giovedì 17 agosto 2017

Queen Millennia (La regina dei mille anni): Recensione

 Titolo originale: Shin taketori monogatari: sennen joō
Regia: Nobutaka Nishizawa
Soggetto: Leiji Matsumoto
Sceneggiatura: Toyohiro Andou, Hiroyasu Yamaura
Character Design: Yoshinori Kanemori
Musiche: Ryuudou Uzaki
Studio: Toei Animation
Formato: serie televisiva di 42 episodi
Anno di trasmissione:1981


Nel millenovecentottantuno, quando la Fuji TV trasmetteva per la prima volta in televisione l'adattamento animato dell'omonimo manga di Leiji Matsumoto uscito un anno prima, Shin taketori monogatari: sennen joō, in italiano La nuova storia di un tagliabambù: la regina dai mille anni, il terrore atomico e le atmosfere tipiche della guerra fredda avevano già raggiunto il paese del Sol Levante. Ad un anno di distanza, i cinema proponevano il truce, misticheggiante capolavoro cinematografico di Yoshiyuki Tomino, The Ideon: Be Envoked, e il versante fantascientifico dell'animazione giapponese, grazie alla deflagrazione indotta dai film Space Cruiser Yamato e Star Wars, era al suo apice. Il pubblico adulto iniziava a interessarsi ad un media rivolto prevalentemente al pubblico infantile, e pertanto in alcuni anime gli episodi autoconclusivi iniziavano a lasciare spazio a complesse trame caratterizzate da una serrata continuity. Shin taketori monogatari: sennen joō - come è lecito aspettarsi dal suo contesto - era una storia apocalittica, in cui l'umanità aveva i minuti contati a causa dell'imminente collisione tra la Terra e l'immaginario pianeta Lamethal (e qui si notava nuovamente, dopo Space Cruiser Yamato, il debito della narrativa Matsumotiana nei confronti della fantascienza statunitense, in particolare di Edmond Hamilton, che non disdegnava collisioni catastrofiche tra corpi celesti in grado di annichilire la razza umana). Per essere più precisi, proprio come Space Cruiser Yamato, che alla fine di ogni episodio aggiornava lo spettatore sui giorni, le ore e i minuti che mancavano alla fine dell'umanità, Shin taketori monogatari: sennen joō faceva suo il mantra, ripetuto ossessivamente nel corso della serie, che la razza umana si sarebbe estinta il giorno nove settembre del millenovecentonovantanove, alle nove e nove minuti e nove secondi. L'atmosfera con ciò era tesissima, e lasciava trasbordare soltanto in parte i toni fiabeschi e poetici Matsumotiani, preferendo i connotati di uno straripante thriller fantascientifico d'autore (buone per l'epoca le animazioni e la regia) caratterizzato da immancabili cliffhanger di fine episodio. 

 
Sebbene il titolo dell'opera rimandi palesemente al celebre Taketori Monogatari (in italiano Il racconto di un tagliabambù), meglio conosciuto come Kaguya-hime no monogatari (in italiano La storia dellla principessa splendente), tra l'altro recentemente trasposto in animazione dal veterano Ghibli Isao Takahata, Shin taketori monogatari: sennen joō, a parte l'idea di base della principessa di un'altro mondo che viene cresciuta da genitori adottivi terrestri, ha ben poco da condividere con l'antico racconto popolare giapponese, che funge più che altro da archetipo sfuggente in un'impalcatura narrativa e contenutistica del tutto figlia del suo tempo. Yukino Yayoi (Kira Tesawa nella versione italiana), Regina dei mille anni, è fin troppo impegnata a fare la guerra ai cosiddetti Pirati dei mille anni (un'organizzazione segreta reminiscente dei gangster movie anni trenta) per poter avere a che fare con atavici principi feudali. Fino a metà serie, le due fazioni opposte vanno avanti a sabotaggi e colpi di spionaggio e antispionaggio, contendendosi i progetti di un motore atomico che invero è posseduto da Hajime Amamori (Tori nella versione italiana) a sua insaputa (Hajime di fatto è il tipico eroe giovanile Matsumotiano di buon cuore con gli occhi piccolissimi appiccicati sulla fronte à la Tetsuro Hoshino di Galaxy Express 999, ovviamente innamorato della protagonista bionda e naturalmente predisposto ad accendere in lei concetti quali “amore universale”, “legittimità di ogni forma di vita”, “diritti uguali per tutti indipendentemente dal pianeta di provenienza, dalla classe sociale e dalla costituzione” ecc.).


Sostanzialmente, al di là della patina fantascientifica e sentimentale, Shin taketori monogatari: sennen joō è un anime politico. La politica dei terrestri, proprio come accadeva nella monumentale serie classica di Harlock, viene ridicolizzata e sbeffeggiata dall'autore, che dipinge ritratti di omini presuntuosi e accecati dal potere i quali, di fronte all'imminente catastrofe globale, litigano tra loro per la supremazia dei loro Stati, per assicurarsi fondi pubblici e per aumentare il loro prestigio. Per Matsumoto il governo democratico è debole di natura e soltanto l'individuo forte e giusto può mettere ordine nei vari pollai governativi. Infatti, nella seconda parte della serie le democrazie vengono messe a tacere, e il vero potere rimane nelle mani di tre persone soltanto: la Regina dei mille anni, il capo dei Pirati dei mille anni, che controlla il governo mondiale per mezzo del suo presidente (che ovviamente, ad un certo punto della serie, toglie il potere ai suoi colleghi inconcludenti e rissosi) e la Sacra Regina Madre di Lamethal. Il primo, quello incarnato da Yukino Yayoi, è il buon governo dispotico: si parla del sovrano assoluto ideale, che ama il prossimo suo senza alcuna discriminazione e che prende le decisioni migliori per tutti, anche rimettendoci personalmente. Il secondo tipo di potere, quello del capo dei pirati, è sempre un buon tipo di governo, ma svuotato dell'idealità del precedente: per il bene dell'umanità è anche lecito lasciarne morire una parte, usare metodi brutali e scorretti quando necessario, agevolare i più capaci e penalizzare i meno capaci, pur rimanendo in tutto ciò ragionevoli e consistenti con la propria linea di pensiero. Il terzo tipo di governo, quello di Lamethal, fa invece il verso al nazismo, con tanto di terrestri inferiori confinati nei ghetti. La Sacra Regina Madre di Lamethal è sadica e spietata addirittura con le sue figlie, che manda ad ammazzarsi tra loro senza battere ciglio (per poi pentirsi inverosimilmente nel finale, cosa abbastanza forzata e dissonante rispetto a quanto avvenuto in precedenza). 

