Ora che ho formalmente ottenuto il mio PhD in Fisica, proprio nel bel mezzo di una pandemia che sembra non finire mai, penso sia arrivato il momento di affrontare l'argomento "scienza" nel contesto consumistico di massa in cui viviamo. Perché sì, neanche l'accademia si è sottratta alle leggi della società liquida dei consumi. Anzi, vuoi forse per certi motivi ideologici (vedasi l'età anagrafica sessantottina dei professori ordinari), ne è stata addirittura l'avanguardia, una sorta di laboratorio sperimentale sia della precarietà esistenziale che della simulacrizzazione della cultura.
La cosa che più mi ha stupito quando ho iniziato il dottorato è stata che gli articoli scientifici che producevo dovevano essere registrati in un archivio online nel quale venivano etichettati come "prodotti". Pertanto la scienza, che nel passato era considerata cosa nobile, così come la filosofia, diventava un "prodotto", come quelli dei supermercati. In questo grande archivio di dati, i lettori avrebbero potuto "consumare" tutta la scienza che volevano, così come si scelgono i prosciutti al bancone frigo del Carrefour. Ma per arrivare su di uno scaffale, un prodotto deve essere lavorato in un'industria: in una catena di montaggio fordista. Infatti la scienza attuale, che amo definire "postmoderna", è fatta a questo modo: per la maggior parte, si produce una fitta quantità di articoli (scritti molto frettolosamente) che vanno a perfezionare modelli già esistenti. Almeno per quanto riguarda la fisica, il mio campo, la ricerca fondamentale (quella che vorrebbe sviluppare nuove teorie formali tipo la relatività di Einstein), anche se molti non lo dicono perché devono intercettare finanziamenti, è in un vicolo cieco. In pratica, anche qui vedo una sorta di fine della Storia.
Nel passato, erano i geni che creavano queste teorie fondamentali sulle quali oggi si fa "citazionismo" (che alla fin fine è un "perfezionamento", ma come concetto siamo sempre lì). Gente come Newton (che scoprì l'azione a distanza non tanto per la mela, ma perché era contemplata nell'alchimia), Einstein (che lavorava all'ufficio brevetti), Dyson (che odiava il dottorato e l'aveva abbandonato), Planck, Pauli, Schwinger, Schrödinger, Feynman, Tomonaga e tanti altri. Tutte queste persone erano senz'altro particolari, e soprattutto avevano molto tempo per far ricerca, dato che all'epoca non esisteva la pressione che c'è oggi nel dover produrre scienza. In pratica, lo sviluppo intellettuale di questi geni era alimentato da un ambiente fervido e quantomeno ancora istituzionalizzato. Negli ultimi 40 anni invece l'accademia ha spinto il piede sull'acceleratore, abbracciando completamente la teoria liberista, secondo la quale lo Stato deve tagliare i fondi all'istruzione, con conseguente esposizione di ricercatori e teorie al libero mercato, che ovviamente non si autoregola da sé come credono molti economisti. Peccato però che certe ricerche fatte nel passato, con questa mentalità, non sarebbero mai arrivate fino a noi, e certi geni non avrebbero mai avuto la possibilità di esprimersi, perché per produrre articoli in modo industriale, per forza di cose bisogna "perfezionare" o "citare" modelli già pre-esistenti. È rischioso mandare in produzione un capo d'abbigliamento sul quale non si ha un responso certo da parte dei consumatori. Stesso discorso.
