venerdì 20 maggio 2016

Shirobako: Recensione

Titolo originale: Shirobako
Regia: Tsutomu Mizushima
Composizione serie: Michiko Yokote
Character design: Kanami Sekiguchi
Musiche: Shirou Hamaguchi
Studio: P.A. Works
Formato: serie televisiva di 24 episodi
Anno di uscita: 2014


Aoi Miyamori, Shizuka Sakaki, Emi Yasuhara, Midori Imai e Misa Todo sono cinque studentesse appassionate di animazione che, per il festival scolastico del loro ultimo anno di liceo, decidono di realizzare artigianalmente un cortometraggio anime da proiettare nella propria scuola. Le amiche, all'alba del loro ingresso nella società lavorativa, si scambiano una promessa: in futuro dovranno riuscire a realizzare una loro opera originale, curandone insieme gli aspetti produttivi.
Alcuni anni dopo Aoi è diventata un'assistente di produzione e lavora insieme a Ema, divenuta animatrice, alla Musashino Animation (abbreviato in MusAni), uno studio tornato da poco sulla cresta dell'onda. Midori nel frattempo studia all'università, mentre Misa è stata assunta da un'azienda specializzata in computer graphics e Shizuka, doppiatrice in erba, lavora part-time in un bar per mantenersi gli studi di recitazione.
"Shirobako", serie d'animazione di 24 episodi uscita nella stagione invernale del 2014, è dunque il (meta)racconto di queste cinque ragazze e del loro sogno, che si intreccia con quelli di centinaia di altre persone, all'interno di una delle fabbriche di sogni più vaste e prolifiche al mondo.

 

A parere di chi scrive il più gran pregio di "Shirobako" sta nell'essere riuscito a dare un volto al mondo dell'animazione (anziché un semplice quanto distaccato chiarimento tecnico sulle fasi della creazione di un anime, com'è dato aspettarsi) proprio grazie all'immedesimazione in esso; immedesimazione che peraltro avviene nel modo più semplice e – c'è da dirlo – efficace in assoluto. Le cinque ragazze – in particolar modo Aoi Miyamori, la "vera" protagonista di "Shirobako" – all'inizio si possono dire nella stessa condizione dello spettatore, ovvero poste d'innanzi a una realtà del tutto esterna alla loro, una realtà comunemente invisibile e nascosta al pubblico "generalista", talmente abituato a consumare prodotti a un ritmo spaventoso da aver ormai completamente rimosso la loro origine; questo espediente narrativo, più che mai azzeccato in un tal contesto, permette sostanzialmente uno sviluppo "da vicino" delle vicende, non più assimilate dall'alto della nostra focalizzazione esterna da spettatori bensì osservate con gli occhi e il cuore della protagonista. Per cui a un primo impatto leggermente spiazzante (ma mai confusionario) segue una sempre maggiore immersione nella vita e nelle vicende quotidiane del piccolo studio d'animazione, mentre in parallelo assistiamo ovviamente all'evolversi della realizzazione vera e propria di un'opera animata, descritta sempre impeccabilmente e con dovizia di particolari.


