Visualizzazione post con etichetta letteratura. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta letteratura. Mostra tutti i post

sabato 23 agosto 2025

Letture: Mishima, Gadda e altri


In questo periodo della mia vita così privo di emozioni e particolari turbamenti, una sorta di eterno presente à la Beautiful Dreamer, leggo molto. Quest'anno in particolare ho iniziato la temeraria lettura della Recerche di Proust, un gravoso impegno che tuttavia intervallo con letture più "leggere". Qui "recensisco" alcune di esse, in particolare I racconti della maturità di Checov, Il Maestro di Vigevano di Mastronardi, La Cognizione del Dolore di Gadda,  Lo Stadio di Wimbledon di Roberto del Giudice e infine, gran finale, Confessioni di una Maschera di Mishima Yukio. Ovviamente le edizioni che ho letto sono quelle che ho caricato come immagini di corredo al testo (occhio quindi a non comprare la versione tradotta dall'americano del libro di Mishima). Cover Photo (titolo: un abitacolo vuoto) by me. 

domenica 10 agosto 2025

Ubik: Recensione e interpretazione


Questo è il mio primo approccio a Dick; di fantascienza avevo letto altri libri, cose ben più "classiche" e meno genuinamente postmoderne. Lo scrittore è inutile presentarlo: trattasi di un pezzo grosso della letteratura, e su internet è pieno di saggi e materiale biografico su di lui. La cosa che più mi ha colpito del personaggio, comunque, a parte le conclamate neurodivergenze e dipendenze da sostanze, è stato il trauma, mai risolto in vita, della prematura morte della sorella gemella. La grande prolificità di Dick, quindi, mi puzza molto di "strategia di sopravvivenza" a un dolore primigenio, un po' come quella di Enrico Fermi, che decise di dare tutto sé stesso alla fisica dopo la morte del fratello, o di Michelangelo, che  nelle sue madonne sembrava quasi ricercare il volto della defunta madre (addirittura, quando si trattava di vivisezionare i cadeveri per studiarne l'anatomia, l'artista si rifiutava di toccare i corpi femminili, giusto per non rievocare l'antico trauma). Ergo arte e scienza, così come la religione, sono a loro modo forme di cope, di compensazione psicologica di fronte all'insensatezza della schopenaueriana Wille che muove da dietro le quinte la Vorstellung, o velo di Maya che dir si voglia. Tutto torna quindi in questo Ubik, con le sue metafore gnostiche e filosofiche, i suoi sbalorditivi plot twist che mirano a indagare la natura del tempo, della coscienza, del Male e così via, senza mai giungere a una vera e propria risposta, perché una risposta in realtà non c'è, ma si potrebbe soltanto intuire sperando di attingere un po' di polvere dorata da qualche fugace stato superiore di coscienza. 

lunedì 18 novembre 2024

Trilogia di New York, Nietzsche, Hesse e altre letture autunnali


Questo autunno ho letto e scritto molto. Faccio quindi un post con le recensioni delle mie letture autunnali, ossia un libro di Michel Houellebecq, un libro di Paul Auster, un libro di Herman Hesse, un libro di Friedrich Nietzsche e infine un libro contemporaneo di un'autrice minore. I voti, come nel mio precedente post estivo, sono stati dati in scala da uno a cinque. La foto qua sopra è uno scorcio autunnale di Padova, che nel corso degli anni è rimasta uno dei miei luoghi preferiti.   

venerdì 9 agosto 2024

Buonanotte PunPun e altre letture estive


In vacanza al mare la vita scorreva e io rimanevo in disparte, nel senso che nonostante i miei trentaquattro anni mi sentivo un po' come un vecchio Aschenbach al cospetto di innumerevoli, irraggiungibili  Tadzie. Ho nuotato fino al largo parecchie volte e ho letto numerosi libri: una lotta serrata contro la noia, che ultimamente mi accompagna ovunque. Ho quindi deciso di appuntarmi le recenti letture su Goodreads (una sorta di MyAnimeList dei libri), accompagnando il processo di archiviazione con alcune recensioni veloci e svogliate. In questo post faccio un elenco del materiale "consumato" da metà giugno a oggi: ogni opera avrà un voto da 1 a 5 e una recensione più completa e corposa rispetto a quanto avevo scritto su Goodreads. Guardando le etichette di questo post potrete farvi un'idea dell'elenco che seguirà (insomma, come sempre vado a sensazioni). 