Perché se nel passato c'era gente che si presentava alla dissertazione di dottorato con quattro equazioni rivoluzionarie scritte su un foglietto di carta stropicciato, e riceveva comunque l'encomio, nell'oggidì le proprie ricerche si presentano mediante folli pistolotti di nozioni compressi all'interno di slide più colorate e chiare possibili, altrimenti c'è il rischio che il proprio "prodotto" non venda, oppure che gli spettatori non si divertano, e di conseguenza che la propria borsa non venga rinnovata. Ad un certo punto non conta neanche più la scienza in sé, ma il fascino dell'oratore, che da scienziato si trasforma in venditore, in quella figura che in azienda chiamano PE, ossia "Product Manager". In pratica sei il manager di te stesso, ma con una paga da fame e un contratto precario che fa invidia alla schiavitù. Con le conoscenze giuste, tuttavia, dato che nel liberismo si formano degli oligopoli o monopoli, si potrà ambire ad un "posto fisso", in cui si potrà esercitare il proprio ruolo di venditore/politico a tempo pieno. A meno di non essere veramente dei geni, ma anche in questo caso non mancheranno difficoltà, e non si potrà scegliere molto liberamente il proprio argomento di ricerca.
L'università è quindi diventata un'azienda che fa finta di non esserlo, dato che di statale ormai ha soltanto la burocrazia e le tasche bucate. Nel mio periodo di ricerca a Torino, dovevo migliorare un modello teorico per le onde gravitazionali in uno sgabuzzino del quale detenevo le chiavi abusivamente, dato che il mio stesso supervisore, essendo anche lui precario, veniva considerato poco o nulla. Ciò detto, avrei potuto collezionare i ragni e gli insetti che trovavo nel mio ufficio universitario a Milano. Ma lasciamo stare il discorso economico, che non mi interessa. La cosa certa è che come al solito, il prezzo di tutto questo lo pagano i più deboli: innumerevoli gli studi sui problemi mentali di dottorandi e ricercatori postdoc, sballottati qua e là per il mondo con borse ridicole e con giri di politica che talvolta scavalcano il vero interesse scientifico (che comunque, come accade ai prodotti di consumo, è fortemente soggetto alle mode o tendenze del momento). Per quanto riguarda la fluttuazione dell'uomo postmoderno, l'accademia ha davvero fatto centro: e non sto parlando dell'Erasmus, che più che altro è un modo per andare a scopare intensamente all'estero prima di accasarsi col compagno secchione conosciuto in aula, ma di una vera e propria vita, magari con moglie e figli, perennemente sul filo del rasoio (o del portafoglio dei genitori). E pensare che Higgs, quello del famoso bosone, ha pochissimi articoli, e aveva concepito la sua rivoluzionaria idea durante una passeggiata in montagna, in pieno cazzeggio. Lui stesso ha poi ammesso che al giorno d'oggi non sarebbe mai stato in grado di fare la sua scoperta.
Peter Higgs, che ha inventato il cosiddetto "meccanismo di Higgs", che permette il funzionamento del modello standard delle particelle elementari e che ha predetto il "bosone di Higgs", la scoperta sperimentale definitiva per il mondo delle particelle. Lui ha solo 13 articoli pubblicati (io ne ho 10!) e un h-index (l'indice che si usa per quantificare quanto si pubblica e quanto si viene citati) troppo basso per gli standard di oggi. Infatti, lui stesso ha ammesso che senza il Nobel, ora come ora sarebbe disoccupato.