Fin da subito ci ritroviamo catapultati nella frenesia dell'ufficio, in mezzo a un coacervo di chiassosi e alquanto atipici personaggi intenti ad adoperarsi nel loro mestiere. Termini tecnici e accese discussioni non si risparmiano, tanto che inizialmente, a meno che non si abbia già un minimo di esperienza in questo campo, stare dietro alla considerevole mole di battute scambiate tra i produttori richiederà una certa dose d'attenzione; si parla di disegni chiave e intercalari, si assiste ai battibecchi tra il direttore delle animazioni e i responsabili della computer graphics o alle ridicole lagne inscenate dal regista pur di non lavorare agli storyboard, il tutto senza un attimo di tregua; ma dopo qualche episodio di "ambientazione" lo spaesamento iniziale lascerà il posto a una sempre maggior consapevolezza dell'ambiente in cui ci troviamo in tutte le sue sfumature. Anche in questo caso non sarebbe del tutto inappropriato definire un parallelismo tra la protagonista Aoi e il suo percorso di maturazione: ma su questo punto ci tornerò in seguito.
Partendo dunque dalle fasi di concepimento, pianificazione e composizione di una nuova opera, si passa alla stesura della sceneggiatura; il character designer lavora ai bozzetti dei primi personaggi, mentre al contempo vedono la luce gli storyboard basati sulla sceneggiatura e i successivi layout; gli animatori si dividono i vari cut, il direttore artistico organizza il lavoro sui fondali e molti intercalari vengono subappaltati ad altre aziende; vengono realizzati gli effetti in CG, si entra nel vivo della fase di colorazione e di post-produzione; nasce la colonna sonora e il comparto rumoristico, i personaggi vengono doppiati e il prodotto finale viene sviluppato, montato e spedito alle emittenti televisive.


Ma oltre a essere una vera e propria enciclopedia sulla produzione di un anime, il merito principale della serie è quello di mettere in luce l'industria degli anime nella sua interezza, senza risparmiarsi anche profonde riflessioni – a volte anche critiche – sugli aspetti meno piacevoli della stessa. Qualsiasi spettatore abbia un minimo di esperienza saprà difatti come questo mondo non sia certo tutto rose e fiori: dai comitati di produzione composti da ciniche caricature umane desiderose solo di tirare acqua al loro mulino fino a registi fannulloni che rallentano il lavoro di tutto il team, passando per assistenti alla produzione sull'orlo del tracollo psicofisico e animatori sottopagati che passano intere nottate in bianco pur di rispettare la tabella di marcia, "Shirobako" riporta per filo e per segno la realtà contemporanea del settore, senza lesinare sul realismo professionale e psicologico dei personaggi e del loro lavoro.


Ma la trovata acuta, paradossalmente, è l'approccio comedy. Nonostante l'opera tocchi temi piuttosto attuali e annoveri diversi momenti emotivamente pesanti, fortunatamente non si lascia mai andare all'autocompiacimento fine a sé stesso, facendo attenzione a mantenere dall'inizio alla fine lo stile brillante proprio del genere che la caratterizza, senza (s)cadere in quello che avrebbe potuto risultare un facile e "furbo" melodramma. Ciò che infatti solitamente potrebbe sembrare un elemento scontato in questo caso gioca un notevole punto a favore della serie, giacché permette lo sviluppo di due importantissimi espedienti: uno (ovvio) di intrattenimento, e uno (fondamentale) di empatia; perché ciò che rende quest'anime superiore alla media è proprio la resa dei personaggi sul piano umano, e la sensazione di sincero affetto che essi ci ispirano, in tutti i loro pregi e difetti. Una volta che impariamo a conoscerli, i membri dello studio MusAni ci appariranno per quello che realmente sono: persone come tutti noi, che hanno sogni e aspettative, che sopportano turni di lavoro intensissimi e tabelle di marcia da svenimento, che festeggiano i successi davanti a una birra con i colleghi e che lavorano a ritmi disumani spinti solo da un'immensa passione per ciò che fanno; il cast stesso, nonostante sia eccezionalmente ricco per una commedia, vanta un'enorme cura e attenzione per ognuno dei suoi teatranti, tutti contraddistinti da una caratterizzazione psicologica adeguatamente delineata, sia nel singolo, sia nella coralità. Degno di nota è peraltro il lavoro svolto dai doppiatori, che sono stati capaci di rendere con una recitazione di grande intensità i diversi personaggi, in tutte le loro sfumature.


