martedì 15 aprile 2014

Macross: Recensione

Titolo originale: Chōjikū Yōsai Macross
Regia: Noboru Ishiguro
Soggetto: Studio Nue, Shoji Kawamori
Sceneggiatura: Kenichi Matsuzaki
Character Design: Haruhiko Mikimoto
Mechanical Design: Shoji Kawamori, Kazutaka Miyatake
Musiche: Kentaro Haneda
Studio: Studio Nue, Anime Friend
Formato: serie televisiva di 36 episodi
Anni di trasmissione: 1982 - 1983


Nel futuro, dopo la terza guerra mondiale, l'umanità vive pacificamente sotto la guida di un governo mondiale unificato. Tuttavia un'invasione aliena da parte degli Zentradi, un popolo totalitario, patriarcale e militarista, sembra destinata a cambiare le cose in peggio. Proteggere la terra dall'invasione spetterà alla fortezza super dimensionale "Macross", una colossale astronave ipertecnologica costruita da un'antica civiltà misteriosa, resa nuovamente operativa dagli scienziati terrestri...


"Macross" è un anime targato 1982 di fondamentale importanza storica, che ha dato origine, insieme ai tre film di "Gundam" del 1981, ad un'ampia rivoluzione del modo di fare animazione. Si tratta del primo anime fatto interamente da fans dell'animazione giapponese per altri fans: nasce proprio con "Macross" quel citazionismo otaku che va ancora di moda adesso. Secondo la leggenda, sembra proprio che la parola "otaku" sia nata durante la sua lavorazione presso lo studio Nue, in cui i vari giovani fanatici della tecnologia, delle ombreggiature e delle armi si rivolgevano l'un l'altro con tale appellativo. La GAINAX, nota per le sue opere di smontaggio/rimontaggio dell'animazione del passato, nasce proprio all'interno dello staff di "Macross", in cui era presente un giovane Hideaki Anno nelle vesti di animatore, sotto la supervisione del grande Toshihiro Hirano, che diventerà uno dei character designer e animatori più influenti degli anni '80. Tra questi giovani appassionati in erba, che scorazzavano qua e là per lo studio, trafficando con rodovetri, colori, disegni dettagliatissimi e quant'altro, c'erano nomi destinati a rimanere nella storia dell'animazione: Shoji Kawamori, ricordato principalmente per il suo "I cieli di Escaflowne", Haruiko Mikimoto, il character designer che meglio ha incarnato lo stereotipo visuale del "soft sci-fi" anni '80, Kazutaka Miyatake, uno dei mecha designer più richiesti dei robotici a venire.


L'introduzione della space opera epica in animazione è dovuta a Leiji Matsumoto e Yoshinobu Nishizaki, che crearono "Corazzata spaziale Yamato", alias "Star Blazers", nel lontano 1974. Alla regia di questo capolavoro c'era un grande nome, Noboru Ishiguro, che dirigerà e scriverà le sceneggiature di altre due pietre miliari successive: "Legend of the Galactic Heroes" e il qui presente "Macross". Quest'ultimo si ispira palesemente alla fantascienza di Matsumoto/Nishizaki, cancellandone definitivamente il melodramma, onnipresente nelle opere degli anni '60 e '70, e alzandone il target, rivolgendosi non più ai bambini, ma agli adolescenti. Con "Macross", tolto il precedente "Gundam", ha inizio l'estetizzazione del passaggio dall'adolescenza all'età adulta, tema principale della maggiorparte degli anime a venire, che verrà assai abusato negli anni '90 e nelle produzioni attuali. Il pilota del robot non è più un adulto eroico e temerario, come voleva la tradizione nagaiana, ma un adolescente, con tutti i problemi tipici dell'età: l'insicurezza, l'incapacità di farsi avanti con la donna amata, la mancanza di fiducia nelle proprie capacità. "Macross" è infatti un viaggio di formazione del protagonista Hikaru che, come l'Amuro Rei di "Gundam", dovrà crescere nel campo di battaglia, così come nella vita, trovando il giusto equilibrio tra se stesso e gli altri. E' comunque da sottolineare che, a differenza di Amuro, Hikaru è un ragazzo qualunque, senza alcun superpotere: egli si arruolerà nell'esercito, ed imparerà a pilotare il mecha soltanto dopo un'intenso addestramento, senza dimostrare alcun particolare talento.