Come diceva giustamente la mia ex compagna, "l'università è una specie di incubatrice che non ti fa mai diventare adulto". Inutile ribadire che ciò è la stessa cosa che accade nel Beautiful Dreamer di Oshii, o nella metanarrativa postmoderna in generale: il consumatore non deve mai crescere, non deve mai diventare adulto (Utena non può uscire dall'Accademia Ōtori, a meno che non rinunci alle sue illusioni). Infatti io stesso, dopo anni e anni di università, mi sono ritrovato molto sprovveduto di fronte ai problemi della vita reale. C'è poi comunque da dire che lo scienziato che riesce a sopravvivere a tutto questo mare di merda lo fa, nel caso in cui non abbia i soliti santi in paradiso, per correre dietro al suo sogno infantile di smontare un giocattolo per capire come funziona (parlo per esperienza). Nel momento in cui entrano in gioco passioni di questo tipo, si sopporta qualsiasi cosa, anche un sistema fascio-libertario che sta collassando su se stesso. Peccato che il gioco non valga la candela: se non si può fare fisica fondamentale o in qualche modo utile alla società (tipo quella medica ad esempio), almeno per il mio modo di vedere le cose, tanto vale fare altro. Perché meno cibo si dà al proprio ego infantile - della serie "quanto sono scienziato, quante ne so, quanto non capite nulla... la mia simulazione al pc è più bella della vostra" -, meglio è, al fine di realizzarsi veramente in quanto uomini. I veri scienziati erano quelli che, come fa notare Einstein nelle sue memorie, coglievano il sentimento mistico della natura, che è una cosa molto simile alla gnosi della filosofia. Ossia una cosa nobile, spirituale, al di là di ogni legge del consumo. Vedere la scienza mortificata a questo modo, subordinata al mercato nonché intrinsecamente censurata dall'approvazione degli articoli da parte delle riviste specializzate (cosa già lamentata da Schwinger quando era in vita), non è stato proprio il massimo.
Se prima parlavo di presentazioni simili a pistolotti e/o supposte rettali di grafici da somministrare al pubblico, c'è da dire che l'insegnamento universitario non è di meno. A parte pochi professori illuminati, la tendenza generale è quella di riempire le teste degli studenti di nozioni fini a loro stesse, riducendo al minimo la loro capacità di comprendere e di avere una visione d'insieme delle cose (cosa che tornerà poi utile nella vita reale). Ma poco importa, dacché servono nuovi calcolatori bravi ad interfacciarsi con un computer, dato che l'attività che faranno sarà sempre quella: la modellizzazione di problemi già pre-esistenti, ossia una cosa poco creativa e relegata a settori nei quali i finanziamenti da parte di enti privati o pubblici sono più probabili.
Dal canto mio, quando all'università di Torino (molto quotata sulla fisica teorica) studiavo le varie teorie fisiche partorite dai geni di cui sopra, in particolare Meccanica Quantistica e Relatività Generale (ma anche l'Elettromagnetismo di Maxwell non era banale), provavo un sentimento simile all'amore: un intrigo primigenio, una sensazione di già visto, un senso di completezza e bellezza misto a malinconia. Quelle intuizioni fondamentali, con gli annessi esperimenti, erano gli sforzi delle grandi menti del passato di comprendere la Natura, ovviamente inaccessibile nella sua totalità all'intelletto umano. Infatti, quando mi venne proposto un dottorato, scelsi la Relatività Generale, accettando tuttavia di non farla dal punto di vista fondamentale (campo di ricerca morto e privo di fondi), ma perfezionando un modello analitico utile per gli esperimenti di onde gravitazionali (la gravità, così come l'elettromagnetismo, produce onde). Nonostante conobbi forse il più grande esperto di Relatività Generale al mondo, il mio ruolo era relegato a questo modello che tutto sommato poco mi interessava, quindi mi stufai quasi subito, ma essendo la mia produzione scientifica abbastanza densa per un dottorando, ad un certo punto scelsi di mettere il dottorato in stand-by e di andarmene a lavorare nel frattempo (tanto con una decina di pubblicazioni avrei comunque ricevuto il titolo). In quel periodo, un evento molto pesante nella mia vita mi aveva provato, e non me la sentivo più di associarci una continua precarietà esistenziale. Anche se il supporto economico del marito di mia madre c'era (lui mi ha sempre stimato in quanto scienziato), volevo diventare un uomo indipendente e "adulto". Volevo fare come Utena, ossia sparire dall'Accademia Ōtori una volta per tutte.
