivato io, Francesco tal dei tali, a Sōseki? Ci sono arrivato a ritroso, partendo dalla riflessione di Anno Hideaki, il regista di <i><a href="http://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2014/04/neon-genesis-evangelion-recensione.html">Evangelion</a></i>. Nella sua opera prima Anno parlava di solitudine nella <a href="http://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2016/11/la-postmodernita-considerazioni-e.html">postmodernità</a>, della difficoltà a definire se stessi in assenza di punti di riferimento sociali e affettivi, nonché del vuoto interiore che da tutto ciò derivava. Scavando poi nel pensiero e nell'opera dell'autore, sono quindi pervenuto a <i><a href="http://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2021/09/love-pop-recensione.html">Love & Pop</a></i>, che reputo il suo vero capolavoro insieme a <i><a href="https://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2014/08/nadia-il-mistero-della-pietra-azzurra.html">Nadia nel mare delle meraviglie</a></i>. <i>Love & Pop</i> altro non è che l'adattamento filmico di <i>TopazII</i>, un romanzo di Murakami Ryuu (da non confondere con Murakami Haruki, che fa libri giocattolo privi di spessore intellettuale e infatti è famoso e osannato in occidente). Ciò premesso, Murakami Ryuu è lo scrittore preferito di Anno Hideaki e pertanto il suo intellettuale di riferimento: tutto ciò che c'è di sociologicamente o psicologicamente elevato in <i>Evangelion</i> c'è anche nelle opere di Murakami Ryuu, e infatti, non per nulla, l'apice registico di Anno è l'adattamento diretto di un suo libro. A Murakami Ryuu tra l'altro si deve anche parte del successo di <i>Evangelion</i> in patria: fu proprio lui a capire immediatamente le potenzialità dell'opera e a parlarne bene nei suoi editoriali, contribuendo così ad alimentarne il mito. Partendo dall'animazione e passando per il cinema, siamo quindi giunti nel campo della letteratura giapponese. Dotato di un talento fenomenale e di uno sguardo disilluso e onesto nei confronti della società della <i>Baburu</i>, nonché della crisi che era conseguita dallo scoppio di questa bolla finanziaria che arricchì a dismisura il Giappone degli anni ottanta, con il suo romanzo d'esordio, <i>Blu quasi infinitamente trasparente</i>, Murakami Ryuu vinse il premio letterario più prestigioso del Giappone, il premio Akutagawa, e si sa che le raccomandazioni e il politically correct lì non contavano (e tutt'ora non contano). Il romanzo infatti, allo stesso modo di <i>Evangelion</i>, creò un certo scandalo e spaccò in due l'opinione pubblica. Murakami Ryuu e Anno Hideaki avevano colpito nel segno, additando i problemi di una società piena di contraddizioni e più che mai succube di un'occidentalizzazione più subita che assimilata. In pratica, fecero la stessa cosa che fece Sōseki al suo tempo. Siamo quindi partiti da <i>Evangelion</i>, una cosa abbastanza conosciuta (e ancora a suo modo attuale) e siamo arrivati all'origine della letteratura giapponese moderna, ossia al protagonista di questa specie di monografia. </p><span><a name='more'></a></span><p style="text-align: justify;"><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjxXJ2XfMr0sjj41WeVMGP6g8YuhAlRkqWRIm8fM3Shk1goE0lYawCUwnHRr-PTepCR6aAVliYZOrCd8_p-XrhhXSR3b65Jn6SRapfqL-6TvFNUH4zWc_PIU52T6-ikv3d0ood5379yN7Z92uxgbLeegwTFGrDacn8RSh474o03UK5B_Hevus-6oB-0/s925/soseki.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="445" data-original-width="925" height="202" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjxXJ2XfMr0sjj41WeVMGP6g8YuhAlRkqWRIm8fM3Shk1goE0lYawCUwnHRr-PTepCR6aAVliYZOrCd8_p-XrhhXSR3b65Jn6SRapfqL-6TvFNUH4zWc_PIU52T6-ikv3d0ood5379yN7Z92uxgbLeegwTFGrDacn8RSh474o03UK5B_Hevus-6oB-0/w420-h202/soseki.png" width="420" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b style="text-align: left;"><i><span style="text-align: center;"> S</span><span style="text-align: justify;">ōseki > Akutagawa > Ryuu. Il primo getta le fondamenta, il secondo le raffina (anche se fin troppo passionalmente), il terzo le rielabora in un'ottica postmoderna.</span></i></b></div><b><i><span style="text-align: center;"> </span></i></b><p style="text-align: justify;">Chiusa questa parentesi introduttiva, durante la stesura del post ho fatto in modo che le recensioni dei vari libri scritti dall'autore, riportate in ordine cronologico, illustrassero man mano l'evoluzione della sua autorialità e alcuni avvenimenti salienti della sua vita. In ogni sezione ovviamente analizzo il libro nella sua edizione/traduzione italiana, quella accennata tra parentesi. Ho deciso di non mettere le foto delle copertine perché gli editori, con molta fantasia, ci hanno sempre messo sopra geishe su geishe: inutile quindi riportare nel post 6/7 illustrazioni di geishe, soprattutto in uno spazio dedicato a un autore amante della natura e non di certo dell'urbanesimo. Questo scritto comunque è un mio personalissimo omaggio a uno scrittore che tanto ho amato in questi ultimi tre anni: non nasce né per incitare la gente a leggerlo né con velleità pseudo-accademiche, ma per un mio mero, forse passionale, egoismo personale. E' da notare che Akutagawa Ryuunosuke, che ho citato nell'introduzione e del cui suicidio accennerò in seguito, è una figura troppo complessa per essere trattata in questa sede: se avrò tempo, voglia e ispirazione scriverò un post dedicato interamente a lui. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjBv-RZX931BbsfLQ3e1FJkCzjfe5J6pkcGggiOC5lzv3gJVa3H_2H1sfmIMTsornpL3hjkDy2wto4i9IQKRSaWq-914p3um7vPTelQGAPKQxQkgO3H3Hv6u2A2_t77I2Pd7SwwsYH5Zus_XUMqZCX29SvBYaKWoRgh05FbnZ-2kbA2yGjkjkxRq4At/s999/banconota1.PNG" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="999" data-original-width="999" height="348" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjBv-RZX931BbsfLQ3e1FJkCzjfe5J6pkcGggiOC5lzv3gJVa3H_2H1sfmIMTsornpL3hjkDy2wto4i9IQKRSaWq-914p3um7vPTelQGAPKQxQkgO3H3Hv6u2A2_t77I2Pd7SwwsYH5Zus_XUMqZCX29SvBYaKWoRgh05FbnZ-2kbA2yGjkjkxRq4At/w348-h348/banconota1.PNG" width="348" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b><i><span>Vecchia banconota da 1000 yen in mio possesso. Se la tua faccia finisce sui soldi, il segno in qualche modo </span></i></b><b><i>l'hai</i></b><b><i><span> lasciato.</span><span style="text-align: justify;"> </span></i></b></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div><p><br /></p><p><br /></p><p style="text-align: center;"><b>*-----* I LIBRI DI 夏目 漱石 </b><b>*-----*</b></p><p><br /></p><p><br /></p></div></div><div><p style="text-align: justify;"><b>WAGAHAI NEKO DE ARU & BOCCHAN</b> (1905-1906, "Io sono un gatto" nell'edizione Neri Pozza; "Il signorino" nell'edizione Neri Pozza)</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><i>"Io sono un gatto"</i> e "<i>Il signorino"</i> (il primo è il romanzo d'esordio del grande scrittore), sono due opere divertenti e umoristiche, ma a mio avviso non fondamentali. Nel primo, grande successo di pubblico che permise a Sōseki di intraprendere la carriera di scrittore tout court, il narratore principale è un gatto intellettualoide che osserva la decadenza del mondo degli uomini e ci fa sopra dell'ironia; il secondo invece è un romanzo educativo e di formazione che all'epoca veniva fatto studiare nelle scuole (la trama comunque non è banale ma molto rocambolesca). <i>Bocchan</i>, tra l'altro, è stato anche citato nell'importantissimo studio antropologico <i>Il crisantemo e la spada</i> di Ruth Benedict, colei che gli alti comandi americani avevano incaricato di studiare la cultura giapponese in vista della dominazione postbellica. Trattasi quindi di un testo di particolare interesse storico-culturale, sebbene nello stile e nelle tematiche non sia ancora al livello dei capolavori del maestro. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: center;"><b>*-----* <span style="text-align: left;">草枕</span> *-----*</b></p><p style="text-align: center;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><b>KUSAMAKURA</b> (1906, "Guanciale d'Erba" nell'edizione Neri Pozza)</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Il libro si apre così: <i>"Se si usa la ragione il carattere si inasprisce, se si immergono i remi nel sentimento si è travolti. Se s'impone il proprio volere ci si sente a disagio. E' comunque difficile vivere nel mondo degli uomini.</i></p><p style="text-align: justify;"><i>Quando il malessere di abitarvi si aggrava, si desidera traslocare in un luogo in cui la vita sia più facile. Quando s'intuisce che abitare è arduo, ovunque ci si trasferisca, inizia a la poesia, nasce la pittura"</i>. </p><p style="text-align: justify;">Si capisce fin da subito l'intento narrativo di Sōseki, che con quest'opera scrive un saggio sulla natura dell'arte come auto terapia, utilizzando come filo condutture la narrazione minimale di un pittore che vaga senza meta per le montagne. Lo stile qui è molto diverso da quello essenziale - ma al tempo stesso ricco di contenuto - dei futuri romanzi: le descrizioni sono molto curate, quasi proustiane; la poesia spesso cerca di diventare immagine, con la consapevolezza dell'autore/narratore stesso; non c'è una vera e propria critica sociale e lo spazio è lasciato a riflessioni mistico/filosofiche, molto probabilmente ispirate da un reale peregrinaggio di Sōseki in un tempio buddhista (uno spunto autobiografico che viene altresì utilizzato in <i>Mon</i>, sebbene lì venga rielaborato in chiave quasi grottesca). </p><p style="text-align: justify;">Sōseki in <i>Kusamakura</i> venera l'immagine del femminile come fondamento della natura (le descrizioni delle donne che incontra lungo il suo cammino in montagna tentano di convergere al realismo visuale, un po' come le poesie di cui il testo è infarcito), e paragona i mistici, tra cui Gesù Cristo, ad artisti. Quindi, con la comprensione del sacro come narrazione autoriparativa del sé, proprio come lo è l'arte, seguendo Heidegger l'autore si abbandona al principio femminile dell'immanenza e, sul finale, composta la "poesia definitiva" sull'essere, raggiunge la per così dire "illuminazione" contemplando il "sentimento compassionevole" che appare sul viso di una ragazza di nome Nami, in uno dei momenti nel tempo in cui ella sta fissando il treno che porterà il suo ex marito a morire in Manciuria. Il tutto converge quindi nel passaggio <i>"Il poeta versa infinite lacrime, mentre per un uomo comune ne può bastare un litro. Quindi il poeta è più tormentato di un uomo qualsiasi, i suoi nervi sono molto più sensibili. Proverà gioie ignote al volgo, ma anche un'incommensurabile tristezza". </i>In pratica, la condizione umana è un'inferno e soltanto il poeta o il mistico sono in grado di farsene carico per mezzo della loro sensibilità ed abnegazione, proiettando dapprima le loro narrazioni riparative sul reale per sopravvivere e, soltanto in seguito, rinunziando ad esse lasciando libero spazio all'ignoto, che può essere percepito soltanto dai pochi esseri sensibili che hanno accolto in sé il principio del "femminile sacro" di cui è impregnato questo libro. E in questo Soseki è molto Schopenauer: ragiona quasi come un tedesco. </p><p style="text-align: justify;">Personalmente, nonostante sia il libro preferito di un genio come Glenn Gould (!), non reputo <i>Kusamakura</i> un capolavoro, sicché rimane troppo incerto nello stile e nelle intenzioni narrative (è un solipsismo dell'autore? E' un saggio? E' un romanzo? E' un'opera poetica/pittorica tradotta in prosa? Il tutto è troppo didascalico). Ciò detto, rimane comunque uno degli imprescindibili di Sōseki. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: center;"><b>*-----* 三四郎 *-----*</b></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><b>SANSHIRO</b> (1908, Casa Editrice Marsilio, collana letteratura universale)</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Non capisco perché <i>Sanshiro</i>, <i>Sorekara</i> e <i>Mon</i> vengano etichettati come parti di un trilogia quando in realtà sono tre cose ben diverse. Boh, vallo a capire. Detto questo, Sanshiro è un ragazzo di provincia che va a studiare a Tokyo, e lo fa nel Giappone di inizio novecento che sta cercando di imitare il modello occidentale. In questo semplice abbozzo di trama già ci sono un infinità di contenuti. Il Giappone infatti, così come l'Italia, è un paese fortemente familistico e tradizionalista, che ha fatto molta fatica ad adattarsi prima al moderno (che è ciò di cui parla Sōseki nei suoi libri) che al postmoderno (che è ciò di cui parlano i sopracitati Murakami Ryuu e Anno Hideaki nelle loro opere). Moderno e postmoderno ovviamente sono dei nomi che si danno alle conseguenze sociali e filosofiche di determinati tipi di industrialismo (come scrivevo<a href="http://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2016/11/la-postmodernita-considerazioni-e.html"> qui</a>). </p><p style="text-align: justify;">Sanshiro, così come il co-protagonista Professor Hirota, che sostiene che il Giappone della restaurazione Meiji, rinnegando la propria identità a favore dell'industrialismo, si stia autodistruggendo, sono entrambe due figure in crisi. A ciò si aggiunge la frustrazione sessuale e sentimentale tra Sanshiro e la bellissima Mineko, che modulo quelle tradizioni feudali e familistiche che all'epoca (e in parte tutt'ora) persistevano nonostante l'occidentalizzazione forzata e subita, anticipa l'incomunicabilità tra i sessi tipica dell'oggidì. Anche la <a href="http://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2021/01/la-scienza-postmoderna.html">crisi dell'accademia e del sapere</a> viene largamente anticipata da Sōseki: i discorsi di Hirota sono emblematici e ancora attuali. La frasetta <i>"siamo come pecore smarrite"</i> riflette perfettamente il significato di tutto il libro e in un certo senso della condizione umana di fronte alla modernità: solitudine, vuoto interiore. Questo discorso sarà un po' il leit motiv di tutta la produzione Sōsekiana da qui in poi e culminerà in <i>Kokoro</i>, il romanzo più celebre dello scrittore nonché suo ultimo capolavoro. </p><p style="text-align: justify;">Personalmente sono abbastanza legato a questo libro perché è l'ultimo che ho letto prima di iniziare a scrivere il mio: per costruire il mio stile mi sono basato abbastanza su quello di Sōseki e sui suoi fraseggi essenziali che vanno subito dritti al punto: ovviamente io vivo nel 2023 e i miei contenuti sono ben diversi rispetto ai suoi, ma almeno stilisticamente, e in un certo senso dal punto di vista delle tematiche, sono abbastanza debitore a questo libro. La figura del professor Hirota poi l'ho ripresa nel mio <i>Antropofagia</i> (il Professor MM), anche se lui dà l'allarme della futura e vicinissima autoconsunzione dell'umanità intera, e non soltanto di un specifico paese (oggigiorno c'è la postmodernità globalizzata e l'industrialismo-senza-limitismo, due cose ben più drammatiche di ciò che aveva vissuto lo scrittore). </p><p style="text-align: justify;">In conclusione, Sanshiro è il primo capolavoro di Natsume Sōseki. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: center;"><b>*-----* </b><span style="text-align: left;"><b>それから</b></span><b> *-----*</b></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><b>SOREKARA</b> (1909, erroneamente tradotto "E poi" nell'edizione Neri Pozza)</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><i>"Così come sulla superficie di un formaggio, fino a quando conserva la sua forma, non appare alcunché dalle muffe che agiscono all'interno, allo stesso modo Daisuke non era cosciente delle cose che lo agitavano". </i></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><i>Sorekara</i> (traduzione by Shito: <i>"Da lì" </i>) è il mio libro preferito di Natsume Sōseki e pure lui, come <i>Sanshiro</i>, un capolavoro della letteratura. Il protagonista è Daisuke, un dandy mantenuto che ha assimilato la cultura occidentale senza averla né capita né contestualizzata, e che passa il tempo o con le geishe o chiuso in casa a oziare. Il tutto senza mai sistemarsi e ignorando le pressioni del padre industriale, che lo vorrebbe far sposare con la bella e giovane figlia di un proprietario terriero (all'epoca in Giappone ignorare il volere del padre era una cosa socialmente inaccettabile). Al di là del sesso mercenario, l'interesse romantico di Daisuke è Michiyo, la moglie del suo unico amico, Hiraoka. La cosa paradossale è che è stato Daisuke stesso a far mettere insieme i due, privandosi di una giovane e disponibile Michiyo per farla poi finire ingabbiata in un matrimonio infelice e per lei logorante. Tutto ciò perché Daisuke è un eterno bambino, un <i><a href="http://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2015/06/urashima-tarou-cosiderazioni-e-spunti.html">Urashima nel palazzo del Dio Drago</a></i> incapace di dare una direzione alla propria vita e di prendere delle decisioni consapevoli. Quando il nostro <i>otaku ante litteram</i> si sveglierà e compirà l'unico vero atto di volontà della sua vita, ossia reclamare una Michiyo ormai malata e tormentata, sarà troppo tardi e si arriverà a un finale simbolico e alienante che mi ha un po' ricordato il neorealismo di un certo tipo di cinema italiano (Antonioni? Potrebbe essere). </p><p style="text-align: justify;">Nel libro Sōseki espone in modo abbastanza didascalico, per mezzo dei pensieri del protagonista, la sua visione sociologica, che avremo modo di conoscere altresì nel suo saggio sull'individualismo (di cui parlerò più avanti, dato che vado in ordine cronologico). Tuttavia qui il pessimismo prevale, contrariamente al saggio. Cito alcuni passi:</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><i>"Inoltre cominciava a essere oppresso dall'ansia che pervadeva il Giappone moderno. Si trattava di un fenomeno barbaro che nasceva dalla mancanza di fiducia tra le persone. [...] Era inoltre convinto che se gli uomini avessero avuto fiducia gli uni negli altri, non ci sarebbe stato bisogno di alcun dio. [...] Ne conseguiva che nei paesi in cui esistevano gli dei, la gente era bugiarda. Però aveva scoperto che il Giappone moderno non aveva più fede né nella divinità, né negli uomini E attribuiva tutto ciò alla situazione economica". </i></p><p style="text-align: justify;"><i><br /></i></p><p style="text-align: justify;"><i>"Una popolazione che subisce a tal punto la pressione dell'Occidente non ha libertà mentale, e non può realizzare nulla di valido. [...] Prova a parlare con qualcuno: la maggiorparte delle persone sono instupidite. [...] Disgraziatamente, lo sfinimento fisico va di pari passo con il deterioramento spirituale. E non è tutto: c'è anche il decino morale". </i></p><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Daisuke formula sì questi pensieri, ma ha un comportamento compulsivo: crede di sentirsi moralmente elevato grazie al suo rigetto dei valori occidentali, ma allo stesso tempo rifiuta pure quelli giapponesi, dato che ha un cattivo rapporto con la famiglia, la società ed è privo di senso del dovere. Arriva a prendersela anche con la stessa lingua giapponese, che reputa troppo schematica e impersonale; poi ha da ridire altresì sulla lingua straniera, che gli suona troppo ieratica. Il vero problema, da quel che traspare dal libro, è il vuoto interiore, la solitudine, l'incapacità della società stessa di prendere una direzione consistente (il padre del protagonista, infatti, essendo un vecchio samurai, rappresenta la "vecchia guardia" incapace di comprendere il cambiamento arrivato con l'occidentalizzazione, e il disagio che ne deriva tra i giovani). Personalmente, ho trovato questo passo molto significativo: </div><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><i>"Leggendo i romanzi occidentali, era sempre rimasto concertato dai dialoghi tra uomini e donne, a suo avviso troppo audaci, troppo compiacenti, e soprattutto troppo franchi ed espliciti. In lingua originale erano accettabili, pensava, ma in giapponese neppure traducibili. Di conseguenza non aveva alcuna intenzione di utilizzare mezzi espressivi d'importazione per sviluppare la sua relazione con Michiyo. Tra loro due, almeno, le parole usuali erano più che sufficienti. Il problema però era di scivolare da un punto A a un punto B senza nemmeno rendersene conto. Quel giorno Daisuke riuscì per un soffio a fermarsi a un passo dal precipizio". </i></p><p style="text-align: justify;"><i><br /></i></p><p style="text-align: justify;">La discomunicazione qui è totale: sia tra lui e lei, sia nei processi mentali di lui, che per impostare un rapporto con una donna deve addirittura ricorrere alle sue analisi sociologiche e letterarie, rimanendovi come intrappolato (<i>"riuscì per un soffio a fermarsi a un passo dal precipizio"</i>, sic!). Quando tuttavia sarà costretto ad andarsene a lavorare, Daisuke metterà tutto ciò da parte e finirà come in catalessi. Non per nulla considero questo libro una sorta di <i><a href="http://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2014/07/welcome-to-nhk-recensione.html">Welcome to the NHK</a></i> ante litteram: cambiano gli attori e cambia il palcoscenico, ma la sostanza è sempre la stessa. