lunedì 28 luglio 2014

Aura Battler Dunbine: Recensione

Titolo originale: Seisenshi Dunbine
Regia: Yoshiyuki Tomino
Soggetto: Hajime Yatate, Yoshiyuki Tomino (basato sui suoi romanzi originali)
Sceneggiatura: Minoru Yokitani, Yoshiji Watanabe
Character Design: Tomonori Kogawa
Mechanical Design: Kazutaka Miyatake, Yutaka Izubuchi, Tomonori Kogawa
Musiche: Katsuhiro Tsubono
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 49 episodi
Anni di trasmissione: 1983 - 1984


1983, Tomino dona al mondo dell'animazione giapponese "Aura Battler Dunbine", una delle prime (se non la prima) opere animate fantasy provenienti dal "paese del sol levante". A ben guardare si può tuttavia scorgere un aspetto ulteriore, "Dunbine" non è un mero fantasy ma un esperimento particolarmente bizzarro e insolito, che vede l'armonizzarsi della componente "fiabesca" e "medievaleggiante" con un ingrediente tipicamente tominano: il mecha.
A questo punto devo chiedere gentilmente al lettore dubbioso e diffidente di non smettere di leggere, scettico o nauseato che sia all'idea di un simile accostamento. Invero, Tomino riesce a fondere e a coordinare questi due mondi e generi, apparentemente impenetrabili ed estranei tra loro, con grande semplicità, rendendoli anzi la base per impostare l'intero e più intimo significato dell'opera. Questa serie inoltre rientra a pieno diritto (assieme a "Ideon" e "Z Gundam") in quel gruppo di lavori, accomunati da un elevato tono di pessimismo e drammaticità, che cagionarono al loro ideatore il nomignolo di "Kill 'Em All Tomino".


Persino un profano potrebbe presagire, a questo punto, il tema fondamentale della serie. Tale non è altro che la guerra, una guerra tragicamente necessaria, seguita attraverso il suo evolversi ed espandersi mediante una frenetica corsa agli armamenti (la militarizzazione) e il progresso. Una trattazione che viene condotta fino al suo estremo e annichilente approdo. Questi due fattori, attorno ai quali ruota l'intera opera, sono i cardini dell'interpretazione tominiana della guerra e si può assaporare una non certo velata critica nei loro confronti. Impossibile negare, pertanto, che "Dunbine" non sia esente da un idealismo dal retrogusto quasi imbarazzante, tuttavia si può notare come questo cerchi di bilanciarsi con un evidente "pessimismo" ontologico. Viene spiegato, infatti, che in Byston Well le piaghe della guerra e della corruzione erano già presenti ben prima dell'avvento di Shott Weapon, araldo del progresso; tale accadimento ha comportato solo un'esasperazione della situazione precedente, un'alterazione dell'equilibrio tra poteri. Il progresso infatti determina un estendersi della guerra in scale gradatamente sempre più grandi. Si tratta di una differenza più quantitativa che qualitativa. Questo discorso è importante, se non fondamentale, poiché lascia a intendere che il mondo naturale e incontaminato di Byston Well non è in realtà l'ideale perfetto che molti credono, bensì un universo in cui il conflitto è presenza radicalmente necessaria, se non preponderante.


Finanche la "Natura" stessa appare affatto egoista, non a caso la regina delle Ferario agisce in guisa tale da imitare il mirabile esempio di Pilato, lavandosi letteralmente le mani degli affanni che "non la riguardano". Queste distinzioni e precisazioni pongono la riflessione proposta dalla serie in un'ottica meno semplicistica, sebbene non si possa superare una certa rigidità soprattutto per quanto riguarda il cast.


