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martedì 12 agosto 2025

Vedere Candy Candy nel 2025: Considerazioni di un lettore


Questo mio lettore, Seele94, è uno dei pochi che mi son rimasti, ossia uno di quelli dello zoccolo duro che mi ha letto fin dal principio, quando ancora stavo su Animeclick. Lui vive in provincia di Taranto, nella più totale miseria sia umana che economica: una sorta di Rosso Malpelo dell'oggidì, un Rosso Malpelo tuttavia privato di qualsivoglia forma di titanismo o simbolismo. Un atomo debole, solo e dimenticato da tutti perché le priorità oggi sono altre, ed è impensabile che un "intellettuale" di punta contemporaneo torni a parlare di quella vetusta cosa che è la questione meridionale, o tantomeno dell'allarmante fase di totalitaria "post umanità" in cui il capitalismo leggero iper tecnologizzato sta traghettando la nostra (purtroppo ancora bestiale) specie. Questo mio lettore ama i cartoni animati d'annata (o "paralitici", come ama definirli con amara ironia), e di recente l'aver visto Candy Candy l'ha in qualche modo colpito. Ebbene sì, Candy Candy. Proprio quello, oggi, nell'Italia del 2025, quella in cui se non mostri un culo o qualche vacanza prodigiosa su Instagram sei automaticamente etichettato come un fallito. Quindi gli ho detto: "E allora scrivici qualcosa su questo Candy Candy, così te lo pubblico io. Non ti leggerà quasi nessuno, ti avverto: ma almeno avrai scritto, e scrivere aiuta a rielaborare un po' le cose, e a soffrire di meno". Ed ecco quindi le onestissime considerazioni di Seele94 su Candy Candy. La parola  ora la lascio a lui. 

domenica 27 aprile 2025

Rivedere Ideon nel 2024


Ho provato a vedermi una serie Netflix a tempo perso: ho resistito un episodio, uno soltanto, poi ho smesso. Ho pensato: "Perché devo sprecare il mio tempo così?" E allora niente, siccome ho da poco rivisto La Rivoluzione Utena, decido di rivedermi anche Space Runaway Ideon, un anime che mi ossessionò non poco durante gli anni universitari. Ideon è austero, duro, un calcio sui denti, un po' come lo erano i laboratori al terzo piano sottoterra della facoltà di fisica di Torino. Le vecchie sale computer vicino all'entrata, le lavagnette, il silenzio e poca gente che vagava assorta nei suoi pensieri. I corridoi claustrofobici, che ai miei occhi presero vita soltanto quando li vidi percorsi dal cammino incerto di una ragazza alta e magra col caschetto, che avevo portato lì in qualità di fidanzata giusto per farle vedere i luoghi della mia solitudine (tra l'altro le scrissi una poesia che finiva con qualcosa del tipo "grazie a te non sono più solo"). Ma  prima di lei, quando il professore spiegava i buchi neri alla lavagna, io nel mentre pensavo al robottone che i buchi neri li creava ad hoc per distruggere i nemici. Ero proprio un otaku, sì, uno di quelli veri. E allora a trentaquattro anni (questo post l'ho scritto l'anno scorso) decido di rivedermi Ideon, e la cosa mi manda inevitabilmente indietro nel tempo. Il mondo è cambiato: la pandemia ha resettato la mia vita precedente, portandomi di fatto in un "mondo nuovo" fatto di persone ancora più sole e alienate di prima; alla pandemia è poi seguita la possibilità di una guerra mondiale atomica, più un genocidio tutt'ora in corso. Tante pecore incapaci di pensare, tanta tecnologia, le imminenti intelligenze artificiali, il potere sempre più  potente e sfacciato, nonché le crescenti difficoltà di riuscire a comunicare col prossimo,  sempre se nella testa del prossimo, effettivamente, ci sia qualcosa di diverso dalla spazzatura (quest'ultimo punto tra l'altro è uno dei temi portanti di Ideon). Insomma, il 2024 è il periodo giusto per rivedersi un anime figlio della guerra fredda, una situazione storica molto simile a quella attuale. Paradossalmente Ideon, pur vantando contenuti tremendamente maturi, è un anime rivolto ai bambini; ma ricordiamoci che era pur sempre il lontano 1980. Ora invece per l'intrattenimento ho come l'impressione che valga la regola opposta: opere tremendamente infantili che hanno come target principale gli adulti. Com'è cambiato il mondo, eh?