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: center;"><b>*-----* </b><span style="text-align: left;"><b>門</b></span><b> *-----*</b></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><b>MON</b> (1910, erroneamente tradotto "La Porta" nell'edizione Neri Pozza)<br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Il romanzo (traduzione corretta: <i>"Portale" </i>) parla di una coppia socialmente emarginata a causa di un mistero che verrà rivelato soltanto verso la fine del libro (e che è legato alla rovina di Yasui, uno dei pochi amici che Sousuke, il protagonista, ha avuto in vita sua). Per il resto Sousuke e sua moglie Oyone, profondamente legati, vivono in solitudine, cercando di ignorare un senso di colpa dal quale invero non riusciranno mai ad affrancarsi. L'alienazione sociale in questo libro non viene imputata all'industrialismo o alla cultura occidentale, bensì è frutto della natura umana stessa, del principio del "mors tua, vita mea"; volendo utilizzare un termine familiare per chi mi legge, dell'antropofagia. L'amore qui non esiste, Sousuke e Oyone formano una coppia interdipendente a causa della loro mera incompletezza e debolezza: l'essere umano è un povero parassita che si nutre dei suoi simili, che porta dentro di sé un grande vuoto, che è naturalmente predisposto alla noia. Il libro si focalizza molto sulle psicologie dei personaggi e sul contrasto violento tra la loro interiorità e la società di fuori, rappresentata da parenti distaccati, vicini facoltosi da compiacere, rigattieri approfittatori e quant'altro. Date le condizioni fisiche di Sōseki viene posta una certa enfasi sulla tematica della malattia, che qui sembra quasi diventare, con grande gioia degli esistenzialisti europei, la naturale condizione umana. Nonostante queste ottime premesse e nonostante questo sia appunto il romanzo più "esistenzialista" di Sōseki, non lo considero un capolavoro per via della parte riguardante il peregrinaggio al monastero, che ho trovato banale, e il finale affrettato (molto probabilmente dovuto a un violento attacco di ulcera che debilitò lo scrittore in concomitanza alla stesura del libro). </p><p style="text-align: center;"><br /></p><p style="text-align: center;"><b>*-----* </b><span style="text-align: left;"><b>彼岸過迄</b></span><b> *-----*</b></p><p></p><div style="text-align: justify;"><br /></div><p></p><p style="text-align: justify;"><b>HIGAN SUGI MADE</b> (1912, tradotto come "Fino a dopo l'equinozio" da Neri Pozza; tradotto come "Sin oltre l'altra riva" da Shito, dato che "Higan" si riferisce alla "riva distante" del sanskrito, da cui il titolo della LeGuin)</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">In questo periodo il grande scrittore stette molto male, sia fisicamente che psicologicamente (nel 1911 morì l'amata figlia minore), tant'è che dovette prendersi due mesi di pausa dalla scrittura prima di rimettersi a lavorare su questo libro. Si sentì sempre più straniato dai giudizi dei critici letterari e rimarcò nella nota introduttiva del qui presente romanzo il voler rivolgersi alla classe media e non alle èlite intellettuali del suo paese. Paradossalmente, se ne uscì con un'opera avventurosa basata perlopiù sullo stile di scrittura che altro. In pratica un mero lavoro da mestierante, che oggigiorno risulta leggibile esclusivamente per via dello stile di scrittura e dell'eventuale interesse giappofilo del lettore italiano. <i>Higan Sugi Made</i>, nonostante la sua simpatia e il suo essere un'opera scanzonata, invero risulta parecchio tedioso e inconcludente. Le vicende narrano del giovane Keitaro, un neolaureato senza alcun particolare talento che non riesce a trovare lavoro e che si imbatte in ogni genere di strani individui (in primis il coinquilino Morimoto, che gli racconta un sacco di fandonie spacciandosi per grande avventuriero e che poi sparisce nel nulla). Keitaro, nel suo umiliante status di disoccupato, compie un pedinamento su commissione lasciandosi guidare dal bastone "magico" lasciato dall'ex coinquilino (sigh!), senza ovviamente concludere alcunché; ascolta gli altri personaggi raccontare le loro storie e in alcuni di questi passaggi, nonostante la leggerezza della narrazione, si avverte l'eco della morte della figlia dell'autore, e con ciò si ritorna a qualche barlume del Sōseki più psicologico e indagatore dell'animo umano. Ciononostante, <i>Higan Sugi Made</i> è un'opera del tutto trascurabile, da leggere soltanto nel caso in cui si voglia migliorare il proprio stile di scrittura (tecnicamente, soprattutto dal punto di vista delle descrizioni della Tokyo di inizio novecento, questo romanzo è impeccabile). Sono comunque dell'idea che <i>Higan Sugi Made</i> sia una trollata di Sōseki nei confronti dei critici letterari del suo tempo, che si aspettavano da lui l'ennesimo capolavoro sul quale elaborare le più inutili e svianti sovranalisi, e che invece si son ritrovati in mano la storiella di un coglioncello col bastone psicotropo. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: center;"><b>*-----* こころ *-----*</b></p><div style="text-align: justify;"><br /></div><p style="text-align: justify;"><b>KOKORO</b> (1914, tradotto come "Anima" nell'edizione SE - sigh! - e "Il cuore delle cose" - di nuovo, sigh! - nell'edizione Neri Pozza)</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><i>"La solitudine è il prezzo da pagare per essere nati in un'epoca così piena di libertà, di indipendenza e di egoistica affermazione individuale." </i></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Questo libro, il cui titolo corretto in italiano è semplicemente "ANIMO", con la "O", è un capolavoro dallo stile essenziale, pulito e senza tempo. In esso vi è un po' tutta la poetica del Sōseki giunto alla maturità espressiva. Narra dell'incontro tra uno studente universitario e un vecchio misantropo chiuso in se stesso e nel suo passato. Gli eventi sono minimali e lo spazio è lasciato alla psicologia dei personaggi, ai dialoghi e al finale simbolico a effetto. Solitudine e incomunicabilità sono le colonne portanti di quanto narrato, e il difetto tipico di Sōseki, ossia l'essere troppo didascalico, qui è ridotto al minimo. Impossibile approcciarsi seriamente alla letteratura giapponese (ma anche a quella mondiale) senza aver letto questo libro. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: center;"><b>*-----* </b><span style="text-align: left;"><b>私の個人主義</b></span><b> *-----*</b></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><b>WATAKUSHI NO KOJINSHUGI</b> (1914, "My Individualism" nella traduzione in inglese di Sammy I. Tsunematsu, Tuttle Publishing)</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">In questa analisi considero l'edizione inglese perché quella italiana, edita da <i>:duepunti Edizioni</i>, è fuori catalogo e pressoché introvabile. L'edizione inglese comunque, reperibile per pochi euro su Amazon in ebook, è molto accurata e oltre a <i>Watakushi no Kojinshugi </i>contiene un altro saggio dell'autore e una sua biografia molto dettagliata. </p><p style="text-align: justify;">In Giappone, nel periodo Meiji, era diffusa tra gli intellettuali nipponici la sudditanza alla cultura inglese ed europea. Lo stesso Sōseki fu mandato dal governo a Londra per farsi plagiare, cosa da lui lamentata nell'introduzione a questo saggio. Ma essendo lo scrittore una persona intelligente, il (sofferto) soggiorno a Londra si tramutò in un'occasione per riflettere sulla necessità sì di assimilare la cultura altrui, tuttavia senza perdere il proprio "individualismo" giapponese. Nella pratica, Sōseki scrive quasi come un Proust, ma scrive cose di giapponesi con un fraseggio alla giapponese, interessandosi soprattutto ai problemi nati da questa "modernità d'importazione" con la quale gli intellettuali dell'epoca dovevano immancabilmente confrontarsi (e che, come lui stesso ammette, non erano capaci di comprendere, in quanto troppo distante). Nel suo saggio sull'individualismo Sōseki estende questa riflessione a un discorso di tipo sociologico: gli individui sono felici se sono liberi di costruire la propria individualità nel rispetto di quella altrui, e lo Stato deve intervenire a limitare questa libertà individuale soltanto in caso di guerre o crisi economiche. Ovviamente il denaro è un mezzo coercitivo e pertanto industrialismo e consumismo non accrescono le libertà individuali, ma le limitano, allo stesso modo dei socialismi. La lettura che ho dato a questo scritto è quella della formulazione di un "anarchismo di destra" molto figlio del suo tempo: è chiaro che soltanto le persone libere, talentuose e fortunate (nonché capaci di reggere il peso della solitudine) possano sviluppare appieno la propria individualità, mentre invece i meno abbienti e gli individui scarsamente intelligenti si facciano per forza di cose manipolare. E' facile infatti che questo "anarchismo di destra" giapponese diventi snobismo intellettuale: non per nulla Akutagawa, erede spirituale di Sōseki, si suicidò giovanissimo come reazione al deperimento dei valori giapponesi, quindi per protesta verso la mediocrità dei manipolabili; in ultima sintesi, per puro snobismo. E' da notare comunque che questo "anarchismo di destra Sōsekiano" influenzerà, tra i tanti, anche il fumettista Matsumoto Reiji (ai miei occhi <i><a href="http://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2018/01/capitan-harlock-il-pirata-dello-spazio.html">Capitan Harlock</a></i>, dal punto di vista dei contenuti, è praticamente il saggio di Sōseki portato in animazione). </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: center;"><b>*-----* </b><span style="text-align: left;"><b>道草</b></span><b> *-----*</b></p><p style="text-align: left;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><b>MICHIKUSA</b> (1915, "Erba lungo la Via" nell'edizione autoprodotta curata interamente da Antonio Vacca)</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><i>"Nulla nell'umana esistenza può giungere a un reale compimento! Quello che è accaduto un tempo si ripeterà in futuro, in un eterno perpetuarsi. Non c'è scampo o salvezza! A mutare è la sola forma, la mera superficie della realtà; ed è tale travestimento che inganna e travaglia la ragione umana!" Tali parole erano fiorite sulle labbra dell'uomo, come ombre dai cupi riflessi.</i></p><p style="text-align: justify;"><i>La moglie rimase in silenzio. A un tratto, sollevò la bambina e cominciò a baciarne le guance rosate, esclamando: "Cha brava bambina! Cha brava bambina! Noi non sappiamo di cosa stia parlando tuo padre!" </i></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Questo è un libro interamente e dichiaratamente autobiografico. Viene narrata la vita di Sōseki a partire dal suo ritorno dall'Inghilterra sino alla nascita della sua terza figlia (con la quale più o meno coincide l'inizio della sua attività di scrittore professionista). In italiano il libro esiste soltanto come autoproduzione: la traduzione di Antonio Vacca a occhio mi sembra buona; inoltre l'edizione è stata confezionata con molta passione (ci sono delle illustrazioni interessanti, la copertina è molto bella: finalmente non c'è la solita geisha che non c'entra niente con la sostanza dell'opera). Il problema è tuttavia quello tipico di tutto il self publishing: manca un editing adeguato. Il virgolettato infatti è talvolta incorretto, ci sono molti typo e apostrofi persi per la strada; nondimeno, le E maiuscole con l'apostrofo al posto dell'accento mi fanno rabbrividire (per carità, le uso pure io in questa sede, ma nei libri sarebbe opportuno usare ALT + 0200). Per il resto chapeau, abbiamo uno dei romanzi più importanti dell'autore in italiano. <i>Michikusa</i> infatti è un quasi capolavoro, "quasi" soltanto per via della sua ripetitività (va bene che Shimada, il patrigno dell'alter ego dell'autore, sia il "main villain" della situazione e quindi debba apparire un sacco, ma gli episodi in cui va a chiedere soldi all'economicamente impossibilitato aspirante scrittore, tentando ogni volta di circuirlo e ingannarlo, sono troppi e tutti uguali tra loro). Ciò premesso, <i>Michikusa </i>è talmente tanto un'affresco sulla miseria umana, perlopiù privo di qualsiasi forma di morale e del tipico didascalismo dell'autore, che sembra avanti di una cinquantina d'anni rispetto a quando è uscito. In esso poi, pur essendo un romanzo, vi è praticamente tutto il cinema di Ozu. </p><p style="text-align: justify;">Sōseki ci racconta della sua adolescenza infelice e del suo essere stato succube dei genitori adottivi, che da un lato lo viziavano e dall'altro lo manipolavano; il difficile rapporto con i parenti e con un mondo in veloce trasformazione che sembra lasciarlo perennemente indietro; la sofferenza derivante dal suo lavoro malpagato di insegnante. Le vicende si avviano quando Shimada, caduto in disgrazia, inizia a chiedere soldi al figliastro, credendolo benestante per via della sua istruzione. Kenzō, nome dell'alter ego di Sōseki, inizialmente aiuta il vecchio, ma poi quest'ultimo se ne approfitta. La cosa sembra diventare un tacito paradosso morale sulla natura umana: vale veramente la pena aiutare delle bestie antropofaghe - antropofagia che tra l'altro viene incitata dalla spietatezza della società giapponese - e opportuniste? A ciò l'autore non fornisce alcuna risposta. Il focus rimane comunque sul rapporto di Kenzō con la moglie: la nevrastenia di lei, i continui litigi, la famiglia di lei che fa pesare l'unione tra i due dato che non l'ha mai approvata... I problemi del tanto decantato "individualismo" di cui il saggio dell'anno precedente, che quando viene applicato alla vita familiare finisce per far impazzire ancora di più una donna sola e tormentata, che tra le tante cose sembra altresì soffrire per il suo non essere allo stesso livello intellettuale dello scrittore (che da bravo partner non manca mai di farle pesare la sua scarsa intelligenza). I due apici dell'agonia si hanno quando lei cerca di tagliarsi con un rasoio e lui la blocca, e poi quando, dopo un violento litigio, lei va di matto e lui la lega con una corda a sé, un po' come accade in un film di Kitano Takeshi di inizio anni duemila, <i><a href="http://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2015/08/dolls-recensione.html">Dolls</a></i> (che tra l'altro è uno dei miei preferiti). Eventuali considerazioni filosofiche non vengono comunque messe in atto: è il lettore che deve trarre le sue conclusioni, essendo quest'opera puramente autoriparativa, forse scritta con la consapevolezza stessa della morte (l'anno dopo Sōseki morirà, lasciandosi dietro molti rimpianti). Il tema della vecchiaia è infatti ricorrente, con il protagonista che invidia la giovinezza dei suoi studenti, che contrariamente a lui non hanno tutti questi traumi e dolori del passato da portarsi dietro, e che rimane interdetto di fronte al deperimento fisico della moglie e della sorella. Osservando poi il suocero fallito, che da uomo di successo si deve accontentare di un banale lavoro di assicuratore a causa di un rovescio di fortuna, Sōseki trae un bilancio sull'inutilità ontologica della condizione umana, cosa che molto probabilmente, per un uomo idealista come lui, è stata un po' l'apice della sofferenza (e penso che sia stata questa riflessione ad averlo spinto a diventare uno scrittore). </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">E qui mi fermo: finito <i>Michikusa</i>, Sōseki inizierà a scrivere una nuova autobiografia, ma come avevo accennato, nel 1906 verrà stroncato da una commistione di sofferenze fisiche e psicologiche per lui ormai intollerabili. Si spegneva così, a soli 49 anni, uno dei più grandi scrittori mai esistiti, nonché il primo scrittore giapponese della modernità. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p></div>Francesco Granzierahttp://www.blogger.com/profile/14967626801426918935noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-8428366134531552054.post-74987020816697872402023-08-17T16:17:00.023+02:002023-08-17T16:52:12.251+02:00Le Sorelle Soffici: Recensione & Riflessioni<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZHzUA1ABPuRhCAfhEWVjBUXgmCSu2p2maiM-cfzf1V48qapWmAHElFRarhobDZoMPKKUbDAdEtS6p3iA4rVy9r_AaBca7MowXdt7ObobZBjH5kCqFqHkw1gGD9gKlmDyeqGZba0kcLn3zdp86-kogd-YgAwG3xwm8IiRH8IoNkBTEvWJxzuet0xTr/s941/sorellesoff.