Shiki Jitsu viene subito dopo Love & Pop ed è il secondo film con attori in carne e ossa di Anno Hideaki, il regista di Evangelion. L'attrice protagonista, Fujitani Ayako, è la figlia di Steven Seagal e il film, almeno sulla carta, è un adattamento di un suo racconto breve, Touhimu. Preso atto di queste formalità, Shiki Jitsu è invero una creatura tutta di Anno Hideaki, e in particolar modo sembra la conclusione di una ipotetica trilogia concettuale costituita altresì dall'End of Eva e dal succitato Love & Pop. In pratica, "Io, regista alienato che vive in un mondo di finzione per proteggermi dalla vita, incontro la vita in sé stessa, ossia una giovane ragazza col disturbo borderline. La sua sofferenza mi scuote, mi impressiona, mi fa cambiare. Ci creo un personaggio fittizio sopra: Sooryuu Asuka Langley (per intenderci la "rossa" di Evangelion). Mi innamoro del mio personaggio perché non sono in grado di gestire la persona reale. E mi odio per questo". Nell'End of Eva infatti avevamo la messa in scena dell'ossessione onanistica per l'archetipo della broken girl: Shinji che si masturbava su Asuka in coma; Gendo che infilava la mano in una Rei completamente nuda, un po' come un vecchio puttaniere ebefilo; l'altro tizio di cui non ricordo il nome che durante il trapasso veniva perseguitato da un esercito di Rei assatanate e ghignanti. E così via. In Love & Pop, d'altro canto, si entra a tutto tondo nel fenomeno dell'enjo kosai, ma in una dimensione più sociologica e meno intimista (in fondo è un adattamento di Topaz II di Murakami Ryuu, un idealista che ha passato la vita a scrivere del vuoto interiore e della decadenza del consumismo nippo-americanizzato).
giovedì 28 marzo 2024
sabato 22 ottobre 2022
Oblio: Recensione
Oblio è un fumetto creato da un "collettivo" di autori e autrici regalatomi in amicizia da una di questi (grazie Diletta). È un'opera mista (ogni capitolo ha un disegnatore differente) basata sul senso di perdita (il protagonista perde la fidanzata in un disastro ferroviario) e la successiva riparazione del vuoto, dell'Oblio per l'appunto, che inevitabilmente segue al trauma. Il fumetto, composto da un unico volume autoconclusivo, è nato come autoproduzione per essere poi definitivamente distribuito dalla casa editrice Double Shot. La qualità generale dei disegni è buona e le tematiche di grande interesse per chi come me apprezza le narrazioni psicologiche e introspettive. Non si tratta tuttavia di un'opera perfetta: in Oblio vi sono troppi alti e bassi, troppa voglia di strafare e di lasciare il segno a tutti i costi, ovviamente a discapito di coerenza e realismo.
mercoledì 29 settembre 2021
serial experiments lain: Recensione 2.0
Regia: Nakamura Ryutaro
Soggetto: Production 2nd (ABe Yoshitoshi, Ueda Yasuyuki)
Sceneggiatura: Chiaki J. Konaka
Character Design: ABe Yoshitoshi (originale), Kishida Takahiro
Musiche: Nakaido Reiichi
Studio: Triangle Staff
Formato: serie televisiva di 13 episodi
Anno di trasmissione: 1998
martedì 7 settembre 2021
Love & Pop: Recensione
Regia: Anno Hideaki
Musiche: Mitsumune Shikichi
Anno di uscita: 1998
Ci sono due scrittori di cognome Murakami: quello a mio parere privo di spessore che tutti più o meno conoscono qui in Occidente, Murakami Haruki, e quello davvero intellettuale e profondo, Murakami Ryuu, il racconta(non)storie di una Tokyo malata di consumismo ed edonismo sfrenati (siamo nel contesto della bolla economica degli anni ottanta, la cosiddetta baburu ). Un dettaglio non trascurabile è che Murakami Ryuu è lo scrittore preferito di Anno Hideaki. E infatti, in Love&Pop, che è l'adattamento cinematografico (d'autore) del romanzo Topaz II, abbiamo un omaggio non trascurabile a quello che reputo il "vero" Murakami. Se in Tokyo Decadence, nel quale lo scrittore girava il suo Topaz (al quale Topaz II fa da sequel concettuale) l'anello di topazio era un modo della prostituta Ai di "sopravvivere" in un mondo privo di amore (una veggente le aveva detto che grazie all'anello avrebbe ottenuto l'uomo di cui era innamorata, salvandola da una vita di miseria), in Love&Pop l'anello è svuotato da ogni forma di appiglio pseudonarrativo: esso è semplicemente l'oggetto cui l'accompagnatrice minorenne Yoshii Hiromi ambisce per colmare il proprio vuoto interiore. Ai è infatti più vecchia di Hiromi, e si nutre ancora di qualche forma di illusione; Hiromi invece dà già per scontato il vuoto materialista in cui vive, e ad esso si è perfettamente adattata.