giovedì 4 luglio 2024

Dino Buzzati, il trauma del tempo e altre riflessioni




Di recente ho letto Quando muori resta a me di Zerocalcare, e mi è sembrato un passo indietro rispetto alla sua seconda serie animata, che mi era parsa molto più onesta e ben scritta. Ormai i due denominatori comuni del fumettista da milioni di copie sono il senso di colpa per il privilegio della propria adolescenza agiata protratta ad libitum nell'età adulta e la solita epica antifà in un occidente che ormai si è fatto post-ideologico (se non post-umano, vedasi l'opera di Walter Siti e di altri prima di lui). La domanda che mi sono fatto è comunque la seguente: perché questo fumettista in ogni sua opera deve inserire l'epica di fasci contro antifasci, di nonni partigiani, delle botte al G8 eccetera eccetera? Anche io ho preso botte a scuola, giravo con le cumpe disagiate delle strade e ho assistito alla venuta delle macerie sociali post governo Monti. Eppure ho affrontato tutto in solitudine, al limite con l'aiuto dei pochissimi a me vicini. L'unica vera dimensione epica (ed edipica) della mia vita è stata  una continua lotta di attrito con i miei fantasmi interiori nonché la Wasteland del mondo esteriore; non me ne è mai fregato niente delle pseudo-narrazioni da centro sociale, di destra o sinistra che fossero: le ho sempre trovate parecchio superficiali, dei simulacri di guerra necessari a chi ha questo bisogno viscerale di definirsi mediante la violenza, sia elargita che subita. Il fascismo degli antifascisti, scriveva non a torto Pasolini. Ebbene sì, questa volta sono rimasto deluso dal fumettista semidio dell'Italia post-umana dei maranza, delle Ilarie Salis al parlamento europeo, delle ragazzine che scrivono "ho sk0pat0" su Threads, della politica che sia a destra che a sinistra si preoccupa di sciocchezze mentre i nostri schiavi d'importazione muoiono mutilati per la strada e la criminalità ha le mani in pasta ovunque (notare che nessun politico, neanche quelli di estrema destra o sinistra parla mai di lotta alla mafia). Con i coglioni diventati grossi così sono quindi passato a Dino Buzzati, un artista  (non scrivo autore perché oltre a scrivere disegna anche da dio) che ho scoperto soltanto di recente. In pratica in una libreria ho visto Un Amore e  il libro, un po' come era accaduto con  Joséphine, mi ha chiamato. 

venerdì 7 giugno 2024

Walter Siti, Craig Thompson, Oshii Mamoru e le tre "T": La cultura può "salvare"? Riflessioni