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="703" data-original-width="941" height="286" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZHzUA1ABPuRhCAfhEWVjBUXgmCSu2p2maiM-cfzf1V48qapWmAHElFRarhobDZoMPKKUbDAdEtS6p3iA4rVy9r_AaBca7MowXdt7ObobZBjH5kCqFqHkw1gGD9gKlmDyeqGZba0kcLn3zdp86-kogd-YgAwG3xwm8IiRH8IoNkBTEvWJxzuet0xTr/w383-h286/sorellesoff.jpg" width="383" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><p style="text-align: justify;">Premetto che questo libro è arrivato in semifinale al premio Calvino e che è stato osannato dalla critica alla sua uscita. L'autore inoltre ha vinto il concorso Neri Pozza con un omaggio al defunto Daniele Del Giudice (non me ne intendo di letteratura italiana quindi non so chi sia questo Del Giudice, ma pare sia stato uno importante). Alla luce di ciò, scrivendo che secondo me <i>"Le Sorelle Soffici"</i> è una boiata pazzesca, in qualche modo mi espongo; oppure, nondimeno, rischio di fare la figura del rosicone o quant'altro. Non è questa la mia intenzione: non m'interessa di critici, salotti letterari e premi altolocati vari (mi ricordo ad esempio che Andrea De Carlo, uno dei migliori scrittori italiani del suo tempo, scatenò una grande polemica dimettendosi dalla giuria di uno di questi ultimi). Fatto quindi salvo che ciò che scrivo sia soltanto frutto della mia serenissima opinione, il libro, narrato in prima persona dalla figlia malata di mente di un ipotetico industriale, un ricco così potente da avere legami diretti con la politica e da risentire di tangentopoli, sembra voler denunziare la cattiveria umana e l'egoismo eccetera eccetera, e rappresentare le "strategie di sopravvivenza" di questa giovane ragazza che si rifugia dalla fantasia per fuggire dalla realtà. L'idea di base penso che sia molto buona, il problema è come viene attuata; il finale nondimeno è pessimo. Il libro è molto breve e sembra quasi un abbozzo di un romanzo vero e proprio (scrivere "abbozzi" di romanzi è un problema comune alla maggiorparte della letteratura italiana contemporanea, ma di questa tendenza ne discuterò più avanti). Lo stile di scrittura è buono ma ricorda molto quello di altri libri tipo <i>"La Solitudine dei Numeri Primi"</i> o <i>"L'Arminauta"</i>, ossia i libri editati (o ghost writati, non saprei) da Raffaella Lops, la moglie di Paolo Giordano. La Lops infatti viene citata molto calorosamente nella pagina dei ringraziamenti del libro. </p><span><a name='more'></a></span><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Abbiamo quindi questa <i>loli kawaisou</i>, Veronica Soffice, che narra le vicende, vere o false che siano, in prima persona. Ogni tanto si spoglia (si percepisce un certo retrogusto <i>lolicon </i>nel racconto e comunque, a mio avviso, un autore maschio che racconta dalla prospettiva di una ragazzina è molto kitsch, per non dire<i> fetish </i>); spesso s'inventa di parlare con una sorella che in realtà è morta, nonché con scrittori defunti che fanno brevi comparsate casuali senza aggiungere alcuna riflessione né arricchimento alla "trama". La nonna, pure lei defunta (?), viene re-immaginata come novella <i>Baba-Jaga </i>eccetera eccetera. Quando il padre industriale muore arriva il <i>Gomblottista 1!111!!11!</i>, tale medico cattivo e ovviamente pedofilo (mi pare che in una scena/metafora si seghi su una foto della sorella immaginaria di Veronica), che trama per prendersi l'eredità in combutta con lo psichiatra, che anzi di dichiarare incapace di intendere e volere una ragazzina appena maggiorenne imbottita di psicofarmaci, che si piscia addosso e non supererebbe nemmeno il test di realtà che fanno gli psichiatri alla prima seduta, decide di farla passare per sana, in modo tale che il cattivo possa farla sposare con un suo accolito. In casa a un certo punto arriva pure un alias di Bettino Craxi, che stringe la mano alla fanciulla facendola andare in stato catatonico con la sua energia negativa, manco fosse Rasputin o un signore dei Sith. Il tutto ovviamente in modo abbastanza confusionario e ovattato, quasi come se l'autore volesse in qualche modo mettersi al riparo da eventuali critiche di stampo politico attraverso il suo stesso stile di scrittura (non credo che si vincano i premi esponendosi politicamente). L'importante comunque è far passare il messaggio che negli anni novanta si facevano cose losche, c'erano i cattivi e le bambine soffrivano. Insomma, un libretto di Geronimo Stilton. Si capisce che l'autore non abbia mai veramente frequentato certi ambienti dell'alta borghesia industriale e non abbia mai avuto a che fare con psichiatri o giovani ragazze con problemi mentali. Fosse stata una semplice fiaba senza pretese di raccontare determinate realtà della vita, <i>Le Sorelle Soffici,</i> almeno ai miei occhi, avrebbe fatto una figura migliore. <b>Così invece è la bruttissima copia di un manga di Mohiro Kitoh, un raccontino-ino-ino salvato soltanto da rari momenti di poesia che emergono da un caos narrativo che pur essendo voluto, talvolta sembra scappi di mano persino all'autore stesso</b>, che deve gestire una marea di personaggi in un andirivieni di dialoghi, monologhi e descrizioni di luoghi e allucinazioni, cosa che può fare con disinvoltura un Gabriel Garcia Marquez, ma non di certo un quasi-esordiente, per quanto bravo e ambizioso che sia. Infatti, ad esempio, vengono man mano introdotti nuovi nomi di persone come se fossero scontati, e questo genera ulteriore entropia. Inoltre la struttura a diario, sempre a mio parere, è un escamotage per camuffare le falle della narrazione (o non-narrazione che dir si voglia). </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Volendo anche tralasciare quanto scritto sopra, il grande problema concettuale del libro, almeno secondo il mio modesto parere, è il finale, che invalida tutta la "storia", sempre se ciò che l'autore voleva far passare, tra le tante cose buttate lì in pentola, fosse una roba sulla crescita e sulla caduta delle "strategie di sopravvivenza" infantili (che poi sono proprio loro quelle che inducono la psicosi, non di certo la realtà: la realtà è neutra, la cattiveria umana è neutra). Sembra quasi che il messaggio che passi è che fuggire dalla vita sia una cosa fattibile, che tanto i grandi son cattivi, cattivi rimarranno e vaffanculo, viva le rori. No. Questo secondo me è un messaggio diseducativo (sempre se l'ho interpretato nella corretta maniera). A prescindere da ciò, mi sorge comunque un dubbio su tale direzione narrativa, così come sulla natura stessa di questo genere di "abbozzi" di romanzi. Queste due fenomenologie letterarie contemporanee, indipendentemente dall'opera analizzata/recensita, per me son legate: c'è un nesso tra il fatto che non si scrivano più vere storie, veri "romanzi", e che l'elogio dell'escapismo sia una cosa sempre più diffusa nella narrativa. <b>Prima di tutto, cos'è il romanzo nella postmodernità? Che senso ha scrivere romanzi nell'epoca attuale, in cui tutti si tirano i segoni sui porno, giocano con gli smartphone e guardano Netflix? La gente vive realmente o vive nella finzione? </b>Vivendo nella finzione, per forza di cosa si vuole far passare il messaggio che vivere nella finzione sia bello, perché non si conosce alcunché al di fuori di essa: non si è mai vissuto. Melville ha scritto un capolavoro dell'umanità perché lui sulla baleniera c'è andato veramente. Idem Céline, lui in guerra, a lavorare alla Ford e a curare i morti di fame senza beccare un quattrino c'è andato veramente. <b>Forse al giorno d'oggi i libri veri sono quelli che parlano di disagio psicologico di tipo autobiografico, dato che in un mondo di illusioni in cui nessuno è realmente vivo non resta altro che impazzire.</b> Libri tipo che ne so, quello di Federica Ooyen, che dallo psichiatra c'è andata sul serio (e non è una lettura piacevole da fare, sebbene l'onestà dell'autrice sia stata ripagata con moltissimi pareri entusiastici su Amazon). </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><b>Perché sì, la scrittura è autoterapia. Lo scrittore è uno che vive molto intensamente, rimane scottato, e allora rimette a posto i cocci rotti dentro di sé mediante la sua arte. Se uno non vive, secondo me non è un vero scrittore.</b> Il successo poi non deve interessare allo scrittore: lo scrittore è un uomo al servizio della vita, non al servizio degli altri uomini. <b>Non si può scrivere un libro adattandosi a quello che vuole leggere un determinato tipo di pubblico o un determinato tipo di giuria concorsuale.</b> Allo scrittore interessa che magari il suo libro faccia stare meglio qualcun altro con il suo stesso problema. Tanto non si guadagna comunque niente dalla scrittura, soprattutto nel 2023. <b>La cosa che reputo veramente oscena, in conclusione, è che tutt'ora si forzino certi paragoni ormai impossibili, tipo che ne so, "il libro del nuovo Hemingway", "il nuovo Italo Calvino è tra noi". No, no, no. Vi state sbagliando. </b>Quella gente lì viveva veramente, si sporcava le mani (lol su Calvino che respinge aspramente Morselli e quello si suicida, si suicida davvero, sparandosi in testa! E nessuno ricorda mai 'sto fatto). Insomma, erano altri tempi. Non esisteva il politicamente corretto, non c'erano gli smartphone e così via. Quindi per forza di cose si viveva di più, le vite delle persone erano più intense e reali (e quindi si leggeva e scriveva di più, e tutti leggevano, non soltanto i borghesi venuti su negli anni settanta in cerca di consensi socio-politici). <b>Non si può quindi paragonare un periodo di fertilità a un periodo di irreversibile carestia.</b> E' troppo ingiusto per tutti, soprattutto per gli autori, che rischiano di cadere nelle trappole del solipsismo e del narcisismo, due degenerazioni umane fin troppo attuali. </p>Francesco Granzierahttp://www.blogger.com/profile/14967626801426918935noreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-8428366134531552054.post-15886332616670016882023-08-13T10:58:00.012+02:002023-08-15T09:20:04.778+02:00Dogville: Recensione<p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjjkmjVq-hU4i3DE_ak2YwJb3L-WlGgEyRfS2oW15QAbfpC_avj_jRqnq2_PeBHvB-cM7B-jB96T1Y6QaZF0Rthg-NkXUli1JO01L2qrUycoWVSTknjeNFHoBO3Ea7jxK0DYZ2_4nuLAsAmHCcIDz-nFopx3MbzC4pvxLDNmFFT3ClsVTkaMwTcqOoz/s509/locandina.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="509" data-original-width="420" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjjkmjVq-hU4i3DE_ak2YwJb3L-WlGgEyRfS2oW15QAbfpC_avj_jRqnq2_PeBHvB-cM7B-jB96T1Y6QaZF0Rthg-NkXUli1JO01L2qrUycoWVSTknjeNFHoBO3Ea7jxK0DYZ2_4nuLAsAmHCcIDz-nFopx3MbzC4pvxLDNmFFT3ClsVTkaMwTcqOoz/s320/locandina.jpg" width="264" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Dogville è un film del 2003 diretto da Lars Von Trier, un regista di cui avevo già sentito parlare ma che non ho mai mai approcciato per puro disinteresse. Detto questo, di recente ho chiesto a un'amica esperta di cinema di consigliarmi un film, e uno soltanto: considerando il suo bagaglio conoscitivo, tra un'infinità di titoli che ha visionato, ha scelto proprio questo. La sua scelta, dato che lo sto recensendo, direi che è stata azzeccata. Nonostante nel film appaiano attori americani e il regista nonché sceneggiatore e soggettista sia danese, di fatto Dogville è un film tedesco nella sostanza, tant'è che assomiglia a certe pièce teatrali di Bertolt Brecht. Non è un film breve (dura quasi tre ore) e lo sconsiglio alle anime belle a causa della sua "violenza filosofica" (e in ciò si avvicina molto ai manga di Mohiro Kitoh, che guardacaso è giapponese). In questo post ne stendo una breve analisi. </div><p></p><span><a name='more'></a></span><p style="text-align: justify;"><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjTSr38LtWL_mui1WQ5OmJqVYW3yWh6ssYYG56tMjdEL_x5TeTRyp4aSIw_CEvG4RrowBs1Xm_oGkBroPl_0V55Jal6RPKlDIWuetUcujrna6V2YIlgUeYufWin1eN8l4l3har9Ss_k_EvZhZ_i2GjpOLhXNTDXBzI4IehVtM3gMoqa86XrjKSJ8kyb/s970/6a00d8341c6e6853ef01b8d28eacd4970c.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="545" data-original-width="970" height="206" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjTSr38LtWL_mui1WQ5OmJqVYW3yWh6ssYYG56tMjdEL_x5TeTRyp4aSIw_CEvG4RrowBs1Xm_oGkBroPl_0V55Jal6RPKlDIWuetUcujrna6V2YIlgUeYufWin1eN8l4l3har9Ss_k_EvZhZ_i2GjpOLhXNTDXBzI4IehVtM3gMoqa86XrjKSJ8kyb/w366-h206/6a00d8341c6e6853ef01b8d28eacd4970c.jpg" width="366" /></a></div><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">L'assenza di muri e di elementi naturali fa convergere lo sguardo dello spettatore unicamente verso la condizione umana: è un film sugli esseri umani, non su altro. Le vicende umane sono farsesche e pertanto uno studio "filosofico" sulla natura umana non può che avvenire sul palcoscenico. Di mio ho colto in <i>Dogville</i> una critica al puritanesimo americano; inoltre, nonostante il regista sia dichiaratamente cattolico, in questo film sembra quasi che il perdono cristiano non sia possibile in quanto gli esseri umani per loro natura sono assimilabili a parassiti cattivi tendenti al solipsismo, pertanto incapaci "strutturalmente" di amare (e in merito al solipsismo, il significato del personaggio di Tom, il filosofo "razionalista" in perenne fase orale, narcisista e manipolatore forse anche a sua stessa insaputa, è palese). La Kidman, la bella ragazza giovane che fugge dai gangster per rifugiarsi in questo paesino di quindici anime, assume quasi connotati messianici: lei dà l'amore incondizionato alle bestie, i "cani" che abitano il paesello (e notare che il vero cane non viene rappresentato in scenografia, allo stesso modo della natura), ma i cani se ne approfittano e, una volta che si impauriscono (l'arrivo della taglia sulla testa della Kidman), diventano sempre più violenti e cattivi. Il cane diventa quindi la Kidman, che viene incatenata e abusata a oltranza: anche in questo caso ricalca un po' la figura del Cristo, che dapprima attuava l'amore verso gli esseri umani, inclusi gli ultimi, e che poi dagli ultimi veniva fatto crocifiggere. I mafiosi sono un po' come gli angeli dell'apocalisse e il loro capo mi è parso una metafora del Dio violento dell'antico testamento. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhKvNvWozOV30H6tyjCPlICjAAOgVqoQyIRH05LWgsmo8TwecjCuOTOaYLwradFi0ZpXXS3ccZXKrx6fQLrdJm_16tMhNQinfFRMIl6CSwb6zrZnfRB9A0ciYC0TYQMYc-eE8B33rhXdj2yvoXfoLhLWV3uVPEKpgEvJEFBku3i9HWOWcEzDbuCtvHh/s1171/52c68701da18c0897b2d8c86b137fe52.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="608" data-original-width="1171" height="195" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhKvNvWozOV30H6tyjCPlICjAAOgVqoQyIRH05LWgsmo8TwecjCuOTOaYLwradFi0ZpXXS3ccZXKrx6fQLrdJm_16tMhNQinfFRMIl6CSwb6zrZnfRB9A0ciYC0TYQMYc-eE8B33rhXdj2yvoXfoLhLWV3uVPEKpgEvJEFBku3i9HWOWcEzDbuCtvHh/w375-h195/52c68701da18c0897b2d8c86b137fe52.png" width="375" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><p style="text-align: justify;">I dialoghi sono irrealistici e anche loro debitori a un certo tipo di dramma filosofico di stampo germanico (qualcuno in giro per il web ha scritto che questo film sia in un certo senso "nicciano": molto probabilmente non aveva torto). Nonostante la scenografia sia tutta al chiuso, la regia è molto virtuosistica e curata. Se vogliamo vedere i mafiosi come gli uomini di città e la Kidman come la persona che fuggendo dalla città pensa di trovare la pace in provincia, direi che il film ci ricorda che gli esseri umani sono gli stessi ovunque, cambiano soltanto le modalità della loro "umanità" o "dis-umanità", se vogliamo essere più realistici (la misantropia in fin dei conti è un frutto dell'albero del realismo). L'assenza dei muri nella scenografia mette tutti allo scoperto nella loro intimità: senza pareti divisorie cadono anche le maschere e si può osservare dove le persone diano il "meglio" di loro stesse, ossia nell'ambiente domestico, al riparo dalla pressione sociale e dagli sguardi altrui. Allo spettatore che osserva la scenografia di Dogville, in cui non esistono pareti (ma in cui i personaggi si comportano come se ci fossero), pare quindi di vedere degli animali: in un certo senso, sono proprio i muri divisori a nobilitare le persone, perché nascondono i loro lati più truci e meschini agli altri. Ciò detto, il punto più alto del film è indubbiamente il finale, simbolico in tutta la sua potenza visiva e concettuale nonché allegorica: se i parassiti non imparano ad amare, ossia ad accogliere veramente l'altro senza approfittarsene e sconfiggendo la paura, il loro destino è l'autoconsunzione. In parole povere: la morte. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjRH7ifEHdqExPE79z46l-gH3KcN5NfXk3kKJ8uDzBUO0UcFDXESVwboi0eHnmcNtekVP-d5p2jRYlcaPmerTOC2CjY_MhWwaoOoHIOqI8FE6qyUhr7DByQTFfRbm2Kc-kkes3mQaRuTNKVNh8xpN2sL70wXAWgCYgOkLlusTnD-YOJFAxm4ckW6BZD/s910/s,910-9fcb53.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="512" data-original-width="910" height="204" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjRH7ifEHdqExPE79z46l-gH3KcN5NfXk3kKJ8uDzBUO0UcFDXESVwboi0eHnmcNtekVP-d5p2jRYlcaPmerTOC2CjY_MhWwaoOoHIOqI8FE6qyUhr7DByQTFfRbm2Kc-kkes3mQaRuTNKVNh8xpN2sL70wXAWgCYgOkLlusTnD-YOJFAxm4ckW6BZD/w363-h204/s,910-9fcb53.jpg" width="363" /></a></p><p style="text-align: center;"><br /></p>Francesco Granzierahttp://www.blogger.com/profile/14967626801426918935noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8428366134531552054.post-66312240798722188552023-07-15T10:49:00.002+02:002023-07-15T11:21:51.329+02:00Das Boot: Recensione<div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmBTBQ1qDKyychkFx6XoyNT1PbkdKHX3OnFCh3HKcU2txwbaN87tyMzPAIDYtVpYyXIHflvbuvEwnXd7vKaSTr8EA3lTorUaP24-rpP_R56iKqjA-HqyR4QR4bo2Mw3V4tYz1QRSzTZGxZ91dQkLXyC4AvSS0gJ9M11QUGiqLPmIV82mdzRKARhM9_/s400/1-das-boot-srdjan-kotarlic.