sabato 9 gennaio 2016

Yume Nikki: Recensione

 Titolo Originale: Yume Nikki
Autore: Kikiyama
Tipologia: videogioco freeware
Piattaforma: Windows
 Data di uscita: 2004


"Yume Nikki" è un videogioco decisamente anomalo, sempre se definirlo "videogioco" sia corretto. Sviluppato da un'unica persona della quale non si conosce alcunché - a parte il soprannome, Kikiyama -, che si è dileguata nel nulla subito dopo il rilascio (gratuito e privo di copyright), il "gioco" è stato oggetto di numerosi dibattiti in rete, e ha ottenuto un successo telematico non da poco, con tanto di innumerevoli fan art e blog a tema. Fatto salvo ciò, m'interessa innanzitutto fare luce sul motivo principale per il quale "Yume Nikki" non sia un vero e proprio gioco: diciamo pure ch'esso sta ai videogiochi tradizionali come "Eraserhead" di David Lynch sta al cinema classico, sia formalmente che dal punto di vista della carica innovativa. In "Yume Nikki" non vi è alcuna storia: quella di Madotsuki (la protagonista dell'opera, il cui nome significa letteralmente "alla finestra") è un'epopea inconscia, un viaggio nei sogni più cupi, nevrotici e profondi; un vagare per enormi spazi oscuri senza finalità alcuna, a parte quella di raccogliere i ventiquattro effetti che serviranno a sbloccare il raccapricciante "finale" del "gioco", il quale a tutti gli effetti si potrebbe definire come un non-finale, il degno coronamento di una grande non-narrazione.
Inutile dire che nei blog di tutto il mondo i fan si siano sbizzarriti a cercare un senso in "Yume Nikki", a fornire molteplici spiegazioni dei suoi inquietanti simbolismi mediante le più svariate teorie e fantasticherie. Per chi scrive, tutti questi tentativi di trovare una storia all'interno di quella che di fatto è una non-storia, è una pura contraddizione dettata dall'eccessivo attaccamento del fandom alla struttura dei videogiochi tradizionali, la quale indubbiamente è finalistica per motivi commerciali - ovvero di semplice fruizione da parte delle masse. Pertanto, il mio scritto non sarà finalizzato a dare un senso teorico all'opera in questione, ma a fornirne un'analisi contestualizzata dei simbolismi. Proprio come l'inconscio umano che intende palesemente  rappresentare, "Yume Nikki" si esprime mediante raccapriccianti foreste di simboli, con un linguaggio multilivello impossibile da forzare in schemi prestabiliti senza l'ausilio di psicologia e antropologia.

 Madotsuki nella sua cameretta, nel sogno. La televisione e il tappeto contengono occhi che paiono essere il frutto di una spiccata sociofobia, nonché del timore di essere osservati e giudicati dagli altri, una patologia assai comune negli hikikomori.

Innanzitutto, è bene precisare l'alienazione sociale di Madotsuki, la quale è un hikikomori - ebbene sì, nel mondo "reale" del "gioco", costituito unicamente da una camera e un balcone, se il giocatore proverà a farle varcare la porta che la condurrà all'esterno, ella si rifiuterà di attraversarla; una porta la quale, non a caso, è la medesima che nel mondo dei sogni conduce al cosiddetto nexus, un luogo circolare - che nel suo simbolismo rimanda ai mandala, delle decorazioni con le quali gli antichi rappresentavano l'unità nella molteplicità dell'universo - dotato di dodici porte che conducono in dodici bizzarri e angosciosi mondi, i quali sono dotati  di alcuni sotto-mondi e di scene nascoste che rimandano al più malato degli incubi. Lo status di non-comunicazione della protagonista è ribadito dai simbolismi sociopatici di cui il suo inconscio è pieno: gli unici modi di comunicare con le mostruosità che popolano il mondo interiore di "Yume Nikki" sono due: l'effetto cat (il quale fa diventare Madotsuki una seducente nekomimi in grado di attirare a sé i mostri), il quale rappresenta il desiderio completamente animalizzato e fine a sé stesso, e l'effetto knife, che permette di uccidere i nemici senza troppi complimenti, con una pugnalata accompagnata da un verso sordo e metallico.
Nel "gioco", l'altro è percepito come un orrore da sedurre o annichilire, e spesso assume connotati sessuali molto marcati, ma tuttavia frammetari, così come è frammentaria la più generale percezione della corporeità nell'inconscio, che di fatto non è finalistica all'accoppiamento, alla comunicazione e alla riproduzione, come invece accade nella realtà, ma è spezzata in minacciosi simboli/simulacri autoreferenziali vuoti, tetri e isolati tra loro.