Una volta definito il contesto si passa quindi al particolare; e anche su questo fronte, è palese come gli autori abbiano svolto ancora una volta un lavoro ottimale.
Parallelamente alle attività dello studio MusAni viene portata avanti la vicenda personale di Aoi Miyamori. Ragazza sveglia e tenace, quest'ultima condivide con le amiche della scuola superiore il sogno di riuscire a realizzare la loro personale serie animata; tuttavia Aoi si accorgerà ben presto che la strada che porta al raggiungimento del loro obiettivo è quantomai dissestata, e l'entusiasmo di lavorare nell'industria dell'animazione lascerà fin da subito il posto a molteplici dubbi, che travolgono completamente la sua carriera trascinandola in un percorso a ostacoli di domande e incertezze: incertezze derivanti dal lavorare in un settore precario e pronto ad andare in pezzi alla minima disattenzione, dal dover ricevere costantemente sfuriate e porte in faccia, dal vedere le proprie amiche incorrere nell'ennesimo fallimento; il suo entusiasmo iniziale viene subito soffocato, e per la ragazza (ma non solo) arriva il momento di fermarsi, guardarsi alle spalle, e decidere se la strada percorsa la sta effettivamente portando a ciò che vuole diventare. A tal proposito, una trovata simpatica è la coppia formata dall'orsetto di peluche e dalla bambolina di Aoi, che di tanto in tanto prendono vita (e quindi "si animano", altro gioco degli autori sul metaracconto) e iniziano a discutere vivacemente tra di loro: essi rappresentano il "flusso di coscienza" della ragazza, oltre a fungere occasionalmente da narratori intradiegetici e a fornirci curiosità varie sul mondo dell'animazione.


Altro ruolo fondamentale è esercitato dalle serie animate e dai personaggi a cui Aoi, le altre ragazze e tutti i membri dello studio lavorano, spesso metafore della loro interiorità, plasmate e costruite attraverso i sentimenti dei loro creatori: un'immagine simbolica che getta un barlume di calore sulle decine e decine di serie che escono a ogni stagione, spesso e volentieri consumate dal pubblico a tempo record per poi essere lasciate nel dimenticatoio. È incredibile notare come pian piano, passando attraverso le varie fasi produttive, questi "anime nell'anime" prendano rapidamente forma; attraverso l'evolversi della metanarrazione il livello di profondità raggiunto da queste opere fittizie sarà tale che, nei cofanetti blu-ray della serie, saranno persino inseriti degli OAV dedicati a "Exodus!" e "Dai San Hikou Shoujo-tai", le due creazioni nate dai talenti dello studio MusAni dopo l'arrivo di Aoi.


A questo va infine ad aggiungersi anche l'aspetto più nostalgico e celebrativo, che omaggia l'animazione del passato attraverso riferimenti più o meno espliciti a grandi nomi del settore – impossibile trattenere le risate davanti a un Hideaki Anno o un Ichiro Itano in chiave cartoonesca –, personaggi di gran spessore e toccanti flashback che ritraggono fedelmente un'epoca ormai distante, ma più che mai vivida nel cuore di tutti coloro che ne hanno fatto parte; indimenticabili, a tal proposito, il sentito omaggio al capolavoro tominiano "Space Runaway Ideon" dell'episodio 6 e la ending dell'episodio 19 realizzata in stile anni '70, splendido coronamento di uno dei segmenti più emozionanti dell'opera.
Per cui, a dispetto di un character design moe che – benché piacevole – potrebbe inizialmente destare qualche perplessità, la serie è caratterizzata da un realismo costante e ben orchestrato, anche e soprattutto nell'introspezione: la seconda parte, in particolare, si svilupperà in modo molto più maturo della prima e regalerà anche momenti di grande forza emotiva.