mercoledì 2 giugno 2021
La mia prima volta – My lesbian experience with loneliness: Recensione
Autore: Nagata Kabi
Tipologia: Seinen Manga
Edizione italiana: J-POP
Volumi: 1
Anno di (prima) pubblicazione: 2016
Quella di Nagata Kabi è la lucida autoanalisi di una persona fragile che utilizzando il proprio Io come laboratorio, forse senza manco volerlo, fa luce su tutti i problemi di un'intera epoca/generazione. Il punto di partenza della vicenda è l'abbondono dell'università da parte dell'autrice, con conseguente esclusione dal mondo/società. Da lì in poi la Nagata inizia a maturare una profonda forma di depressione che la spinge a procurarsi tagli sulle braccia e a strapparsi i capelli procurandosi calvizie. La questione dell'omosessualità non viene affrontata né con toni politici né vittimistici, pur essendo il Giappone una cultura molto poco aperta in questo senso. Sabishisugite rezu fūzoku ni ikimashita (i.e. Per la troppa solitudine sono andata in un bordello lesbo), nonostante la sua confezione, non è assolutamente un manga per fujoshi o una puttanata con mire fanservicistiche: a parer mio è la naturale evoluzione ai giorni nostri del lavoro di Okazaki Kyouko, che già negli 80s parlava della vuotezza della società dei consumi utilizzando un giocattoloso contrasto tra bianco e rosa cipria, che la Nagata fa suo e arricchisce con un tratto molto personale.
lunedì 19 aprile 2021
Boogiepop Phantom: Recensione 2.0
Regia: Watanabe Takashi
Soggetto: basato sui romanzi di Kadono Kouhei
Sceneggiatura: Murai Sadayuki, Minakami Seishi, Nojiri Yasuyuki
Character Design: Suga Shigeyuki
Musiche: Tsuruoka Yota
Studio: Mad House
Formato: serie televisiva di 12 episodi
Anno di trasmissione: 2000
mercoledì 24 marzo 2021
DEADMAN: Recensione (by AkiraSakura & Shito)
Titolo originale: DEADMAN
Autore: Egawa Tatsuya
Tipologia: Seinen Manga
Edizione italiana: Dynamic Italia
Volumi totali: 6
Anni di uscita: 1998~2000 (JP), 1999~2003 (IT)
«Lo scorrere di un fiume non si arresta mai... e per questo... non è mai uguale a se stesso.
Nell'acqua che ristagna... la schiuma può unirsi ad altra schiuma... ma non resta mai ferma a lungo.
Gli uomini e il dolore che affligge il mondo... non mutano mai.»
Dopo una laurea ottenuta presso l'antica e prestigiosa università nazionale di educazione di Aichi (una sorta di Scuola Normale), Egawa Tatsuya decide di abbandonate la carriera di insegnante e di dedicarsi al fumetto, diventando un mangaka. Per un brillante giovane giapponese, nato nel 1961, si trattava di una scelta a dir poco controcorrente, considerata l'assai conformistica società della sua patria, soprattutto ai tempi, ma forse – come capirà al volo chi conosce la sua opera – il già intellettuale Egawa aveva in mente una forma di educazione più anticonvenzionale, se non rivoluzionaria. Nelle sue opere, infatti, mai scevre di una esplicita componente erotica, si direbbe ai limiti della pornografia, eppure del tutto assente di quella nota di voyeurismo ozioso che ne è tipico, l'autore innanzitutto critica con feroce intelligenza proprio il sistema educazionale giapponese: debutta con BE FREE!, l'antesignano del più noto, ma ben più frivolo e pecoreccio GTO, e in seguito, raggiunge grande notorietà con GOLDEN BOY, che non è affatto una mera commedia dai toni erotico-demenziali, come lascerebbe pensare la trasposizione animata. Divenuto ormai una contrastata personalità televisiva da salotti intellettuali, Egawa continua a condurre la sua critica del sistema scolastico giapponese, spingendola verso la svalutazione della formazione universitaria e della società nipponica essa tutta. Giunti negli Anni Novanta, sarà poi il turno anche di DEADMAN, che in effetti non è neanche più un manga vero e proprio, quanto una sorta di saggio di misticismo e filosofia politica travestito da storia gotica di vampiri. Dal punto di vista narrativo, DEADMAN è infatti organizzato (e disegnato) pressoché come una mera serie di dialoghi e racconti tra i personaggi, tanto da far pensare alla forma di trattato filosofico tanto amata da Platone, solo con l'aggiunta dei disegni: si tratta di una vera destrutturazione del medium narrativo chiamato "manga".
