domenica 26 novembre 2023

Sugli ultimi fatti di cronaca: Riflessioni personali

(Il cane sono io)


Sebbene nonostante la narrazione passata dai media gli omicidi di donne nel contesto di un rapporto di genere siano in calo (almeno stando a quanto dice il prefetto di Padova qui), i femminicidi diventati casi di cronoca sono efferati, tremendi, quasi sempre accompagnati da preventive manifestazioni di insanità mentale da parte dell'assassino, sintomi che vengono del tutto trascurati dai genitori e/o dalle rispettive cerchie sociali dell'omicida (la società italiana non è assolutamente in grado di comprendere il disagio psicologico, ma sa soltanto buttare le cose in ciaciara e politicizzarle a posteriori, prendendo provvedimenti inutili). In particolare, nell'ultimo caso, sembrerebbe che l'assassino, prima di ammazzare la fidanzata, abbia confidato sia a lei che ai genitori di volersi suicidare, dimostrando altresì altre sintomatologie del disturbo borderline di personalità (che ben conosco, avendo amato abbastanza profondamente una persona con tale "patologia"). Ciò premesso, l'opinione che mi è arrivata da tutto lo strombazzamento social-mediatico in merito a questo ennesimo orrore è che la colpa sia del "patriarcato" (spoiler: c'è stata una cosa chiamata '68), in particolar modo del maschio bianco etero di classe media, ossia mia e di quelli come me (ho come l'impressione che per i più ricchi, nel nostro paese, si tenda quasi sempre a usare il guanto di velluto: in fondo siamo un popolo di provinciali, di inservienti, di servi nati). Peccato che io, avendo avuto tra le tante sfighe anche un padre violento come cattivo esempio da non seguire, non abbia mai storto un capello a una ragazza (anzi, a Bologna, nel 2020, ho anche rischiato di essere accoltellato per salvarne una da una rapina). Ma va bene, ormai sono abituato a sentire di tutto, poco importa. Sinceramente, di mio, da maschio bianco etero appartenente alla classe media, mi sento invero molto debole in questa società: il dottorato non mi ha dato uno status sociale consono al titolo; il mio lavoro mi permette di arrivare a fine mese in autonomia ma non è che mi stia rendendo ricco; non sono così attrattivo presso le femmine, che di base preferiscono altri con più soldi e/o appeal sui social rispetto al sottoscritto. Spesso poi le persone tendono a proiettare su di me le loro stesse nevrosi, quindi ho quasi sempre la sensazione di rimanere bloccato in uno spazio vuoto in cui mi è impossibile comunicare realmente con il prossimo. 

giovedì 16 novembre 2023

Annuncio importante: Antropofagia, il mio libro, è infine uscito.


Il punto culminante della mia carriera di blogger/scrittore è infine arrivato: la pubblicazione di un libro. Stufo delle solite lagne contemporanee piene di vittimismo, in cui chi sta male trova quasi sempre consolazioni di vario tipo, in cui gli autori sembrano avere paura di non spingersi troppo in là in quello che scrivono impauriti dal non vendere abbastanza, ho deciso di fare le cose a modo mio. Infatti, non per nulla, ci è voluto più di un anno per trovare un piccolo editore con il coraggio di pubblicare un libro del genere. Ciò premesso, ecco qui una nuova presentazione (l'avevo già un pochino presentato in quest'altro post): 

domenica 12 novembre 2023

Doveva essere il nostro momento: Recensione


"Sarebbero dovuti essere speciali, l'anello di congiunzione tra il vecchio e  il nuovo millennio, tra l'analogico e il digitale, e invece non erano niente. Non erano stati destinati a  niente. Non avevano lasciato alcuna traccia, se non battute ironiche sotto infinite discussioni inutili".  