Ho appena finito di leggere I figli sono finiti di Walter Siti. Lui è un ex professore universitario in pensione, noto soprattutto per essere il curatore dell’opera di Pier Paolo Pasolini in Italia e aver vinto il Premio Strega con Resistere non serve a niente, un romanzo vérité sul marciume della finanza speculativa. Parlando di scrittura,  intelligenza e conoscenza dello scibile umanistico a Siti non gli si può rinfacciare nulla: in un mondo editoriale polarizzato, privo di idee e  succube del politicamente corretto e della tecnologia – ci sono già editori che propongono agli autori di scrivere con l'I.A., così poi avranno più tempo per dedicarsi all'autopromozione sui social media (!) – uno scrittore come Walter Siti, aiutato altresì dall'invulnerabilità conferita dal suo essere vecchio e omosessuale, può facilmente emergere dal conformismo e scrivere  cose scandalose, vere, cupe, impensabili per un autore "normale". Ed ecco arrivare nell'odierno totalitarismo alla Brave New World l'intellettuale che, come tanti altri prima di lui, ci dice che siamo al tramonto dell'umanità, che la condizione umana è un Orrore, che il seme dell'autodistruzione giace minaccioso tra i rintocchi dell'edonismo dei paesi benestanti. Walter Siti è un missile proveniente dal passato che, forse perché ai tempi del premio era ancora il duemilatredici o giù di lì, è riuscito per un attimo a squarciare la monotonia borghese con la puzza sotto al naso dei salotti letterari che contano. Il suo stile di scrittura è a metà strada tra il romanzo confessionale giapponese d'autore e la cripticità dei saggi pasoliniani: con i giapponesi Siti condivide l'attitudine "kamikaze" all'arte, sicché lo scrittore nei suoi romanzi ha il vizio di decostruire se stesso,  di farsi esplodere in diretta, di mettersi a nudo e chissenefrega delle conseguenze. La sua critica sociale è tutta subordinata alla propria stessa auto-immolazione. Prendiamo ad esempio il suo capolavoro, Troppi Paradisi, che in ciò è emblematico: Io sono l'Occidente: sia perché appartengo a quel tipo di omosessuali che hanno fornito il modello dell'Eccessivo come obbiettivo del desiderio, sia perché come individuo singolare e irripetibile tendo a difendermi da ciò che mi ferisce mediante una sua trasposizione in immagine. [...] Sono l'occidente perché odio le emergenze e ho fatto della comodità il mio Dio [...] Sono l'occidente perché detesto i bambini e il futuro non m'interessa. Sono l'Occidente perché godo di un tale benessere che posso occuparmi di sciocchezze [...] 

martedì 9 aprile 2024

Fame Blu, un libro di Viola Di Grado: Riflessioni personali


Premetto che il libro in questione mi è piaciuto. Lo stile dell'autrice (che deve molto ai classici giapponesi), la copertina, l'impaginazione, la scelta della carta... Insomma, non ho alcuna voglia di donarlo alla biblioteca, come spesso faccio con i libri che non mi lasciano niente. La trama narra della relazione omosessuale tra un'insegnante di lingua italiana e una giovane femme fatale cinese, tale Xu. L'incontro avviene a Shangai, che viene abilmente fatta rivivere dalla rodata tecnica della scrittrice. Per quanto cliché, Fame Blu si presenta come una storia di alienazione ben fatta: la protagonista narrante è abulica, in lutto per la morte del fratello e la sovrainformazione della sua nuova città la sommerge, diventando man mano parte di lei. L'esperienza dei rapporti umani, in primis il sesso, si mescola in un tutt'uno a quella del cibo, venendo per di più ostacolata dai limiti linguistici (l'autrice conosce il cinese e utilizza la sua conoscenza per creare incomunicabilità tra i personaggi). L'identità delle due protagoniste, che fanno sesso al mattatoio abbandonato mordendosi a vicenda, è un po' come uno specchio caduto a terra: frammenti dispersi nei quali non si vede altro che se stessi. Il cibo, così come l'amore macabro e tossico, riempiono vuoti compulsivi, ma non curano alcunché. Il tutto, finale a parte (è questa l'unica nota dolente, ma ne parlerò  più avanti) sembra quasi un film di Shin'ya Tsukamoto girato da un punto di vista femminile. Poi c'è il locale notturno amato dalla femme fatale, lo spleen e tutto ciò che vogliamo. Questo libro in un certo senso assomiglia prima parte del mio, anche se io lì raccontavo un amore tossico tra un lui e una lei. Eh sì, la borderline straniera. La modella superfiga che ti fa soffrire. Il/la partner tossico/a che a te, te che sei così debole e insicuro/a, sembra infondere un po' di brivido, un po' di voglia di strisciare a terra, le emozioni forti. Qualcosa di nuovo e di poco noioso. Perché ormai scriviamo tutti storie così?

