sabato 11 luglio 2015

Dennou Coil: Recensione

 Titolo originale: Dennō Coil 
Regia: Mitsuo Iso
Soggetto: Mitsuo Iso
Sceneggiatura: Toshiki Inoue, Mitsuo Iso
Character Design: Takeshi Honda
Musiche: Tsuneyoshi Saito
Studio: Madhouse
Formato: serie televisiva di 26 episodi
Anno di trasmissione: 2007


Nella città di Daikoku, realtà virtuale e materiale si sovrappongono, lasciando spazio ad un nuovo modo di intendere la percezione delle cose. Mediante l'impiego di particolari occhiali dotati di una tecnologia all'avanguardia, è possibile connettersi permanentemente al cyberspazio, il quale si presenta vivido, tangibile, ma allo stesso tempo sfuggente e denso di enigmi. In questo mondo in bilico tra reale ed irreale - ma poi, che cos'è effettivamente la realtà? -, dei bambini delle elementari si avventureranno in domini sconosciuti, inizialmente per fini ludici e successivamente per scoprire la verità inerente l'altra parte, un luogo fatto di ombre e di frammenti di ricordi nel quale sono sopiti atavici misteri in attesa di essere svelati.


La rielaborazione del cyberpunk operata da Mitsuo Iso - nome altisonante che di certo non ha bisogno di presentazioni -, nonostante gli innumerevoli mutamenti ai quali è andato incontro il genere,  si rivela fresca, innovativa, capace di aprire una nuova breccia in un movimento che sembrava ormai aver esaurito tutte le sue risorse. Nella sua prima metà, "Dennou Coil" si rivela un anime solare, leggero e basato su una divertente presentazione dei vari personaggi principali, tutti caratterizzati con grande cura - in particolare l'effettiva protagonista della vicenda, l'introversa Yuuko Amasawa. E dopodiché, quando la vera trama prende sopravvento, si assiste ad una commistione serrata di eventi e colpi di scena resi con grande pathos; le tematiche tipiche del cyberpunk - come ad esempio la ricerca della vera natura dell'identità, il rapporto tra uomo e tecnologia, la riflessione sulla natura della coscienza e dell'Io - prendono il sopravvento, e, ora che ogni protagonista è stato "reso vivo" e dotato di un passato, è possibile farlo interagire con l'ignoto, con il suo lato oscuro, mettendolo di fronte alla sua ombra - le poetiche puntate finali, nelle quali le due protagoniste viaggeranno, più che all'interno del mondo dell'altra parte, all'interno di loro stesse.


Le riflessioni presenti nell'opera principe di Mitsuo Iso vengono trasposte con un modus operandi  che rende il tutto delizioso, pacato e scevro di ridondanti barocchismi stilistici; la regia amalgama i vari elementi dell'opera - siano essi concettuali o puramente estetici - in modo quanto mai organico, coadiuvandoli con una trama perfetta - avvincente, complessa, originale e priva di buchi narrativi. Si assiste all'evoluzione psicologica dei personaggi; in particolare la maturazione di Yuuko Amasawa è studiata nei minimi dettagli: il personaggio sembra "vivo", e dall'iniziale chiusura in sé stesso a causa di un trauma infantile, rapportandosi con gli altri - in particolare con l'altra Yuuko -, andrà incontro ad un graduale processo di maturazione. Se i rapporti sociali per Amasawa erano inizialmente basati sulla solitudine e su una rigida gerarchia tra i suoi subordinati e la sua autorità incontestabile, con l'evolversi delle vicende ella andrà incontro ad un graduale cambiamento, e  non potrà fare a meno delle altre persone per poter definire il suo essere - tu hai coraggio e non hai nessuna paura del dolore... tu sei una ragazza coraggiosa, e infatti sei Isako! -.


Con grande intelligenza, "Dennou Coil" non si rivela un mero monito anti-tecnologia fine a sé stesso. Non è di certo questo il suo scopo primario, dacché negli ultimi frangenti dell'opera tale riflessione viene accantonata al fine di lasciar spazio alla domanda: che cosa ci definisce realmente? L'unica risposta che Yuuko Okonogi riesce a darsi è: "il mio dolore al cuore è l'unica certezza che ho in questo momento"; "se seguirò la direzione da cui proviene il dolore, troverò qualcosa di vero". A prescindere dal fatto che sia un'illusione o meno, è la sensazione di "essere sé stessi", di "sentire", di "provare del dolore" a definire la nostra essenza nella più annichilente confusione; un dolore che in qualche modo è collegato all'altro, alla persona cara che si desidera comprendere realmente. Ed ecco che si realizza una nuova dimensione interiore in cui ogni domanda ed ogni incertezza lasciano spazio alla ricerca della giusta misura con la quale pesare il proprio passato, la propria identità, i rapporti con le altre persone.


Per quanto concerne gli aspetti tecnici, la perizia dello staff scelto da Mitsuo Iso è ineccepibile: a delle ottime animazioni e ad una regia perfettamente funzionale a quanto narrato, si aggiungono una spendida colonna sonora, dotata di alcuni brani alquanto commoventi che ben si adattano alle scene più significative e poetiche dell'opera, nonché una scelta delle ambientazioni semplice e tipicamente giapponese, in cui la computer grafica viene utilizzata con il giusto tatto, in modo da evitare stridenti commistioni stilistiche. La soffice accuratezza con cui è stato dosato il comparto tecnico si rispecchia nell'intero anime, che ha il grande pregio di raccontare con umiltà e semplicità cose complesse, per nulla rivolte ai bambini, che rimandano a quel tecno-orientalismo tipico degli anni novanta che tanto aveva affascinato il pubblico occidentale dell'epoca.


A parte alcuni episodi più deboli degli altri presenti nella prima metà della serie, i quali svolgono il ruolo di meri riempitivi - alcuni dei quali si rivelano comunque esilaranti, e contribuiscono a definire la caratterizzazione dei personaggi -, non trovo altri difetti da attribuire a questo fulmine a ciel sereno firmato Mitsuo Iso. E guardando più avanti, superando le barriere dell'apparenza, volendoci riallacciare al dolore di Yuuko percepito come l'unica certezza sulla quale ella può contare, emerge un profondo messaggio sulla natura del sé, ovvero che è la sofferenza che determina la nostra maturazione: e fuggendo da essa non potremmo mai definire completamente il nostro essere, non potremmo mai chiamarci Isako, ovvero イサコ, "ragazza coraggiosa".









2 commenti:

  1. Ottima recensione.
    Oltre a tutto ciò che è stato citato, ho amato particolarmente la sinergia fra folklore giapponese/shinto ed elementi sci-fi.
    Per esempio l'utilizzo di "codici" dalla forma di Ofuda, oppure (cosa che ho trovato spassosissima) il fatto che i Satchi non potessero oltrepassare i confini dei templi per via di questioni di competenze amministrative (dipartimento delle poste contro dipartimento della cultura).
    In particolare, questa seconda cosa l'ho trovata particolarmente dissacrante ed estremamente intelligente. Non c'è nulla da dire: Mitsuo Iso aveva preparato ogni aspetto di quest'opera nei minimi particolari.

    RispondiElimina
  2. Grazie per il commento e per l'apprezzamento. Sono abbastanza affezionato a questa recensione, dacché a suo tempo l'avevo scritta col cuore, tenendo bene a mente le affinità psicologiche presenti tra me e Isako, le quali mi avevano aiutato a comprendere meglio il personaggio in tutta la sua adorabile, ambigua e struggente complessità. :)

    RispondiElimina