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="371" data-original-width="400" height="297" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmBTBQ1qDKyychkFx6XoyNT1PbkdKHX3OnFCh3HKcU2txwbaN87tyMzPAIDYtVpYyXIHflvbuvEwnXd7vKaSTr8EA3lTorUaP24-rpP_R56iKqjA-HqyR4QR4bo2Mw3V4tYz1QRSzTZGxZ91dQkLXyC4AvSS0gJ9M11QUGiqLPmIV82mdzRKARhM9_/s320/1-das-boot-srdjan-kotarlic.jpg" width="320" /></a></div><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Un amico mi ha consigliato di vedere questo film. All'inizio ero scettico, dato che non mi piacciono i film sulla guerra, ma poi mi sono ricreduto. <i>Das Boot</i>, oltre a essere uno dei migliori film tedeschi mai girati, è in primis un'opera sugli esseri umani, un qualcosa di involontariamente filosofico. Tratto da una storia vera, <i>Das Boot</i> narra le vicende di un equipaggio di sommergibilisti della Kriegsmarine nazista mandato in missione dai potenti di Berlino in quel frangente della WW2 in cui gli inglesi avevano sviluppato il sonar e decifrato il codice enigma (la codifica criptata che i tedeschi utilizzavano per comunicare la posizione degli U-boot). Ben lungi dai soliti cliché Hollywoodiani, in cui i nazisti sono sempre cattivi e sadici perché sì, in <i>Das Boot</i> vediamo semplicemente ragazzini strappati alle loro madri e padri di famiglia mandati al macello in un Atlantico pieno zeppo di cacciatorpediniere e pattugliato dalla RAF. La parola d'ordine del film è "realismo", sia psicologico che visivo: il set è una riproduzione esatta dell'U-boot 96, le scene sono state girate con la consulenza di veterani di guerra della Kriegsmarine. Nonostante la sceneggiatura serrata che fa rimanere incollati allo schermo dall'inizio alla fine, <i>Das Boot</i> è la negazione dell'intrattenimento: non è stato girato per divertire o far passare il tempo, ma per far riflettere su cosa veramente sia la guerra. </div><span><a name='more'></a></span><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhoRkg-JbePz_ZA9OX1HARhxMIbjyZKaK0V1E4LdCEFIjgFKfqUEed8H46hv60YDN6IObodvWQQiHHpNvXowMuvYf4wfLIboYXOHzSuM5UNr14YIHuYkA-330Re8mXsnI06zz4GRYT4W7E5zfwIiQM7Pxm09a5USHdm-2LiJBB1_WPUdgI-7VaY_B43/s900/1981_petersen_uboot_22.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="597" data-original-width="900" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhoRkg-JbePz_ZA9OX1HARhxMIbjyZKaK0V1E4LdCEFIjgFKfqUEed8H46hv60YDN6IObodvWQQiHHpNvXowMuvYf4wfLIboYXOHzSuM5UNr14YIHuYkA-330Re8mXsnI06zz4GRYT4W7E5zfwIiQM7Pxm09a5USHdm-2LiJBB1_WPUdgI-7VaY_B43/s320/1981_petersen_uboot_22.jpg" width="320" /></a></div><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">L'equipaggio dell'U-boot 96 è lo specchio del suo carismatico comandante: è apolitico (a parte un giovane tenente invasato di nazismo che si ricrederà in breve tempo), cinico, disilluso. Gli ordini che arrivano dall'alto sono sempre sbagliati e sottolineano l'incuranza del potere nei confronti della vita umana (ad esempio, dopo mille tribolazioni, olè, arriva un telegramma e bisogna attraversare lo stretto di Gibilterra strapieno di cacciatorpedinieri perché sì). Di nuovo, solipsismo del potere, che è una cosa che prescinde dalle bandiere, dalle epoche e dalle ideologie. Questo perché l'essere umano per sua natura è un parassita antropofago la cui mente è come un lago stagnante senza né immissari né emissari, come faceva altresì notare Céline. Fa quindi tristezza vedere uomini di valore, dei veri e propri eroi di guerra capaci di riparare un motore elettrico con pochissime risorse bloccati a 280 metri di profondità, essere presi in giro dall'inizio alla fine dall'alto (mitica la scena del rifornimento, in cui gli ufficiali tutti ben vestiti e dalla parlantina fluida, che se ne sono stati lì a fare niente tutto il tempo su una nave ben ancorata a un porto spagnolo, fanno i ruffiani con dei fantasmi denutriti, allucinati, con la barba e le occhiaie incavate che fino a qualche ora prima lottavano per scansare le mine di profondità britanniche). La stessa cosa vale anche per gli inglesi: durante la sua missione l'U-boot 96 silura una gigantesca nave britannica carica di rifornimenti, che tuttavia non affonda; quando il sommergibile riemerge, si parla di sei ore dopo, i protagonisti, lanciato l'ennesimo siluro dato che la nave non vuole proprio colare a picco, assistono alla morte di alcuni inglesi che si buttano a mare disperati, e il comandante, binocolo alla mano sulla torretta dell'U96, rimane sconvolto dal fatto che la marina britannica non abbia mandato alcuna nave a soccorrerli. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/YVxXbTk-zsQ" width="320" youtube-src-id="YVxXbTk-zsQ"></iframe></div><div style="text-align: center;"><i><b>Versione techno del main theme del film, </b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>una cosa molto di moda nella Germania degli anni ottanta. </b></i></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La scenografia è un qualcosa di superlativo e converge in un finale-monito da brividi, che per chi se ne intende di anime ricorda molto il Tomino più filosofico e sanguinario di sempre, quello degli anni ottanta. Molto probabilmente il film deve essere passato per il registratore VHS di Anno Hideaki, siccome alcune scene col sommergibile ricordano molto la claustrofobia di alcune puntate di <i><a href="https://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2014/08/nadia-il-mistero-della-pietra-azzurra.html">Fushimi no Umi no Nadia</a></i>. In <i>Das Boot</i> vi è anche tutto un sottotesto sulle differenze tra persone: oltre a un equipaggio eterogeneo in cui ognuno parla un dialetto diverso del tedesco, ci sono hint tipo la storia personale di un membro dell'equipaggio che, avendo messo incinta una ragazza francese, teme che lei possa finire male a causa del suo essere madre di un figlio tedesco. Il tutto poi diventa infine una metafora della vita: le difficoltà fanno crescere le persone (alla fine del viaggio i ragazzi sono cambiati radicalmente, non sono più gli stessi di prima), ma in ultima istanza è stato tutto inutile perché la (s)fortuna, che tutto decide, li ha voluti dalla parte dei vinti e non dei vincitori. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilHdFkREyV2C8k8qBsCZNOnBD1u4H3oIuiB6IvpTExa6HTsJOR52MU1eYGpXBRJVOy1dOLLlQ4gcm9CFK0zfGSn40kZcDxp77Kqc30oGUwRUZPfwP8BBU_FwTUJ_tfSoo9XvFFZFUWdP6nte5WLeNWoHjznqVnwz8_u9km3ohDg4cHyMlGTKXCaPm5/s511/1.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="343" data-original-width="511" height="234" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilHdFkREyV2C8k8qBsCZNOnBD1u4H3oIuiB6IvpTExa6HTsJOR52MU1eYGpXBRJVOy1dOLLlQ4gcm9CFK0zfGSn40kZcDxp77Kqc30oGUwRUZPfwP8BBU_FwTUJ_tfSoo9XvFFZFUWdP6nte5WLeNWoHjznqVnwz8_u9km3ohDg4cHyMlGTKXCaPm5/w347-h234/1.jpg" width="347" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEirvSo3wvCyeEvA1i6-jxYuGPDXHdAASp_EJu7Vp93DX8Wf-QC1dxhSnMNrbx1N8uVepqqi0jc48zA4WHr5SaPPcLcjJdLyekGp4rwjH4vaOXdVJqCwPCIElFo31KsCagzjtZU4x_j6BsJDy37mBT3FzU4scv0KHmnPr6tbjKE3AkXT-ZoP10iKrgfQ/s1920/1920x1080.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1080" data-original-width="1920" height="198" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEirvSo3wvCyeEvA1i6-jxYuGPDXHdAASp_EJu7Vp93DX8Wf-QC1dxhSnMNrbx1N8uVepqqi0jc48zA4WHr5SaPPcLcjJdLyekGp4rwjH4vaOXdVJqCwPCIElFo31KsCagzjtZU4x_j6BsJDy37mBT3FzU4scv0KHmnPr6tbjKE3AkXT-ZoP10iKrgfQ/w352-h198/1920x1080.jpg" width="352" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiOVmRM8HfO1bn1XwoXv6o5zHCCikEohMFo4Smh3vDm-ZmdLrB1iqthcEk3vDfMAvZ9TEPUUk8MOWgIZ-ICXoypdS__vRfaxe-OhF256jqAPHdANVxBH22Ys9_fc7RDSm_1efrQKdzW9wulB5JLXFUZC8QxfUJgQMVKtwrup7zTK3V8fIyxASxItJPA/s536/uboot_b.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="336" data-original-width="536" height="223" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiOVmRM8HfO1bn1XwoXv6o5zHCCikEohMFo4Smh3vDm-ZmdLrB1iqthcEk3vDfMAvZ9TEPUUk8MOWgIZ-ICXoypdS__vRfaxe-OhF256jqAPHdANVxBH22Ys9_fc7RDSm_1efrQKdzW9wulB5JLXFUZC8QxfUJgQMVKtwrup7zTK3V8fIyxASxItJPA/w355-h223/uboot_b.jpg" width="355" /></a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div>Francesco Granzierahttp://www.blogger.com/profile/14967626801426918935noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8428366134531552054.post-25196703748816857242023-07-07T16:11:00.012+02:002023-10-30T14:50:19.405+01:00Principesse Disney e paladine di Onlyfans: l'origine della dissociazione<p style="text-align: justify;"><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRMHqAW3R2Grrfi7pUEroe0jEcHVV-UyqgxVjc79s9eiE98nkn2W7Vy6lQHD8zejiMxS0Sx1Y_lhiPo2uE2STAFuLVW9Kh6MbgN5XTZttwJDlbkoiNdOMlVz1seELI7nEf418byPZFOIXxxOa8K-Fx2UWOOglVpHJ3yCAMUHIrS4ZS9KGzM9PNoOUa/s1024/pablo-picasso-les-femmes-Alger-1955-oil-on-canvas.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="757" data-original-width="1024" height="237" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRMHqAW3R2Grrfi7pUEroe0jEcHVV-UyqgxVjc79s9eiE98nkn2W7Vy6lQHD8zejiMxS0Sx1Y_lhiPo2uE2STAFuLVW9Kh6MbgN5XTZttwJDlbkoiNdOMlVz1seELI7nEf418byPZFOIXxxOa8K-Fx2UWOOglVpHJ3yCAMUHIrS4ZS9KGzM9PNoOUa/s320/pablo-picasso-les-femmes-Alger-1955-oil-on-canvas.jpg" width="320" /></a></div><p></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Mi è capitato recentemente di leggere il diario di una modella con disturbo borderline di personalità, ossia uno stato dissociativo della psiche abbastanza comune nelle femmine dell'oggidì. La ragazza, che chiamerò F. per brevità, nel libro (ovviamente pubblicato da una casa editrice minore e non da una big) parla di tutte le sue sofferenze, da un trauma a lei causato dall'amante della madre in tenera età all'incompetenza degli psicologi e psichiatri fino alla secondo lei "guarigione", ossia alla scoperta di una consapevolezza interiore, di un modo di convivere con il proprio disturbo ecc. In altre parole crescita, è ovvio: l'accettazione di ciò che si è e della merda di società in cui si vive, nonché la banale scoperta dell'effettiva esistenza dell'altro, nel nostro caso di quei fidanzati/bambolotti dapprima maltrattati, manipolati e trattati come oggetti e soltanto in seguito, una volta presa coscienza, visti come persone che a loro modo soffrivano o potevano soffrire (wow, gli uomini possono anche piangere e soffrire! Di nuovo wow, sensazionale, non pensavo fosse così!). Il libro comunque mi ha dato molto da riflettere, e mi ha fatto unire alcuni puntini che se ne stavano ancora lì sospesi nella mia mente. </p><span><a name='more'></a></span><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Il trauma di cui parla F., che secondo lei e alcuni psicologi l'ha fatta impazzire, è molto meno grave di certe cose che hanno vissuto femmine che conosco e che non sono mai impazzite; ad esempio mia nonna ha fatto la guerra, non aveva alcun amore genitoriale dietro alle spalle, molto probabilmente solo frustate e bastonate, eppure non è mai stata in un CSM e non si è mai tagliata le vene. Anche alcune altre donne più giovani di lei che conosco hanno passato l'inferno e non sono mai uscite fuori di testa. Mi sono quindi posto l'interrogativo sul perché le ragazze giovani sviluppino così frequentemente pulsioni autolesionistiche e dissociative, e vivano ciò che è la banale crescita personale come un qualcosa di sensazionale e titanico. Il problema a parer mio è sociale, non psicologico, tant'è che nessuno degli psichiatri o degli psicologi raccontati nel libro da questa ragazza si è mai reso conto della possibile origine sistemica di tale dissociazione (come dicevo <a href="http://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2023/05/sette-consigli-del-tutto-disinteressati.html">qui</a>, e come dice anche Fromm, la psicologia in estrema sintesi nasce col fordismo, ossia con l'industrialismo americanizzato: gli psicologi sono gli anticorpi del sistema, ma rimangono pur sempre un prodotto del sistema stesso). </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Nella mia esperienza col fenomeno delle ragazze borderline, la costante è sempre quella dell'idealizzazione infantile: le future dissociate sono consumatrici di prodotti della Disney e di finzione narrativa idealizzata quali manga e trasmissioni melodrammatiche sui generis (la borderline marocchina ovviamente vi parlerà delle sue telenovele turche preferite ecc.) Questi prodotti di intrattenimento le spingono a pensare di essere delle principesse, di essere uniche e che prima o poi troveranno il principe azzurro. A un certo punto però la società dice loro: ferma, ora devi aprirti l'Onlyfans, devi essere "quella di tutti" (le stesse parole che scrisse su Twitter una pornoattrice giapponese prima di suicidarsi: "sono stata quella di tutti come volevate"). Idem con patate per la ragazza di questo libro che ho letto: grande consumatrice di favolette Disney e <a href="http://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2016/03/sailor-moon-recensione.html">Sailor Moon</a>, a un certo punto ha sentito la pressione sociale suggerirle di fare l'esatto opposto (reconditamente, nella sua auto analisi, F. l'ha pure intuito, dacché nelle sue frasi non mancano invettive anti-società dell'immagine). </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">A mio parere, quando una femmina, che sente molto prepotentemente la pressione che la società e le altre persone esercitano su di lei, inizia a "sentirsi sporca" perché vive pienamente il conflitto principessa Disney/pornoattrice dentro di sé, è lapalissiano che sviluppi una forma di dissociazione e di mancata auto accettazione. O si è principessa o pornoattrice, non ci sono vie di mezzo. O si è di uno soltanto, del principe azzurro, o si è di tutti. Se le cose convivono, nel momento in cui si è di tutti non ci si sente più degne di essere di uno soltanto, e da qui ha origine il comportamento autodistruttivo (cosa che mi è stata anche dichiarata da una borderline in un suo raro momento di lucidità). La società consumistica di massa americanizzata di oggi, che fornisce narrazioni idealizzate per poi lasciar posto a Onlyfans, con tanto di giornalisti nostrani che scrivono quanto sia bello e giusto "essere di tutti", di fatto, al mio modo di vedere le cose, è la principale artefice del disagio femminile contemporaneo. La crisi del maschio, oramai quasi sempre etichettato come narcisista, manipolatore e masturbatore, penso che sia l'immediata conseguenza di tutto ciò, dato che i maschi eterosessuali traggono la propria energia vitale, ispirazione e motivazione dall'amore per una donna. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">L'ideale di puericultura americano dopotutto è quello di considerare i bambini stupidi, cosa del tutto diversa da quello originario europeo formalizzato dalla Arendt, che suggerisce di non trattare i bambini come deficienti ma come adulti. E' chiaro che se un bambino viene trattato come un ritardato, quando sarà più grande farà molta fatica ad adattarsi alle brutture della vita. Le favole dei fratelli Grimm erano truculente proprio per iniziare a preparare la psiche infantile al trauma del reale, dato che comunque la vita è inevitabilmente un accumularsi di ferite e shock personali (e anzi, si cresce proprio riassorbendo e comprendendo le proprie sofferenze e costruendo un qualcosa di nuovo sulle macerie). La nostra F., e tutte quelle come lei, vivono la crescita come un qualcosa di sensazionale perché la scuola e la società tutta non educano nel modo corretto, ma puntano soltanto a creare consumatori animalizzati, ossia degli eterni bambini. Questa è una triste conseguenza del benessere e della cultura piccolo borghese tutta. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Mia nonna quindi, secondo questi miei ragionamenti personali, non ha mai sviluppato il "borderline" perché da piccola non ha mai consumato finzione idealizzante, ma ha subito avuto a che fare con le durezze della vita. Mi viene anche in mente la mia prima fidanzatina, una ragazzina sinti della quale sto rispolverando i ricordi dato che vorrei usarla come personaggio nel mio prossimo libro. Laura, così la chiamo nella mia storia, a 13 anni veniva trattata dalla sua tribù come un'adulta. Cucinava ai fratelli, giocava a Poker, girava da sola, non consumava intrattenimento di alcun tipo a parte <i>Gran Turismo</i>, un gioco che apparteneva al fratello. Aveva perso i genitori in un incidente d'auto ed eppure non scorgevo in lei alcuna stranezza o "disturbo post traumatico". Per lei, come per mia nonna, la vita era merda, fine, niente principesse, niente Sailor Moon, niente di niente. Volendo andare più sul filosofico, mentre io ero imbellettato dalle nozioni del catechismo sulla vita nell'al di là, lei aveva capito benissimo che non c'era niente dopo la morte, il nulla assoluto (cosa che soltanto di recente, studiando la cultura romanì, ho scoperto essere un concetto comune a tutti i sinti, che viene tramandato di generazione in generazione). Per di più, quando un sinti muore vengono bruciati tutti gli oggetti che gli appartengono, giusto a sottolineare l'inevitabilità del grande nulla che è la vita e il del suo irrimediabile sfociare nella morte. In questo, Laura era un po' come mia nonna, il cui leit motiv è sempre stato "non comprare rabbadani", i.e. "non comprare cose inutili". </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">E questo è tutto direi, secondo la mia personalissima opinione e la mia esperienza di vita, ovviamente senza alcuna verità in tasca e, soprattutto, con l'unico intento di voler fornire degli spunti di riflessione diversi dal solito. Quanto ci scommettiamo comunque che la la ex attivista vegana e novella pornostar tal dei tali, con buona pace degli altolocati giornalisti nostrani che tanto spingono sulla pornografia e Onlyfans, un giorno verrà imbottita di sali di Litio? Ognuno tragga le sue conclusioni. </p><p><br /></p>Francesco Granzierahttp://www.blogger.com/profile/14967626801426918935noreply@blogger.com16tag:blogger.com,1999:blog-8428366134531552054.post-49176368181639351362023-06-16T16:11:00.001+02:002023-06-17T00:04:51.475+02:00Questo mondo non mi renderà cattivo: la poetica del senso di colpa<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjAxdahTKIqA_DV07IUfJ5F5vGHi9Kh5LlnoC9aONtDhE5LQ03ij0YsRjaeVezlf-lTyS120FY7kpgRSmtKX6FHfHpPQOlACu1Nx05seOZak7UOTSWBwNPEasaN0STmNjkmoUAV_ExjQ3NlN8QWax5ohCYmfUMJRxZC3yNTNcGpfKaUoN_Aguf1sw/s1567/vlcsnap-2023-06-16-15h47m43s229.