 
Il discorso del fallimento della politica e dell'emergere di nuovi poteri più giusti, anche in questo caso, come in molti altri anime dell'epoca (e non solo, si pensi al bel Shinsekai Yori), non era di certo inserito a caso: la protagonista di Shin taketori monogatari: sennen joō, proprio come il protagonista di quel Kidō senshi Gandamu uscito due anni prima, ad un certo punto della serie matura dei poteri esp sovrannaturali, che le permettono (fino ad un certo punto) di piegare le leggi della natura e dell'uomo corrotto al bene, lasciando indietro il vecchio e sfoggiando un livello superiore di consapevolezza. Shin taketori monogatari: sennen joō non ha ancora bisogno di quelle litanie nichiliste e masturbatorie che, qualche anno dopo (e fino ai giorni nostri) accompagneranno il fallimento dei suoi buoni propositi. Per Matsumoto il dolore della guerra è ancora troppo vivo, scottante, pertanto è meglio che Yukino Yayoi, anzi di risultare inconcludente come molte delle protagoniste degli anime che verranno, dia il buon esempio a tutti, immolandosi sull'altare dell'idealità. 

 
Chi si aspetta del realismo da Matsumoto - sebbene questa sia in effetti la sua opera più realistica - può di certo rimanere deluso da Shin taketori monogatari: sennen joō. Si pensi all'odioso antagonista Daisuke Yamori (Sakura nella versione italiana), dapprima luogotenente della Regina dei mille anni e poi suo acerrimo nemico , un figuro spietato (ma comunque fedele alla sua causa) libero di agire come meglio gli aggrada in ogni circostanza, anche nella base segreta della regina e anche se accusato di alto tradimento. Per non parlare poi dei numerosi stratagemmi di sceneggiatura nei quali il prigioniero di turno si fa beffe delle guardie fingendo di essere malato, si fa aprire, bastona tutti con un qualcosa trovato nella cella e si impossessa del mitra. O di tutte le situazioni irrisolvibili che vengono archiviate in due secondi grazie al deus-ex machina dei poteri paranormali di Kira. Ma è risaputo: Matsumoto è sostanzialmente un poeta, sebbene in questo caso preferisca ricreare (a suo modo) delle atmosfere thriller. E Shin taketori monogatari: sennen joō, nonostante la frenesia apocalittica che la contraddistingue, è capace di alcuni picchi poetici di rara bellezza, complici anche il design curato e le musiche suggestive (splendide la opening, Cosmos Dream, e la ending, Mahoroba densetsu, due brani molto evocativi che disintegrano la canzonetta di Cristina D'Avena prevista per l'edizione italiana)

 
Assolutamente fastidiosi e irritanti i due compagni di classe di Hajime, due bulletti adibiti - assieme ai genitori adottivi di Yukino, sebbene questi ultimi siano necessari alla narrazione - a fornire alla serie qualche momento leggero e divertente. Ma questo vale soltanto in teoria, siccome il risultato ottenuto è quantomeno imbarazzante. Imbarazzante è altresì il minestrone inguardabile firmato Carl Macek, Captain Harlock and the Queen of a Thousand Years, solita americanata taglia e cuci à la Robotech priva del rispetto per le opere originali, in questo caso la serie classica di Harlock e l'opera qui recensita, che vengono fuse assieme in un minestrone senza senso dotato di un'unica trama riscritta ex novo da mano yankee. Ignorando questo scivolone e tornando al vero anime firmato Leiji Matsumoto, si può ammettere che nel complesso si parli di un'opera dotata di una gran dose di carisma, da riscoprire e ammirare nel suo ingenuo splendore, un fascino atavico d'altri tempi che ancora oggi colpisce per la sua compostezza, profondità e sobrietà. Un'opera in cui, guardando più a fondo, il vero protagonista è l'universo stesso con i suoi infiniti misteri, del quale l'uomo è soltanto un tragico, insignificante abitante, destinato a sopravvivere affrontandone la vastita e l'ignoto, sebbene, in ultima sintesi, la sua impotenza lo conduca inevitabilmente alla morte. A questo punto allora, meglio una morte carica di significato che una morte inutile.  









2 commenti:

  1. Buongiorno ragazzi, sono l'amministratore del sito Culto Underground (cultounderground.com), scusate se scrivo qua in un commento, ma non sapevo esattamente come contattarvi. Mi potreste lasciare un'email dove potervi scrivere? Volevo proporvi una collaborazione. Grazie per l'attenzione, saluti.

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  2. Contattami pure all'indirizzo kingcrimson90@gmail.com

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