martedì 6 febbraio 2024

Due aggiornamenti shitarellici



Lo scopo di questo post è informare i nostri lettori che l'amico e co-blogger Gualtiero (Shito) Cannarsi ha: 1) Aggiornato il suo scritto オカエリナサイ ~ CHAЯLY, che consiglio di andare a rileggere (ovviamente, se non l'avete ancora fatto, provate anche a guardare il film: a mio avviso è un classico). 2) Insieme a me e al musicista e poeta Antonio Belfiore ha partecipato a un video nel quale parliamo un po' del mio libro, Antropofagia, della sua genesi e di alcune tematiche a esso annesse, che vi linko qui sotto.

domenica 3 dicembre 2023

Giulia Savarelli e la narrativa provinciale contemporanea



Avendo pubblicato con una piccola casa editrice in provincia di Bari, inevitabilmente sono incappato in tutta una letteratura di nicchia che prima mi era ignota. Il mio stesso editore, Giacovelli, è anche lui uno scrittore e nel suo ultimo libro, ad esempio, descrive tutto un mondo provinciale in cui ci sono famiglie supermega coese, i preti che danno consigli di vita, la fidanzatina della giovinezza che ti rimane accanto fino all'età adulta e altre cose che per il me stesso ragazzino figlio di divorziati e delle periferie torinesi, sono robe tipo che ne so, un film di Miyazaki. C'è tuttavia l'intrusione della postmodernità nel contesto provinciale: le prime esperienze con i social, il miraggio di Milano, l'amico che si drogava ecc. Definirei quindi questo tipo di romanzi brevi scritti da ragazzi o ragazze delle province del sud come "narrativa provinciale contemporanea". Contrariamente alla letteratura mainstream, non è un genere politicizzato (e grazie al cielo, aggiungerei), spesso è intimista e personale e comunque, modulo qualche esigenza riparativa derivante dalla perdita di qualche persona cara, presenta solitamente dei finali positivi e non sfocia mai nel nichilismo (addirittura, in uno dei due romanzi che saranno l'oggetto principale di questo post, con molta gentilezza l'autrice si "scusa" nella postfazione per aver messo un finale negativo, cosa che mi ha parecchio colpito). Questa mia riflessione sa molto di Rousseau: sono gli ambienti urbani, quelli più vicini alle industrie, a fomentare il nichilismo. Nelle province di un paese mediterraneo originariamente pastorale, il nichilismo postmoderno è una cosa di cui si sentono sì degli echi, ma poi il tutto si normalizzerà nella bellezza delle proprie cittadine, delle proprie radici e nel conforto dei propri cari (i ringraziamenti nei libri di narrativa provinciale si sprecano: grazie ai miei genitori, grazie a X, grazie a Y e così via, spesso per una pagina intera). 

domenica 12 novembre 2023

Doveva essere il nostro momento: Recensione


"Sarebbero dovuti essere speciali, l'anello di congiunzione tra il vecchio e  il nuovo millennio, tra l'analogico e il digitale, e invece non erano niente. Non erano stati destinati a  niente. Non avevano lasciato alcuna traccia, se non battute ironiche sotto infinite discussioni inutili".  