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1065" data-original-width="1567" height="258" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjAxdahTKIqA_DV07IUfJ5F5vGHi9Kh5LlnoC9aONtDhE5LQ03ij0YsRjaeVezlf-lTyS120FY7kpgRSmtKX6FHfHpPQOlACu1Nx05seOZak7UOTSWBwNPEasaN0STmNjkmoUAV_ExjQ3NlN8QWax5ohCYmfUMJRxZC3yNTNcGpfKaUoN_Aguf1sw/w381-h258/vlcsnap-2023-06-16-15h47m43s229.png" width="381" /></a></div><br /><div><div style="text-align: left;"><br /></div><p style="text-align: justify;"><span></span><span><span>La seconda serie di Calcare è decisamente migliore </span><a href="http://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2021/11/strappare-lungo-i-bordi-il-prezzo-della.html?showComment=1638433856812">della prima</a><span>: costituisce un passo in avanti sia a livello di narrazione che di contenuto. Il generale qualunquismo degli italiani l'ha tuttavia inquadrata come una serie prettamente politica - "Oh, minchia, le zecche vs i fasci cattivi se li poteva risparmiare"; "roba troppo politica per me, spiace"; "troppo pesanteh", "troppo impegnata" ecc. In realtà Calcare non è mai stato un autore superficiale, fin da quando pensava in francese in mezzo alle cumpe coatte della sua periferia romana. Anzi, proprio da questa sua diversità nasce la poetica Calcariana, il dialogo con l'Armadillo/coscienza: l'ammissione e conseguente esplorazione di un profondo senso di colpa nei confronti di chi, contrariamente a lui, non ce l'ha fatta, o quantomeno non aveva la sua fortuna (i.e. l'istruzione, l'intelligenza, le origini medio-borghesi). "Questo mondo non mi renderà cattivo", come tutte le altre opere dell'autore, è infatti un distillato di senso di colpa e inadeguatezza, una cosa della serie "so di essere sempre stato un privilegiato, ora sono diventato addirittura un socialista da poltrona, ma voi, compagni miei delle strade e dei centri sociali, continuate a soffrire. E ciò secondo me è ingiusto". </span></span></p><p style="text-align: justify;"><span><span></span></span></p><a name='more'></a><span><span><br /></span></span><p></p><p style="text-align: justify;">Nella bontà e gentilezza di questo autore non vi è spazio per una riflessione di più di ampia portata, tipo che ne so, che l'uomo sia insignificante nell'economia dell'universo, che la vita sia in fin dei conti un gioco di dadi in cui conta prevalentemente la fortuna, e che da qui abbia realmente origine la sofferenza della diversità (anche se nella serie precedente si accennava al fatto che fossimo tutti "fili d'erba", una breve, rassegnata intuizione di tutto ciò). Detto questo, quando il vero protagonista della serie, il "fascio buono", capisce che al di là di "fasci" e "zecche", dei disagiati dei centri sociali di destra e sinistra, esiste qualcuno di molto altolocato intento a inculare tutti indistintamente, viene riempito di botte dai suoi stessi compagni. Questa probabilmente è la scena che mi è rimasta più impressa: tale congegnazione non vuol dire soltanto che il fascismo, nonostante le sue<i> illusions of grandeur</i>, si è sempre dovuto piegare a ciò che era più grande di lui, ma altresì che il potere ormai si è fatto talmente astratto e inumano da essere del tutto dislocato dalle realtà popolari. Calcare ha indirettamente parlato del solipsismo del potere, volendo tagliare corto. Il solipsismo poi di riflesso colpisce anche il basso: sia quelli di destra che di sinistra si dimenticano che i profughi sono esseri umani (e infatti Calcare si auto rimprovera per mezzo dell'Armadillo), ognuno pensa all'affar suo e pace, a parte ovviamente quei pochi dinosauri, quelle persone legate a una qualche forma di ideale comunitario del passato, che si sbattono tanto per gli altri, che almeno ci provano a captare l'altrui sofferenza. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Per il resto la serie è altresì meno ruffiana della prima, diverte, i personaggi principali lasciano il segno e la critica sociale colpisce dritto al punto - e ciò per certi versi sorprende dato il canale di trasmissione, l'americanissima Netflix. Rimane comunque un prodotto creato da un millennial per altri millennial, pieno di riferimenti alla cultura della mia generazione: le cumpe delle strade, i centri sociali, le minchiate nerd elette a feticcio personale, le sale giochi, i problemi dell'eroina (Calcare fa un ragionamento molto simile al mio sulla caduta in disuso dell'eroina a favore della cocaina: dopotutto siamo entrambi millennial, entrambi mezzi borghesi e mezzi ragazzi di strada. Non per nulla, come discutevo con un'amica, nel mio romanzo inedito ci sono molte cose involontariamente "alla Calcare"). Il grande mistero è come questa roba sia riuscita a piacere anche al pubblico mainstream. Molto probabilmente per via dell'umiltà del suo creatore, che è come se dicesse "sono come voi" anche se invero non lo è. E di nuovo torniamo indietro all'attrito originario del Calcare persona pensante (e sottolineo pensante) che ha generato tutta la poetica del senso di colpa di cui sopra. E questo è tutto direi. </p></div>Francesco Granzierahttp://www.blogger.com/profile/14967626801426918935noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-8428366134531552054.post-55937298145578369652023-05-19T17:11:00.010+02:002023-12-07T09:54:18.205+01:00Sette consigli del tutto disinteressati<p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEism3953FGGUmNi_UUK98mc38kcI7p5EDEIVP0aG2PTWjtddQjyTTYq1l9tYcmCiwUbyPnbZ2gKx2M2wY7pbEa6WQ4YShXeO0I2GHLTPuLIfgaGDmzKVK5X8xybhYrTeQWlFRsIIPqZTyv8Uzmzd7t93MrV3AdaUVe_Gzf_H4-pnmZt7jQ9vogrDw/s3688/Ulti_lenaj.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2928" data-original-width="3688" height="280" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEism3953FGGUmNi_UUK98mc38kcI7p5EDEIVP0aG2PTWjtddQjyTTYq1l9tYcmCiwUbyPnbZ2gKx2M2wY7pbEa6WQ4YShXeO0I2GHLTPuLIfgaGDmzKVK5X8xybhYrTeQWlFRsIIPqZTyv8Uzmzd7t93MrV3AdaUVe_Gzf_H4-pnmZt7jQ9vogrDw/w352-h280/Ulti_lenaj.png" width="352" /></a></div><div style="text-align: center;"><i><b> Ulrico e Lena, by Diletta Pasquini</b></i></div><div style="text-align: center;"><br /></div><div><p style="text-align: justify;">Ogni tanto capita che qualcuno mi scriva in privato per parlarmi di cose della sua vita e per chiedermi consigli, cosa che non mi stupisce affatto. È infatti ormai chiaro che io non faccio propriamente parte del "mondo nerd", né del giro degli "anime fan", ecc. La mia vita è stata troppo eterogenea per questo tipo di etichette. E d'altro canto anche questo spazio non è mai stato monotematico, a parte nella sua fase d'incertezza iniziale. A parer mio, l'atteggiamento monomaniacale verso una determinata cosa è il modo migliore per mettere sé stessi in moratoria e annoiare il prossimo, annullando le proprie possibilità di crescita. Il consumismo vuole proprio questo, così che la gente compri e non si faccia domande; lo spirito invece necessita di quanti più stimoli e impressioni possibili. Cosa intendo per spirito? Per spirito intendo la cristallizzazione del linguaggio che in qualche modo è sedimentato in noi. "In principio era il verbo" è una verità tanto iconica quanto scontata e di facile comprensione: il linguaggio è ciò che ci distingue dalle bestie. Leggere, scrivere, imparare a suonare uno strumento e a leggere la musica, imparare la matematica (che alla fin fine è un linguaggio), imparare una nuova lingua, imparare l'Arte, ecc. sono tutti modi di fornire cibo al proprio spirito. Non sorprende pertanto che il capitalismo contemporaneo stia facendo di tutto per far diventare la gente analfabeta e mentalmente pigra, facendo leva sulla parte più animale dell'uomo, che equivale appunto alla parte più analfabeta. Tutte le riforme politiche volte alla distruzione dello Stato, dell'istruzione, dell'Arte e della ricerca sono lapalissiane. Fatto salvo ciò, in questo post lascio alcuni appunti in merito ad alcune pratiche di vita che reputo salutari per l'uomo contemporaneo. Ovviamente nessuno è obbligato a seguirle dato che provengono dalla mia soggettività, che è diversa da quella di tutti gli altri. Il mio scopo è fornire spunti, non dettare leggi. </p><span><a name='more'></a></span><p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><h3 style="text-align: justify;"><b>1) Accettazione del mondo in cui si sta vivendo. </b></h3><p style="text-align: justify;">Non è possibile per noi cambiare il mondo (di merda, chiaro) in cui stiamo vivendo. Il mondo postmoderno, solipsistico, solitario, autodistruttivo, inumano, frivolo ecc. del 2023. Possiamo tuttavia lottarci contro facendo nel nostro piccolo del bene verso noi stessi e gli altri, ognuno nei modi alla sua portata. Nel passato le grandi metanarrazioni come nazismo e comunismo avevano provato tramite i totalitarismi a bloccare i semi dell'attuale <a href="http://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2016/11/la-postmodernita-considerazioni-e.html">postmodernità</a> (che sono ravvisabili nell'edonismo degli anni venti del novecento), ma hanno fallito rivelandosi pure loro delle mostruosità aberranti. Quindi se pensiamo nelle nostre fantasie di diventare dittatori stile Roger Waters nelle live di <i>The Wall</i> e di sistemare tutto da soli, stile Stalin (che comunque morì solo come un cane, abbandonato dai medici che avevano addirittura paura di curarlo), di certo ci stiamo soltanto illudendo. Non bisogna avere troppe pretese dalla vita, in fin dei conti siamo polvere, anche se crediamo di essere così speciali o fondamentali per gli altri. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/y5eqbESc_Ek" width="320" youtube-src-id="y5eqbESc_Ek"></iframe></p><div style="text-align: center;"><b><i>Il muro di cui parla The Wall è il muro dell'alienazione, della solitudine postmoderna. In tale situazione la rabbia può portare a voler diventare dittatori apocalittici in grado di rimettere ordine nel mondo marcio, ma ciò è soltanto un'illusione. Il represso che vuole diventare Dio e resettare il mondo non è una novità, soprattutto se si analizza la mentalità dei <a href="http://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2016/04/aum-shinrikyo-considerazioni-e-spunti.html">terroristi</a>. </i></b></div><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Bisogna anche capire che se uno sceglie di fare ad esempio l'avvocato, investendo in questo percorso tempo ed energie infiniti, ovviamente al giorno d'oggi non avrà il riscontro sociale (quindi soldi, donne, apprezzamento altrui) di un influencer, un fot(t)ografo o un tatuatore: ogni tempo ha le sue caratteristiche, e se uno vuole emergere nel proprio tempo deve per forza di cose seguire la corrente della propria società e non remare contro di essa basandosi su standard di prestigio sociale legati al passato (di solito quelli della mia generazione prendono come esempi di riferimento i nonni, e questo nel mondo "liquido" dell'oggidì è fuorviante). Poi io sono dell'idea che sia meglio remare contro rimanendo se stessi e seguendo le proprie passioni/inclinazioni, ma ognuno è libero di fare ciò che vuole e di vendersi come vuole. </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><h3 style="text-align: justify;"><b>2) Introduzione di ordine nella propria testa.</b></h3><p style="text-align: justify;">In natura tutto tende al disordine: la legge della massima entropia non è mai stata contraddetta da alcun fenomeno, né mentale né fisico, quindi è ovvio che se non facciamo niente per noi stessi, se ci atteggiamo ad amebe umane, il nostro corpo e la nostra mente deperiscono. Il corpo ingrassa, s'incurva sotto il peso della gravità ecc.; la mente va per conto suo alimentando disordine nei pensieri, paura, dissociazione, difficoltà nel contestualizzare e capire le cose che ci circondano. In pratica la pigrizia, sia mentale che fisica, ci riporta indietro allo stato bestiale. Dato che è la testa a comandare il corpo, almeno per ciò che non riguarda i processi involontari del tutto meccanici che ci mantengono in vita, introiettare ordine nella propria mente con una certa disciplina equivale a fare altresì del bene al proprio corpo. Dato che - come osservavo nell'introduzione - l'anima si ciba di linguaggio, consiglio di leggere molto, di ascoltare musica, di esercitare una certa disciplina nell'uso dei social, che sono perlopiù distrazioni inutili ed entropiche (poi ovvio che alimentino invidia, senso di inadeguatezza rispetto al proprio corpo e all'immagine della vita degli altri ecc., ma questo l'ho già accennato in altri post). Per me l'intrattenimento visivo passivo, ossia quello somministrato su uno schermo e in cui la capacità di pensare/immaginare/ragionare dell'individuo ha soltanto una funzione marginale, è di serie B rispetto alla lettura, alla scrittura, al produrre o consumare Arte in prima persona. Giocare a "Guitar Hero" ovviamente non è come imparare a suonare una chitarra per davvero: per padroneggiare uno strumento ci vogliono anni di sforzi (nel caso della chitarra all'inizio sanguinano i polpastrelli delle dita: fa male, è <i>doloroso...</i>), bisogna conoscere bene la teoria musicale e quindi un linguaggio. L'apprendimento e il miglioramento della propria persona comportano fatica, non sono un gioco e il divertimento è uno stato di benessere transitorio: l'uomo dovrebbe godere dei frutti delle proprie fatiche, non nel perdere il proprio tempo dietro a cose facili, godibili e inutili (poi se ogni tanto uno vuole giocare a un giochino ben venga, ma la cosa deve essere del tutto marginale nel contesto della propria quotidianità). </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Scrivere, anche senza essere un genio della scrittura, aiuta molto nella propria autocomprensione e autorealizzazione individuale. Tenere un diario poi sarebbe l'ideale per prendere consapevolezza di sé stessi in relazione al proprio tempo vissuto. La scrittura a parer mio è l'attività umana più nobile, infatti non per nulla le religioni, i grandi sistemi di pensiero umani ecc. ci sono arrivati in forma scritta. La scrittura andrebbe esercitata ogni giorno, giorno dopo giorno e perseguita senza alcuna spinta al successo, anche perché ormai le masse sono talmente ignoranti e chiuse nel proprio solipsismo animalizzato che non leggono né scrivono più, quindi è inutile pensare di diventare un caso editoriale. Sarebbe anche un po' troppo narcisistico, no? </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhQ2lXPzRND6jQ8dqw6fLTUQ6MBaHHTDFj6kBQvWsIt6K_Yvv2quW12dPr8zJVgL_9VGLZakoMrwvlLZtZTTEhMXgoOTL7e8CiNwIwdfg1AhZcmoysoRzZvFs8V61cdhXi5GKwHk2lwri_eWuhIsYBoBFES4CsMb-3gAckxDEFoSbrEcHWnYG1mIg/s878/physics.PNG" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="514" data-original-width="878" height="219" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhQ2lXPzRND6jQ8dqw6fLTUQ6MBaHHTDFj6kBQvWsIt6K_Yvv2quW12dPr8zJVgL_9VGLZakoMrwvlLZtZTTEhMXgoOTL7e8CiNwIwdfg1AhZcmoysoRzZvFs8V61cdhXi5GKwHk2lwri_eWuhIsYBoBFES4CsMb-3gAckxDEFoSbrEcHWnYG1mIg/w375-h219/physics.PNG" width="375" /></a></div><i><div style="text-align: center;"><i><b>Studiare fisica mi ha aiutato a introdurre ordine nella mia testa </b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>quando mi sentivo debole, rabbioso e confuso. </b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>Rimango comunque di base un umanista, non uno scientista. </b></i></div></i><p style="text-align: justify;"><br /></p><h3 style="text-align: justify;"><b>3) Rispettare il proprio corpo.</b></h3><p style="text-align: justify;">Il corpo, nonostante da esso esca la merda, il piscio, il sudore ecc., è una cosa nobile. Anche se non ci piacciamo o se non siamo conformi agli standard estetici imposti da social e capitalismo dell'immagine tutto, dobbiamo sforzarci di non sentirci a disagio nel nostro corpo. Anche il sesso è cosa nobile, e va rispettato nella sua intimità evitando di abusarne. Personalmente sono contrario all'autolesionismo in tutte le sue varie forme e derivazioni; per di più sono refrattario a terapie mediche troppo invasive e valuto sempre attentamente le diagnosi che vengono fatte a me o alle persone eventualmente sotto la mia responsabilità, sentendo più campane e usando il buon senso ("troppe medicine medico incapace" è una semplice verità che ho avuto modo di verificare in prima persona molte volte nella mia vita). La tendenza dell'attuale modello sociale è comunque quella della sedazione: appena c'è un problema si tempesta la persona o di antidolorifici o di psicofarmaci perché il dolore, che alla fin fine è un dono che ci elargiscono il corpo o la mente per aiutare la nostra coscienza a indagare la vera causa del nostro malessere, viene demonizzato. Il consumismo sopravvive infatti grazie alla comodità e all'incoscienza, e il dolore, che scatena una tendenza al miglioramento o alla comprensione del proprio male, per forza di cose va rimosso. Ovviamente l'esperienza del dolore fortifica e prepara meglio agli scossoni fisici o mentali che prima o poi arrivano nel corso del nostro cammino: chi non ha mai veramente sofferto viene subito spazzato via; chi invece è diventato coriaceo rimane lì fermo di fronte alla tempesta ed è più difficile da buttare giù. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">L'attività sportiva è fondamentale per il benessere psicofisico, e per "attività sportiva" non intendo riempirsi di steroidi e di sedute di pesi in palestra, né praticare gli <i>esport, </i>che con buona pace dei nerd non sono veri sport. La migliore attività fisica per me è il nuoto, siccome fa bene al cuore e permette di esercitarsi nella respirazione, cosa comune a molte forme di meditazione (il respiro è il ritmo della vita, ed è strettamente legato al nostro stato mentale: non per nulla gli ansiosi e i paurosi respirano molto affannosamente e pertanto sprecano energia mentale per niente). Il nuoto aiuta anche a darsi disciplina in tutti i campi della vita e incrementa la propria capacità polmonare, permettendoci nel frattempo di avere un buon fisico, sia a livello estetico che a livello di prestazioni. Grazie al nuoto si può anche fare sesso in modo più duraturo e soddisfacente sia per noi che per il/la partner. Anche la danza comunque non è da sottovalutare. </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgv9qJ9unz2YoipVRTjyc1RpjGjR-jcZ8SqqOPWE-LwDNKAOBKtqV2ST3q1VLP9y5KhhJCeaCbFMiuKcxdSNki6nNs5hPhfFzQ-H8pMIlXWaG8AXo1JSmo8wvYDrPA76m2jNc1c-7O9xiIAtsKMeXOmZveRBYEMYUK2j7qjs6FLpsCWJF5vvPtV0g/s800/Edvard_Munch_-_The_dance_of_life_(1899-1900).jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="525" data-original-width="800" height="238" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgv9qJ9unz2YoipVRTjyc1RpjGjR-jcZ8SqqOPWE-LwDNKAOBKtqV2ST3q1VLP9y5KhhJCeaCbFMiuKcxdSNki6nNs5hPhfFzQ-H8pMIlXWaG8AXo1JSmo8wvYDrPA76m2jNc1c-7O9xiIAtsKMeXOmZveRBYEMYUK2j7qjs6FLpsCWJF5vvPtV0g/w362-h238/Edvard_Munch_-_The_dance_of_life_(1899-1900).jpg" width="362" /></a></div><i><div style="text-align: center;"><i><b>La Danza della Vita, by Munch</b></i></div></i><p style="text-align: justify;"><br /></p><h3 style="text-align: justify;"><b>4) Imparare l'onestà ed evitare la frivolezza. </b></h3><p style="text-align: justify;">Essere onesti, sia con se stessi che con gli altri, è molto difficile. La disonestà sicuramente implica meno sforzo dell'onestà, che comunque è una virtù che si ottiene mediante la crescita e l'esperienza di vita. D'altro canto la frivolezza, che è un po' il <i>leit motiv</i> della società dell'oggidì, è sia l'anticamera della demenza (cit. Shitarello) che uno stato mentale che fa comodo al capitalismo contemporaneo. Il consumatore modello infatti non deve prendere la vita sul serio, deve rimanere un eterno ragazzino, un eterno ritardato. </p><p style="text-align: justify;">Ovviamente la vita in se stessa è antitetica alla frivolezza, e la frivolezza prima o poi viene punita dalle durezze del tempo. Molto probabilmente la razza umana tutta soccomberà proprio per via della sua superficialità e frivolezza. </p><p style="text-align: justify;">Dal canto mio ringrazio molto una professoressa di lettere che ebbi alle medie, Marina B., che ogni volta che mi beccava a fare cose stupide, mi ricordava con fare molto empatico e comprensivo (e quindi non punitivo) che non dovevo essere frivolo e superficiale, e che così facendo mancavo di rispetto sia a me stesso che agli altri. Ovviamente incitava in me e nei miei compagni la lettura/scrittura, stimolando in noi il senso critico. </p><p style="text-align: justify;">Con questo discorso sulla frivolezza non intendo comunque dire che uno debba diventare un monaco shaolin o un maestro di severità e pallosità: scherzare e divertirsi va bene, ci mancherebbe: la frivolezza e la superficialità di cui parlo sono semplicemente fenomeni imputabili alla mancanza di spirito e virtù, sono handicap puramente umani. Come sempre il bene è una cosa ad aggiungere, il male una cosa a sottrarre. