Titolo originale: Ano Hi Mita Hana no Namae wo Bokutachi wa Mada Shiranai
Regia: Tatsuyuki Nagai
Character Design: Tanaka Masayoshi
Musiche: Remedios
Studio: A-1 Pictures
Formato: serie di 11 episodi
Anno di uscita: 2011
Regia: Tatsuyuki Nagai
Character Design: Tanaka Masayoshi
Musiche: Remedios
Studio: A-1 Pictures
Formato: serie di 11 episodi
Anno di uscita: 2011
Ano Hi Mita Hana no Namae o Bokutachi wa Mada Shiranai abbreviato AnoHana è una serie del 2011 diretta da Tatsuyuki Nagai, noto anche
per Toradora!, e prodotta dallo studio A-1 Pictures.
I primi episodi di AnoHana erano riusciti a illudermi che questo titolo
potesse avere grandi potenzialità, ma devo con rammarico constatare che
il risultato finale è stato ben al di sotto delle mie aspettative. Forse
mi aspettavo qualcosa di meno ovvio e svenevole e la conclusione,
seppur con un retrogusto amaro, si caratterizza per uno stucchevole
buonismo a me insopportabile. Gli autori sono riusciti infatti
nell'intento di rendere un finale di per sé triste in un qualcosa che
abbia lo stesso un contenuto positivo, a banalizzare quella che poteva
essere una stupenda e tragica conclusione volendo a tutti i costi
ostentare buoni propositi capaci solo di produrre compromessi confusi e
di basso livello, sfociando quindi in uno scialbo eccesso di buoni
sentimenti, suggestivo ma anodino.
Entriamo nell'analisi di "Ano Hana" partendo da una breve descrizione della trama.
La storia tratta di un gruppo di sei amici d'infanzia che cercano di
riprendere i contatti tra di loro dopo essersi persi di vista nel corso
degli anni. Il motivo di tale separazione è stato in gran parte un
fatale incidente che ha portato al decesso di una di loro: Menma.
Tempo dopo, alle superiori, presso la casa di uno dei ragazzi (Jintan)
fa la sua comparsa quello che si potrebbe definire un fantasma
dell'amica morta, il quale, non riuscendo ad “andare in paradiso” per un
rimpianto, è rimasto in una sorta di temporanea forma contingente
affinché possa esaudire il suo desiderio e così guadagnare la pace. Ad
aiutarla ci penserà il ragazzo in questione assieme a tutto il gruppo di
amici, che per questo motivo si riavvicinerà.
Fin dall'inizio si è portati a credere, in modo fallace, che il
protagonista della storia sia Jintan Yadomi. Niente di più sbagliato, il
perno centrale della vicenda è Menma, l'intera narrazione si svolge in
sua funzione rendendola il sole che illumina il sistema di personaggi
che le gravita attorno. Essi infatti hanno tutti un legame con lei,
risalente al tempo in cui erano amici d'infanzia e questo fardello grava
ancora, pesante, sulle loro spalle a distanza di anni.
Il gruppo di amici e le loro relazioni girano dunque tutti attorno a
Menma. Ognuno sente di avere qualcosa da farsi perdonare, si rivelano
con forza gelosie e segreti.
Tutti e cinque presentano delle ragioni particolari per fare andare
Menma in paradiso, di certo non encomiabili in quanto di origine
egoistica: sperano infatti, con la morte della ragazza, di raggiungere i
loro obiettivi e insieme di pulire la loro coscienza. Queste
motivazioni realistiche e in un certo qual modo convincenti verranno
spazzate via da un buonismo senza pari, dovuto per lo più alla figura,
al modello, della loro sventurata amica.
L'insieme di relazioni che si intrecciano viene perciò ad essere poco
credibile e quantomai artificioso. Nonostante la caratterizzazione dei
personaggi sia piuttosto ben fatta, si rovina il tutto con banali e
scontati triangoli amorosi, i quali naturalmente vedono al centro Menma e
l'invidia delle altre due ragazze (Tsurumi e Anaru) il cui ruolo non è
altro che quello di essere gelose e infelici tutto il tempo.
