lunedì 13 ottobre 2025

Alla ricerca del tempo perduto: Riflessioni

 

Mi guardo intorno e mi sento al tramonto dell'umanità: un collega felice, quasi come se vivesse in una bolla tutta sua, parla sempre del suo bambino, e io francamente non so proprio cosa dirgli. Non posso di certo dire che l'umanità è sempre meno umana, che le macchine a breve distruggeranno completamente la cultura, l'arte e le emozioni. Che il suo bambino avrà una vita molto difficile, essendo il figlio di un impiegatuccio con un mutuo a carico ed essendo la società italiana ormai un colabrodo. Mi rifugio quindi nella lettura dei classici, una pratica che nell'oggidì mi pare una cosa da selvaggi, da anticonformisti (la scrittrice affermata che tiene il mio corso di scrittura, quando le ho detto che leggevo Proust, mi ha guardato come se fossi stato un alieno). Allora sì, fuggo tra le pagine, fuggo in epoche in cui si respirava ancora quella sensazione di vera "umanità". La recherche du temps perdu, nel mio presente, in particolare in questi ultimi otto/nove mesi di vita, è stata proprio ciò di cui avevo bisogno per sopravvivere alla disumanità del mio, di tempo. Con molto rammarico ne ho quindi raggiunto la parola "FINE" (tutto maiuscolo). Di certo questa è un'opera che il me stesso ventenne non sarebbe mai stato in grado né di comprendere né di completare, quindi a fine lettura mi sono sentito in qualche modo "cresciuto", anche se pur sempre impotente. Forse la crescita è realizzazione di questa impotenza, di questa rassegnazione che mi limita a guardare la tragedia del mondo, delle persone e del tempo con tristezza, senza poter fare nulla dall'alto della consapevolezza acquisita grazie all'invecchiamento. In questo post analizzerò (ovviamente a mio modo) il capolavoro Proustiano: non rientra di certo nelle mie intenzioni scriverne un'inutile recensione pseudocritica o pseudoaccademica, dato che il web e le biblioteche sono pieni di saggi e disquisizioni a tema.