E' comunque da notare che nonostante il mio amore per la scienza, non mi sono mai sentito veramente uno scienziato. Sono stato un grossolano ricercatore di verità, ma essendo la matematica un linguaggio e la fisica un'approssimazione, non le ho mai considerate come una religione da seguire. Non per scadere nel banale, ma nell'oggidì sono veramente fuorviato dai virologi, che con le loro teorie sul virus stanno convincendo i politici a bloccare l'economia del paese, come se morire di fame fosse meglio che morire di polmonite cinese. Ma forse la questione è che si è umani, e spesso ci si dimentica dei propri limiti o dei limiti del proprio "credo". Di mio, penso di essere molto emozionale, e pertanto, se dico che comunque la scienza (o almeno un certo tipo di scienza) l'ho amata come ho amato una donna, questo è tutto dire su quanto alla fin dei conti apprezzi gli sforzi di chi la scienza l'ha realmente fatta. Ma purtroppo, anche in questo caso, si vive in un'epoca di barbarie nella quale i sofismi hanno oscurato la vera sensazione di intimo rispetto per il mistero dell'esistenza, dell'universo e delle sue galassie, che poco si curano della nostra "umanità".
Dovrei scrivere almeno qualcosa di serio e sensato, dato che queste questioni potrebbero riguardare con buona probabilità il mio futuro - salvo una/poche alternative possibili. Ma ovviamente seguirà il solito caos/fiume...
RispondiEliminaIl mio campo **sarebbe** la matematica pura, e da anni cerco di capire come funzioni la ricerca. Da un lato c'è tutta l'analisi numerica, l'ottimizzazione pratica degli algoritmi sulle macchine, che facilmente funzionerà come il miglioramento dei modelli di cui parli. Poi c'è l'algebra e la geometria, la dimostrazione di risultati su strutture astratte: perché il mercato erogherebbe dei finanziamenti su queste ricerche? I professori che ho conosciuto ne pubblicano un gran numero e pare ne abbiano un certo riconoscimento (anche se per quanto riguarda il campo economico non ho proprio idea). Chissà che applicazioni hanno, oltre all'organizzazione dei seminari. Non ho mai visto presentazioni come quelle che descrivi e mi domando se anche in questo caso conti tanto l'aspetto esteriore, per quanto sembri purtroppo ragionevole.
Qualcuno ancora discute della reputazione dei matematici come grandi ricercatori teoretici, quasi si ritiene ancora possibile incontrare una variante dell'archetipico pazzoide geniale - e credo ce ne siano tra professori e i miei "colleghi"... Mi sembra di sentire qua e là questi residui di "torre d'avorio", anche se non so quanto li si ritenga applicabili alla realtà.
C'è poi l'alternativa di andare ad insegnare alle medie/superiori, e in quel campo sì che si dovrebbe essere "comunicatori" verso gente che andrebbe motivata a stare a sentire - e difatti su questo ci sono i corsi, con belle dispense/"ricerche di mercato" sulle tipiche difficoltà degli studenti e come superarle. ��
P.S. Permettimi di ridere alla battuta sull'Erasmus. Che fai, ragioni alla incel?��
(Se anche conoscessi bene qualcuno che l'ha fatto non gli chiederei informazioni su nulla. Ho decisamente troppo riguardo dei miei pregiudizi.)
Forse essendo la matematica un linguaggio, essa risente meno di ciò che ho detto in questo post. Ma non saprei. Io sono stato all'IHES a lavorare per un periodo (googla per vedere chi ci insegna lì) e mi sembrava che la matematica fosse più che altro un modo di riscrivere certe cose della fisica teorica, tipo che ne so, le stringhe o i diagrammi di Feynman. Anche qui, tutto "citazionismo". La differenza, non so per quale ragione, è che un fisico per ottenere un posto fisso deve avere molti più paper e indice h rispetto ad un matematico. Quando avevo fatto notare la cosa, mi avevano detto che i matematici devono essere più "relaxed". Ok. :|
EliminaForse sì, avete ancora un minimo di torre d'avorio.
"Permettimi di ridere alla battuta sull'Erasmus. Che fai, ragioni alla incel?"
No, è lecito andare a scopare all'estero, cosa che tutti quelli/e che ho conosciuto si vantavano di fare /dover fare all'erasmus. Poi se vai all'estero a lavorare è un altro discorso.
