martedì 6 gennaio 2015

The Vision of Escaflowne: Recensione

Titolo originale: Tenku no Escaflowne
Regia: Kazuki Akane
Soggetto: Hajime Yatate, Shoji Kawamori
Sceneggiatura: Akihiko Inari, Hiroaki Kitajima, Ryota Yamaguchi
Character Design: Nobuteru Yuki
Mechanical Design: Kimitoshi Yamane
Musiche: Yoko Kanno, Hajime Mizoguchi
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 26 episodi
Anno di trasmissione: 1996

 
E' risaputo che negli anni '90 la MTV anime night fosse stata un'evento epocale per tutti gli appassionati di animazione giapponese del belpaese. Titoli come "Evangelion", "Cowboy Bebop", "Trigun", "Escaflowne" e compagnia andavano in onda regolarmente, facendo appassionare le nuove generazioni alla cultura nipponica. Questo status mitologico dell'evento ha fatto sì che spesso si commettesse l'errore di associare a quasi tutte le opere andate in onda all'epoca lo status di capolavoro assoluto/pietra miliare dell'animazione, in quanto il fansub e la cultura anime su internet non erano ancora sviluppati a sufficienza. Questo è quello che a mio avviso è successo con "Escaflowne", un anime pienamente nella media, stereotipato al massimo, dalle notevoli lacune di sceneggiatura; ma, tuttavia, dipinto dai più come mostro sacro dell'animazione, a causa del fatto che sia uscito al posto giusto e nel momento giusto, quando l'animazione giapponese di tipo mecha in Italia non era ancora un fenomeno di larga portata - in precedenza, comunque, erano stati trasmessi dalle televisioni regionali un gran numero di robotici anni '70 (martoriati da dialoghi inventati e doppiaggi casarecci), ma non i robotici anni '80, quelli più affini alle opere mandate in onda su MTV. Vorrei inoltre osservare che spesso questo fatto accade anche con "Evangelion", che pur essendo un ottimo prodotto, in Italia viene quasi all'unanimità ritenuto un "mostro sacro" prima del quale non c'era assolutamente nulla, nonostante i suoi debiti nei confronti dell'opera di Tomino ed il suo palese citazionismo robotico anni '70/'80, tuttavia innovativamente aggiornato con filosofia esistenzialista, postmodernismo e introspezione psicologica, a discapito della trama. "Escaflowne", nonostante goda anch'esso tra i più dello status di capolavoro intoccabile, è un caso diverso da "Evangelion": non ha praticamente innovato nulla, neanche il modo di raccontare il "drama" robotico: si tratta del classico anime ad alto budget costruito a tavolino per avere successo di pubblico, senza alcun merito effettivo a parte il vile denaro sborsato dai produttori, che fa sì che la grafica sia così bella e le animazioni così fluide da rendere il prodotto comunque appetibile al consumatore. Anche le musiche di Yoko Kanno sono un punto di forza dell'opera, anche se non sono al livello delle OST di "Cowboy Bebop" e "Turn A Gundam", a mio avviso i suoi vertici massimi.


I debiti nei confronti dell'opera di Tomino, al pari di "Evangelion", li ha pure questo "Escaflowne", di fatto concepito inizialmente come remake di "Dunbine": le analogie con il suo antesignano sono palesi: l'incipit in cui una ragazza normale dei giorni nostri viene trasportata in un mondo fantasy, con draghi, streghe, cavalieri e robottoni (in "Dunbine" era un ragazzo, ma non importa); il fatto che questo mondo sia in crisi, in quanto un altro essere della terra ordinaria - "the upper world", direbbe Tomino - ha portato la scienza e la tecnica in esso, facendolo diventare, da landa pacifica e desolata, un mondo inquinato, corrotto e in guerra. Fosse rimasto un remake di "Dunbine" tout court, molto probabilmente "Escaflowne" sarebbe stato migliore: infatti l'incoerenza logica di fondo nell'opera di Shoji Kawamori e Kazuki Akane è proprio la forzata, inopportuna commistione tra shojo alla "Beautiful" (se non peggio) con la seriosità di una drammatica guerra robotica ambientata in un mondo fantasy alla "Dunbine". E' inutile, le turbe sentimentali di una ragazzetta adolescente in calore - che ragiona più con gli ormoni che col cervello - non può convivere con la guerra che uccide, la guerra nuda e cruda che si porta via tutto. I protagonisti di "Dunbine", Show Zama e Marvel Frozen , nonostante fossero infatuati uno dell'altra, non avevano tempo da sprecare in capricci sentimentali, a causa della durezza del conflitto. Non c'era tempo di gridare "signorino Van!" allo stesso modo dell'irritante, inutile, insulsa loli-gatto di kawamoriana memoria; né tantomeno di sognare la notte le belle chiome fluenti dei vari "signor Allen" di turno.

 
Paternità celate ed improbabili, causate da relazioni ed intrecci amorosi scialbi; - io l'ho amata, volevo una famiglia... Pinco Pallino, sei tu il mio vero padre? - roba che, a confronto, il gossip di "Novella 2000", unito alle vicende sentimentali degne di una telenovela in onda presso le televisioni regionali (quelle con il doppiaggio non sincronizzato al labiale che vede vostra nonna, tanto per intenderci) ci farebbero bella figura - Io ti amo, ma non ti merito, perché sono un mercante, allora me ne vado - e io ti aspetterò, aspetterò il momento in cui tu sarai meritevole di me! -. Grasse risate, da rotolarsi sul pavimento. Il bello è che gli (artificiosi) intermezzi soap opera, per quanto potrebbero piacere ad un ipotetico pubblico femminile, vengono spesso lasciati irrisolti e dimenticati per strada, senza essere funzionali alla trama. Esattamente come la vicenda della presunta paternità di cui sopra.