La grande innovazione portata da "Macross" è sopratutto estetica: vengono introdotti, in modo molto dettagliato, i riflessi generati della luce sulle facce dei personaggi e sui capelli, che si muovono in base all'orientazione della sorgente luminosa e alla rotazione dei soggetti, o degli oggetti, da essa irradiati. Il mecha design diventa dettagliatissimo: gli abitacoli dei robot sono pieni di leve, pulsanti, monitor con astruse proiezioni di poligoni tridimensionali rotanti. Le animazioni dei combattimenti aerei sono spettacolari ancora adesso: nelle scene d'azione di "Macross" si muovono contemporaneamente decine e decine di missili e oggetti volanti, che compiono traiettorie curvilinee abbastanza realistiche; ci sono molteplici esplosioni ad un numero elevato di frames al secondo, e tante altre trovate tecniche/tecnologiche che verranno riprese e sviluppate ulteriormente dagli anime successivi. Infatti nel 1985, due anni dopo l'uscita del primo OAV della storia, il "Dallos" di Oshii, la maggiorparte dello staff originale di "Macross" dà alla luce "Megazone 23", che amplifica l'opera epocale del 1982 all'ennesima potenza, rendendola simile ad un film americano tout court. Pop Idols e "pretty girls" sulla falsariga di Minmei, moto/astronavi/aerei che si trasformano in robottoni, brani j-pop orecchiabili, cura maniacale del design, ovviamente a discapito dello script... Questi sono gli ingredienti base degli OAV da otaku di seconda generazione che verranno originati da "Megazone 23", il figlio legittimo di "Macross". I titoli del nascente mercato home video che ritengo più importanti sono i seguenti: "Iczer One", "Gunbuster", "Bubblegum Crisis", "Gall Force", "Dangaioh", "Orguss 02"; proprio con la serie TV "Orguss" e con "Iczer One" nasce l'ecchi lolicon e "otaku-oriented" tout court; se prima di "Macross" le tette e i culi venivano mostrati per fini umoristici, allo scopo di far divertire i bambini, dopo "Macross" negli anime si ha un substrato erotico vero e proprio, che per molti otaku diventerà una vera e propria ossessione, che li indurrà a proiettare le loro pulsioni sessuali represse verso conturbanti lolite in 2D.


I personaggi di "Macross", che formano l'equipaggio dell'omonima astronave/città/robottone, sono caratterizzati egregiamente: c'è Lynn Minmei, la pop idol in erba a tratti infantile e superficiale; c'è Hikaru, l'adolescente per eccellenza con tanto di mentore (il "fratellone" Roy Fokker); c'è una delle prime tsundere della storia (se non la prima), il tenente Misa Ayase; c'è il virile capitano Global, un'evidente caricatura del regista Noboru Ishiguro e del capitano Okita della corazzata Yamato. Il fatto che la gigantesca astronave contenga al suo interno una città permette all'anime di alternare la space-opera allo slice of life: il tema centrale della parte più rilassata della serie sarà il triangolo sentimentale Hikaru/Misa/Minmei, che spesso sfocerà nella pura soap opera a tinte rosa alla "Harmony Gold". Quest'ultimo fatto nelle opere degli anni '70 non c'era: l'amore tra i protagonisti era sempre virile, romantico e tragico, ben lontano dalle paranoie, dalle insicurezze e dalle turbe adolescenziali introdotte da "Macross". Lo sci-fi animato, nel 1982, diventa quindi "soft sci-fi", una moda che durerà fino all'arrivo degli anime da fascia serale negli anni '90 ("Evangelion" sarà l'artefice di questa nuova rivoluzione nel 1995).


Chi è arrivato a leggere fino a qui si sarà reso conto benissimo dell'oggettiva importanza di "Macross" nella storia dell'animazione giapponese. Ma al di là della storiografia, come è invecchiato "Macross"? Bene e male direi, siccome rimane comunque una visione molto coinvolgente e seminale, ma che potrebbe tuttavia annoiare chi è già abituato ai vari cliché dei triangoli amorosi moderni. La serie originale infatti finisce al ventisettesimo episodio, e la parte rimanente è pura e classica soap opera, un "Beautiful" con i robottoni. Scordatevi l'epicità e il fascino della prima parte, che sapeva trovare la giusta alchimia tra la vita sentimentale dei protagonisti e le innovative fighetterie spaziali: dalla ventisettesima puntata in poi "Macross" è pura noia. In questa seconda parte vengono comunque approfonditi i segreti degli Zentradi, viene mostrata la vera natura dell'odioso cugino di Minmei, i personaggi alla fin fine sono indimenticabili, quindi chi adora "Macross" potrebbe adorarlo tutto allo stesso modo, senza mai annoiarsi. Come tutti gli anime innovativi, "Macross" aveva riscontrato un basso share nella prima messa in onda, quindi la qualità dei primi episodi è abbastanza altalenante, anche se essi sono comunque aprezzabili, con quel loro alone di incertezza, né troppo anni '70 né troppo anni '80. Con il proseguire delle puntate, lo share crebbe, facendo aumentare la qualità globale delle puntate e spingendo gli autori a prolungare la serie più del dovuto (ecco perché sono state introdotte le puntate successive alla ventisettesima, che era il finale programmato per la serie).


In Italia e in America ""Macross" è conosciuto come il primo arco della saga di "Robotech", un minestrone taglia e cuci che comprende, oltre al titolo in esame, "Mospeada" e "Soutern Cross", due anime figli di "Macross", e quindi facili da fondere con il loro genitore, in modo da formare una storia unica. Inutile dire che "Robotech" non è "Macross", e che è consigliatissimo il doppiaggio Yamato Video, data la sua buona qualità e il suo adattamento fedele all'originale. A chi piacerà "Macross" consiglio di andare avanti con il bellissimo e altrettanto epocale film "Do you remember love?" e con le varie serie annesse alla continuity, "Macross Plus" e "Macross Frontier" in primis.


In conclusione, ogni fan dell'animazione giapponese che si rispetti dovrebbe aver visto "Macross", giusto per farsi un'idea della sua vasta influenza e della sua indubbia importanza storica. Non a caso esso è l'anime più citato in "Otaku no Video", il celebre documentario otaku ad opera dello studio GAINAX, nato proprio nel seno della grande rivoluzione del 1982.





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