sabato 12 luglio 2014

Gasaraki: Recensione

 Titolo originale: Gasaraki
Regia: Ryousuke Takahashi, Goro Taniguchi
Soggetto: Hajime Yatate, Ryousuke Takahashi
Sceneggiatura: Toru Nozaki, Chiaki J. Konaka
Character Design: Shukou Murase
Mechanical Design: Yutaka Izubuchi, Shinji Aramaki
Musiche: Kuniaki Haishima
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 25 episodi
Anni di trasmissione: 1998 - 1999 


Yushiro Gowa è un ragazzo giapponese introverso e taciturno, il quale viene inviato in medio oriente come pilota di un prototipo di robot militare sviluppato in grande segreto dalla sua famiglia. Qui incontrerà, durante un'attacco statunitense alla capitale del Belgistan (nome fittizio per indicare l'Iraq), Miharu, anche lei pilota di un mezzo bellico umanoide. Nonostante siano avversari divisi dal colore della divisa, Yushiro e Miharu percepiscono un forte legame spirituale, il quale sembra legarli da precedenti incarnazioni. Nel setting militare della guerra del Golfo si svilupperà la loro stoica storia d'amore, come se essi fossero allo stesso tempo attori di un poema epico legato al folklore giapponese e soldati impegnati in un conflitto non molto lontano dai giorni nostri.


"Gasaraki" è il canto del cigno di Ryousuke Takahashi, maestro indiscusso del realismo robotico (sono suoi titoli seminali del calibro di "Votoms" e "Dougram"). Si tratta di un regista estremamente raffinato, dall'impronta molto personale ed autorale, quanto mai legata a ricostruzioni storiche fedeli e alla cultura tradizionale giapponese tout court. Il "tocco" di Takahashi si riconosce subito: egli è in grado, con il suo stile personalissimo, di rendere carismatica ogni singola inquadratura delle sue opere. Questo discorso vale sopratutto per "Gasaraki": l'opera vanta di una regia di alto livello, in grado di creare momenti intensi, emozionali e allo stesso tempo cerebrali. Certe scene, come ad esempio l'incontro ravvicinato nel tempio di Miharu e Yushiro, trasmettono una poetica fatta di frammenti di parole, sguardi, silenzi e misticismo. Un'atmosfera unica, sublime.


"Gasaraki" non è un'opera di intrattenimento. Approcciarsi ad un titolo del genere equivale ad ammirare una vera e propria opera d'arte impegnata, solenne, nella quale c'è un messaggio, ci sono rimandi storici e culturali molto precisi, toni aulici - si pensi alle poesie che anticipano il titolo di ogni episodio - e altre finezze molto ricercate; la splendida sigla di chiusura, con il suo fascinoso mood orientaleggiante e romantico, gli sperimentalismi visivi, la cura dei dettagli. Inoltre, è bene far presente che siamo di fronte ad un anime giapponese fatto per giapponesi; "Gasaraki" è molto chiuso in sé stesso, nel suo mood orientaleggiante, nel suo ermetismo e folklorismo. Lo spettatore occidentale occasionale potrebbe trovarlo parecchio estraneo alla sua cultura, e pertanto bollarlo, con fare superficiale, come eccessivamente prolisso ed incomprensibile. Nella sua complessità e fedeltà storica, "Gasaraki" arriva a prevedere le guerre finanziarie su larga scala a cui siamo abituati ai giorni nostri, fornendo un'ampio spettro di riflessione sulla decadenza della postmodernità nel contesto socio-politico nipponico; tradizione nel passato, alienazione nel presente; la necessità di preservare un'anima/identità solida e splendente, come la lama di una katana, in un mondo in continuo e frenetico mutamento; l'accettazione finale della precarietà delle cose - Il tempo è scritto nel vento, il destino non è scolpito in lastre di pietra - direbbe Yushiro.


Quest'opera ha due anime. Una è la storia di Miharu e Yushiro nel contesto della guerra del Golfo, un'hard sci-fi quasi iperrealistico in cui è presente un retroscena politico ed economico molto curato (seppur non ai livelli di "Dougram"); l'altra è la storia dei due innamorati/nemici nella loro incarnazione precedente, avvenuta nel turbolento e corrotto periodo Meiji. Il significato di Gasaraki sta nella sovrapposizione di queste due anime. Tra i numerosi strati che lo compongono, vi è un'analisi della sete di potere dell'uomo, la quale rimane invariata nel corso del tempo, congiunta alla denuncia delle folli tradizioni patriarcali legate esclusivamente al profitto. Inoltre, nell'opera, oltre ai vari riferimenti a Samurai, danze rituali, teatro Noh e sciamanesimo, la metafora legata al pensiero buddhista è molto palese: si pensi al tema delle incarnazioni nelle vite precedenti, al circolo vizioso e senza via d'uscita causato dalle illusioni del potere e dell'immortalità. 


Come tutte le cose, anche "Gasaraki" non è esente da difetti. Patologia degna di nota è il fatto che verso la fine della serie vengano inseriti numerosi eventi e personaggi che avrebbero avuto bisogno di più puntate per essere sviluppati a dovere, come ad esempio la sorella di Yushiro, la quale avrebbe indubbiamente necessitato di più spazio. Nell'ultimo frangente, precedente al finale, viene messa troppa carne al fuoco, e alcune cose vengono lasciate per strada. Nonostante questi difetti di sceneggiatura, l'ultima puntata della serie è molto suggestiva e significativa, con la sua rivelazione finale coadiuvata da una regia altamente postmoderna e sperimentale. Ventisette puntate anziché venticinque sarebbero state comunque meglio, a mio avviso. Inoltre, personalmente, avrei gradito una maggiore dose di folklorismo, misticismo e romanticismo nella seconda metà dell'anime, molto più fredda, politica e tattica della prima.


Ribadisco che "Gasaraki" sia una serie che richiede un certo sforzo da parte dello spettatore per essere seguita e compresa appieno. Molti potrebbero trovarla eccessivamente ostica e prolissa, oppure lamentarsi della caratterizzazione dei personaggi, i quali, nel loro esser guerrieri stoici di poche (talvolta auliche) parole, sono perfettamente consoni allo stile del regista (Miharu e Yushiro non sono nient'altro che delle versioni meno carismatiche dei protagonisti di "Votoms", Fyana e Chirico). Al di là di queste considerazioni, "Gasaraki" è una memorabile lezione di classe e stile, un anime sofisticato, adulto ed estremamente autorale dalle impareggiabili atmosfere e contenuti. Un vero e proprio classico degli anni novanta. Un vero e proprio anime giapponese nella sostanza, ben lungi dall'esser contaminato dagl'infelici compromessi legati all'occidentalizzazione e all'anime business. 






















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