"Shirobako" vale la visione perché racconta un intero mondo, in tutti i suoi aspetti, focalizzandosi ampiamente sia sul singolo che sulla totalità e riuscendo a calibrare sapientemente interessantissime parti descrittive, simpatiche gag e momenti più dolci, intimi e toccanti. Da questo punto di vista la ritengo un'opera ben scritta, istruttiva, brillante e originale, arricchita ulteriormente da una marea di citazioni che toccano l'universo dell'animazione giapponese nella sua completezza. "Shirobako" è un vero atto d'amore nei confronti degli anime e dell'universo che ci sta dietro, un'opera di grandi vedute che non mancherà di appassionare tutti, dallo studioso più invasato al semplice curioso che vorrebbe solamente saperne di più in merito a questa realtà così poco conosciuta. Dopotutto, parafrasando Aoi Miyamori, «decine di migliaia di persone attraverso diverse generazioni, insieme alle emozioni e alle opinioni degli spettatori, hanno contribuito a creare gli anime. Un singolo anime potrebbe anche essere la tenue fiammella di una candela; ma se giorno dopo giorno continuiamo a passarci questa fiamma, essa diverrà un fuoco che non si spegnerà mai».















3 commenti:

  1. Le due cose dell'anime che mi hanno colpito di più sono la metanarrazione incentrata sulla dolce protagonista, che allo stesso modo del personaggio principale dell'anime a cui sta lavorando deve fare una scelta fondamentale inerente il suo futuro, e ovviamente la puntata-omaggio a Ideon, un mostro sacro dell'animazione omaggiato in ogni dove (viene citato addirittura nel recente Space Dandy, il che la dice lunga sull'importanza dell'opera tominiana nel contesto della storia del suo media di riferimento).

    Altro pregio dell'anime è l'illustrare la differenza tra la vecchia scuola dell'animazione e l'attuale avanguardia otaku, rappresentata dal regista degli anime a cui Aoi lavora come assistente di produzione. Ciò premesso, gli otaku nell'opera vengono (realisticamente) rappresentati come dei bambinoni rimasti fermi all'adolescenza, ma in modo bonario, senza che venga fatta luce sugli aspetti negativi del fenomeno.

    Ah, ovviamente il mio personaggio preferito è la goth-loli sama. XD

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    1. Grazie del commento :)
      Già, gli omaggi alle opere (Ideon in primis) e alle personalità del passato (Kawamori, Itano, Yasuji Mori e altri) sono una delle chicche di Shirobako. Si vede subito che i primi ad essere innamorati di quel mondo sono gli stessi autori, che hanno riversato nell'opera tutta la propria carriera e la propria passione di addetti ai lavori e al contempo consumatori (memorabile a tal proposito il personaggio di Tarou, che a detta dello stesso regista rappresenterebbe una versione ancora giovane e immatura di sé stesso XD). Citi giustamente Space Dandy, che è un'altra opera iper-citazionista e lasciata completamente alla libertà degli artisti.

      E ciò ci porta appunto alla seconda parte del tuo commento, ovvero la visione degli otaku nell'opera: a mio parere sebbene gli addetti ai lavori/otaku, come giustamente hai detto, vengano rappresentati in modo realistico come eterni ragazzini sognatori e immaturi, non c'era l'intenzione voluta da parte degli autori di mettere in luce anche questo fenomeno... semplicemente avendo trattato l'industria dell'animazione jap vista dall'interno e in modo tanto personale, questa visione realistica dell'otakuzoku è nata in modo spontaneo, e non ricercato. Ed è questo il principale motivo per cui ho scelto di non parlarne nella recensione.

      P.S.: La goth-loli-sama penso sia il personaggio preferito di un bel po' di gente. XD

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  2. "A parere di chi scrive il più gran pregio di "Shirobako" sta nell'essere riuscito a dare un volto al mondo dell'animazione" Credo che questa frase valga come sunto prefetto dell'anime.

    Serie bellissima e interessante, che non scade mai nel pedante o nella noia. Sono arrivato ad affezionarmi ai personaggi e speravo che non finisse mai. Sicuramente da vedere per ogni appassionato che si rispetti di animazione giapponese.

    Peccato che non sia conosciuta ai più... sarebbe perfetta per essere doppiata. Forse l'unico difetto chi gli posso riscontrare è una partenza po' lenta e il quartetto delle protagoniste leggermente troppo stereotipato (di fatti personalmente gli preferisco il resto del cast).

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