Cmq sì, l'erasmus mi sta sui coglioni :D
Mettere il sentimento in parole è quanto di più difficile. Mettere una verità in parole è impossibile. Sei riuscito nella prima cosa, e ti sei avvicinato tantissimo alla seconda, scrivendo l'articolo più bello che io abbia mai letto su queste pagine, e su molte delle poche che leggo – le seleziono molto. Vorrei scrivere qualcosa di intelligente, ma non potrei, non in questo commento. Candela e alba. Sono certo che tu sappia fare i tuoi conti, perché è una delle tue specialità. Sei riuscito a farti apprezzare un altro pochino più di prima. Non era facile. Complimenti. Per tutto, per l'articolo, e anche per il tuo dottorato.
RispondiEliminaGrazie amico :)
EliminaInteressante. Mi sono ritrovato in pieno nel discorso della creatività. Amo la scienza quando è indagine pura e creativa sulla natura, mentre non sopporto la tendenza a diventare calcolatori e modificatori di parametri di un modello già esistente, ci vedo davvero poco di interessante. Unico appunto: a mio avviso sul discorso finale sul covid hai un po' (ma lo avevi già anticipato tu stesso) banalizzato la questione. In ogni caso spero tu possa trovare la tua dimensione umana, anch'io ho sentito la stessa necessità dopo tanti anni di università.
RispondiEliminaSaluti! :)
"la tendenza a diventare calcolatori e modificatori di parametri di un modello già esistente"
RispondiEliminaE' la stessa tendenza che c'è ora nell'arte, nell'architettura etc. Siamo in stagnazione.
"banalizzato la questione"
Sì, certo, sono le parole di uno che è veramente stanco di questa situazione.
Scopare è bello, ma l'Erasmus fa schifo e per ben altri motivi.
RispondiEliminaL'Erasmus è una maniera di abituarti al fatto che sei obbligato ad emigrare perché nel tuo paese non hai nessuna possibilità di trovare un lavoro decente, ma facendotelo sembrare una conquista. Propaganda allo stato puro, ti rubano il futuro e in cambio ti danno due spicci e due scopate (anzi, ora che c'è il covid e le restrizioni manco più quelle). Con questa consapevolezza poi quel poco che ti danno te lo puoi anche prendere e farti i tuoi 6 mesi in Spagna o dove che sia (io conto di farlo), ma quando torni devi essere più incazzato di prima.
http://noirestiamo.org/2017/05/09/tra-retorica-e-realta-ribellarsi-e-giusto/ (allego nota in merito di un organizzazione di studenti universitari che si è occupata molto della questione)
Comunque anche io sono laureando in una facoltà scientifica, la scienza e il mercato NON vanno d'accordo, e c'è poco da fare. La questione delle riviste scientifiche è ancora più demenziale: ricercatori nelle università pubbliche scoprono cose che devono pubblicare (pagando di tasca propria per ogni grafico in più che vogliono inserire) su riviste private che non ci mettono di mezzo manco i soldi per la peer review (che è fatta da volontari) e poi rivendono a cifre spropositate gli articoli alle stesse università pubbliche che glieli forniscono, saccheggiando i fondi dello stato senza fare assolutamente nulla di utile per l'umanità. E lo stato lascia fare e difende gli interessi delle compagnie private (RIP Aaron Swartz, portato al suicidio dalla giustizia statunitense per aver reso pubblico il database di JSTOR), un po' perché è quella la sua funzione storica e un po' perché i lobbysti di Elsevier e compagnia bella evidentemente sanno fare molto bene il proprio lavoro.
Meno male che almeno c'è sci-hub.