Lo script di "Escaflowne" è abbastanza patologico; utilizza l'artificio della civiltà divina/atlantide come deus ex machina in modo approssimativo, inconsistente: c'è l'antica forza/potere infinita/o che i "cattivi" vogliono riesumare in modo da poterla/o utilizzare per i loro loschi fini; c'è il ciondolo magico - altro cliché vecchio di mille anni - posseduto dalla protagonista, la solita ragazzetta adolescente con poteri divinatori da shojo standard; insomma, il tutto è stereotipato al massimo, con una sceneggiatura scritta male e piena di lacune, una storia raccontata male, scritta male, ancora più penalizzata dalle suddette irritanti incursioni nella soap opera (che senso può avere mandare la protagonista sulla terra per poi farla tornare indietro dopo due puntate, senza che ella abbia risolto nulla di essenziale ai fini della trama, solamente per farla sbavare davanti alla chioma fluente del sempai Amano, di cui ovviamente anche la sua migliore amica è "innamorata"?).


Volendo per un attimo riflettere, prendendo momentaneamente una pausa dalla feroce invettiva in corso, devo ammettere che "Escaflowne" è la prova empirica che spesso la grafica vince su tutto. Non importano i contenuti, non importano i personaggi, non importa che i dialoghi siano eccessivamente pomposi, vani, saccenti, vuoti di sostanza; la cosa che conta è che ci sia un bell'apparato grafico. E il pubblico ringrazia. Anche la scelta dei nasi a punta, delle facce da pinocchio e dei lineamenti tutti uguali aiuta: forse "Escaflowne", con il suo sgradevole character design, graficamente in quache modo è innovativo, devo riconoscerlo. Il mecha invece è ottimo, riconosco a Kawamori un'innato talento nel disegnare robottoni fighi e sboroni. In fondo "Dangaioh" l'ha disegnato lui!


Una cosa, forse l'unica, che ho aprezzato molto in "Escaflowne" sono i suoi omaggi al capolavoro di Nagahama Tadao, "General Daimos": i cittadini alati di Atlantide sono un rimando ai Baamesi; la madre di Van è praticamente la sorella gemella di Erika; la connessione fisica del protagonista con il suo robot dal mantello nero ricorda molto quella di Kazuya Ryuzaki con il Daimos. Anche in questo must del passato c'era una componente amorosa, tuttavia era più virile, molto idealizzata; l'amore vince su tutto era la sua morale - la stessa di Escaflowne, per intenderci - ma non l'amore adolescenziale, incerto, regolato dagli istinti più che dalla verità: l'amore idealistico, Platonico; l'idea che vince sulla materia, avrebbe detto il filosofo. L'amore di Erika e Kazuya era intangibile, tragico, simbolico, in quanto i due appartenevano a razze in conflitto tra loro. Un'amore di ben altro livello estetico.


"Escaflowne" si pone l'ambizioso scopo di trattare la natura del destino, della fortuna; il desiderio cosciente (forse il termine "volontà" sarebbe stato più appropriato) è la forza che permette all'uomo di sfuggire al crudele destino prestabilito dalle leggi imposte della natura, che la scienza tuttavia può alterare (la "macchina del destino"). Concetti molto orientaleggianti e new age, molto probabilmente ispirati a Kawamori dal suo viaggio in Nepal, avvenuto prima della creazione dell'anime. Penso che questo discorso venga inizialmente sviluppato benino, ma che poi si perda per strada, senza essere trattato a dovere: il solito apparato soap opera/shojo omologato pure in questo caso interferisce, rendendo il tutto a tratti risibile, senza un approfondimento soddisfacente (quelle orientali sono tematiche molto complesse, che andrebbero affrontate in modo meno artificioso e più consistente). Non basta un confusionario amore adolescenziale a liberare l'uomo dal meccanismo dalla ruota del Samsara.


In conclusione, ritengo "Escaflowne" un anime di basso livello per la sua epoca. Gli anni '90 sono stati quelli del postmodernismo, del cyberpunk, della perdita delle certezze. Che senso ha in questo contesto un anime che da mancato remake di "Dunbine" diventa uno shojo/new age scontatissimo, che (forse) sarebbe andato bene a fine anni '80? Tuttavia le sue belle musiche e la sua bella grafica potrebbero attirare lo stesso molti appassionati, che potrebbero rimanere comunque appagati dalla visione. A mio avviso "Dunbine" è nettamente superiore, un grande classico dal finale inimitabile che andrebbe visto a priori. A voi la scelta.








2 commenti:

  1. Ho visto Escaflowne da "grande", qualche anno fa. Non so dire se la mia impressione, vedendolo da adolescente, sarebbe stata diversa, ma di sicuro, adesso, lo considero grossomodo come è stato descritto in questo articolo. L'ho terminato a fatica, aggrappandomi alla colonna sonora e alla nostalgia da anime anni '90 - per il resto ne avrei fatto volentieri a meno. Mi sono tolta lo sfizio, è un cult dell'epoca, finita lì ;)
    Spezzo una lancia a favore di Dylando. Sarà che abbiamo gli stessi capelli, ma mi ha fatto spaccare dal ridere.

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  2. Io l'ho visto recentemente, da adulto, senza l'effetto girella di MTV e dopo aver visto Daimos e Dunbine: delusione. Come autore Kawamori non e' comunque nelle mie corde, a parte Macross.

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