venerdì 7 novembre 2014

Kanashimi no Belladonna: Recensione

Titolo originale: Kanashimi no Belladonna
Regia: Eiichi Yamamoto
Soggetto: basato sul libro "Satanism and Witchcraft" di Jules Michilet
Sceneggiatura: Yoshiyuki Fukuda, Eiichi Yamamoto
Character Design: Kuni Fukai
Musiche: Masahiko Satou
Studio: Mushi Productions
Formato: film cinematografico
Anno di uscita: 1973


"Kanashimi no Belladonna", alias "Belladonna della Tristezza", è una rilettura dell'emancipazione femminile in chiave psichedelica e postmoderna. Concepito originariamente da Osamu Tezuka e diretto da Eiichi Yamamoto, questo film è l'ultimo della trilogia Animerama, comprendente "Cleopatra" e "A Thousand & one Nights", entrambi diretti da Tezuka stesso prima del suo abbandono della Mushi Productions per dedicarsi completamente ai manga. Misconosciuto e intellettualoide capolavoro visivo anni '70, "Kanashimi no belladonna" è un concentrato di arte visuale decisamente d'avanguardia.


In un medioevo atavico ed archetipale, la bellissima Junnu vuole sposare un pover'uomo, Jun, che non è in grado di pagarsi la dote. Il feudatario locale, evidente simbolo dell'opprimente potere patriarcale, dopo aver rifiutato la cerimonia con una perversa forma di "jus primae noctis" violenta e fa violentare dai suoi accoliti la promessa sposa. Nella sua disperazione Junnu entra in contatto con un demone di forma fallica simboleggiante la volontà di potenza ed il progresso socio-culturale, fattori che permettono alla donna di acquisire l'indipendenza e la libertà sessuale. La vicenda si evolve attraverso un viaggio lisergico pieno di citazioni alla pittura di Klimt, all'elegante tratto di Guido Crepax e ai vari stili di pittura moderni (graffiti, acquarello, pastello...) Il finale è sconcertante e denso di simbolismi e molteplici livelli di lettura.


Composto prevalentemente da veri e propri quadri, "Kanashimi no Belladonna" gioca di contrappunto con la staticità dei frame immobili di sovente "squarciati" delle poche scene effettivamente animate, metafore del moto assoluto indotto dalla volontà che s'incarna in falli, fuochi ardenti e richiami orgiastici. E' comunque errato catalogare questo film come hentai, in quanto il nudo viene presentato in modo puramente artistico e simbolico. Si assiste infatti al trionfo della bellezza delle forme femminili, all'eleganza e alla meraviglia del rapporto sessuale inteso come estasi dello spirito e dei sensi.


Punto di forza del lungometraggio sono indubbiamente le musiche, in pieno stile rock progressivo anni '70 e reminescenti di Miles Davis, Gong (in particolare la triologia di vinili di "Radio Gnome") e primi Pink Floyd. "Kanashimi no Belladonna" è infatti uscito nel 1973, in pieno climax da beat generation, contestazioni studentesche ed emancipazione femminile.


Quando "Kanashimi no Belladonna" sfocia nell'horror, lo fa con una moltitudine di colori e uno stile pittorico molto particolare, che penso abbia in parte ispirato le trovate grafiche della più recente serie animata "Mononoke", altro prodotto originalissimo che guardacaso è anch'esso un'analisi psicologica a tinte macabre e inquietanti sulla condizione della donna nella modernità.


In conclusione, "Kanashimi no Belladonna" è un film d'animazione per tutti e per nessuno, pertanto è molto difficile assegnare una valutazione oggettiva. Sicuramente non è adatto al pubblico medio, essendo troppo erotico per l'audience infantile e troppo cerebrale per i cultori dell'eros. Questo fatto è testimoniato dal suo completo flop commerciale, che contribuì tra l'atro a mandare la Mushi Productions in bancarotta. Mi sento comunque di consigliarlo a chi ama il cinema sperimentale, a chi pensa di avere un po' di "estro artistico" e a chi apprezza il trionfante rock progressivo anni '70. Infatti vedrete scorrere nel film immagini simili alle copertine dei vostri LP preferiti: "Nuda" dei Garybaldi, "Climbing!" dei Mountain, "Felona e Sorona" delle Orme...











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