martedì 26 gennaio 2021
FLCL: recensione
Regia: Tsurumaki Kazuya
Sceneggiatura: Enokido Youji
Character Design: Sadamoto Yoshiyuki
Musiche: The Pillows
Studio: GAINAX, Production I.G.
Formato: serie OVA di 6 episodi
Anni: 2000/2001
Maybe, kids don't need the masters
Just waiting for the little Busters
In una società familistica come quella giapponese, il rapporto con i genitori è un tema cruciale (ad esempio basta pensare a tutta la riflessione di Imagawa, che delle colpe dei genitori che ricadono sui figli ne ha fatto il cardine della sua poetica). Ciò premesso, è stato detto molto sul qui presente Furi Kuri, dato che è caratterizzato da uno spiccato senso del nonsense e dell'assurdo (cose che potrebbero trarre in inganno lo spettatore occidentale). Tuttavia, il fulcro di questa metanarrazione così bizzarra, è appunto la famiglia. In particolar modo, si avverte il distacco generazionale tra Tsurumaki Kazuya, che qui riveste per la prima volta il ruolo di regista generale, e il suo mentore Anno Hideaki. Infatti ai tempi di quest'ultimo, cresciuto con la Expo di Osaka'70 nel cuore (e pertanto con una forte carica ideologica, sebbene simulacrizzata), ancora permaneva qualche residuo dell'istituzione "famiglia nucleare" (virgoletto perché la crisi della famiglia c'era già ai tempi di Anno, anche se in forma più lieve di oggi).
martedì 7 luglio 2020
OFF: Recensione
Anno di uscita: 2007
giovedì 1 agosto 2019
Neon Genesis Evangelion: Recensione 2 .0
Regia: Anno Hideaki
Progetto & Soggetto: GAINAX
Character Design: Sadamoto Yoshiyuki
Mechanical Design: Yamashita Ikuto, Anno Hideaki
Musiche: Sagisu Shiro
Realizzazione Animazioni: GAINAX, Tatsunoko Production
Formato: serie televisiva di 26 + 2 episodi
Anni di trasmissione: 1995 - 1996
Disponibilità: edizione italiana in dvd a cura di Dynit
Evangelion è Anno Hideaki, ossia uno dei più influenti otaku di prima generazione (ossia quelli che avevano vissuto l’Expo di Osaka ’70 da bambini). Non esiste altra interpretazione dell’opera: essa va letta come l’anima, volendo lo spirito, la vita, di un otaku appartenente a un determinato periodo storico post-WWII (con tutti i mutamenti sociologici del caso), che si è guadagnato da vivere con cose - all’epoca, in Giappone - considerate da bambini/ritardati.
Con quest’opera, il cerchio del sogno otaku inaugurato dalla stessa GAINAX con Daicon III si chiude definitivamente, con un ragazzino che piagnucola dacché non riesce a definire la sua identità in un mondo di solitudine. Dopodiché, travisato nei suoi significati e frainteso da una nuova generazione di otaku ormai radicalmente diversa da quella di Anno, che poco si interessa a inserirsi in una società sempre più inesistente («There is no such thing as society», Margaret Tatcher docet), Evangelion diventerà un fenomeno consumistico di massa, sia in Giappone che all’estero. Le sue protagoniste assumeranno lo status di icone pop, dai videogiochi erotici alle doujinshi pornografiche, e le loro acton figures venderanno più dei modellini delle unità Eva. Nondimeno, la storia verrà sfruttata commercialmente fino alla nausea, con decine e decine di spin-off e storyline alternative (anche ad opera dello stesso autore, si pensi al discutibile Rebuild of Evangelion). Ciò premesso, oltre ad essere una lucida analisi delle problematiche legate ad una determinata condizione sociologica, la magnum opus di Anno è altresì uno degli anime più importanti della storia del suo media, tant’è che il 1995-97 è una linea di demarcazione di cui ogni eventuale “storico degli anime” dovrebbe tenere conto.
