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sabato 23 agosto 2025

Letture: Mishima, Gadda e altri


In questo periodo della mia vita così privo di emozioni e particolari turbamenti, una sorta di eterno presente à la Beautiful Dreamer, leggo molto. Quest'anno in particolare ho iniziato la temeraria lettura della Recerche di Proust, un gravoso impegno che tuttavia intervallo con letture più "leggere". Qui "recensisco" alcune di esse, in particolare I racconti della maturità di Checov, Il Maestro di Vigevano di Mastronardi, La Cognizione del Dolore di Gadda,  Lo Stadio di Wimbledon di Roberto del Giudice e infine, gran finale, Confessioni di una Maschera di Mishima Yukio. Ovviamente le edizioni che ho letto sono quelle che ho caricato come immagini di corredo al testo (occhio quindi a non comprare la versione tradotta dall'americano del libro di Mishima). Cover Photo (titolo: un abitacolo vuoto) by me. 

martedì 19 agosto 2025

Jakubisko e la morte dell'illusione (by Molly)

  

  


Uccelli, Orfani e Pazzi, titolo della pellicola di Juraj Jakubisko datata 1969, è un'opera che mette in luce il declino dell'animo umano con la follia intrinseca della corrente cinematografica della Nová Vlna. Una follia incisiva, decisiva, che in questo caso fa da tematica portante a quest’ora e venti di film.
I tre protagonisti sono orfani, non solo di genitori, ma anche di qualsivoglia identità sociale. Difatti vivono in un mondo devastato e privo di punti di riferimento, nel quale sono spronati ad andare avanti unicamente in nome della succitata follia.

Ma cos'è esattamente questa follia tanto nominata nel film? 

La follia è una filosofia di vita, schermo protettivo contro l'annichilimento emotivo, la tristezza e la consapevolezza. Una sorta di strategia di sopravvivenza
Yorick, Ondrej e Martha, infatti, rifuggono costantemente nella follia, salvo brevi attimi di perentoria lucidità.

domenica 27 luglio 2025

Lilja 4-ever: Riflessioni


Questo film, che ho deciso di visionare dopo un lungo periodo di astinenza dal medium visivo, è stato come una coltellata, e ci ho messo qualche giorno per riprendermi dal trauma (necessario ai fini della consapevolezza, per carità) che mi ha causato. Ovviamente è tratto da una storia vera, ed è girato altresì in modo ruvido, grezzo, in modo tale da svincolarsi dal concetto stesso di finzione. Lilja 4-ever tra l'altro non è nemmeno definibile come intrattenimento, anche se mantiene incollati allo schermo per tutto il tempo. Il regista è svedese, la pellicola datata duemiladue, una buona annata per il cinema in generale. Lilja, interpretata da una fenomenale Oksana Akin'šina, è una sedicenne che viene abbandonata dalla madre e dal patrigno in un paesino sperduto dell'Estonia, un luogo di cattiveria e miseria ancora reduce della caduta dell'Unione Sovietica. Tradita dalla zia, che la caccia di casa, e dalla sua migliore amica, che la fa passare per zoccola al suo posto per salvarsi la faccia, Lilja, una volta ufficialmente diseredata (la madre comunica per lettera ai servizi sociali la rinuncia alla propria patria potestà), si ritrova sola e senza un soldo in compagnia  del giovane amico Volodja, un dodicenne dalla situazione famigliare disastrata che, fortemente innamorato di lei, ne fa una sorta di figura genitoriale sostituto. Per Lilja non resta altro da fare che prostituirsi, e farsi ingannare da quello che sembra essere il suo "principe azzurro". Il resto del film è mera meccanica, ossia una spirale di rabbia, brutalità, dolore e rassegnazione prive di voce, fino all'ovvio, devastante finale. 

giovedì 4 luglio 2024

Dino Buzzati, il trauma del tempo e altre riflessioni




Di recente ho letto Quando muori resta a me di Zerocalcare, e mi è sembrato un passo indietro rispetto alla sua seconda serie animata, che mi era parsa molto più onesta e ben scritta. Ormai i due denominatori comuni del fumettista da milioni di copie sono il senso di colpa per il privilegio della propria adolescenza agiata protratta ad libitum nell'età adulta e la solita epica antifà in un occidente che ormai si è fatto post-ideologico (se non post-umano, vedasi l'opera di Walter Siti e di altri prima di lui). La domanda che mi sono fatto è comunque la seguente: perché questo fumettista in ogni sua opera deve inserire l'epica di fasci contro antifasci, di nonni partigiani, delle botte al G8 eccetera eccetera? Anche io ho preso botte a scuola, giravo con le cumpe disagiate delle strade e ho assistito alla venuta delle macerie sociali post governo Monti. Eppure ho affrontato tutto in solitudine, al limite con l'aiuto dei pochissimi a me vicini. L'unica vera dimensione epica (ed edipica) della mia vita è stata  una continua lotta di attrito con i miei fantasmi interiori nonché la Wasteland del mondo esteriore; non me ne è mai fregato niente delle pseudo-narrazioni da centro sociale, di destra o sinistra che fossero: le ho sempre trovate parecchio superficiali, dei simulacri di guerra necessari a chi ha questo bisogno viscerale di definirsi mediante la violenza, sia elargita che subita. Il fascismo degli antifascisti, scriveva non a torto Pasolini. Ebbene sì, questa volta sono rimasto deluso dal fumettista semidio dell'Italia post-umana dei maranza, delle Ilarie Salis al parlamento europeo, delle ragazzine che scrivono "ho sk0pat0" su Threads, della politica che sia a destra che a sinistra si preoccupa di sciocchezze mentre i nostri schiavi d'importazione muoiono mutilati per la strada e la criminalità ha le mani in pasta ovunque (notare che nessun politico, neanche quelli di estrema destra o sinistra parla mai di lotta alla mafia). Con i coglioni diventati grossi così sono quindi passato a Dino Buzzati, un artista  (non scrivo autore perché oltre a scrivere disegna anche da dio) che ho scoperto soltanto di recente. In pratica in una libreria ho visto Un Amore e  il libro, un po' come era accaduto con  Joséphine, mi ha chiamato. 