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><h3 style="text-align: justify;"><b>5) Evitare il carrierismo e le prospettive di guadagno facili; s</b><b>e possibile, evitare i grandi centri abitati. </b></h3><p style="text-align: justify;">Il controllo dei più forti sui più deboli una volta veniva esercitato tramite il bastone; poi qualcuno ha capito che il bastone pesava troppo e ha inventato le illusioni, che pesano molto di meno e rendono di più. Le persone affette da monomaniacalità lavorativa semplicemente stanno bruciando la loro vita per far arricchire gli altri: a loro spettano solo le briciole, e quegli "altri" che si stanno arricchendo alle loro spalle di solito sono lì per politica, per fortuna, per cooptazione sociale e soltanto raramente per via di un talento innato (il fatto che il talento venga sempre ripagato è un'illusione da cartone animato della Disney). L'umanità si è sempre suddivisa in privilegiati e non privilegiati, ed è molto difficile passare da una parte all'altra della barricata, dato che lo scopo del potere è autoalimentarsi e quindi non tollera interferenze/corruzioni derivanti dall'ingresso di agenti estranei. </p><p style="text-align: justify;">Con questo discorso non dico che uno debba non fare un cazzo tutto il giorno: lavorare va bene, fa bene e tiene impegnati corpo e mente, ma bisogna lavorare per vivere e non vivere per lavorare. Nondimeno bisogna essere disillusi in merito alle varie "narrazioni del successo" propinate dalla società, lavorare gli straordinari solo quando vengono pagati, e richiedere aumenti/passaggi di livello al fine di vivere meglio, non per mera vanità personale; ossia per poter pagare le bollette senza magari rinunciare ad una vacanzina, senza tuttavia farne una questione esistenziale. Inutile dire che nella vita ogni cosa si ottiene con lo sforzo, e che pertanto le prospettive di guadagno facili o sono truffe, o implicano il truffare gli altri. Non fare i furbetti in una società di ladri come quella italiana può essere comunque un buon esercizio di resistenza, una cosa fortificativa e virtuosa. </p><p style="text-align: justify;">Io vivo a Milano per lavoro; e dato che come tutti sappiamo il mercato del lavoro in Italia è un incubo, per me sarebbe complicato cambiarlo, dato che comunque il mio è un buon ambiente con orari di lavoro onesti e umani. Ma se potessi lasciare Milano, lo farei senza alcun ripensamento. Questo perché i posti troppo affollati sono inumani: l'uomo è un animale circoscritto, nel senso che il suo sistema psicofisico si è evoluto nel contesto del branco, del gruppo di pochi individui. Avere pertanto una densità critica di persone intorno a sé significa andare contro natura, e la cosa può causare disagio (mi vengono in mente le farfalle che diventano nere per adattarsi allo smog). Quando le persone sono troppe diventa anche più difficile legare e trovare il proprio posto, la sedia su cui sedersi al tavolo della vita; di certo se le sedie sono tutte occupate o se ci sono trecento persone che prima di te aspettano di sedersi sulla sedia che dovrebbe spettarti, il tutto può diventare molto complicato (la metropoli infatti incita comportamenti nevrotici, scorretti e prevaricatori). I rapporti con le persone in un contesto cittadino sono altresì molto più fugaci, vani e superficiali di quelli nati in contesti di provincia. Questo non è un caso ma una cosa nuovamente legata alla questione della "densità eccessiva di persone" di determinati ambienti. Basta infatti farsi un viaggio in meridione per vedere società più floride (da Milano a Cassino ad esempio la differenza è abissale: a Milano ci sono molte donne sole e col cane; a Cassino invece ho visto molte madri anche giovanissime, molta più voglia di vivere e pochissimi animali domestici, che sono un po' l'indice della solitudine umana e del ripiego affettivo che fa da preambolo alla disgregazione sociale). </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh1rLquVX8CuQ1Xb85E_AdWs5nZ14zQJGqH8y_egRA5vHP0cqcSwTmb3JnnWodsqnFH-v-06BiZLCPWY4OyfSvCJT13Isu7KvRN2Kv9XjdwRJIt4eB51z2Q1s4vpDjXzQp0ySqQWNZwz-qFLB4MrdggqJO-33YfokkA7hM21AvxNCZJ6yyWC0Q_2g/s904/GE99city.PNG" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="529" data-original-width="904" height="203" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh1rLquVX8CuQ1Xb85E_AdWs5nZ14zQJGqH8y_egRA5vHP0cqcSwTmb3JnnWodsqnFH-v-06BiZLCPWY4OyfSvCJT13Isu7KvRN2Kv9XjdwRJIt4eB51z2Q1s4vpDjXzQp0ySqQWNZwz-qFLB4MrdggqJO-33YfokkA7hM21AvxNCZJ6yyWC0Q_2g/w347-h203/GE99city.PNG" width="347" /></a></div><i><div style="text-align: center;"><i><b>MEGALOPOLIS, <a href="http://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2014/04/galaxy-express-999-recensione.html">GE999</a>, ep 1</b></i></div></i><p style="text-align: center;"><br /></p><h3 style="text-align: justify;"><b>6) Trovare e avere un/una partner e trattarlo/a umanamente; evitare l'affetto incondizionato o l'affetto a pagamento</b></h3><p style="text-align: justify;">In questa sezione parlerò dei rapporti eterosessuali essendo io stesso eterosessuale: non essendo omosessuale ovviamente non posso parlare per gli omosessuali. Essendo anche un maschio, il mio è ovviamente un punto di vista maschile. Certo, sono cose scontate, ma al giorno d'oggi tutti parlano per tutti e io vorrei evitare questa tendenza, che non mi pare onesta.</p><p style="text-align: justify;">A proposito di tendenze animalizzanti, di mio vedo che comunque molta gente resta attaccata alla madre anche intorno ai trenta/quarant'anni: di solito, parlo per esperienza, gli esemplari maschili dei "mammoni" sono masturbatori seriali, narcisisti o pervertiti. Qualche sociologo non per nulla aveva scritto "mother is commodity"; qualche psicologo del passato, forse Jung o qualche suo allievo, "la madre è castrante". La madre infatti è una fonte di amore e validazione incondizionati, delle cose che vanno bene fino a quando si è ragazzini: la madre è come un involucro protettivo che impedisce una vera crescita personale. Non per nulla Fromm attribuiva al consumismo connotati materni: consumare per lui era come "suggere il latte dalle mammelle materne". Per questo consiglio di staccarsi al più presto dalla madre, di emanciparsi dall'alveolo familiare di provenienza e di cercarsi una compagna/un compagno con cui fare esperienza (perché sì, stare insieme a una persona non è facile e richiede sforzi, minimizzazione degli errori, comprensione, consapevolezza, capacità di mettersi in gioco e di rischiare, risparmiare e imparare a gestire i soldi ecc. L'amore del partner per di più - e per fortuna - non è incondizionato come quello della madre, e pertanto richiede una certa proattività e capacità di automiglioramento). </p><p style="text-align: justify;">Da tutta questa disamina sulla figura materna, che è paragonabile a una figura divina - non a caso nel passato remoto dell'umanità avevamo le religioni matriarcali - si intuisce senza ombra di dubbio che per natura il sesso forte è quello femminile: è la donna a mandare avanti la vita, la società, la famiglia, a stimolare la competizione tra gli uomini e quindi la loro crescita. Inoltre è anche la donna a scegliersi il partner. Quindi è inutile per un uomo approcciare donne a caso così tanto per fare: un uomo deve essere in grado di cogliere i segnali che lancia la donna e POI provarci. Nel frattempo deve FARE: alla fin fine l'uomo è ciò che fa, e viene perlopiù apprezzato per questo. </p><p style="text-align: justify;">Se per l'uomo la madre è castrante, per la donna la madre è come una parte di lei, quindi un cattivo rapporto con la madre porta ad una mancata accettazione del proprio corpo, che culmina nell'autolesionismo. D'altro canto il cattivo rapporto di una donna con il padre la porta a diventare una crocerossina per compensare la mancanza di apprezzamento maschile ricevuto: una femmina che si sceglie solo casi umani da accudire è pertanto un red flag, e se la trovate di certo non farà la mammina pancina per voi ma per compensare le sue nevrosi genitoriali. </p><p style="text-align: justify;">Ogni donna per natura vuole essere l'unica per l'uomo che ama, quindi tradire una donna, anche se fa sentire tanto fighi o virili gli uomini che lo fanno, oltre a essere una mancanza di rispetto è anche un danno feroce che si fa alla propria compagna. Consiglio pertanto di mettersi con una donna soltanto se la si ama veramente e non per ripiego; anzi, sconsiglio in generale le relazioni nate come ripieghi e atte soltanto a colmare la solitudine. Trovo molto più onesto accordarsi per fare del sesso e basta, interrompendo la cosa quando si intuisce che ci si può ferire a vicenda (la maturità di una persona la si misura anche in base alla sua capacità di dire di no alla sofferenza: quando non si dà più il potere agli altri o alle cose della vita di farci soffrire, abbiamo compiuto un passo reale verso il benessere interiore). </p><p style="text-align: justify;">Purtroppo nessuno insegna l'educazione sentimentale e si impara sempre troppo tardi ad amare le persone (a tal proposito mi viene in mente l'iconica frasetta de <i>Le Petit Prince </i>). Consiglio comunque di parlarsi molto, di essere onesti e di cercare di capire le sofferenze del partner. Consiglio anche di non aver paura: la paura, soprattutto la paura della perdita, è la più grande nemica della vita, e infatti la paura va a braccetto con la debolezza e la pigrizia. La misura dell'amore è il tempo, il tempo che si dedica all'altra persona: paradossalmente si vorrebbe che i momenti nel tempo con la persona amata si cristallizzassero; in realtà invece sono proprio gli infiniti momenti che si dedicano al/alla partner che costruiscono via via il legame. Chi pensa di dover ricevere amore o di amare senza alcun investimento temporale ovviamente è sulla cattiva strada: le persone non sono dei Tamagochi che schiacci un bottone ed è fatta, né dei cani. </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi70IRXrAjxG8jBbLl6J_Z6aT8cfcWTIl9GnJ55yKG_A4rtgera-kqDew8s6R5zNHEs2wzPs45wXdxDtWcQBXeL847_i5wKWMD0hT3YHEpWJWUszEkrDvgWdALkSUCWblCXQ3AxRyDKY5_jKDLQQCMSxRCqSZXk0_GvIeD3pDPVxh8ZjglmZqqMbw/s800/al_st_exupery02_la_rose.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="634" data-original-width="800" height="254" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi70IRXrAjxG8jBbLl6J_Z6aT8cfcWTIl9GnJ55yKG_A4rtgera-kqDew8s6R5zNHEs2wzPs45wXdxDtWcQBXeL847_i5wKWMD0hT3YHEpWJWUszEkrDvgWdALkSUCWblCXQ3AxRyDKY5_jKDLQQCMSxRCqSZXk0_GvIeD3pDPVxh8ZjglmZqqMbw/s320/al_st_exupery02_la_rose.jpg" width="320" /></a></div><i><div style="text-align: center;"><i><b>Mais j'étais trop jeune pour savoir l'aimer...</b></i></div></i><p style="text-align: center;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Alle donne consiglio semplicemente di selezionare accuratamente il proprio partner senza farsi sviare eccessivamente dalla pressione sociale, ossia di non darsi ai maschi tossici portati in auge dai social media ma a persone magari meno fisicamente o socialmente accattivanti, ma più reliabili e capaci di amare. I maschi si sono rincoglioniti e sembrano tutti bimbetti in cerca di sesso, certo, ma qualcuno di valido in giro c'è sempre. </p><p style="text-align: justify;">Ai maschi sconsiglio di usare le donne come sborratoi: sentirsi fighi perché si scopano tante donne è una cosa frivola, ridicola, e tradisce una certa sterilità, una certa incapacità di amare e di costruire un qualcosa di solido nella propria vita. La nevrosi del seduttore alla fin fine è una forma di monomaniacalità masturbativa, ossia una modalità dell'essere "otaku", in altre parole dell'essere bambinoni/ritardati. E ovviamente si vanno a danneggiare le donne, che il più delle volte ve la danno per farsi del male e non perché siete tanto fighi. E' inutile aggiungere che danneggiare le donne significa danneggiare la società, in ultima istanza la vita. Le app che favoriscono tali dinamiche, come ad esempio Tinder, le sconsiglio fortemente (e 'sti cazzi se vi vengono a dire che <i>laggente</i> si è sposata grazie a Tinder: sempre meglio conoscersi su un canale tematico, tipo un gruppo Telegram, che su una app che svilisce le persone rendendole paragonabili a prodotti di consumo cestinabili e <a href="https://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2023/04/il-fenomeno-del-ghosting-e-la-vera.html">ghostabili</a> con un click. Almeno nel gruppo tematico ci si parla e non si viene messi sullo scaffale del supermercato, con il prezzo dettato dal numero dei propri follower di Instagram). </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjY2GTs9VJDdrU7DwgK7-M_mFPZLoNXPd1p7_IrJaR7pO2UIE27of7n2W78g1ktcWcK6dnurbaMWH8VqJMC3MK1xts9wdqyAor7N-2MO7EBv6mAQP1B3p0-g9U4oA04kBG-cXYOzOntNnKZXMaF6cwzk07PEGzS4VPECxYU9qAXb26C6jyK9938Sg/s500/B00DDW52RI.01._SCLZZZZZZZ_SX500_.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="500" data-original-width="324" height="335" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjY2GTs9VJDdrU7DwgK7-M_mFPZLoNXPd1p7_IrJaR7pO2UIE27of7n2W78g1ktcWcK6dnurbaMWH8VqJMC3MK1xts9wdqyAor7N-2MO7EBv6mAQP1B3p0-g9U4oA04kBG-cXYOzOntNnKZXMaF6cwzk07PEGzS4VPECxYU9qAXb26C6jyK9938Sg/w217-h335/B00DDW52RI.01._SCLZZZZZZZ_SX500_.jpg" width="217" /></a></div><div style="text-align: center;"><i><b>Riferimento letterario del tutto casuale. </b></i></div><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><i>Laggente</i> sembra essere sempre più reticente ad amare perché non ha più il coraggio di farlo. D'altro canto la società sembra quasi lottare contro l'unione tra le persone (il consumatore/lavoratore solitario dislocato rende di più di quello ammogliato e stabilizzato), e questa mancanza di coraggio ed amore viene sedata mediante l'ascesa di figure quali psicologi o prostitute da "girlfriend experience". In pratica la gente paga per avere surrogati di amore e comprensione. Dato che comunque il denaro è il valore fondante del sistema, venendo pagato lo psicologo fornisce amore e validazione percepiti come più qualitatevoli rispetto a quelli del proprio partner o del proprio amico fidato. Ad esempio, una volta un mio conoscente mi aveva confidato di essere depresso a causa del lavoro. Io gli ho detto "cambia lavoro e cerca di non sfogarti sulla tua compagna, che è una persona già di per sé ferita e quindi bisognosa di amore e comprensione". Lui mi ha ignorato ed è andato dallo psicologo, che alla fin fine gli ha detto la stessa cosa. </p><p style="text-align: justify;">Gli psicologi, poverini, non possono comunque cambiare la società: devono fare in modo che il paziente si adatti ad essa. Eccoli quindi a propinare narrazioni del successo solitario (che alla fin fine sono frattaglie sessantottine di stampo prettamente politico: la psicologia in fin dei conti, oltre a essere un placebo alla solitudine e alla mancanza di amore moderni, è mera politica), a dire che le persone possono farcela da sole, a promulgare un'esistenza solitaria etichettando i rapporti di reciproca interdipendenza come tossici (le persone non essendo animali sociali di natura, non essendo simili alle formiche ma ai virus (i.e. Huxley), riescono a creare legami profondi solamente mediante una qualche forma di interdipendenza: in altre parole se non c'è un qualcosa di forte a legare le persone, le persone si mandano naturalmente affanculo). Detto questo, la principale fonte di disagio mentale per l'uomo è la solitudine: la solitudine conduce al disordine mentale, al solipsismo, impedisce la crescita: in ultima istanza conduce al narcisismo, sicché il narcisismo è l'ego puro, incosciente e abbandonato a se stesso; l'ego anarchico ed entropico. Il paradosso è che gli psicologi promulgano la solitudine condannando allo stesso tempo il narcisismo, che altro non è che la sua diretta conseguenza. Non mi sono infatti stupito quando ho visto una psicologa consigliare a una persona di infilarsi in un giro di vendite multilivello: le vendite multilivello sono la quintessenza dell'individualismo più cattivo e delle narrative del successo più stupide, grottesche e illusorie possibili. In esse c'è tutto il cannibalismo animale del capitalismo contemporaneo: illudere gli altri con il love bombing per poi incularli, distruggere le proprie amicizie e rapporti personali in favore del denaro (che la maggiorparte delle volte non arriva neanche) e della solitudine più autoreferenziale. Ah, ovviamente non è un caso che una di queste company si chiami esattamente "La via all'Americana". </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/3bZzM4s0Hgs" width="320" youtube-src-id="3bZzM4s0Hgs"></iframe></div><div style="text-align: center;"><i><b><br /></b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>There really is nothing nice about USA</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>You go to the hospital you have to pay</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>The dollar is the language that they all speak</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>They don't really bother about the radiation leak</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>Fuck the USA</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>They keep their secrets undercover</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>The rich don't bother about those that suffer</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>This ain't the land of milk and honey</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>Cause all