lunedì 18 novembre 2024

Trilogia di New York, Nietzsche, Hesse e altre letture autunnali


Questo autunno ho letto e scritto molto. Faccio quindi un post con le recensioni delle mie letture autunnali, ossia un libro di Michel Houellebecq, un libro di Paul Auster, un libro di Herman Hesse, un libro di Friedrich Nietzsche e infine un libro contemporaneo di un'autrice minore. I voti, come nel mio precedente post estivo, sono stati dati in scala da uno a cinque. La foto qua sopra è uno scorcio autunnale di Padova, che nel corso degli anni è rimasta uno dei miei luoghi preferiti.   


- Estensione del dominio della lotta, di Michel Houellebecq (2/5)



Il primo romanzo di Houellebecq, direi decisamente semi autobiografico, tratta della vita di un informatico affetto da depressione che praticamente vive nell'abulia. L'incapacità del protagonista di adattarsi alla vita postmoderna induce in lui una sete mal appagata di socialismo reale coadiuvata da un fumoso desiderio di ritorno all'adolescenza (i.e. scoparsi le ragazzine, anche se l'autore ci gira sempre un po' attorno senza esplicitarlo: cosa che invece avrebbe fatto un ben più onesto Matzneff). Ciò detto, la patina post esistenzialistica del libro di Houellebecq  altro non è che il rivestimento di un manifesto proto incel tout court, in cui le femmine appaiono tiranne e i poveri ometti tutti vittime della vita, a parte ovviamente i più belli e fortunati (come ad esempio il capo ufficio del protagonista). In ultima sintesi a parer mio il francesissimo Estensione del dominio della lotta altro non è che un "vorrei scoparmi le bambine e vaffanculo al capitalismo", un leit motiv già tipico di Sartre, il quale tuttavia fu un'intellettuale di tutt'altra caratura rispetto al qui presente Houellebecq (che mi ha dato l'impressione di essere un parvenu letterario molto figlio del suo tempo). 


- Trilogia di New York, di Paul Auster (3/5)



Auster era un ebreo ateo di Brooklyn a cui è morto il figlio di overdose: già da questi brevi indizi è possibile intuire dove andrà a parare la sua letteratura. Essendo un ebreo ateo lo scrittore patirà un po' la sua cultura, isolandosi dagli altri ebrei; avendo perso un figlio la letteratura per lui sarà più un'esigenza autoriparativa che un divertimento profittevole. Se a ciò poi aggiungiamo che il nostro ha letto Camus e qualche altro esistenzialista europeo, è palese che la qui presente Trilogia Di New York altro non sia che un dramma molto celebrale su solitudine, senso di perdita e ricerca d'identità. Fatto salvo ciò, è da notare che Auster sia molto più Pynchon che Camus, infatti i tre racconti sono parecchio rocamboleschi (gli americani rimangono pur sempre americani, per forza di cose non possono battere gli europei in materia di umanesimo). A livello personale in Auster ho ritrovato un po' di Oshii Mamoru: ad esempio il secondo episodio di Twilight Q è un palese omaggio a City of Glass, il primo racconto della qui presente trilogia letteraria. Le tematiche altresì sono sempre un po' le stesse: se togliamo New York e mettiamo Tokyo cambia un po' il sapore del dramma, l'intento politico latente, ma la solitudine estrema che quasi porta alla dissociazione e all'elucubrazione esistenziale rimane invariata, sia nel mood che nella cripticità di un solipsismo autoriale privo di punti di atterraggio stabili (tra l'altro sia Oshii che Auster amano inserire  elementi polizieschi nelle loro opere: evidentemente il primo ha letto qualcosa del secondo prima di iniziare a scrivere sceneggiature). Insomma, un buon libro, sì, ma a parer mio un po' sopravvalutato (il secondo racconto ad esempio è indigeribile). 


- Tutte le favolose bestie, di Priya Sharma (1/5)



Difficile per me droppare un libro, ma in questo caso non ce l'ho fatta ad andare avanti. Consigliatomi da un'amica, comprato per via della copertina un po' in stile CLAMP, questa contemporanea raccolta di racconti scritta da una medica inglese è a dir poco indigeribile, banale, anonima. Banalità narrativa e contenutistica a parte, Tutte le favolose bestie mi ha dato l'impressione di essere il libro di una donna che ha fatto carriera anziché mettere su famiglia: la tematica della sterilità e dell'appassimento femminile rintocca lungo quasi tutti i racconti  che sono riuscito a leggere – "I figli sono il prezzo che hai pagato per avere le ambizioni di un uomo", sic. Il resto è roba da manga, la copertina dice tutto. A coronare tale banalità su carta uno stile di scrittura asciutto, insipido, per lo più privo di descrizioni e mordente (sembra quasi di leggere una sceneggiatura scritta in modo frettoloso). Eppure la Sharma è stata pubblicata presso rinomati editori anglofoni, e per di più importata in Italia. Questo è un po' il mistero della narrativa e dell'editoria contemporanea, un mistero molto simile a quello decantato dai preti a messa, il cosiddetto mistero della fede. 