Nexus e mandala a confronto.

Come s'intuisce fin da subito osservando il nexus/mandala, l'inconscio di Madotsuki (sarebbe più appropriato dire del creatore del gioco, che non a caso nella homepage del suo sito privo di vita si rappresenta mediante una Madotsuki seduta su una sedia) non è soltanto popolato dai simbolismi sessuali tipici del suo strato più superficiale - quello freudiano, governato dai desideri e dai traumi egotici rimossi -, ma altresì da un substrato più profondo di natura ancestrale, in cui piramidi, streghe, fantasmi, rappresentazioni atzeche, labirinti e altri simboli atavici comuni alla memoria collettiva dell'umanità, si ergono minacciosi e inquietanti al tempo stesso, negli immensi spazi neri che contribuiscono ad accentuare il senso di solitudine ed incomunicabilità che trasmette il "gioco". Interessante notare che nel nexus, al fine di accedere al finale, è necessario rilasciare tutti gli effetti ottenibili sotto forma di uova, premendo il tasto cinque: Madotsuki trasforma i suoi oggetti quotidiani/complessi psichici/simulacri nel simbolo della vita per eccellenza, che nella cultura degli antichi egizi veniva associato alla grande madre terra Iside e al serpente. La deposizione delle uova nel mandala/universo ha in sé un qualcosa di cosmico, considerando altresì il fatto che nella cosmologia egizia il dio creatore dell'uomo Ptah viene rappresentato mentre forgia un uovo. Raccogliendo tutte le uova e depositandole nel mandala, Madotsuki si fa simbolicamente creatrice di sé stessa, ed ergo può tornare nella tetra realtà, dove ad aspettarla c'è il nulla, l'oblio, un non-finalismo ancora peggiore di quello dei sogni, che uccide tutto, identità compresa. Un'identità tuttavia fittizia, simbolicamente formata dai suddetti elementi, tra i quali sono presenti alcuni effetti (come quello fat o quello blonde hair) che vanno a modificare direttamente il corpo, tradendo complessi psichici inerenti la corporeità in sé stessa, e altri più semplicemente legati alla società dei consumi esterna (il vestito da nekomimi, il coltello, il semaforo, il neon). Detto ciò, a proposito, è curioso il fatto che Madotsuki nel "gioco" possa utilizzare sia il bagno delle donne che quello degli uomini, unificando in sé stessa sia il mascolino che il femminino, animus e anima, diventando anch'essa un simbolo totalizzante onnicomprensivo (si pensi all'incontro con suo il fantasma/ombra junghiana, che rappresenta la parte di personalità rimossa dalla coscienza che genera nevrosi; incontro che tuttavia si rivela sterile e privo di sviluppi, in quanto il fantasma di Madotsuki può essere attirato soltanto mediante il cat effect, fatto che lo pone allo stesso livello delle altre mostruosità dell'inconscio, che rispondono soltanto a stimoli primordiali quali seduzione e violenza, e non al linguaggio articolato e formale).

 Madotsuki attira la sua ombra/fantasma con il vestito da nekomimi.

Nel mondo di "Yume Nikki", così come nella natura, sono pertanto presenti due tendenze diametralmente opposte, ma complementari: quella alla frammentazione e quella all'unificazione. La tendenza prevalente è senz'altro la prima, sopratutto per quanto concerne la sfera personale, relazionale e comunicativa. Il rapporto tra inconscio collettivo/totalità e realtà sensibile, nel "gioco" viene suggerito attraverso l'impiego di molteplici stili grafici: la realtà primaria di "Yume Nikki" viene rappresentata a 16 bit, ma invero è presente una sotto-realtà a 8 bit e una sovra-realtà fotorealistica - la quale esiste soltanto sotto forma di deserto alieno, il simbolo essenziale dell'aridità affettiva e della non-vita. Questa gerarchia tra realtà interne al sogno genera molteplici livelli di lettura: senz'altro ci sarebbe da dire che la realtà stessa potrebbe essere il sogno di un essere superiore, come credevano gli sciamani dell'antico Messico, e che il "gioco" sembra propendere in tal senso: si pensi al fatto che in esso sia possibile addormentarsi in determinati letti presenti nello stesso sogno per accedere ad un livello d'inconscio più profondo, e che, guardacaso, il deserto marziano fotorealistico sia l'unica località del "gioco" accessibile sognando all'interno del sogno a suo volta contenuto nel sogno primario, quello a cui si accede addormentandosi nella "realtà" (pertanto, per accedervi occorre addormentarsi tre volte). La realtà ultima in Yume Nikki non è quella dello stato di veglia, anch'essa a 16 bit come la maggiorparte del "gioco", ma quella più tetra e profonda, sepolta al di sotto di abissali stratificazioni: una realtà desolante, ignota e annichilente, proprio come ribadisce lo spiazzante finale. Viaggiando all'interno dello strato più profondo dell'anima del mondo, vi è la non-umanità, la non-finalità, la non-storia. Trattasi di un vuoto abissale illimitato e incomprensibile, che si estende per ampi spazi oscuri senza motivo alcuno. 