Comunque non credo che questa situazione durerà a lungo... la Fine della Storia, che tu spesso affermi nei tuoi articoli, se l'è rimangiata perfino lo stesso Fukuyama. Un sistema dove ha più valore l'idiota che aggiunge il gusto fragola allo sciroppo per la tosse piuttosto che chi cura una malattia rara (letteralmente, Goldman Sachs ha smesso di finanziare le cure per le malattie rare perché una volta sconfitte non rientrano dei costi per la ricerca https://www.cnbc.com/2018/04/11/goldman-asks-is-curing-patients-a-sustainable-business-model.html) non può andare avanti per molto, specialmente se si ritrova concorrenti come la Cina che con la capacità di pianificare l'economia ti da le piste (e con la gestione della pandemia l'ha dimostrato a tutti, qui dopo un anno stiamo ancora a 500 morti al giorno e zone rosse mentre lì fanno i rave e hanno 0 contagi già dall'estate scorsa). Non so se quello che verrà dopo sarà meglio, peggio o semplicemente diverso, ma sono abbastanza sicuro che il mondo USAcentrico della "fine della storia" sarà tale solo di nome e rimarrà una parentesi occorsa tra il crollo dell'URSS e la crisi innescata dal Covid-19.
Ciao, grazie per il bel commento.
Elimina"Propaganda allo stato puro, ti rubano il futuro e in cambio ti danno due spicci e due scopate (anzi, ora che c'è il covid e le restrizioni manco più quelle)."
Certo, l'Erasmus è una cosa creata dall'università, che è l'avanguardia della precarietà esistenziale di oggi, come ho scritto nel post. Poi son d'accordo con chi protesta (io stesso ero sceso in piazza ai tempi della legge Gelmini), ma purtroppo c'è poco da fare quando l'intero sistema è da ricostruire partendo da zero.
"Comunque anche io sono laureando in una facoltà scientifica, la scienza e il mercato NON vanno d'accordo, e c'è poco da fare."
Non devono andare d'accordo. Per forza. Però nella mia esperienza sembrava proprio che uno dovesse vendere i propri "prodotti" per ottenere soldi/grant. Cosa che non ho mai veramente accettato.
"la Fine della Storia, che tu spesso affermi nei tuoi articoli, se l'è rimangiata perfino lo stesso Fukuyama"
Di certo sono finite le grandi narrazioni. E più di un postmodernismo autoritario guidato dalla Cina non vedo altri eventi/ideologie rilevanti alla ripresa di una vera e propria "Storia". Anzi, siamo pure nel marasma di merda dei social, dal quale non ci libereremo mai. Voglio essere provocatorio: che Storia potrà mai esserci se tutti si rincoglioniscono a Instagram e porno? La Storia siamo noi.
Fukuyama dal canto suo va preso con le pinze, dato che ha scritto molte cose, poche delle quali veramente rilevanti.
Spesi un po di tempo a pensare come tradurre/adattare il titolo "The Great Disruption", per non perdere l'assonanza con "The Great Recession". Alla fine scelsi "La Grande Disgregazione". Credo che Fukuyama abbia dato di buono, e il suo meglio, nei suoi saggi piuttosto che nei suoi libri.
RispondiEliminaCredo di avere letto una delle cose più vere/tristi/bellebrutte degli ultimi miei quindici anni.
RispondiEliminaHo studiato ingegneria, per (s)fortuna prima che diventasse una fabbrica di operai sotto mentite spoglie; perché almeno gli operai, quelli veri, una lampadina la sanno sostituire e non solo quello: sanno "fare", appunto.
La cosa che mi ha colpito di più è l'amore che nutri per la scienza e lo posso capire. La sensazione, dico.
Nel biennio di ingegneria dei tempi che furono i rudimenti di certe materie bisognava studiarli bene, molto bene.
Pensai, sia alla fine di Fisica I che II che dio, se c'è, è qualcosa che somiglia un sacco allo specchietto riassuntivo di quelle equazioni differenziali e di quelle costanti. O comunque, non dio, ma il nostro tentativo di darci una spiegazione chiara e razionale e, soprattutto, di fare ordine.
Che fossimo messi male lo avevo intuito, ma così male...
Comunque, i miei più sinceri complimenti per il dottorato e per la profondità d'animo.