they want is money money money</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>Fuck the USA</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>Nuclear bombs are fuck all new</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>You'd better start running when they drop on you</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>Run into a shelter, play hide and seek</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>Cause when you die your body reeks</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>Fuck the USA</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b><br /></b></i></div><p style="text-align: justify;">Se una persona sta male per via della disumanità del consumismo animalizzato, o dovrà essere sedata, o in qualche modo riconvertita e riplasmata: non ci sono altre vie, a meno che questa persona abbia una grande forza d'animo. Un'altra tendenza che vedo negli psicologi è quella dello spingere le persone impegnate a lasciarsi, per poi mandarle al macello su Tinder et similia. Anche sputtanare i partner dei pazienti senza conoscerli è una cosa abbastanza frequente, o comunque in generale dare giudizi teorici sulle persone senza alcun contesto conoscitivo reale. Non per nulla molti pazienti passano dallo psicologo al cane, sicché il cane non va pagato e, soprattutto, non giudica. Oppure dallo psicologo al santone/mistico/satanista con annesse sette: sempre lo stesso discorso, necessità di validazione e mancanza di vero calore umano (il love bombing delle sette poi, almeno inizialmente, è gratuito). Detto ciò, se due persone sono fidanzate e una delle due va dallo psicologo, il rapporto di fatto è una cosa a tre e quasi sicuramente non durerà molto, come tutti i ménage à trois. I panni sporchi si lavano in casa propria, come dice mia nonna. Il vero problema è che i panni sporchi non sono più accetti perché lo sporco fa troppa paura. </p><p style="text-align: justify;">Spoiler: una persona la si ama veramente quando si ama anche la sua merda, quando si sa chi è veramente, sia nel bene che nel male, e si riesce comunque a provare un grande affetto per lei. Per di più amare implica responsabilità e crescita, e proprio per questo non è una cosa facilmente praticabile dai giovani o dagli adulti con mentalità infantile. In una società di bambini deresponsabilizzati per forza di cose amare ed essere amati è cosa difficile. Il bambino vuole tutto per sé, vuole essere amato senza ricambiare. "Io voglio amore, amore soltanto... Io, Io, Io". Ovvio che persone che dicono cose del genere non siano in grado di assistere un partner in crisi e/o sofferente, e che le coppie solitamente si spezzino alla prima difficoltà. L'amore viene realmente fuori nei momenti duri e ad essi sopravvive. </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><h3 style="text-align: justify;"><b>7) Sforzarsi di comprendere le altrui sofferenze; droganti e drogati; non ci saranno più redentori</b></h3><p style="text-align: justify;">Questo è il consiglio più difficile da attuare, dato che il passato e le sensazioni provate dalle persone intorno a noi, a meno di conoscerle da una vita, ci sono perlopiù ignote. E' quindi necessario riuscire a comprendere gli indizi che le persone ci danno, le parole non dette, e mettere da parte le proprie impellenze e il proprio ego al fine di captare il sottotesto della sofferenza altrui, che spesso non è neanche consapevole (chi conosce le ragioni della sua sofferenza sicuramente patisce di meno di uno che soffre ciecamente, senza consapevolezza). Le persone inoltre vanno aiutate, se possibile, indicando loro quello che si pensa siano le ragioni delle loro sofferenze, senza vendere loro illusioni o sedazioni. Se una persona ovviamente è troppo debole per poter vedere la verità, bisogna cercare di calibrare ciò che si dice evitando di farle del male: chi al suo fianco ha qualcuno in grado di fare una cosa del genere, inutile dirlo, è una persona fortunata. D'altro canto in una società del solipsismo consumistico di massa, <i>l'altro</i> viene considerato come un oggetto consumabile e non come un essere vivente, e quindi in qualche modo sofferente (la vita è semplicemente un continuo accumulare traumi, e la quantità e gravità di traumi accumulati è inversamente proporzionale alla propria fortuna, l'unico vero talento umano). </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/ZudHYTya-dQ" width="320" youtube-src-id="ZudHYTya-dQ"></iframe></p><div style="text-align: center;"><i><b>I'll be your mirror</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>Reflect what you are, in case you don't know</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>I'll be the wind, the rain and the sunset</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>The light on your door to show that you're home</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>When you think the night has seen your mind</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>That inside you're twisted and unkind</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>Let me stand to show that you are blind</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>Please put down your hands</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>'Cause I see you</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>I find it hard to believe you don't know</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>The beauty you are</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>But if you don't, let me be your eyes</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>A hand to your darkness so you won't be afraid</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>When you think the night has seen your mind</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>That inside you're twisted and unkind</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>Let me stand to show that you are blind</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>Please put down your hands</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>'Cause I see you</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>I'll be your mirror (reflect what you are)</b></i></div><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Nel corso della mia esistenza ho avuto a che fare sia con persone estremamente privilegiate che con persone estremamente sfortunate. La tendenza tipica delle persone privilegiate è quella di crogiolarsi nel proprio privilegio, nella propria bolla di comfort, ignorando completamente la sofferenza altrui, e di ficcare la testa sotto la sabbia di fronte al brutto della vita, che viene inconsciamente rimosso dato che non è affine alla propria zona altolocata (questa cosa la si può benissimo notare nel linguaggio indiretto e artefatto dei ricchi, nelle loro buone maniere, nelle loro opinioni ingenue, che sono tutti filtri atti a proteggerli dalle impurità della vita). L'umanità ha sempre avuto il problema di classi dirigenti troppo privilegiate e altolocate per capire la sofferenza dei poveri, e infatti Platone nella Repubblica scriveva che i governanti dovevano avere origini umili. Al giorno d'oggi, dato che la vera classe dirigente mondiale sono i nerd americani, il discorso ha valenza ancora maggiore, dato che il nerd per sua natura è monomaniacale e predisposto all'alienazione dalla realtà. Siddharta, che nasce come principe e in seguito esce dal suo castello scoprendo la sofferenza altrui, è un altro esempio molto calzante. Questa cosa che fa Siddharta, ossia capire la sofferenza <i>dell'altro</i> dall'altezza del suo privilegio, è così difficile perché gli esseri umani tendono per loro natura al solipsismo, come avevo scritto <a href="http://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2021/08/la-vita-e-un-sogno-o-i-sogni-aiutano.html">qui</a>. </p><p style="text-align: justify;">Quando Gesù Cristo diceva che "gli ultimi saranno i primi" intendeva forse dire che è necessario passare dalla parte brutta della vita per capire veramente se stessi e gli altri. "E' più facile che una fune passi dalla cruna di un ago che un ricco vada in paradiso" non è infatti retorica protocomunista, ma una semplice verità umana. </p><p style="text-align: justify;">D'altro canto i poveri hanno ormai perso la loro identità e capacità di coesione sociale; ebbri di protagonismo e individualismo, vogliono a tutti i costi apparire come se fossero ricchi: è sempre il solito discorso delle illusioni che sono meglio dei bastoni. Pertanto si indebitano, finiscono in giri criminali, fanno i furbetti e alimentano a loro volta l'antropofagia umana, spesso per puro sfizio e passatempo e neanche per vera necessità di sopravvivenza. Ho avuto modo di conoscere reali casi di disperazione suburbana quando ero ragazzino, durante la crisi dei subprime: alcuni miei amici erano diventati delinquenti perché non avevano da mangiare, perché avevano genitori alcoolizzati e/o disabili e/o oltremodo maneschi, e non di certo per flexare la cosa su Instagram. Le interminabili distese di siringhe buttate per terra nel Parco del Valentino nella Torino di inizio anni duemila erano lì a suggerire la solita cosa delle illusioni, soltanto che all'epoca non c'era ancora la "normalizzazione" delle droghe e dell'essere drogati che c'è ora: i tossici venivano considerati come elementi anomali della società, come alieni; ora invece più o meno tutti si drogano: specialmente a Milano, parlando con persone che sembrano essere normali, anche giovanissime, viene fuori che si sono fatti almeno una volta di cocaina o ecstasy. Questa cosa è dovuta all'incremento del benessere generale, infatti la cocaina quando ero ragazzino era considerata la droga dei ricchi, e i poveri si bucavano di eroina. Un esercito di drogati comunque fa sempre bene al potere: se non sono droghe sono psicofarmaci regolarmente prescritti, il discorso è sempre lo stesso: l'importante è che i poveri non abbiano una coscienza di classe e non si ribellino al potere costituito. Anche i redditi di cittadinanza/sussistenza molto probabilmente sono ben visti dal potere: un drogatino a cui do Netflix, i<i> videoggiochi</i> (con due g) e la paghetta per farsi ogni tanto di roba buona di certo non rappresenta un problema per i grandi gruppi di potere internazionali. In conclusione abbiamo quindi un'umanità in cui dei padroni alienati comandano con l'inganno legioni di drogati. Sarà sempre più difficile vivere in un contesto del genere (e lo è già, modulo isole felici di umanità provinciale che non si sa per quanto ancora resisteranno al peso del mercato). Nel passato dell'umanità ogni tanto apparivano degli "avatara" in grado di far svegliare le persone dal loro torpore e di lasciare degli insegnamenti scritti il cui scopo era aiutare in qualche modo, giusto o sbagliato che fosse, a far evolvere l'umanità. Tuttavia queste figure esistevano perché esisteva la Storia, e la tecnica e lo scientismo non erano ancora i livelli spaventosi di oggi (infatti la Storia è finita, come scriveva Fukuyama). Ve lo immaginate un Gesù Cristo su Instagram o un Buddha che parla in un talk show come ospite di Barbara d'Urso? Un Lao Tze che viene ospitato e criticato dai Twitcher perché non gli piace l'ultimo gioco di ruolo online alla moda? Gandhi Balenciaga fashion style? Forse è la frivolezza ad aver ucciso la Storia, nemmeno la tecnica né la democrazia. Chissà, magari anche Fukuyama ormai ha fatto il suo tempo. </p><p style="text-align: center;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNVaxsJ8kxxXJ3YyQwgpzR6oi6yBRechwQon8e4BdYP605roCizMpEA2gLVJ8Cnxo18xbUviGJYRyAUg6frbsu-KXAqINXNGLpuZCs_pMV2q8yMXy0GfruTbzScH-2G082RvNPirDcXISCklEXrxu5RJe1736U_7oTi7BA6JWx3gJs6718FXtQEA/s889/palazzo%20cristallo.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="805" data-original-width="889" height="290" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNVaxsJ8kxxXJ3YyQwgpzR6oi6yBRechwQon8e4BdYP605roCizMpEA2gLVJ8Cnxo18xbUviGJYRyAUg6frbsu-KXAqINXNGLpuZCs_pMV2q8yMXy0GfruTbzScH-2G082RvNPirDcXISCklEXrxu5RJe1736U_7oTi7BA6JWx3gJs6718FXtQEA/s320/palazzo%20cristallo.jpg" width="320" /></a></div><p></p><p style="text-align: center;"><i><b>Il Palazzo di Cristallo, Milano. La Wasteland, le macerie di cui sono il figlio. </b></i></p><p style="text-align: center;"><br /></p><p style="text-align: justify;">E questo è tutto: non avevo voglia di pubblicare questo post ma il mio amico Shitarello ha insistito, quindi eccovelo qui: spero di esservi stato in qualche modo utile. Un abbraccione a tutti quelli che mi leggono; un abbraccione anche a Ulrico e Lena, i miei due figli nonché compagni di sventura che l'artista Diletta "Dileflex" Pasquini ha gentilmente disegnato senza alcun intento flexatorio ("flexare" ormai è diventato il mio neologismo preferito). </p></div>Francesco Granzierahttp://www.blogger.com/profile/14967626801426918935noreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-8428366134531552054.post-64166017908090450472023-05-17T18:30:00.006+02:002023-05-17T18:36:41.166+02:00Il Cielo sopra Berlino: Recensione<p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgWDkXoVd9vFj97zw728-Y9TeLuFf3TWmzIpkMl45Kz7SjiS6dB9wA36Z-ZIDVLPOA9x6fDOdLGj9fuNGtf2WLk_2D-csCPEw-tHpzSzc64SttvG6EaR7iY-mNRNZHoBfZyQBqsawT3ox_VncTTMNKahYVWnz48Q5jD8qIcdAOwW1NlPTyIEnES4A/s715/il-cielo-sopra-berlino-di-wim-wenders.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="715" data-original-width="715" height="288" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgWDkXoVd9vFj97zw728-Y9TeLuFf3TWmzIpkMl45Kz7SjiS6dB9wA36Z-ZIDVLPOA9x6fDOdLGj9fuNGtf2WLk_2D-csCPEw-tHpzSzc64SttvG6EaR7iY-mNRNZHoBfZyQBqsawT3ox_VncTTMNKahYVWnz48Q5jD8qIcdAOwW1NlPTyIEnES4A/w288-h288/il-cielo-sopra-berlino-di-wim-wenders.jpg" width="288" /></a></div> <p></p><p style="text-align: justify;">Mi sono interessato a questo film per via del carisma dell'immagine di copertina, l'angelo triste che osserva la Berlino degli anni ottanta dall'alto. Penso che sia un film abbastanza noioso, ma tutto sommato ha un suo significato ben preciso, che penso sia sfuggito alla maggiorparte della critica specializzata, che lo inquadra come un semplice film storico e politico. <i>Il cielo sopra Berlino</i> è in primis un film tedesco, tedesco nei suoi strati più reconditi, sia nella sua malinconia romantica che nel suo significato umanistico. Non per nulla l'ho visto in lingua originale e con i sottotitoli. La storia è semplice: un angelo si innamora di una trapezista, di una femmina umana, e decide di rinunziare alla propria immortalità per farla sua. Rinunzierà quindi alla sua rappresentazione onnisciente del mondo per entrare nel dominio della vita per la vita, il dominio del tempo e dell'impermanenza delle cose. Già qui c'è un po' di Schopenauer, più precisamente <i>Die Welt als Wille und Vorstellung </i>: l'angelo, l'elemento maschile (tutti gli angeli del film sono maschi) è la rappresentazione del mondo, la femmina umana, la trapezista del circo della vita, la voglia di vivere. <span></span></p><a name='more'></a><p></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Il cielo sopra Berlino narra quindi dell'incontro tra il principio maschile e il principio femminile. Il maschio è prigioniero della sua stessa immanenza intellettuale/rappresentativa, e cerca di dare un senso alle cose, di catalogarle, di creare sistemi che in qualche modo spieghino ciò che lui osserva. Questo stato lo pone in una dimensione parassitaria, sterile, in una sorta di guscio paragonabile all'immobilismo aristotelico. Nel momento in cui il maschio coglie la bellezza del femminile, della vita per vivere, rimane incantato e proietta su tale bellezza una rappresentazione. Ed ecco che la circense diventa l'idolo dell'angelo immanente, e la rappresentazione di tale angelo fallisce di fronte alla bellezza e allo scorrere del tempo e alle pulsazioni della vita. Il mondo è in primis volontà/voglia, e soltanto in seguito rappresentazione: Dio è femmina. </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj0BI_dosPY4KSXAteCXSghc_5_KL5CsWvckJqDXeUa9bbjLlAU2yigqTtio4yUTlev6MxutTifvPIN1AYMvEIZP1IaW3T1iWBPDsY3MS_YNeqgyLhmYUIJ6D8mnCUUoK96byYM2YVTWnOTKbi1mATTcWrbYDc6S689MBG5DzlVYNDGvpjSpAdW3Q/s1200/ww1.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1200" height="192" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj0BI_dosPY4KSXAteCXSghc_5_KL5CsWvckJqDXeUa9bbjLlAU2yigqTtio4yUTlev6MxutTifvPIN1AYMvEIZP1IaW3T1iWBPDsY3MS_YNeqgyLhmYUIJ6D8mnCUUoK96byYM2YVTWnOTKbi1mATTcWrbYDc6S689MBG5DzlVYNDGvpjSpAdW3Q/s320/ww1.png" width="320" /></a></div><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Una cosa del genere si era anche vista nel <i>Traumnovelle</i> di Schnitzler; infatti non per nulla la trapezista, una volta che l'angelo si è fatto uomo, gli dice una cosa del tipo che per lei un partner vale l'altro, è soltanto una questione di tempistica, di chi è arrivato prima: la donna è il tempo. Mentre invece il maschio, nel venerare l'idolo femminile, deve porre la femmina su un piedistallo. Accettando il principio femminile, la vita per la vita, il maschio infine si completa. Yin e Yang, il velo di Maya; di nuovo, Schopenauer. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">La Berlino anonima e sporca rotta in due dal muro poi è l'analogia della postmodernità urbana, così come i pensieri disconnessi dei passanti in perenne crisi d'identità; il fallimento del sogno romantico tedesco tutto, il fallimento del socialismo minimale e dell'umanesimo auspicato da Erich Fromm e da altri passeggiatori solitari come lui; l'utopia irrealizzabile che muore insieme ai tentativi rappresentativi individuali dell'angelo. Ciò che resta è la vita, anche se la vita è nel circo, nella discarica o nell'antica <i>Potsdamer Platz</i> rasa al suolo dalle bombe alleate, metafora della<i> Wasteland</i> di cui T.S. Eliot. E questo è tutto, direi. </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEirRDfWFVu8q3y93huH1lSbcHtCV0rIaLYUzPW3WVznPBzIZKfNSUf3T0h_BNEde5J4e4AUWeGN9wbBJe_1vcwoHMDlmqzY-E31tkQaM1SUIM2Lpljx1X5JDrOy0ClYgQQBPeEgc0CspK3WMAA2mGf2ooxozwTHhDBi_2mMdqo-cG6DiekIIB3jgA/s700/film_ambientati_a_berlino.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="419" data-original-width="700" height="192" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEirRDfWFVu8q3y93huH1lSbcHtCV0rIaLYUzPW3WVznPBzIZKfNSUf3T0h_BNEde5J4e4AUWeGN9wbBJe_1vcwoHMDlmqzY-E31tkQaM1SUIM2Lpljx1X5JDrOy0ClYgQQBPeEgc0CspK3WMAA2mGf2ooxozwTHhDBi_2mMdqo-cG6DiekIIB3jgA/s320/film_ambientati_a_berlino.jpg" width="320" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div>Francesco Granzierahttp://www.blogger.com/profile/14967626801426918935noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8428366134531552054.post-72405918002873853072023-05-03T15:16:00.011+02:002023-05-03T15:42:10.445+02:00Il vero significato de "La Storia Infinita" di M. Ende<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiIli_MzNKj2VibMLF-BdML5Irl74E6ofbAQCbuTdgPH_XAALPf5sQOA5-Hoz99UBcsnpl858YWoUs-zyjqcpm33NU32Sn4hjmAJjByB6-VZE5Klsop_HXqCaj0HulETnYKlSIisVlajKxMF67ZqUaUW5xaB5m1LpFp-kH-S_0O1v1D5o7-pGszYA/s1342/IMG_20230503_145109.