Ed eccolo qui, il miglior libro della Caruso, molto probabilmente il romanzo contemporaneo più bello che abbia mai letto. L'autrice, ormai giunta alla maturità artistica, abbandona quasi completamente i cliché narrativi da fanfiction per scrivere un'opera adulta, riflessiva, che in un mondo editoriale dominato dai boomer fa un po' da bandiera/contraltare di un'intera generazione di esclusi. "Doveva essere il nostro momento" narra dei Millenial, ossia i nati tra l'85 e il 95, quelli con una gamba fissata nel mondo pre-crisi e l'altra (mutilata) nella Wasteland post-crisi. Noi trentenni siamo molto particolari: i nostri genitori sono stati la generazione più viziata e inetta alla vita di tutte, gli X; i noi stessi bambini, spesso cresciuti con i valori della Silent Generation, ossia quelli dei nonni, hanno vissuto nella bambagia degli albori di internet, dei cartoni animati su MTV, di tutta una serie di frivolezze e certezze sociali che poi, con l'avvenire della crisi dei subprime a inizio anni duemila, sono tranquillamente andate a farsi fottere. Noi Millennial siamo così attaccati ai feticci della nostra infanzia perché, in fondo, non abbiamo mai accettato il "mondo che è venuto dopo", quel capitalismo gretto, meschino e antropofago dell'oggidì. D'altro canto, in confronto agli Zoomer (i nati negli anni duemila) siamo stati dei privilegiati, e il privilegio, inutile dirlo, genera pretese eccessive. A tutto ciò si aggiunge l'educazione ricevuta dai nonni, che, al giorno d'oggi, in un'epoca completamente priva di valori e di senso, si rivela più un handicap che un vanto. Il Millennial che ha fatto "carriera" al vecchio modo, infatti, è quasi sempre un depresso o un compulsivo, perché sa benissimo di aver fatto valangate di sacrifici per niente o, ancora peggio, per farsi svalutare e sbranare dall'onnipresente, carnivoro dio Saturno globalizzato. Ciò premesso, inquadrato il contesto, passiamo al libro in sé.  

sabato 14 ottobre 2023

Antropofagia uscirà a breve: cosa dovrò dire nelle presentazioni?



Quando uno capisce la diversità delle persone, è diventato veramente adulto. [Shito]

Ho voluto riscrivere una mia versione de Le Voyage au Boit de la Nuit di Céline. Ma siamo nel post pandemia a Milano, non c'è la guerra, e io non sono francese. C'è comunque il termine della notte, quello è inevitabile. [Io] 

Ulrico mi piace come protagonista per la sua non convenzionalità nelle reazioni, per il suo essere sempre un po' in balìa di tutto, perché non veste i panni falsi di un eroe, ma anzi... [F.A., scrittrice] 

La storia di Ulrico Niemand, un "Nessuno" di nome e di fatto, delle sue relazioni e della sua crescita in un mondo scomodo e apparentemente fuori misura. È difficile trovare il proprio posto e spesso i rapporti si attorcigliano per poi dispiegare. Una trama fitta: misteri, colpi di scena, debolezze, vendette. Gli ingredienti ci sono tutti, dosati con sapienza. Ottimo lo stile narrativo. [Valutatore Anonimo] 

Dato che un piccolo editore della provincia di Bari ha deciso di pubblicarmi il libro, un libro che uscirà a breve e che ha assorbito gli ultimi due anni della mia vita, e di pubblicarlo proprio a me, emerito Signor Nessuno della società italiana (ah, esiste veramente una "società italiana"? Forse mi sbaglio), ora mi chiedo: cosa dovrò dire della mia opera nelle presentazioni che sarò tenuto a fare? Il libro di punta della casa editrice, quello che ha venduto di più, che sta in alto nelle classifiche di Amazon eccetera eccetera, è quello di una ragazza borderline che racconta le sue sofferenze e le sofferenze che ha inflitto agli altri. Un'autobiografia molto sincera e onesta, ben scritta, tant'è che la ragazza in questione è finita pure in TV e ha avviato sui social un'attività parallela alla scrittura. Il mio libro, pur non essendo autobiografico, parla anch'esso di disturbi mentali e disagi sociali (e da qui credo sia nato l'interesse dell'editore), anche se, salendo sul predellino, non posso di certo dire "oh, raga, è la storia della mia vita di merda". E tutti: "poveraccio, ci fai quasi pena, mo' te lo compriamo". Questo perché Antropofogia, questo il titolo, è un'opera di narrativa, una cosa che vorrei avesse vita propria e, soprattutto, fosse slegata dalla figura del suo autore, cioè io. Ciò premesso, trattasi della storia di tre personaggi che hanno avuto gravi latenze genitoriali, che si ritrovano a lottare per sopravvivere in un mondo in cui le battaglie non avvengono mai ad armi pari, e in cui dietro a una facciata di buonismo, ottimismo e parvenza di benessere giace quel vecchio istinto antropofago che ha sempre caratterizzato la razza umana: una razza umana la quale, stordita dalle sue stesse nevrosi, dalla tecnologia e da falsi miti del progresso, è incapace di prendere coscienza della sua inevitabile autoconsunzione. 