Deplorevole il tentativo della regia di fare piangere “a ogni costo”,
mediante l'utilizzo di scene strappalacrime, profluvi di piagnistei
isterici e immotivati. Si assiste a una vera e propria presa per i
fondelli. Lapalissiano è il tentativo di ostentare il più possibile la
disperazione di questi ragazzi nel perdere di nuovo la loro amica,
aggiungendo la drammaticità del tentativo di fare andare diversamente le
cose rispetto al passato. La similitudine con il nascondino e l'insieme
di reazioni esagerate dei personaggi mi sono sembrati artifici
furbeschi per rendere il tutto stucchevolmente melodrammatico fin nel
midollo. Il risultato finale è un qualcosa di troppo forzato e per nulla
delicato.
Accennavo prima al fatto che le caratterizzazioni dei personaggi fossero buone, perlomeno ben costruite.
In realtà le uniche figure interessanti sono due. Una è la madre di
Menma, che non riuscendo a superare il doloroso passato si chiude in sé,
nei suoi ricordi, fuggendo la realtà. Purtroppo però non viene
approfondito come personaggio poiché secondario. L'altra figura degna di
nota è Yukiatsu, che cela maldestramente una vera e propria ossessione
per Menma, costringendosi a compiere gli atti più assurdi ed
impensabili, nonostante la sua apparente posatezza. Per questo suo
fardello soffre incredibilmente ed è forse l'unico che ha davvero motivo
di farlo.
Jintan invece ha una caratterizzazione a dir poco scontata. Colui il
quale dovrebbe presentare la migliore caratterizzazione e costituire il
fattore portante della storia si rivela un personaggio dalla pochezza
infinita, incapace di agire secondo coscienza: sembra essere il tipico
personaggio buono e altruista, che però sente il peso delle colpe del
passato, il quale lo rende così apatico e incapace di reagire agli
stimoli esterni. Si salva poiché anche lui come gli altri alla fine
mostra il suo lato egoista.
E poi c'è Poppo. Per il suo rammarico scappò dalla città dove avvenne
l'incidente e usò come strumento di fuga da se stesso e dagli altri il
viaggio. Nulla però viene spiegato di come possa badare alla sua
sussistenza o se abbia dei genitori, una famiglia. Insomma un
personaggio simpatico, ma inserito malissimo all'interno della storia.
Dal punto di vista psicologico però è interessante, meglio degli altri,
ma le sue vere motivazioni vengono a galla troppo tardi e sono
tratteggiate superficialmente.
Per quanto riguarda Menma lei è un non-personaggio. Non ha una
caratterizzazione credibile ma si erge più a simbolo, modello di
sincerità ed innocenza. Menma è pura, incredibilmente pura ed è per
questo che è il perno della vicenda. I cinque ragazzi confrontandosi con
lei verranno messi di fronte alla loro pochezza e da qui avranno la
propulsione che li porterà a migliorare.
Mi ha poi lasciato perplesso il pressapochismo con cui viene trattato il
tema della morte e dell'aldilà. Di certo non mi aspettavo che ci si
calasse in riflessioni escatologiche di grande spessore, ma rimane una
lacuna gravosa poiché l'attenzione è tutta spostata sul contingente e
non sull'effettivo destino della ragazza per il quale è scontato che
nell'aldilà ci sia la salvezza. Forse per distanza culturale rispetto
alle concezioni nipponiche, non ho poi compreso come potessero risultare
credibili i riferimenti alla reincarnazione e quant'altro, il che mi ha
reso abbastanza scettico in merito a codesti temi.
Dal punto di vista tecnico non posso che rimanere ammirato per
l'incredibile realizzazione grafica, l'animazione è fluida e gli sfondi
sono spettacolari.
Le musiche, le ho trovate ordinarie, l'opening e l'ending abbastanza d'effetto.
Concludendo ritengo che "Ano Hana" avesse delle potenzialità enormi per
quanto riguarda l'idea di base, ma che il lavoro svolto non sia riuscito
a valorizzare certe tematiche puntando su una massiccia esagerazione
delle scene drammatiche, tanto da risultare stucchevole e per nulla
delicato se non in rare eccezioni, tutte legate al personaggio di Menma,
il cui doppiaggio rende incredibilmente bene le sue dolcezza e
ingenuità. Soprattutto nelle battute finali. "Ano Hana" rimane comunque
un'opera che si sa distinguere e nel suo genere è davvero da
considerarsi buona, perciò guardatela, probabilmente non ne rimarrete
delusi se siete in cerca di emozioni forti e drammaticità ad alti
livelli.
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