 Molteplici stratificazioni di realtà: 16 bit, 8 bit e deserto marziano fotorealistico. Notare le piramidi e le immagini atzeche sullo sfondo nero a sinistra.

Uno dei simbolismi ancestrali più potenti dell'opera si manifesta proprio all'interno di una montagna nel deserto fotorealistico: la scena è spiazzante, giacché Madotsuki penetra nelle viscere della terra e per poi ritrovarsi al cospetto di un gigantesco occhio piangente dotato di un solo piede, il quale rimanda ai bassorilievi archeologici inerenti l'antico culto mitrale dell'adorazione del fallo sotterraneo (il piede è un potente simbolo fallico). Approcciandosi a tale mostro - la raccapricciante visione è coadiuvata da una musichetta di sottofondo alquanto triste e alienante -, egli risponderà cantando una melodia, oppure, se accoltellato, cambierà il colore del suo occhio/glande. E' impossibile uccidere tale mostruosità: come tutti gli archetipi appartenenti all'inconscio collettivo, il simbolo è impermanente e inattaccabile. Ciò premesso, considerando l'evento su un piano di lettura meno psicologico, ma comunque efficace, il mostro infonde uno stato di solitudine assoluta, in quanto non è in grado né di comunicare né di morire: e ciò è spiazzante e angoscioso al tempo stesso.

  Falli sotterranei a confronto: a sinistra la riproduzione di un bassorilievo raffigurante un antico culto mitrale, a destra il mostro fallico sotterraneo di "Yume Nikki". Nel libro "Il Museo Immaginario di C. G. Jung" dello psicologo Christian Gaillard, dal quale ho ricavato la fotografia dell'affresco, a pagina 83 è riportata una testimonianza di Jung inerente un sogno analogo, incentrato sull'apparazione di un fallo mostruoso nelle viscere della terra.

Rimanendo in tema, un'altro evento più che significativo è l'apparazione in un sottomondo nascosto di una faccia gigante dai connotati agghiaccianti, assimilabile ad una maschera atzeca dai poteri demoniaci. Il percorso per arrivare al cospetto di tale mostruosità consiste in una scala sul cui mancorrente uno strano essere, assimilabile ad un fallo gigante eretto, striscia una protuberanza anch'essa fallica, simulando la masturbazione. Inutile dire che i fan sostenitori della teoria secondo la quale Madotsuki sia stata in realtà vittima di violenza sessuale si affidano molto a questa scena, identificando la maschera mostruosa - l'unico evento che farà svegliare Madotsuki per lo shock - con la faccia del presunto stupratore, e il simbolismo della masturbazione con il coito imposto alla protagonista - devo comunque far presente che Madotsuki a parer mio è una sorta di alter-ego del creatore che incarna entrambi i sessi, pertanto questa suggestiva argomentazione mi pare abbastanza fine a sé stessa: la maschera e il fallo possono essere altresì intepretati come due archetipi ancestrali, e lo sfregamento del pene come un rituale magico molto simile a quello matriarcale adibito alla fertilità, nel quale lo strofinio del corpo avveniva contro la roccia. 

Un satiro di forma fallica con una protuberanza a forma di pene si "masturba" sul mancorrente della scala che porterà ad uno degli eventi più raccapriccianti e malati del "gioco". Sullo sfondo compaiono i soliti simbolismi atzechi.