sabato 14 dicembre 2024

I pilastri dell'umanità


"Non mi piacciono i ragazzi che si isolano" ha detto una collega ad altri colleghi in una discussione oziosa davanti alla macchinetta del caffè. Ne ho dedotto che per lei le persone devono essere tutte estroverse, altrimenti ciccia. Un'altra collega, una bionda molto bella, si ingobbisce, avvicina gli occhi allo smartphone ed esclama: "Uno da quaranta kappa follower mi segue, è famoso!". Sembra proprio che ci uscirà insieme, chi lo sa. Un altro giorno parlo per caso con un influencer di successo che conosco da una vita per via delle carte di Magic e, seguendo il filo di un discorso, lui a un certo punto mi dice: "Ieri ne ho provata una magra, conosciuta in chat come tante altre. Deludente, non sa scopare". E così via, gli esempi sono infiniti. In tutto ciò ho come l'impressione che la maggiorparte delle femmine adulte selezionino i propri partner sessuali in base al loro grado di coerenza con i dettami sociali prestabiliti; l'accesso al sesso, quindi, il più grande piacere concesso in natura all'uomo, verrebbe elargito, a meno ch'egli non paghi (un sesso più scadente, sicché privo di validazione femminile), in base al suo grado di omologazione sociale, ergo al suo grado di attinenza alla moda del momento. Non per niente le femmine vanno a momenti, a fasi (mi vengono in mente i calendari lunari del matriarcato, basati sul ciclo mestruale). Niente di cui stupirsi, il loro ventre dopotutto è come un orologio che da millenni stabilisce la predisposizione e i tempi di fioritura della vita. Ciò detto, il vuoto dettato dalla noia, d'altro canto, spinge le persone a ricercare maggiormente il sesso, anche con partner diversi: uno scientista direbbe che ciò è necessario alla diversificazione del genoma ("L'infedeltà è figlia dell'istinto naturale // Contribuisce al miglioramento della specie" cantava una volta qualcuno su MTV). Moda e noia sono pertanto due cose fondamentali nella nostra natura: se gli esseri umani fossero tutti asceti refrattari al mondano e perennemente impegnati in attività intellettuali, si riprodurrebbero con una frequenza molto più bassa; d'altro canto più una persona acquisisce conoscenza e diventa consapevole di sé e della vita, più tende a sviluppare una forma di pensiero tendente al nichilismo o al pessimismo, nonché un mindset che induce a comportamenti antisociali (mi viene in mente CHAЯLY, un film molto discusso su questo blog). "Quando andavo al Leoncavallo dovevo farmi piacere musica di merda per poter scopare" mi disse una volta un metallaro diventato finto ska-boy per raccattare un po' di vagina. Luigi Mangione, invece, non potendo più scopare a causa dei chiodi che i medici gli hanno piantato nella colonna vertebrale, legge tantissimo e a un certo punto, un po' come Fantozzi, scopre che il neoliberismo capitalista è una truffa a danno dei più deboli. Si fa una pistola con la stampante 3D nella sua cameretta, una sorta di cripta monacale postmoderna, e va a uccidere un CEO dell'healthcare per la strada. Mi viene quasi il dubbio che la pornografia gratuita sia un modo utilizzato dal potere per prevenire cose come questa, se non rivolte peggiori. Chi lo sa.

sabato 28 settembre 2024

Utena è un anime woke? Ripercorrendo un vecchio capolavoro.


Mi  è capitato da poco di rivedere La Rivoluzione di Utena, un anime che per chi non lo sapesse dà nome, citazioni e grafica a questo blog. Trattasi indubbiamente di una delle serie televisive più importanti della mia vita, nel senso che mi ha fatto (ri)appassionare a questo media quando facevo l'università e mi ha permesso di conoscere il cofondatore di questo blog nonché quella che fu la mia ex, che ne era una grande appassionata (senza Ikuhara Kunihiko a fare da cupido nei miei twenties, molto probabilmente non avrei mai avuto una vita sentimentale). Ciò detto, su questo blog c'è già la ottima recensione di Onizuka90, il cofondatore di cui sopra, uno scritto appartenente a un'epoca passata in cui eravamo più giovani, più ottimisti, vivevamo in un mondo meno "social" di oggi e così via. Ora, a trentaquattro anni, ho voluto fare un esperimento e rivedermi quello che nella nostra nicchia consideravamo il miglior anime di tutti i tempi, un'opera simbolista, filosofica, esoterica, totalizzante e chi più ne ha ne metta. All'epoca la cosiddetta cultura woke non era ancora martellante come nell'oggidì, cosicché, quella che oggi si potrebbe definire come "l'omosessualità di Utena", era  un argomento che nelle discussioni tematiche non veniva quasi mai toccato né considerato. Ora invece, nel duemilaventiquattro, anche alla luce di una nuova leva di animefan che spesso si associano alla cultura woke decifrando Utena in tale ottica (i.e. Utena eroina lgbtq+ che sconfigge il patriarcato rappresentato da Akio e si mette con la mulatta), durante la visione non ho potuto evitare di pormi la fatidica domanda: "Ma non è che l'anime che pensavo fosse una genialata simbolista e allegorica in realtà sia soltanto quello?". Non che ci sia qualcosa di male, sia ben inteso, ma l'anime me lo ricordavo molto più profondo. E infatti, andando avanti con la visione, ho avuto la riconferma che invero Ikuahara voleva andare a parare altrove; e forse questa volta, dico a trentaquattro anni, penso di aver addirittura capito abbastanza chiaramente dove

