La dolcezza e bellezza di Lilja, così come la sua ingenua fede negli angeli, fanno da pesante contrasto a una realtà talmente odiosa e spietata da non tollerare alcuna forma di misericordia. L'ideale del comunismo è fallito, e ciò che rimane è una wasteland composta da megalitici capannoni abbandonati in cui andare in cerca di un po' di colla da sniffare, o sale da ballo in cui darla via per quattro soldi a qualche vecchio bavoso. Anche il rapporto tra Lilja e Volodja, d'altronde, con la sua risoluzione brutale, è troppo puro per non venir spazzato via dagli eventi e dalla cattiveria altrui. In questo, l'angoscia trasmessa da Lilja 4-ever ricorda un po' quella di certe opere di Mohiro Kitoh; soltanto che questo autore (il primo che mi viene mente da ex otaku marcio quale sono), per approdare alla sua claustrofobica interpretazione dell'Orrore del reale utilizzava comunque, come la maggiorparte dell'intrattenimento attuale, una grande quantità di elementi puerili e fantastici, mentre invece l'europeo Lukas Moodysson va semplicemente dritto al punto, senza troppi fronzoli e forte di un iperrealismo minimalista che fa un po' doomer. Non per niente, le scene che riguardano in qualche modo l'al di là o il sovrannaturale, anzi di essere spettacolari, sono volutamente kitsch, silenziose e smunte, quasi come a suggerire che la morte di Dio sia un fatto reale e che il regista, poveretto, nella tacita disperazione che prova per la vicenda che sta rappresentando, speri con tutto se stesso, anche se non ne è affatto convinto, che esista un qualcosa in più al di là della materia, una sorta di giustizia ultraterrena per le innumerevoli anime gentili condannate dalle mostruosità della sventura.
Ultimamente, visto il tempo storico in cui stiamo vivendo e il suo inarrestabile declino verso un vuoto sempre più privo di umanità e valori, mi sono chiesto più volte se ciò che avevo scritto da qualche parte nei miei post in merito all'indispensabilità della religione nella salvaguardia degli esseri umani dalla loro stessa – antropofaga – natura fosse del tutto corretto. Nel senso: se le religioni fossero più forti, la vita sarebbe comunque migliore, anche oggi? Basta la religione istituzionale a bloccare un minimo la meccanicità/animalità solipsistica tipica degli esseri umani? Prendiamo ad esempio i personaggi secondari di questo film: donne di estrazione contadina, provinciale e cristiano ortodossa che non esitano a sbattere fuori di casa una povera fanciulla, o a non darle in alcun modo supporto, lasciandola del tutto in preda ai lupi. Persone povere, estramamente egoiste e ignoranti, ma che comunque hanno il crocifisso in casa e molto probabilmente praticano e vanno a messa. La stessa Italia rurale, sia presente che passata, è piena di esempi del genere; in fondo, manco a dirlo, qualcuno di importante in passato ebbe a dire che il fondamento del fascismo fosse stato il cristianesimo, affermazione che di certo contiene in sé del vero. D'altro canto la fine dell'Unione Sovietica, oltre a lasciare il via libera al neoliberismo e alla distruzione degli Stati sociali nati in tutto il mondo grazie alla deterrenza del comunismo nei confronti dei grandi poteri politici e finanziari d'Occidente, a parer mio può essere ben intesa come il vero e proprio "inizio" della "fine" a cui stiamo assistendo nell'oggidì (basta pensare che, rimanendo in tema film, nell'URSS si era tentato di cancellare dall'alto, e con un certo successo, la pratica della prostituzione; caduta l'URSS, poi, i paesi dell'est sono subito diventati dei veri e propri bordelli a cielo aperto, in cui le madri non esitavano a vendere le figlie ai pedofili e così via. La madre di Lilja d'altro canto fugge in America, guardacaso abbandonando la carne della sua carne a favore della vacuità del sogno americano).
Quindi no, la risposta che mi sono dato è no. Le religioni non bastano, così come non è bastato il comunismo, che è collassato su se stesso per via della corruzione dei suoi apparati burocratici interni e di alcune scelte politiche scellerate. Quelli che avevo identificato come i sigilli al vaso di pandora degli orrori della natura umana forse sono molto più esili di quanto pensassi; rimane quindi l'arte, la sublimazione rappresentativa della Wille, il volgarmente detto copium; il tentativo di fuga, anche se drammatico, dagli inarrestabili meccanicismi del Saturno che divora i suoi figli; la ricerca di un piccolo diamante dal sorriso gentile in un mare di sterco. La ricerca di un sorriso, sì, un sorriso come quello di Lilja, Volodja e di ben poche altre anime che tuttavia è sempre più difficile incontrare nel mezzo della plumbea, spersonalizzante e confusionaria foschia della post-umanità.
Questo un film che avevo in mente di guardare da un pò. Anche io non vedo molti film in questo periodo, penso principalmente perché tutti i film più nuovi mi danno un senso di essere “poco film” rispetto a quelli più vecchi anche solo di uno/due decenni. Non so se è una sensazione comune ma il cinema è quel medium che più di tutti gli altri nel 2025 ti dà l’idea che il meglio sia sempre alle spalle, e che non ci sono margini di ripresa (forse quest’ultima cosa la posso riferire anche a molti più ambiti oggi). Se il cinema non è più nella sua golden age, gli imprenditori che ci vogliono investire sono di meno e le persone gli preferiscono i reel di instagram sul divano, allora forse è meglio che il cinema muoia rispetto a fare rianimazione per una cosa che non fa più parte della nostra cultura.
RispondiEliminaScusa se sono andato OT
Guarda, quando vedo un film in cui ancora non esistevano gli smartphone sento come un senso di liberazione interiore. E abbiamo detto tutto.
EliminaTre anni prima del '68, qui in Italia:
RispondiEliminahttps://www.youtube.com/watch?v=uDN1_bxHTh4