venerdì 10 novembre 2023

Le mie vacanze 2023: "Quelli che si salvano sono gli invisibili"


 L'anno scorso ero andato in Giordania con WeRoad: l'esperienza offerta da questa "agenzia di viaggi" è stata una specie di ritorno alle scuole superiori in cui sono praticamente andato "in gita" con degli sconosciuti suppergiù della mia stessa età. Devo ammettere che è stata una bella vacanza - volevo semplicemente fotografare il Mar Morto, rivivere le atmosfere del Clarel di Melville -, che mi ha permesso di conoscere della persone con cui, stranamente, mi son trovato molto bene nonostante la mia misantropia. Ovviamente, poi, finita la vacanza, i rapporti si sono diradati, sicché ognuno è tornato a farsi i casi suoi, cosa legittima nel mondo incasinato di oggi. Quest'anno, invece, dovendo lavorare al libro e volendo risparmiare qualche soldo, non ho fatto alcun viaggio. C'era comunque un lettore molto interessato a conoscermi: io facevo il pigro, non avevo voglia di incontrarlo, ma lui insisteva. L'ho quindi accontentato: sono andato ai Navigli ed eccolo lì il biondo, con la sua maglietta dei Joy Division. Mapo è uno studente di filosofia, ha una decina di anni in meno di me ed è convinto che io sia un supermega intellettuale, uno che potrebbe scalare il mondo ma è troppo coglione e quindi si sminuisce e si mette in disparte, senza rendere gli altri partecipi di tutte le cose che sa. Parliamo per ore di fisica e filosofia, mentre nel frattempo bevo un cuba libre e fumo due sigarette. Gli offro addirittura da bere. Paragona il mio pensiero, che ha conosciuto spulciandosi tutti gli articoli di questo antro infinitesimale della rete (di cui non ho neanche voglia di rinnovare la grafica), a quello di  Feyerabend, un filosofo che manco conoscevo. Mapo per di più è un darkettone, ma non di quelli volgari: è diciamo uno decadente, un "tizio postpunk" che si mangia i My Bloody Valentine a colazione. Abbiamo anche lo stesso gusto per i meme e il trollaggio trashissimo. Siamo amici, è fatta. 

domenica 29 ottobre 2023

Io, il mio Nemico: Retrospettiva & Riflessioni personali


Dato quello che sta succedendo in giro per il mondo, ho deciso di rispolverare una vecchia lettura sconosciuta ai più, ma ben nota a mia madre, che da giovane, un po' come me, era un'avida lettrice con una discreta sensibilità verso il sociale. Quindi, per ovvi motivi, lessi "Io, il mio nemico" da ragazzino, anche se all'epoca non avevo ancora la maturità necessaria per poterlo veramente capire, nonostante comunque, in qualche modo, lo avessi visceralmente assorbito e fatto mio (mi sembra di ricordare una fase della mia vita in cui volevo fare il militare e il giornalista). Fatte queste premesse, l'opera è appunto un capolavoro di giornalismo, quando il giornalismo ancora esisteva e non era perlopiù fake news o l'emblema dello sputtanamento e del partito preso come oggi. In sostanza, l'autore è un giornalista ebreo con un passato nell'esercito israeliano (paracadutisti, antiterrorismo), che nel 1986, di comune accordo con il suo giornale, decide di sfruttare il suo aspetto fisico e la sua profonda conoscenza della lingua e della cultura araba per fingersi palestinese. 

venerdì 27 ottobre 2023

"Invidio la tua libertà": Riflessioni su una crisi tutta occidentale, identitaria e non solo


L'altro giorno è venuto a farmi visita un mio conoscente di lunga data che non vedevo più da molto tempo. Mi ha contattato privatamente sui social con l'intenzione di vedermi e siamo usciti a cena insieme, a Milano. Per questioni di privacy, lo chiamerò X. 

X ha su per giù la mia stessa età, forse è più vecchio di me di qualche anno. E' fidanzato da anni con una ragazza di status sociale elevato ed è manager in qualche azienda finanziaria. I soldi e lo status, volendo anche la compagnia femminile, di certo non gli mancano. Dato che so che è diventato manager, l'ho portato in un posto abbastanza chic, per non offenderlo. Lui ha apprezzato la cosa e mi ha offerto addirittura la cena. Perché quindi scrivere un post su un'esperienza di vita così banale? Perché ormai, dopo questa ennesima esperienza di persona apparentemente "arrivata" che mi confida un grande disagio esistenziale, sentimentale e psicologico, avverto come una sensazione di "capolinea della società", di "fine dell'umanesimo occidentale", se così si può dire. Ho come il sentore che il mito del successo solitario che noi italiani, figli di una società provinciale e pastorale, abbiamo (forzatamente) importato dagli yankee - successo che poi, insieme all'invidia, è l'ultima roccaforte su cui si basa il nostro sistema di valori post-religioso e post-ideologico -, sia ormai diventato insostenibile, grottesco, e ovviamente perseguibile soltanto mediante l'auto-sedazione (i.e. la dipendenza da sostanze o dal sesso) o surrogati di amore (i.e. il cane, lo psicologo).