martedì 13 febbraio 2024

Sanremo, l'italietta e la sua società di bambini


Premetto che non ho mai visto un Sanremo in vita mia, se non qualche spezzone quando ancora vivevo con mia nonna. Ciò premesso, questo Sanremo del 2024 mi è tuttavia arrivato alle orecchie in modo del tutto indiretto per via di un gruppo Telegram che frequento e di un'amica che lo ha seguito e commentato in un gruppo Facebook. Di mio non riuscirei mai ad ascoltare piangine cantate in autotune: io ho bisogno di musica vera ed energica, non di simulacri musicali. Detto questo, ho un'idea ben chiara di come siano andate le cose: e soprattutto che Sanremo sia di fatto lo specchietto, la pantomima del modo di essere di un'intero popolo. Vince la figlia di quello importante con una manipolazione del televoto, cosa ovvia: in Italia ciò che veramente conta è essere figli di qualcuno. Perché sì, nel regno feudale italico vige il fatto che il ricco vale sempre più del povero e non conta come tale ricchezza viene accumulata: il ricco è ricco, il potente è potente, fine. Il vero patriarcato è quello dei figli dei politici che abusano di ragazze con problemi mentali e la cosa viene insabbiata dai giornali; quello della piccola borghesia industriale di provincia, soprattutto del nord, che vota a sinistra, si dice pro-Ucraina e pro-Israele, partecipa alle manifestazioni arcobaleno e allo stesso tempo teleguida la vita dei propri figli educandoli a essere predatori privi di apatia, piccoli fascisti in miniatura tutti dediti all'accumulo di oggetti materiali e al consumo di persone. Tornando a Sanremo, messa da parte la vincitrice, abbiamo poi quella di quarant'anni, la millennial con la frangetta e tante, troppe qualificazioni (addirittura una laurea in fisica mi hanno detto) la quale, per scalare la classifica, deve fare un botto di palestra, usare tonnellate di creme per la pelle e di trucco, mettersi le calze autoreggenti sexy, cantare una canzonetta orecchiabile e così via; tutto questo per poi perdere miseramente di fronte all'inarrivabile, giovanissima "figlia di qualcuno" (un qualcuno tra l'altro defunto, così ci scappa pure la lacrimuccia). Al di là di un possibile discorso generazionale della serie "i millennials, pur essendo iperqualificati ce l'hanno sempre nel culo, anche quando cercano di adattarsi a una contemporaneità che non gli appartiene veramente, sicché sono venuti su con i valori del mondo pre-crisi", questa è di fatto l'esaltazione della spiccata crudeltà della vita: la donna giovane trionfa su quella vecchia; il "figlio di qualcuno" trionfa sul figlio di nessuno; soltanto la fortuna e l'essere nel posto giusto al momento giusto è ciò che conta veramente in una vita dominata dal caos. E qui si arriva alla napoletaneità e ai napoletani. Ora vi spiego perché.  

sabato 27 gennaio 2024

La vera guerra in corso


Il mondo è in guerra, e pure l'Italia lo è: l'invio di navi nel Medio Oriente, così come gli intenti bellici del governo di un paese ormai ridotto alla frutta e completamente asservito alle potenze estere, ricordano molto le scellerate scelte di Mussolini. Certo, le missioni di guerra, con un certo gusto Orwelliano, vengono ora chiamate "missioni di pace"; l'informazione è manipolata come accade nei regimi, ma di fatto sì, c'è una guerra mondiale in corso. Le guerre nella postmodernità sono guerre localizzate nelle quali non conta veramente la vittoria di un particolare schieramento: ciò che conta è che vadano avanti a oltranza, sicché più tali guerre si protraggono nel tempo, più il profitto sul sangue degli innocenti viene massimizzato. Ma ora qualcosa è cambiato: questa non è una guerra come tutte le altre. A Gaza è in corso un genocidio (nota di Maggio 2025: rimando il lettore al libro "Genocidio" di Rula Jebreal), un fatto del tutto taciuto dall'Occidente; c'è addirittura stata una minaccia da parte di un parlamentare israeliano in merito all'utilizzo della bomba atomica (poi ritirata, ma i lapsus freudiani delle persone bastano per capire ciò che loro, nonché gli annessi entourage politici, pensano veramente). La guerra in Ucraina, d'altro canto, ha fatto perfettamente il suo dovere: staccare l'Europa dal gas russo per annetterla agli USA sotto tutti gli aspetti, anche energetici. In questo senso, gli yankee hanno raggiunto il loro obbiettivo, nonostante i soldati Russi stiano facendo stragi di ucraini e avanzando nella mattanza (e benché i nostri giornali più mainstream abbiano detto l'esatto contrario fin dall'inizio del conflitto). In tutto questo, gli schieramenti globali sono i seguenti: USA+Israele+Europa+satelliti Vs Iran+Russia+satelliti (la Cina è un player ambiguo, ma sta comunque rinforzando i suoi armamenti e si muoverà in base al proprio interesse, dando come al solito un colpo al cerchio e uno alla botte). 