domenica 30 dicembre 2018
Lamù - Beautiful Dreamer: Recensione
Il contesto è quello del Giappone della bolla finanziaria fittizia indotta dagli investimenti esteri e dalle incoscienti politiche della banca centrale nipponica: analizzando tutti i vari media del periodo, canzoni pop incluse (una su tutte: la storica Merry-go-Round di Tatsuro Yamashita, 1983), è possibile farsi un’idea dell’opulenza della Tokyo di allora, ben distante dagli attuali standard recessivi dell’economia giapponese. L’eterna estate di Beautiful dreamer è analoga al “migliore dei mondi possibili” di Megazone 23 e alla città contenuta dalla colossale SDF-1 di Macross. E’ l’estate della Tokyo “congelata” nell’occidentalizzazione, nell’apatia e nella dimenticanza del passato.
lunedì 30 aprile 2018
L'età della convivenza: Recensione
Sofferto, come i tempi di piombo - ma allo stesso tempo di transizione verso l'attuale nulla economico/sociale che ci affligge - in cui vide luce, Dousei Jidai, al netto della sua intrinseca giapponesità, rappresenta una lettura ancora attuale. Indubbiamente.
domenica 21 gennaio 2018
Ultra Heaven: Recensione
sabato 30 dicembre 2017
Tokyo Babylon: Recensione
martedì 20 dicembre 2016
Texhnolyze: Recensione
Regia: Hiroshi Hamasaki
Soggetto: Production 2nd (Yoshitoshi ABe, Yasuyuki Ueda)
Sceneggiatura: Chiaki J. Konaka
Character Design: Yoshitoshi ABe (originale), Shigeo Akahori
Musiche: Reiichi Nakaido
Studio: Madhouse
Formato: serie televisiva di 22 episodi
Anno di trasmissione: 2003
sabato 12 novembre 2016
Wet Moon: Recensione
«Ehi, ascoltami... che aspetto pensi che abbia il lato nascosto della Luna? Nessuno può ancora saperne niente, e sono libera di dare sfogo alla mia immaginazione, no? Però... presto gli esseri umani andranno lassù. E a quel punto, questa mia libertà scomparirà di colpo.»
sabato 22 ottobre 2016
Strange Circus: Recensione
Formato: film cinematografico
sabato 15 ottobre 2016
Boku wa Mari no Naka: Recensione
sabato 1 ottobre 2016
Mind Game: Recensione
sabato 17 settembre 2016
Malice@Doll: Recensione
Regia: Keitaro Motonaga
Soggetto & sceneggiatura: Chiaki J. Konaka
Character Design: Shinobu Nishioka
Visual Concept: Yasuhiro Moriki
Musiche: Y-Project
Studio: Arts Magic
Formato: serie OVA di 3 episodi
Anni di uscita: 2001
La razza umana si è estinta. Ciò che rimane di essa sono le sue creazioni, in particolare uno squallido quartiere a luci rosse in cui delle prostitute robotiche vanno alla ricerca di clienti senza mai trovarli – in fondo, proprio a tal fine sono state programmate. Malice, bambola sessuale che si è guastata – le è uscita della colla da un occhio, che è andata a formare un'indelebile lacrima -, un giorno, mentre si reca dal robot adibito alle riparazioni, incontra una bambina fantasma, che la conduce nei meandri del sottosuolo per farla violentare da una gigantesca maschera dotata di tentacoli. Quando Malice si risveglia è diventata umana, e in più ha guadagnato un potere rivoluzionario: baciando i suoi colleghi androidi – «ti darò un bacio, è l'unica cosa che so fare» -, può infondere loro la vita, facendoli diventare degli esseri di carne e sangue. Ma mentre Malice in versione umana è perfetta, le “vittime” del suo bacio diventano delle mostruosità aberranti, grottesche e insensate. Era questa la sostanza dell'umanità che in passato popolò il mondo? Amore significa anche mutamento, perdita del sé e, in ultima sintesi, morte? Che rapporto c'è tra corpo e spirito? E tra sogno e realtà? Di certo, una mera macchina non può saperlo. Non può comprendere.