sabato 3 maggio 2014

Le ali di Vendemiaire: Recensione

 Titolo originale: Vandemieru no Tsubasa

Titolo inglese: Wings of Vendemiaire

Autore: Mohiro Kitoh

Tipologia: Seinen

Edizione italiana: Star Comics 

Volumi: 2

Anno di uscita: 1996

 


Iniziai a leggere "Le ali di Vendemiaire" sospinto dal fascino e dall'interesse che in me avevano destato le altre due opere, ben più note, di Mohiro Kitoh ("Narutaru" e "Bokurano") autore dall'inconfondibile stile grafico piuttosto asettico e algido, volto in funzione di una sceneggiatura affilata e crudele, che lascia la riflessione ad appannaggio del lettore, senza svolgerla a suo beneficio, aprendo così la possibilità ad una rielaborazione del tutto personale dei contenuti, i quali si connotano spesso per un cinismo decisamente marcato.


Questi racconti brevi superano ogni mia previsione ed aspettativa, sprofondando in una spirale di dolce esistenzialismo e malinconia, rivelandosi una sublime metafora che sfiora e lambisce con effimera eleganza molteplici aspetti e dubbi ontologici propri dell'uomo e della sua condizione nel mondo, il rapporto tra genitore e figlio, la necessità di indipendenza, il rapporto con i suoi limiti; ma col cercare di farne un elenco mi sembra quasi di fare uno sgarbo a quello che quest'opera ha significato per me, nella presunzione di poter costringere in forma e parola tale intimo flusso di sensazioni e riflessioni. Nonostante ciò, cercherò di esprimere le mie considerazioni nel modo più chiaro possibile. Esordiamo dunque con una citazione che penso esplichi in modo efficace un buon punto di partenza per tentare di analizzare "Vendemiaire":

"Le ali esistono in nome della rivolta e della libertà, sono una sfida a Dio una sorta di liberazione dall'incanto che lega alla terra"

È appunto l'ambizione al volo uno dei temi di fondo che accomuna questi brevi racconti. Essa viene intesa come tensione verso la libertà, verso qualcosa di elevato, di effimero, nata dal desiderio di svincolarsi dalle catene che ci imprigionano e limitano in una spietata contingenza. Questo topos si scorge anche nelle altre storie e ne offre una importante chiave interpretativa.
Molteplici sono infatti i vincoli che imprigionano l'uomo, il quale è portato naturalmente a crescere e a tentare, spesso invano, di spezzarli, di affermare la propria individualità in cerca di una "raison d'etre" per giustificare la propria esistenza. Le ali, dunque, parrebbero simboleggiare un effimera speranza da inseguire, il sogno di una "rivoluzione" contro quei vincoli imposti all'essere umano da dio, dai genitori, dal mondo e da se stesso.


Le bambole alate sono una metafora; marionette il cui creatore (che può prendere il nome di dio ma anche di uomo) ne determina le possibilità; nonostante siano dotate di una volontà propria, non sono veramente libere. Difficilmente possono svincolarsi da tale atavica stretta, se non con l'unico atto che permette loro di affermare la propria volontà in assoluta indipendenza, ovvero la rinuncia: scegliere per se stesse di porre fine alla propria esistenza, il suicidio inteso come ultimo ed estremo atto di affermazione assoluta della volontà di liberazione. Esso viene inteso, tuttavia, anche in un aspetto leggermente diverso: viene infatti messo in relazione col "sacrificio di sé", elevandolo a scelta con un fine quasi più nobile, che conferisce un significato, uno scopo, all'esistenza. Mediante il sacrificio della propria vita, facendone un dono in funzione della salvezza altrui, anche una marionetta inutile, creata per mero capriccio, può dare uno scopo alla sua esistenza, far sì che essa non sia stata vana. Rinunciare alla volontà di vivere per vivere, realizzare se stessi nella morte, forse l'unica scelta del tutto libera.
(riferimento al racconto: "la cremazione di Vendemiaire")


Ma torniamo un attimo indietro, una metafora, dicevamo, una metafora appunto, che si giostra su due diversi piani: l'uno metafisico e l'altro psicologico, rispettivamente il rapporto con l'assoluto e il rapporto con il genitore.
Il primo lambisce con delicatezza i concetti di libertà e libero arbitrio, di ambizione e di desiderio, la realtà si rivela immensamente spietata e crudele, la contingenza (la natura) sembrerebbe stringere in uno spietato meccanicismo l'individuo, ed in effetti è così, ma vi sarà sempre nella volontà la potenzialità della scelta. L'unico modo per cercare di "spiccare il volo" è la presa di coscienza di tale dilemma e cercare la propria indipendenza, anche se ciò si palesa come una mera illusione... ma in qualcosa si deve pur credere. Ad esempio attraverso l'ingegno, proiezione della nostra volontà, dei nostri desideri ed ambizioni nella realtà; strumento che permette di librarci metaforicamente (e non) nel cielo, seppur artificialmente. Anche il crescere e maturare costituiscono un pericoloso allontanarsi dalla "protezione divina"(o materna se vogliamo, ma questo si vedrà più avanti) uno sfidare la sorte: "quando voliamo siamo soli", e dobbiamo bastare a noi stessi, palese metafora della crescita e del diventare adulti, dell'allontanarsi da quel guscio che è il nostro mondo. Quella guadagnata non sarà forse vera libertà, d'altronde davvero potrebbe esistere tale chimera? Ma sarà pur sempre il frutto di una nostra scelta consapevole.


Il desiderio, e soprattutto la necessità, di una presa di coscienza si percepiscono non solo nella loro dimensione astratta e metafisica ma, altresì, nel rapporto che intercorre tra genitore e figlio. I genitori infatti tendono ad imporre la propria volontà sulla prole, per far sì che essa diventi strumento atto a soddisfare la loro felicità, desideri, aspettative. Cercano dunque di plasmare i figli come vogliono e perciò prevaricano inconsciamente sulla volontà degli stessi, che rimangono attaccati alla figura del padre e della madre e non riescono a sfuggirvi o, al contrario, non vedono l'ora di poter fuggire a tali pressioni. La necessità dell'indipendenza, in ogni caso, è inevitabile e per raggiungerla il figlio non può che crescere, staccandosi dai genitori, "uccidendo" simbolicamente la figura materna per penetrare il mondo adulto, fuggendo dalla forma che il genitore vuole imporgli, fuggendo dalla protezione confortevole del grembo materno. Questa ribellione avviene in una dimensione interiore, grazie ad una maturazione dovuta allo scontrarsi con la dura realtà, al disincanto.

Siamo dunque, noi, come marionette? Giocattoli di un dio tiranno? La nostra libertà, le nostre certezze di cui andiamo fieri e che ci confortano, sono davvero tali? O si rivelano solo mere illusioni, fragili ed effimere tanto che basta un alito di vento per farle crollare miseramente in pezzi? Le nostre ali spesso assomigliano più ad una decorazione: come quelle di Vendemiaire, non possono volare.


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