Chiudendo il discorso del simbolismo ancestrale mutuato dall'inconscio collettivo, nel "gioco" è presente una sotto-sezione denominata opportunamente dai fan come hell, inferno. Si tratta di un labirinto di fuoco monolitico e straniante, che di fatto ricorda il fiume di fuoco caratteristico dell'inferno degli antichi egizi, così come rappresentato nel libro dei morti. E' suggestivo osservare che il fantasma di Madotsuki si trovi proprio in questa locazione associata direttamente alla morte e alle profondità della terra.

 Inferno degli antichi egizi e inferno di "Yume Nikki" a confronto: entrambi sono labirinti infuocati di grande suggestione. Nell'immagine a destra si osserva un mostro decapitato il cui seno è sostituito da un occhio, e sulla cui pancia compare una bocca che rimanda al conflitto sessuale inconscio. La creatura nella sua postura ricorda il modo tipico di rappresentare le anime dei defunti destinate all'inferno nelle pitture murali egizie.

Per quanto concerne gli innumerevoli simbolismi atzechi contenuti in molte parti del "gioco", compreso il nexus/mandala, si può dire ch'essi trasmettano una carica di violenza psicologica inaudita, in quanto atavica e reminescente di una delle civiltà più sanguinarie del mondo antico, i cui rituali religiosi prevedevano orribili mutilazioni e supplizi corporei. Pertanto, anche in questo caso nel simbolismo ritorna il tema del conflitto con la corporeità, il quale ovviamente conduce al conflitto della personalità, che è inscindibile dal dominio corporeo nella sua totalità. Oltre ai simbolismi atzechi, un'altra ricorrenza in "Yume Nikki" riguarda la fase orale della sessualità, quella più infantile e primitiva: da ciò si può dedurre che la sessualità di Madotsuki sia ancora congelata nella fase pre-adolescenziale, proprio come quella degli otaku e degli hikikomori giapponesi più estremi, come fatto osservare da psicologi e sociologi giapponesi. Il discorso sulla sessualità soppressa è strettamente collegato a quello sulla solitudine: senza contatto e comprensione reciproca, non vi può essere alcuna sessualità adulta e completa, ma soltanto un surrogato della masturbazione. 

Simbolismi orali: a sinistra sullo sfondo compaiono una bocca deforme e un volto grottesco con una protuberanza all'interno della cavità orale; nella stanza a fianco di tale luogo si ottiene il flauto, altro simbolo fallico strettamente legato alla fase orale. A destra si osserva un orrore abissale con un piede/fallo in bocca. 

Insomma, da qualunque parte lo si guardi, "Yume Nikki" è la rappresentazione artistica di una nevrosi, molto probabilmente causata dall'alienazione da postmodernità tipica dei nerd giapponesi: se Kikiyama fosse stato psicoanalizzato da Jung, quest'ultimo avrebbe catalogato i simboli di "Yume Nikki" in una delle sue tante pubblicazioni adibite all'analisi delle creazioni artistiche dei suoi pazienti, nelle quali i simbolismi ancestrali e sessuali si sprecavano, ed erano le vie da rappresentare e comprendere per giungere al processo d'individuazione del sé, simboleggiato dal cerchio e dal mandala (pertanto i conti fatti tornano). Certamente, come testimoniano gli scritti di sociologi giapponesi - uno a caso: Hiroki Azuma - e opere del calibro di "Evangelion", "serial experiments lain" e "Welcome to the N.H.K.", la solitudine, l'alienazione e la frammentazione dell'ego sono tutti fenomeni interiori che nascono con l'avvento della postmodernità più dura e priva di compromessi con l'altro. E la nevrosi di fatto è un conflitto con l'inconscio e i suoi simboli, e questo in "Yume Nikki" è più che evidente, sicché nel sogno di Madotsuki ogni cosa è aggressiva e violenta, e non vi è alcun momento di quiete, se non quello finale, simboleggiato dalla deposizione simbolica delle uova e dall'ending oltremodo nichilista, che corona al meglio la suprema malattia indotta da un mondo esterno troppo difficile e caotico, ma, sopratutto, terribilmente senza scopo e idealità, nonché privo di vere affezioni che siano in grado di superare le barriere estreme dell'incomunicabilità interiore ed esteriore. "Yume Nikki" pertanto è uno dei modi più estremi con cui è stata rappresentata la nevrosi del nostro tempo. 