mercoledì 3 maggio 2023

Il vero significato de "La Storia Infinita" di M. Ende


Sono poco avvezzo alla letteratura fantasy, dico da adulto, trentatré anni compiuti a Gennaio (sono del Capricorno ovviamente). Da ragazzino ho letto Tolkien molte volte, ma da adulto ho poi capito che ne ero così ossessionato perché il mondo reale, in fin dei conti, mi ripugnava, e preferivo rifugiarmi in universi fantastici. Mi colpì particolarmente una dedica presente su una copia del Signore degli Anelli all'epoca regalata a una mia parente dal suo fidanzato: "Qui potremmo essere  sempre insieme, al riparo dalle cose brutte". Scrivo questo perché secondo me la creazione di un romanzo, anche se realistico, è il tentativo di fuga per eccellenza: ci si rifugia nel proprio mondo, anche se questo mondo è fatto di rielaborazioni soggettive di ricordi/persone/traumi personali. L'arte, tutta l'arte reale (non quella delle I.A. o le puttanate nerd commerciali che vengono spacciate dai più per arte), è un mero tentativo di riparazione. In pratica, l'autore di un'opera d'arte o letteraria reale sta semplicemente cercando di salvarsi tramite di essa. "Ci si salva da soli e si muore da soli", in fondo (queste parole non vengono da me, ma da una giovane artista che conobbi circa due anni fa: rimanendo in tema fantasy, devo ammettere che mi sono rimaste scolpite dentro come scritture runiche). 

sabato 9 luglio 2016

Anime, manga e otaku: l'angolino del lettore


Questo "dossier" nasce per raccogliere le mie considerazioni personali inerenti alcuni tra i più noti libri su anime, manga e otaku in circolazione (i tomi sulla cultura giapponese più generale e non necessariamente vincolata a questi tre argomenti non verranno commentati, ma solamente citati nelle bibliografie di eventuali miei dossier/approfondimenti su determinati aspetti del Giappone e della postmodernità; oppure in una possibile nuova sezione del blog dedicata esclusivamente alla letteratura, giacché la mole d'informazioni e titoli da trattare in questo caso è molto alta, e riportare tutto in questa sede risulterebbe oltremodo prolisso). Ciò premesso, i lettori sono invitati a commentare e a proporre a loro volta eventuali titoli da me ignorati nello scritto, in modo tale da accrescere la completezza di questa sorta di “punto di ritrovo” - sempre soggetto ad aggiornamenti - in cui i fan più assetati di sapere possono scegliere che libri acquistare per acquisire una maggiore consapevolezza degli argomenti trattati nel blog e della letteratura esistente su di essi, che non sempre è brillante e meritevole – come tutte le cose, d'altronde. Inutile dire che la maggiorparte degli studiosi e accademici interessati ad anime, manga e otaku sia perlopiù straniera - molto probabilmente a causa della nostra equazione cartoni=bambini, un pregiudizio che soltanto recentemente sembra stia svanendo dagli ambienti culturali che contano, e al parallelo, deteriore culto dell'infanzia in voga nell'italico stivale, secondo il quale «gli unici anime che contano veramente sono quelli che vedevamo da bambini», un leit motiv abbastanza ricorrente anche nella letteratura a tema -, pertanto la conoscenza dell'inglese è obbligatoria per approcciarsi ad alcuni testi da me ritenuti fondamentali. Alla luce di ciò, tutti i libri da me citati con il titolo in inglese sono disponibili esclusivamente in inglese, mentre quelli con il titolo italiano in italiano. Dato che non conosco il giapponese (ma cercherò di provvedere a questa carenza in futuro, tempo permettendo), purtroppo in questa sede i libri scritti nella suddetta lingua verranno ignorati. Ringrazio inoltre Jacopo Mistè (autore del ben noto blog Anime Asteroid) per avermi fornito i suoi pareri inerenti tre libri da me non letti.