Con riferimento a questo punto si può agevolmente notare, contrariamente a "Ideon", una linea di demarcazione piuttosto netta tra i "Buoni" e i "Cattivi". In "Dunbine" i personaggi principali sono chiaramente e aprioristicamente Buoni (la loro è solo una reazione idealistica ai piani di conquista dei cattivi), Drake e i suoi alleati invece appaiono inderogabilmente come malvagi e corrotti, nella tecnologia trovano uno strumento in più per attuare i loro piani. Non vengono poste, se non raramente, questioni di relativismo morale. Questo accade perché le motivazioni di base delle fazioni, ovvero il motore di tutto, sono piuttosto idealizzate, sebbene si assista a dei tentativi di equilibrare le due parti ciò non è sufficiente a ribaltare la situazione. Siffatto modo di fondare l'intreccio ha, a mio parere, reso rigida la trattazione, che poteva giungere a considerazioni di uno spessore più elevato.
A favore si può però sostenere che "Dunbine", per certi versi, non predilige nessuna delle due fazioni, estromettendo così il fastidioso paradigma del "buono" che vince sempre e che non muore mai. Spesso i "nostri" falliscono miserabilmente nei loro intenti, mentre i nemici si rivelano maggiormente abili e scaltri. Pertanto, sebbene i protagonisti non escano molto dai ruoli loro imposti, non godono di una posizione privilegiata. Coloro che potremmo definire i "buoni" non esitano a usare la violenza per rimediare alla violenza medesima, e di questo pagheranno il fio, a discapito dei loro nobili ideali. La conclusione quindi sancisce come morale il fatto che la guerra sconfigge tutti, senza che vi sia vincitore alcuno. 


Con "Ideon" vi sono altresì pregnanti affinità: ad esempio il ricorrere del tema circa il rapporto genitore-figlio, molto importante soprattutto per ciò che concerne la figura di Elmelie. Si può parlare anche dello scontro tra civiltà, della lotta tra culture, senza dimenticare le vicende sentimentali che, in entrambi i lavori, svolgono un ruolo d'insostituibile sottofondo, donando ulteriori sfumature caratteriali ai personaggi. 


"Dunbine", imprevedibilmente, si rivela anche spensierato: vi sono diversi momenti di distensione e allegria che si alternano a quelli di disperazione e conflitto. Questi siparietti permettono di attenuare la pesantezza narrativa, marchio di fabbrica di Tomino, e di fornire colore e maggiori sfumature all'ambientazione.

 
L'epilogo, infine, esplode in un mattatoio di emozioni, non si trattengono i colpi e "Kill 'Em All Tomino" non tradisce la sua fama, concludendo le vicende in modo tragico e annichilente.


Il lato tecnico e la sceneggiatura a mio avviso non sono dei migliori. "Dunbine" presenta diversi difetti "tipici" e ricorrenti: abbondano le sequenze riciclate, le coincidenze, le ingenuità. Spesso si assiste a sezioni eccessivamente lunghe e ridondanti, concentrate su un unico combattimento o situazione, senza contare la grande lentezza espositiva del tutto. Ciò potrebbe causare non pochi problemi a uno spettatore abituato ai ritmi più moderni, portandolo velocemente alla noia.
Non commettete l'errore di abbandonare la visione di "Dunbine" per un motivo così futile, il finale saprà ampiamente ripagare, emotivamente, le parti più statiche e lente immediatamente precedenti, offrendo un momento molto intenso e denso di emozioni.








1 commento:

  1. Condivido tutto quanto detto dal mio socio a parte una cosa. L'idealismo dei personaggi visto come difetto. Spesso le guerre sono combattute da persone con determinati ideali, come ad esempio Ernesto Guevara. Tomino rappresenta la guerra in modo totalmente nichilista; è una guerra in cui l'idealismo non è del regista, ma solamente dei suoi personaggi, i quali potevano benissimo non esserlo. Poco sarebbe cambiato, Tomino raffigura la razza umana e la natura come oggetti ontologicamente competitivi; nel momento in cui arriva l'industrializzazione, la competitività cresce, allo stesso modo delle potenzialità distruttive dell'uomo, fino all'apocalisse finale. Nel 1983 siamo inoltre in piena guerra fredda: gli anime contemporanei a Dunbine erano pieni di moniti autorali contro le armi nucleari, si pensi a Baldios e a Mirai Shonen Conan, tanto per fare due esempi celebri

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