Un evento del "gioco" consiste nell'entrare nella camera di una ragazza bionda solitaria, con la quale è impossibile parlare. Spegnendo la luce e uscendo, c'è una probabilità su sessantaquattro ch'essa si trasformi in una maschera mostruosa che condurrà Madotsuki in un sotto-mondo da incubo senza alcuna via d'uscita. 

Una baraccopoli i cui abitanti sono ombre senza testa che si estende lungo una grande porzione di terreno, trasmettendo un senso di alienazione sociale estremo, grazie altresì alle quanto mai espressive musiche composte dall'autore del "gioco".

Sullo sfondo compare una mostruosità contenuta in una sorta di utero, allo stato embrionale. I simbolismi di "Yume Nikki" inerenti la gravidanza hanno spinto alcuni fan ad avanzare una teoria secondo la quale Madotsuki nel mondo reale avesse abortito, molto probabilmente dopo aver subito una violenza sessuale.

I fan più sensibili alle vicende inconsce di Madotsuki hanno realizzato fan art e meme nei quali viene esposto il contatto della protagonista con la sua ombra junghiana, ovvero il lato oscuro e rimosso della personalità, che nel suo tornare a galla dalle profondità dell'inconscio alla coscienza genera nevrosi.

L'incontro di Madotsuki con l'alieno che la condurrà nel mondo fotorealistico è privo di empatia e comunicazione: l'alieno non parla, e se minacciato col coltello indietreggia impaurito.

Deposizione delle uova nel nexus/mandala/universo che simboleggia la totalità della realtà/inconscio, nonché il processo d'individuazione junghiano.  

Un'altra fan art molto rappresentativa che suggerisce il conflitto interiore di Madotsuki, che culmina nella distruzione del suo stesso corpo. 

Un antico poncho atzeco in cui compare una sosia di Madotsuki. La somiglianza tra modello ancestrale e derivato è impressionante. 

Violenti motivi atzechi a confronto: entrambi reggono una testa mozzata e sangunolenta nella mano destra, rimandando alla mutilazione e mortificazione del corpo ricorrente in tutto il "gioco". 

Madotsuki osserva quella che pare la civiltà umana nella notte, che tuttavia è impossibile da raggiungere. I mostri umanoidi vicino a lei sono completamente alienati e impossibili da approcciare.

Una mostruosità di natura fallica che si erge minacciosa di fronte alla protagonista, con un piede/fallo conficcato nell'ano. Sullo sfondo s'intravede una sorta di vagina. Madotsuki è giunta in questo raccapricciante luogo passando attraverso una testa spaccata.

Madotsuki scala una piramide atzeca in un deserto senza nome. Il tragitto è molto lungo, e ciò contribuisce ad accrescere il senso di estensione e l'imponenza del luogo. Questa è una caratteristica tipica di tutto il "gioco", che si svolge in ampi spazi surreali e inquietanti. 


Visione da incubo dal marcato astrattismo in cui la sociofobia e la violenza del contatto con l'altro si manifestano in modo agghiacciante, con un braccio che esce da un occhio.

Fanart in cui Madotsuki viene rappresentata con una posa embrionale, la quale suggerisce la sua condizione esistenziale con un simbolismo più che opportuno e suggestivo, ribadendo lo stato infantile della sua sessualità e la sua condizione di chiusura al mondo in favore dell'inconscio/grande madre terribile che la racchiude.

2 commenti:

  1. Aah, volevo postarti l'immagine della sosia atzeca di Madotsuki ma l'hai trovata da te :D
    Moolto interessante. Mi ha colpito quando hai detto che il confronto con l'ombra di Madotsuki è un incontro sterile. Forse "incontro sterile con la propria ombra" è l'immagine migliore per riassumere il significato psicologico dell'intero gioco.

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  2. A me ha sorpreso molto questo fatto, ovvero che l'incontro con l'ombra si sia rivelato sterile. Di solito, nelle opere con la stessa tematica - tipo lain o il primo Persona, per citare i primi due che mi vengono in mente - l'incontro con il lato oscuro del/della protagonista e la sua assimilazione/presa di coscienza ha un effetto "positivo",in quanto conduce ad una sorta di apertura col mondo e con il proprio essere nella sua totalità. Qui invece il nulla, la stessa meta di unificazione psicologica si rivela una non-meta. E ciò è inquietante, attuale e rivoluzionario al tempo stesso.

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