Ed eccolo qui, il miglior libro della Caruso, molto probabilmente il romanzo contemporaneo più bello che abbia mai letto. L'autrice, ormai giunta alla maturità artistica, abbandona quasi completamente i cliché narrativi da fanfiction per scrivere un'opera adulta, riflessiva, che in un mondo editoriale dominato dai boomer fa un po' da bandiera/contraltare di un'intera generazione di esclusi. "Doveva essere il nostro momento" narra dei Millenial, ossia i nati tra l'85 e il 95, quelli con una gamba fissata nel mondo pre-crisi e l'altra (mutilata) nella Wasteland post-crisi. Noi trentenni siamo molto particolari: i nostri genitori sono stati la generazione più viziata e inetta alla vita di tutte, gli X; i noi stessi bambini, spesso cresciuti con i valori della Silent Generation, ossia quelli dei nonni, hanno vissuto nella bambagia degli albori di internet, dei cartoni animati su MTV, di tutta una serie di frivolezze e certezze sociali che poi, con l'avvenire della crisi dei subprime a inizio anni duemila, sono tranquillamente andate a farsi fottere. Noi Millennial siamo così attaccati ai feticci della nostra infanzia perché, in fondo, non abbiamo mai accettato il "mondo che è venuto dopo", quel capitalismo gretto, meschino e antropofago dell'oggidì. D'altro canto, in confronto agli Zoomer (i nati negli anni duemila) siamo stati dei privilegiati, e il privilegio, inutile dirlo, genera pretese eccessive. A tutto ciò si aggiunge l'educazione ricevuta dai nonni, che, al giorno d'oggi, in un'epoca completamente priva di valori e di senso, si rivela più un handicap che un vanto. Il Millennial che ha fatto "carriera" al vecchio modo, infatti, è quasi sempre un depresso o un compulsivo, perché sa benissimo di aver fatto valangate di sacrifici per niente o, ancora peggio, per farsi svalutare e sbranare dall'onnipresente, carnivoro dio Saturno globalizzato. Ciò premesso, inquadrato il contesto, passiamo al libro in sé.  

venerdì 10 novembre 2023

Le mie vacanze 2023: "Quelli che si salvano sono gli invisibili"


 L'anno scorso ero andato in Giordania con WeRoad: l'esperienza offerta da questa "agenzia di viaggi" è stata una specie di ritorno alle scuole superiori in cui sono praticamente andato "in gita" con degli sconosciuti suppergiù della mia stessa età. Devo ammettere che è stata una bella vacanza - volevo semplicemente fotografare il Mar Morto, rivivere le atmosfere del Clarel di Melville -, che mi ha permesso di conoscere della persone con cui, stranamente, mi son trovato molto bene nonostante la mia misantropia. Ovviamente, poi, finita la vacanza, i rapporti si sono diradati, sicché ognuno è tornato a farsi i casi suoi, cosa legittima nel mondo incasinato di oggi. Quest'anno, invece, dovendo lavorare al libro e volendo risparmiare qualche soldo, non ho fatto alcun viaggio. C'era comunque un lettore molto interessato a conoscermi: io facevo il pigro, non avevo voglia di incontrarlo, ma lui insisteva. L'ho quindi accontentato: sono andato ai Navigli ed eccolo lì il biondo, con la sua maglietta dei Joy Division. Mapo è uno studente di filosofia, ha una decina di anni in meno di me ed è convinto che io sia un supermega intellettuale, uno che potrebbe scalare il mondo ma è troppo coglione e quindi si sminuisce e si mette in disparte, senza rendere gli altri partecipi di tutte le cose che sa. Parliamo per ore di fisica e filosofia, mentre nel frattempo bevo un cuba libre e fumo due sigarette. Gli offro addirittura da bere. Paragona il mio pensiero, che ha conosciuto spulciandosi tutti gli articoli di questo antro infinitesimale della rete (di cui non ho neanche voglia di rinnovare la grafica), a quello di  Feyerabend, un filosofo che manco conoscevo. Mapo per di più è un darkettone, ma non di quelli volgari: è diciamo uno decadente, un "tizio postpunk" che si mangia i My Bloody Valentine a colazione. Abbiamo anche lo stesso gusto per i meme e il trollaggio trashissimo. Siamo amici, è fatta.