Titolo originale: Midori Shoujo Tsubaki
Regia: Hiroshi Harada
Soggetto: Suehiro Maruo
Soggetto: Suehiro Maruo
Sceneggiatura: Hiroshi Harada
Character Design: Hiroshi Harada
Musiche: J. A. Seazer
Musiche: J. A. Seazer
Studio: produzione indipendente
Formato: film cinematografico
Durata 52'
Anno di uscita:1992
Anno di uscita:1992
Nella filosofia orientale, sopratutto nel buddhismo, il tema riguardante la linea di demarcazione tra illusioni e realtà è dominante. Al di là della ruota dell'esistenza, che imprigiona le creature nell'eterno ciclo del Samsara, c'è l'assoluto, il quale allo stesso tempo è il nulla. La sofferenza prodotta dalla vita nel mondo dell'illusione è uno dei temi chiave degli insegnamenti del Buddha. Così come la liberazione dalla sofferenza derivante dalle illusioni create dalla nostra mente. Ora provate a immaginare una trasposizione horrorifica e malata di tale concezione, nella quale il vivere è pura angoscia. Una cosa nauseante. Macabra. Grottesca. Questa è l'idea che ha avuto Hiroshi Harada, il quale, da solo, per cinque anni, ha creato questo controverso film, "Midori/Shoujo Tsubaki", basandosi sul manga di Suehiro Maruo, adattamento a fumetti di una "Kamishibai" (lett. "dramma su carta"), ovvero un racconto folkloristico giapponese tramandato in passato dai monaci buddhisti attraverso le "emakimono" (lett. "pergamene immagine").
Diciamolo subito: per l'elevata dose di violenza disturbante,
psicologica, con incursioni nello splatter e nel macabro, "Midori"
potrebbe scoraggiare parecchio alla visione. Oppure lo spettatore
occasionale a digiuno di cultura orientale potrebbe snobbarlo come un
semplice horror più malato del solito. Ergo non si tratta di una visione
adatta a tutti, ma solamente a un certo target di pubblico di mente
aperta, che magari ha già apprezzato il folkloristico "Mononoke" e certi
lavori di David Lynch, come ad esempio "Eraserhead" e "The Elephant
Man".
Midori è una sfortunata ragazza-archetipo di umili origini, la quale per
sopravvivere è costretta a fare la schiava in un circo; ivi verrà
maltrattata, sarà l'oggetto di cattiverie e abusi di vario tipo; la sua
unica consolazione sarà l'amore dell'inquietante "mago della bottiglia"
Masanitsu, sentimento che non mancherà di far scatenare la feroce
invidia dei mostruosi feticci umani del circo. E' fin troppo chiaro, una
delle metafore del film è la perdita dell'innocenza nel circo della
vita/esistenza, tema che, inconsciamente, mi ha fatto associare l'opera
all'ambiguo brano "Circus" contenuto nell'album "Lizard" dei King
Crimson. Le musiche di J.A Seizer ("La rivoluzione di Utena") sono
ineccepibili, fascinose e ataviche, allo stesso modo delle immagini che
accompagnano: si pensi all'alchimia suono-immagini della memorabile
sequenza finale del film, la quale traspone in modo molto suggestivo la
metafora orientale del mondo delle illusioni.
Non è per nulla un semplice horror, "Midori". Al di là dei già discussi
intenti metaforici e folkloristici, il film ha una sua poetica molto
particolare, coadiuvata da raffinati disegni in pieno mood retrò;
infatti, non a caso, l'opera viene spesso paragonata al capolavoro
targato 1973 "Kanashimi no Belladonna". Ergo le tecniche d'animazione
utilizzate si rifanno agli standard in voga negli anni '70: primi piani
intensi e drammatici, pochi frame disegnati interamente a mano, effetto
cartolina alla Dezaki, utilizzo delle inquadrature trasverse per
accentuare il senso del claustrofobico e così via. Come accadeva in
"Belladonna", la perizia registica si fonde con gli sperimentalismi low
budget, tuttavia creando un prodotto unico nel suo genere, quanto mai
angosciante, affascinante, violento e maledetto.
ottima recensione. fa piacere vedere come alcuni sappiano apprezzare opere come quelle di Maruo non etichettandole come spazzatura
RispondiEliminaGrazie, dipende sempre dall'apertura mentale e dal grado di comprensione delle culture altrui di chi legge. :)
RispondiElimina