- Demian, di Herman Hesse (3/5)



È il romanzo da cui è tratta la frase leit motiv dell'intera serie animata La Rivoluzione di Utena, ossia "Se il guscio dell’uovo non si spezza, il pulcino morirà senza essere nato. Il mondo è l’uovo di cui siamo i pulcini. Se non spezziamo il guscio del mondo, moriremo senza essere nati". Indubbiamente Ikuhara ha letto il libro con attenzione, siccome in esso, oltre alla tematica del passaggio dagli ideali infantili all'ambivalenza mondo degli adulti, sono altresì presenti rimandi gnostici (il demiurgo Abraxas) nonché nicciani  – la realtà in potenza che distrugge l'idealismo, ossia Anty, la "realtà personificata" (Ikuhara docet) che nella fiabetta del trentaquattresimo episodio nasconde il principe/ideale. Il contenuto "colto" e "nobile" pertanto in Utena c'è e proviene per la maggiorparte da questo libro (dubito che Ikuhara abbia mai letto i vangeli apocrifi o Nietzsche). Tralasciando poi il mondo dei cartoni animati giapponesi, per me Hesse rimane un autore per adolescenti, anche se non anagrafici: questo non tanto perché parli di cose da ragazzini, ma perché al me stesso di oggi l'esoterismo junghiano di cui tutti i suoi lavori sono pregni mi pare un po' una bambinata figlia di un antropocentrismo disperato. Demian è un ottimo romanzo breve, che all'epoca fu addirittura elogiato da Thomas Mann senza che egli sapesse chi ci fosse sotto lo pseudonimo con il quale fu pubblicato, ma è così titanico, prolisso, colmo di rimandi a una tradizione misterica il cui unico risvolto tangibile pare essere il mero solipsismo d'autore, che a tratti mi è risultato a dir poco stucchevole. Da ragazzino avevo letto Siddharta, adorandolo: lo consigliai a mia madre, che da donna adulta giustamente lo reputò una cazzata. Ecco, la crescita reale forse significa abbandonare anche certe stronzate esoteriche, non soltanto spezzare il guscio del mondo come pulcini eccetera eccetera. Non stupisce infatti che Mann abbia passato gran parte della sua vita isolato, a fantasticare di scritture orientali insieme alla moglie/dama di compagnia. A mio avviso è meglio esercitarsi a essere manguste in grado di uccidere i serpenti che pulcini distruggi-mondi alla ricerca del Sé supremo nello sventurato raggio di creazione gnostico. La mangusta è più modesta, più agile, più efficiente del galletto che vede l'uomo come la misura di tutte le cose. 


- La nascita della tragedia, di Friedrich Nietzsche (5/5)