Grazie MM per il commento, mi fa piacere che anche tu abbia conosciuto quella sensazione di cui parlo. In quegli anni ho amato infinito due cose: la scienza e la mia ex ragazza (quella a cui dedicai il post sulla postmodernità). Quando ho iniziato a far ricerca anche io ero convinto che non fossimo messi "così male", ma dall'altra parte della cattedra la puzza di merda si sentiva molto più forte che da semplice studente. Peccato davvero. Anche in questo caso penso che il periodo d'oro sia andato. Ora siamo, appunto, nella scienza postmoderna. Le "macerie" scientifiche. Le fascinose teorie del passato come quella di Einstein o quella di Newton sono l'analogo delle "grandi narrazioni" di cui parla Lyotard.
EliminaIo pensavo che fossero solo modelizzazioni del reale elaborate dall'uomo, un discorso ontologico senza alcuna valenza ontica.
RispondiEliminaAd un mio amico secchione tempo fa faccio : ma allora tutte le teorie che hai studiato hai capito che sono solo puttanate?
Lui mi fa: si, ho capito che l'unica valenza che hanno e che ti fanno ricordare meglio le cose, ma come teorie non hanno alcuna relazione profonda col reale.
Io: ah finalmente, cominci a diventare intelligente davvero.
Lui: che onore che mi fai un complimento, mi fai arrossire😁😁😁
Bisogna quantificare il tuo di "tempo fa".
RispondiEliminaParlando per me, si tratta di sensazioni provate da giovane, senza stare a tirare in mezzo la distinzione tra fenomeno e noumeno, perché rischierei di incartarmi, vista la demenza senile incipiente e ormai vecchissime letture giovanili.
Poi, se ci pensi, pure il tuo definirle puttanate è una sensazione tua, non è la Verità. Ad ognuno il suo - persino da giovani - non credi? ;)
Il punto e che - senza volere tirar in ballo Kant,che per solitudine si sara dato la pena di mettere per iscritto banalita che tanti altri avranno pensato senza aver la necessita di gridarlo ai 4 venti...
RispondiEliminaDico al di la di Kant, si forse sono vere, forse no, che cambia...
Pero si sono sensazioni, per qualcuno saranno tutto. A ognuno il suo.
Pensare che siano la realta noumenica pero e a mio avviso un pensiero di protezione del reale. Perche le rende fini e non mezzo, aiutando a palliare le negazioni in altri campi della vita. :)
RispondiEliminaRealtà noumenica è bello, ma personalmente mi suona come un ossimoro.
RispondiEliminaComunque, da ragazzi, sono domande e questioni che non fanno male più di tanto queste, secondo me. Anzi!
Di sicuro non fanno più male di tanti farmaci che di questi tempi prescrivono i tuoi colleghi anche ai giovani, no?
Poverello Kant, ai suoi tempi, si faceva solo la sua innocua passeggiata... forse oggi a quella stessa ora avrebbe assunto la sua compressina di paroxetina, chissà.
Sarò antica, ma continuo a preferire le passeggiate. Purché ad una certa si torni a casa, eh.
Ah si sono d'accordo con tutto :)
RispondiEliminaAnche perché la riflessione può essere foriera di idee. Ed e sempre bello avere ordini e categorie mentali, poi su Kant ero ironico.
Io vedo colleghi che passano le ore di lavoro passando dal Roland garros alla partita do basket senza soluzione di continuità, altro che Kant.
Un totale scempio intellettuale.
Ho molta considerazione per Francesco infatti, anche per Fedda che si e fatto 3anni da neet ma tiene duro.
La riflessione richiede sempre una certa disciplina, e bene.