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="930" data-original-width="1342" height="242" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiIli_MzNKj2VibMLF-BdML5Irl74E6ofbAQCbuTdgPH_XAALPf5sQOA5-Hoz99UBcsnpl858YWoUs-zyjqcpm33NU32Sn4hjmAJjByB6-VZE5Klsop_HXqCaj0HulETnYKlSIisVlajKxMF67ZqUaUW5xaB5m1LpFp-kH-S_0O1v1D5o7-pGszYA/w350-h242/IMG_20230503_145109.jpg" width="350" /></a></div><div style="text-align: center;"><br /></div><p style="text-align: justify;"><span>Sono poco avvezzo alla letteratura fantasy, dico da adulto, trentatré anni compiuti a Gennaio (sono del Capricorno ovviamente, per chi non l'avesse ancora capito). Da ragazzino ho letto Tolkien molte volte, ma poi a posteriori ho capito che ne ero così ossessionato perché il mondo reale in fin dei conti mi ripugnava e preferivo rifugiarmi in universi fantastici. Mi colpì particolarmente una dedica presente su una copia del </span><i>Signore degli Anelli</i><span> all'epoca regalata a una mia parente dal suo fidanzato: </span><i>"qui potremmo essere sempre insieme, al riparo dalle cose brutte"</i><span>. Forse le parole non erano esattamente queste, ma siamo sempre lì. </span><b>Scrivere un romanzo poi, anche se realistico, è il tentativo di fuga per eccellenza: ci si rifugia nel proprio mondo, anche se questo mondo è fatto di rielaborazioni soggettive di ricordi/persone/traumi personali</b><span>. L'arte, tutta l'arte </span><i>reale</i><span> (non quella delle I.A. o le puttanate nerd commerciali che vengono spacciate dai più per arte), è un mero tentativo di riparazione. In pratica, l'autore di un'opera d'arte o letteraria </span><i>reale</i><span> sta semplicemente cercando di salvarsi tramite di essa. </span><b>"Ci si salva da soli e si muore da soli", in fondo</b><span> (queste parole non vengono da me, ma da una giovane artista che conobbi circa due anni fa: </span>sempre per rimanere in tema fantasy, mi sono rimaste scolpite dentro come delle scritture runiche). </p><span><a name='more'></a></span><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Cosa c'entra quindi la <i>Storia Infinita </i>con questo discorso? Per capire effettivamente il romanzo, bisogna capire la sofferenza cui è andato incontro il suo autore. Ende ha avuto una vita miserabile: da piccolo ha visto morire i suoi amici d'infanzia; poi in seguito la sua amata moglie, più altre disgrazie assortite. E' sempre stato un'escluso, il più delle volte incompreso, un po' come la maggiorparte degli intellettuali venuti su in un mondo industrializzato, superficiale, vano e del tutto refrattario alla cultura e all'evoluzione spirituale dell'uomo (si pensi a <i>Momo </i>e ai suoi uomini grigi; si pensi ad Akutagawa o a Morselli, che si erano suicidati per tale motivo). <b>Non per nulla il film de <i>La Storia Infinita</i> col libro non c'entra niente: è un blockbuster escapistico e nulla più, e infatti si capisce l'accanimento/malcontento dell'autore verso di esso</b>. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><b>La verità è che <i>La Storia Infinita</i> parte come tentativo di riparazione:</b> Bastiano si rifugia in un mondo di fantasia, il più grande mondo di fantasia mai concepito: un'ipotetica "fantasia finale" (cit.) che allo stesso tempo è una "fantasia che mai finisce" (la parola "infinita" nell'adattamento italiano è del tutto impropria). <b>Tuttavia in seguito ne diventa il tiranno onnipotente, dimenticandosi addirittura la sua forma originaria di ragazzino sfigato e bullizzato</b>. In Fantàsia, Bastiano può essere ciò che vuole: la realtà non gli serve più, il corpo non gli serve più (e qui mi viene in mente <i><a href="http://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2014/11/serial-experiments-lain-recensione.html">serial experiments lain</a></i> ). <b>Ma ciò comporterà l'isolamento nella sua torre d'avorio solipsistica, escapistica e riparativa</b>. Sarà quindi costretto a tornare alla realtà. Morale: va bene fuggire, ma occhio. E' pur sempre tutta un'illusione, <b>un parto dell'ego</b>. Se vediamo Bastiano come l'otaku tutto preso dalle sue pseudonarrazioni, <b><i>La Storia Infinita,</i> almeno dal punto di vista del suo messaggio finale, è una sorta di <i><a href="http://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2014/04/neon-genesis-evangelion-recensione.html">Evangelion</a></i> ante-litteram: bisogna aprirsi al mondo, anche se il mondo è una merda, anche se le persone feriscono</b>. Il mondo reale alla fin fine è l'unica cosa realmente esistente, e di mio <b>credo che l'arte migliore sia quella che ha un doppio beneficio: il fatto di essere sia riparativa (per l'autore) che educativa (per tutti gli altri)</b>. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">E' da notare che una società che comunque fraintende completamente un libro del genere, producendo un film che alla fin fine è un giocattolo (ed è amato da tutti in quanto tale), invero è una società composta da tanti Bastiani che non si sono più risvegliati, che non sono capaci di tornare al mondo reale. <i><a href="http://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2014/04/neon-genesis-evangelion-recensione.html">Evangelion</a>, </i>per fare un esempio ben noto a chi passa da queste parti, o era stato frainteso da tutti, o aveva fatto incazzare tutti, sia in Giappone che all'estero. I bambini non vogliono che gli si dica che i giochi prima o poi finiscono, che il bel gioco dura poco o, ancora peggio, <b>che ogni cosa ha il suo tempo</b>. Per tornare all'educativo romanzo di Michael Ende, <b>chi prova ad appiccicarci interpretazioni esoteriche, misteriche o quant'altro, in realtà non lo ha veramente compreso</b>, e sta cercando di portarlo allo stesso livello di un fantasy fine a se stesso, ossia un palliativo escapistico (perché alla fin fine questo sono le ideologie new age; e di solito tali ideologie, chissà perché, <b>sono molto affini ai titanici miti solipsistici di autorealizzazione personale tipici delle generazioni pre-millennials</b>. Infatti quasi sempre i boomer e i figli dei boomer, ossia i generazione X, sono i più invasati di <a href="http://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2023/04/la-vera-origine-del-complottismo.html">complotti</a> ed esoterismo new age in assoluto: la cosa non stupisce). </p><p><br /></p><p style="text-align: justify;">Cosa dire per concludere? Una cosa molto banale: la vera arte nasce come tentativo riparativo, certamente, ma ha un bonus: essa continua a esistere anche dopo la morte del suo autore. Quindi, in un certo senso, dato che il dolore dell'esistere e dell'avere una coscienza della propria esistenza è quasi sempre dovuto alla perdita, a una qualche forma di impermanenza del proprio essere e dei propri affetti, <b>chi si mette a fare arte in qualche modo ha sconfitto la morte</b>. Certo, l'universo potrebbe pure lui morire, la razza umana potrebbe autodistruggersi o finire spazzata via da un meteorite o da una serie di catastrofi; ma il fatto che un libro o un quadro possano continuare a esistere anche dopo la morte del loro autore, ecco, questo è sempre meglio di niente. </p><p style="text-align: justify;">Detto tutto questo, un sincero abbraccione a Michael Ende. </p>Francesco Granzierahttp://www.blogger.com/profile/14967626801426918935noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-8428366134531552054.post-67392588927638044952023-04-26T19:23:00.033+02:002023-04-27T09:16:09.097+02:00Il fenomeno del ghosting e la vera funzione dei social media<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgx7l8M2ZsNC43CkUmS7302Zy751RJQM5LCY87r_cSuNSTQX1aMuMinwwywkkar2G8gDSTah2481ddIT00rR0cVoibiE-gj0vACMaKmi8_f0YPt5r81uNZnfFlYnngamF3_sTUNn14DCZBPqmQVgeeP88-97hjTxwEJXIUJSSAi-LGcpnIz9pYwcQ/s2029/ghosting.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1705" data-original-width="2029" height="269" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgx7l8M2ZsNC43CkUmS7302Zy751RJQM5LCY87r_cSuNSTQX1aMuMinwwywkkar2G8gDSTah2481ddIT00rR0cVoibiE-gj0vACMaKmi8_f0YPt5r81uNZnfFlYnngamF3_sTUNn14DCZBPqmQVgeeP88-97hjTxwEJXIUJSSAi-LGcpnIz9pYwcQ/s320/ghosting.jpg" width="320" /></a></div><p style="text-align: justify;">Ultimamente mi capita spesso che alcuni miei conoscenti, telematici o meno, lettori di questo blog o meno, si lamentino del fenomeno del ghosting, e queste lamentele sono sempre più frequenti. Innanzitutto: cos'è il ghosting? E' quando una persona con cui chatti, talvolta anche con un certo trasporto da ambo le parti, sparisce nel nulla. La persona che ghosta può essere stata approcciata sia di persona che sui social, non c'è differenza. La conversazione invece avviene quasi sempre per via telematica. In pratica di punto in bianco il rapporto, da abbastanza confidenziale, volendo carico di un sentore di interesse reciproco, svanisce nel nulla. Talvolta capita anche che qualcuno venga bloccato senza alcun preavviso, anche senza che sia stato particolarmente molesto. <b>Lungi da me voler avere una qualche forma di aspettativa nei confronti dei rapporti umani</b>, penso che questo fenomeno sia del tutto figlio della società mediatica dell'oggidì, in cui i social media definiscono quasi totalmente i rapporti tra persone (distruggendoli) e dal canto loro le persone sono troppo immature e autoreferenziali per potersi liberare da questo giogo. </p><span><a name='more'></a></span><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">I nerd americani, nei loro abbagli progressisti spesso dettati da una completa alienazione dal mondo reale (pensano soltanto a drogarsi e a scopare in fondo), parlano di umanità unita, di semplificazione delle interazioni, di cose ieratiche e irrealizzabili della serie "siamo tutti connessi, wow, che figo". Quando qualcuno in una posizione di potere parla di queste cose, di solito la verità sta tutta nel contrario di ciò che dice. <b>Perché è chiaro che i social invero siano degli strumenti di controllo il cui reale scopo è destrutturare i rapporti tra persone in modo tale da impedire la loro aggregazione</b>. Se nell'antichità i romani praticavano il "dividi et impera" mediante la spada, al giorno d'oggi gli americani lo fanno tramite la rete. I social forniscono sì dei topic semplificati/immagini su cui discutere, ma <b>falsificano la comunicazione tra individui levando via la mediazione del corpo</b> (che già di per sé è circa l'80% dell'interazione: le espressioni facciali, i movimenti delle mani ecc. sono molto più importanti delle parole) <b>e facendo leva sul narcisismo, sulla rabbia, sull'identificazione e sui bassi istinti umani</b> (ad accrescere il solipsismo e quindi l'incapacità delle persone di uscire dal proprio guscio egotistico per confrontarsi con cose <i>altre</i> e quindi aumentare la propria flessibilità mentale e capacità di ragionamento/apprendimento, <b>ora gli algoritmi prevedono addirittura le ricerche degli utenti, riproponendogli sempre le stesse cose trite e ritrite in salse diverse</b>). Il tutto allora si riduce a un flame, a una tifoseria, a un solipsismo egotistico, a un meme o a una tizia come tante altre che potendo mettersi in mostra nuda o mezza nuda in un social media può sentirsi finalmente qualcuno quando invero si sta rifacendo a modelli/cliché prestabiliti di derivazione anglo-americana (si pensi alle gothgirl o alle egirl), diventando lei stessa un oggetto di consumo. <b>I giornali poi corrono subito a strombazzare quanto siano bravi, furbi e intelligenti quelli che vendono la propria intimità su Onlyfans, ma ciò ovviamente non stupisce dato che la cultura ormai si è conformata al consumismo e alle tendenze animalizzanti del momento</b>. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Vivere con la consapevolezza che prima o poi si verrà ghostati o bloccati causa altresì grande sfiducia nel prossimo: chi non è stato in grado di mantenere delle amicizie stabili nel corso del tempo - di solito la fidanzata storica e gli amici storici si trovano sui vent'anni, poi diventa sempre più difficile tessere rapporti umani duraturi - e che pertanto ricorrerà ai social per non rimanere solo, è molto probabile che otterrà l'effetto opposto, ossia un marcato senso di inadeguatezza. Non parliamo poi di chi ha studiato una vita seguendo un miraggio sociale irraggiungibile per la sua generazione, che si ritroverà scavalcato dai vari tatuatori, fot(t)ografi influencer e da tutte quelle altre figure che grazie ai social sono salite alla ribalta. <b>Se prima di Facebook o Instagram il fighetto della classe spadroneggiava alle scuole medie e superiori, per poi sparire dalla circolazione una volta approdato nel mondo del lavoro, nell'oggidì questo tipo di figure hanno accesso a più donne, più opportunità sociali ecc. </b>Chi ci perde è il maschio medio che ha scelto di percorrere una vita ordinaria fatta di studi e sacrifici, che poi la maggiorparte delle volte si ritroverà tagliato fuori, contrariamente al mondo pre social in cui poteva con molta più facilità trovare una donna di valore e mettere su famiglia. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Ma perché tatuatori, fot(t)ografi e influencer sono diventati così importanti? Perché moltissime donne, anche sulla trentina, continuano a perseguire questi modelli sociali uscendone quasi sempre ferite?<b> La risposta è semplice: perché, social a parte, la re-infantilizzazione delle masse ormai è talmente marcata che addirittura le femmine, che in quanto pilastri della vita e della società dovrebbero essere più mature dei maschi a parità di età, sono rimaste delle bambine,</b> <b>perennemente confinate nell'<a href="http://lanostrarivoluzione.blogspot.com/2021/01/incel-e-redpills-una-metastasi-della.html">etologia della classe scolastica</a></b>. E la cosa che agevola di più questo meccanismo, dandogli quasi una connotazione taylorista, è un'altra app di origine anglo-americana, ossia <b>Tinder, la quintessenza dell'autolesionismo e del solipsismo relazionale</b>. Anche da queste dinamiche nasce il fenomeno del ghosting e del bloccaggio facile: <b>o si è saturi della quantità di persone (ormai diventate oggetti facilmente liquidabili) a cui si può avere accesso, o si è indisposti verso la loro qualità, ossia in ultima sintesi verso il loro aspetto fisico e il loro grado di conformità alla società dei consumi</b>. Si ha quindi la catena di montaggio delle interazioni sociali, in cui ogni chat, ogni scambio ecc. avviene in modo meccanico, svogliato e superficiale, dacché il tutto tende alla saturazione. Questa fenomenologia del nostro tempo quadra con il concetto di "liquidità" dell'amore e delle relazioni di cui Bauman; liquidità che poi alla fin fine è un insieme più grande che contiene al suo interno la superficialità, la frivolezza e in ultima sintesi di demenza. <b>Essere solamente capaci di "amore liquido" (o non essere capaci di amare veramente, è la stessa cosa) significa semplicemente essere buoni consumatori, ossia bambini affamati e perennemente insoddisfatti; ma non più consumatori di oggetti: consumatori di persone.</b> </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Ritornando al fenomeno del ghosting in sé e alla gente che ci soffre, posso semplicemente dire che <b>a questo mondo nessuno è veramente indispensabile</b>, anche se la società odierna ci vuole far sembrare che influencer e tatuatori ecc. lo siano. <b>Il capitalismo fa sembrare indispensabile chi in quel determinato momento è un buon portafogli da spremere</b>, e in questo caso sono tutti uguali, sia quelli che vengono considerati fighi sia quelli che vengono considerati sfigati. <b>Siamo tutti pesciolini nell'acquario a stelle e strisce del circo informatizzato</b>. Prima i nerd erano considerati sfigati, ora un po' di meno perché comunque cacciano fuori i soldi per i fumetti, i giocattoli, le fiere, Twitch, Onlyfans ecc. Idem tatuatori e compagnia (quando ero ragazzino, praticamente solo i tossici si tatuavano: la cosa era considerata alla stessa stregua dell'autolesionismo. Ora che l'autolesionismo è endemico, e addirittura i professori di scuola si drogano e vanno ai rave, ecco che, magia, il tatuatore è uno dei pilastri della società).<b> Il vero dramma resta comunque quello delle femmine: quando le femmine non crescono più, non maturano più, non riescono più a creare coesione sociale ma rimangono ferme, sempre più spesso in preda a disturbi mentali di vario genere, la società tutta si ferma</b>. Perché come accennavo - repetita iuvant - è la femmina il motore della vita, nonché l'incarnazione del tempo e delle sue realtà. Ed è sempre la femmina a condurre l'uomo verso l'adultità, sia consapevolmente che inconsapevolmente (di mio penso che nel momento in cui un uomo arriva a comprendere la sofferenza femminile, ha realmente capito la crudeltà della vita e può ritenersi "adulto"). </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Anche io comunque ho ghostato delle persone: non sono di certo un esempio da seguire e non mi reputo in alcun modo né un illuminato né un saggio, ma soltanto un'osservatore del mondo che mi circonda. Ciò detto, le poche volte che ho ghostato l'ho sempre fatto quando vedevo che le persone oggetto del mio ghosting rimanevano ferme, congelate nella loro stasi personale, mentre io invece cercavo di maturare, di cambiare strada, di conoscere individui ai miei antipodi e/o in grado di arricchirmi. Quando si cresce, gli interessi e le priorità della vita cambiano, e di conseguenza anche le persone con cui ci si accompagna. <b>Nondimeno, da grandi anche il ghosting che si subisce diventa una cosa indifferente,</b> <b>dacché si ha la forza in se stessi e non si abbisogna delle conferme altrui</b>. Non sia ha neanche più quel piglio vittimistico di ergersi a esseri abbandonati e non calcolati, <b>perché si sa che tanto siamo tutti polvere che cammina, esseri transitori, impermanenti</b>. E' anche quando <b>si smette di voler essere i protagonisti</b>, quando ci si rassegna alla propria insignificanza a prescindere dal contesto in cui si vive e dagli sforzi che si fanno per sopravvivere, che si è veramente cresciuti. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p>Francesco Granzierahttp://www.blogger.com/profile/14967626801426918935noreply@blogger.com6