venerdì 21 ottobre 2022

Fratelloni & Sorelline (la cosa più radicale da fare)

Era da un bel po’ che volevo (ri)scrivere qui di una serie animata su cui ebbi occasione di lavorare almeno una vita fa, intitolata Gungslinger Girl, tratta dall’omonimo manga di Aida Yuu. Ovviamente, non ne ho più trovato la forza, anzi direi che nel frattempo, volendo trattare davvero dell'opera in questione bisognerebbe invero parlare di quella completa e originale, ovvero proprio il manga, che si è pure concluso ormai da anni. Tuttavia, almeno della (prima) serie animata mi era capitato di scrivere qualcosina privatamente, in inglese, a un mio corrispondente giapponese. Si discuteva dei nostri punti di vista sui contenuti ultimi della narrazione in questione. Insomma una cosa schifosamente otaku...


Curiosamente, sempre una vita fa, Gretel ebbe la voglia di tradurre fedelmente lo scritto anglofono di Hansel. Deliziato dalla bontà del risultato (e consentitemelo, leggermi tradotto in italiano mi fa a tutt'ora proprio un buffo effetto), pensai di pubblicare il frutto delle di lei fatiche, raffinandolo e integrandolo giusto un pochino per l’occasione – e così feci. Ma ripeto, anche questo accadeva una vita fa. Ora approfitto di questo spazio in cui sono un ospite, o un abusivo, per ripubblicare lo stesso testo, con ancor minori aggiornamenti e aggiustamenti ulteriori. ATTENZIONE: resta comunque la traduzione in italiano di un testo originariamente scritto in un inglese pensato per un lettore giapponese, dunque con un certo livello di ‘mentalità linguistica nipponica’ nella testa di chi ha vergato in prima istanza. Per questa semplice ma onesta ragione, probabilmente a lettori ‘puramente italiani’ lo stile di scrittura parrà forse un po' strano, ma forse anche incisivo, come in effetti è il giapponese: sempre molto scolpito e scandito, schietto ai massimi livelli.

In più, si tenga altresì presente che il mio interlocutore dei tempi conosceva tutta la (prima) serie animata quanto me, quindi scordatevi cappelli introduttivi del genere “che cos’è Gunslinger Girl”? Se non lo sapeste (e non sarebbe una colpa) e voleste intendere le righe che seguono (ma sarebbe una colpa?), potreste sempre dare una scorsa alla pagina di Wikipedia sul titolo in questione. In ogni caso, per l'intendimento plenario di molti riferimenti che seguiranno sarebbe necessario aver visto (e aver ben presente) la serie di cui si dice. Mi scuso con gli altri eventuali lettori.

Segue quanto segue.

martedì 23 novembre 2021

Strappare lungo i bordi: Il prezzo della moratoria


Si sta dicendo molto sulla serie animata di Zerocalcare: "le solite tematiche del fumettista", "sembra un po' La profezia dell'armadillo", "è una fucilata", "c'è il treno, quindi la tematica del viaggio", ecc. In pratica, la fiera delle banalità. D'altro canto, quando Michele Rech viene intervistato, di solito l'intervistatore gli propone domande davvero banali, avendo una conoscenza dell'autore – e soprattutto del suo contesto sociologico – soltanto superficiale, quando non del tutto assente. Non me la sento neanche di "recensire" quest'opera, per quanto le mie recensioni siano molto particolari: il cartone animato in questione è molto simile, come impostazione scenografica e registica, a un fumetto dell'autore; la differenza principale sta, come dice anche lui stesso, nel fatto che lo spettatore può diventare partecipe delle musiche ch'egli ascolta durante la stesura, e cioè la creazione, il pensiero, delle sue tavole. Dal punto di vista tecnico-graficoe animazioni fanno il loro dovere e le colorazioni non stonano mai: nulla da lamentare pertanto. Lascio quindi una piccola considerazione personale, come sempre per chi ha già visto la serie e vorrebbe su di essa un'opinione più "cosciente" del solito.