Caro Francesco, ho riletto con rinnovata attenzione il tuo articolo, e l'ho ritrovato è veramente meraviglioso. Nello specifico del discorso scientifico postmoderno, pensavo alle pagine di BNW sulla racconto personale di Mustapha Mond - forse la chiave di volta di tutto il romanzo e della sua profetica visione. Nel successivo saggio scritto dallo stesso autore a rivisitazione di quel libro, si ritrova una di quelle frasi che sono così veritiere e incisive e dense da marchiare a fuoco la corteccia cerebrale del lettore edotto. In genere, questo genere di verità vengono colate tra le righe, come nulla fosse, semplicemente buttate lì. Nel caso di Huxley si trattava di "La scienza è la disciplina di ridurre la complessità alla semplicità". E si potrebbe pensarlo un dire per sminuire, spregiare la scienza, ma no: è il contrario. Huxley faceva notare come la complessità "diffusa" (non quantizzata) della realtà è tale che anche solo tentare, pensare di manipolarla sarebbe del tutto impossibile per l'uomo. Viene quindi in soccorso la scienza, che modellizzando opportunamente la materia reale della percezione umana la rende in qualche modo interpretabile. Allo stesso modo, potremmo dire che il linguaggio articolato umano è anch'esso "scientifico", perché anche se si parla di "linguaggi naturali" si tratta sempre di modelli convenzionali linguistiche, che descrivendo un significato con un significante non fanno che circoscrivere ovvero definire una categoria logica in cui partizionare e quindi esprimere una realtà altrimenti indicibile. Del resto, lo si sà, dio "dice", e in principio era "il logos". Detto questo, la tua frase di alta caratura nell'articolo è senz'altro: "la matematica essendo un linguaggio, la fisica un'approssimazione" - e a scriverlo è un fisico vero, non un ciarlatano come me. Questa cosa la ribadivi, sempre tra le righe, anche nei commenti. Ho diligentemente riletto anche quelli, e ne è valsa di nuovo la pena. Una persona come me, che ha definitivamente ascritto l'indagine noumenica a "impossibile, insensata e quindi non da perseguirsi" (Protagora e Sesto Empirico più di Descartes e Kant, insomma), vi ha rivenuto molto di vero, perché scritto con viva partecipazione da tutti i commentatori. Deve essere un magnifico effetto delle affinità elettive, oh Göthe mio, anche dette (da me) "innesco di circoli virtuosi o viziosi", da molti ribaditi nel detto "chi si somiglia si piglia". Tutto questo panegirico per, oltre che rinnovarti i miei complimenti e la mia stima, essenzialmente sono giunto a rinconfermarmi l'idea che la vera mentalità sia una mentalità infantile ed escapistica tanto quanto la mentalità artistica. La scienza vera, come l'arte figurativa, è il disperato per taluni, giocoso per altri, tentativo di imporre una rappresentazione ordinata e quindi bella (cosmos) su una percezione caotica della realtà. In un modo o nell'altro, sono desiderio ovvero bisogno di metanarrazioni. E lo capisco, credo, lo capisco davvero perché io sono forse il peggiore, dato che mi sono dedicato a discipline umanistiche ma provenendo da una formazione un po' francesina, quindi essenzialmente basata sulla logica, che è scienza, anziché sul sentimento. Forse è proprio questa la ragione per cui sento così tanto il contenuto di questo post in particolare. Però, non posso fare a meno di dirmi che lo strutturalismo è un modo dell'ottusità, perché alla fine è un rintanarsi in sé stessa di ogni disciplina. Proprio da questo rischio, che è lì dietro l'angolo per ciascuno di noi, mi devo io per primo guardare.
RispondiEliminaGrazie Shito per il solito apprezzamento che fa sempre piacere. Ciò che dici in merito ad Huxley o nel tuo commento in generale prende il nome di "critica al riduzionismo scientifico" ed è stato uno degli apici dell'epistemologia. La scienza postmoderna comunque, essendo "animalizzata" non può avere una vera coscienza e pertanto alcuna forma di autocritica al proprio principio fondante. Anzi, il riduzionismo ora come ora sta venendo applicato anche alle persone e questo è quanto di più drammatico si possa concepire.
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