Le analisi rigorose e didattiche su un libro ben noto a chi ha studiato filosofia e scienze umane le lascio a professori e filosofi salariati; qui preferisco concentrarmi sulla mia esperienza personale, fornendo un punto di vista diverso, o quantomeno non ripetuto a pappagallo da fonti facilmente reperibili nel web. Ciò premesso, quest'anno ho trascorso il ponte dei morti a Padova, in compagnia del cofondatore originario di questo spazio minuto e privo di seguito. Avevamo entrambi rivisto La Rivoluzione di Utena da poco e a un certo punto, durante un pranzo, ci siamo messi a parlarne. Durante la discussione, forse complici le catene di pensieri derivanti dal romanzo semi-autobiografico che sto scrivendo, ho fatto notare al mio amico che Nemuro, lo scienziato della saga della rosa nera, in realtà era un morto. D'altro canto Utena, animata da giovinezza e ideali titanici, era invece viva nonché portatrice di vita, un po' come tutte le fanciulle della sua età non ancora corrotte dai mali dell'essere e del tempo. "Eh, vedi che in Utena c'è Nietzsche, non è mica soltanto un anime sulla condizione femminile" mi fece notare il mio intelligente amico. Siamo quindi andati in libreria e mi sono comprato sia Demian, che ho recensito poco più sopra, che La nascita della tragedia, che nonostante ne abbia intuito ed elaborato il contenuto in via del tutto indipendente, non ho mai letto per davvero. Il significato dell'opera comunque, tagliando corto, a mio parere è il seguente: la tragedia greca, animata dal dualismo tra dionisiaco (la potenza della vita/giovinezza) e apollineo (la forza del Sé umano che si contrappone alla vita/giovinezza, ossia lo spirito della vecchiaia), era per i greci un modo di sublimare il trauma dello stare al mondo. Come fa notare lo stesso Nietzsche utilizzando parole diverse, infatti, l'uomo vive un dualismo tra il corpo fisico, che invecchia e viene corrotto dal desiderio, e la coscienza, che si percepisce come eterna e incorruttibile. Da questa frattura originaria, che causa la consapevolezza di un "mondo uscito dai cardini", si ha quindi il "sublime come addomesticamento del terribile". Il dionisiaco, con i suoi piaceri e dolori portati all'estremo, è necessario tanto quanto l'apollineo, sicché, utilizzando nuovamente le parole di Nietzsche, "la conoscenza uccide l'azione, all'azione occorre il velo dell'illusione: è questo l'insegnamento di Amleto". Lo scopo originario dell'arte e della tragedia è quindi la necessità riparativa di un uomo buttato suo malgrado nel posto più lontano da Dio, come avrebbero a dire gli gnostici tanto cari a Hesse. Il socratismo, tuttavia, che Nietzsche identifica come l'inizio del pensiero razionale e scientista, di fatto sostituisce la tragedia e ne decreta la fine, "staccando" di fatto l'uomo dalla natura e togliendogli lo strumento più potente per placare le proprie nevrosi (quando Socrate parla di arte come completamento della scienza, fa notare l'autore, di fatto sta uccidendo lo spirito dell'Arte). Lo scientismo quindi, contrariamente agli ingenui Apollo e Dionisio, è un cattivo dio sicché trama contro la vita, odia l'incoscienza della giovinezza e così via. D'altronde la principale colpa della metafisica, come facevo notare anche da qualche parte qui, è stata quella di staccare dal suolo i piedi dell'uomo, causando una grave forma di alienazione dell'umanità tutta. In questo libro di Nietzsche pertanto ci sono tutti i germogli di ciò che sboccerà poi in Heidegger, ma anche in alcuni filosofi moderni (mi viene in mente la civiltà senza dolore di Morioka, che di fatto è una società completamente scientista e quindi "socratica"). Uccidendo la tragedia rimangono quindi le farse, la mediocrità umana e il sonno; Nietzsche poi, uomo figlio del suo tempo, si appella a Wagner, allo Spirito tedesco e così via, alimentato egli stesso dalla medesima malattia di Utena. Forse aveva visto pure lui il cavallo di Dios, ma ahimè non era il cavallo di una giostra ma quello preso a frustate in Piazza San Carlo a Torino. E poi niente, non ho nient'altro da scrivere: torno ad ascoltare un po' di musica, sicché "il coro è una muraglia vivente contro la realtà assalitrice"; e ciò, dato che sono un po' fissato, mi rimanda di nuovo a Utena, ad Anty "realtà personificata" e ai canti dei duellisti, che si affrontano nell'arena dei solipsismi e delle eterne illusioni. 


33 commenti:

  1. Attenzione però a non confondere il pensiero di Nietzsche con la realtà storica: il tedesco era un pessimo filologo e le sue tesi sono state rigettate sia dagli antichisti a lui coevi (come Wilamowitz, forse il più grande classicista di sempre) sia da quelli attuali. In sostanza Nietzsche ha fatto con la tragedia greca ciò che ha fatto il cristianesimo con il platonismo, ossia l'ha piegata al suo pensiero perché avvalorasse un'interpretazione già presente prima di analizzare i fatti; questo ovviamente non significa che il pensiero in sé non abbia valore, ma invito a non confondere la realtà storica con l'interpretazione erronea -seppur geniale- di un filosofo. Come per comprendere l'animazione giapponese non c'è miglior fonte dei giapponesi stessi, così per capire il teatro greco la cosa migliore sarebbe partire dai Greci stessi che ne hanno parlato (soprattutto Gorgia e Aristotele), per poi passare ai classicisti che hanno dedicato tutta la propria vita a studiare quella realtà, come Luigi Enrico Rossi o Roberto Nicolai. Capisco che questi sono mattoni polverosi scritti da specialisti per specialisti mentre Nietsche è il pensatore figo che ti spiega l'esistenza intera in un libro (stile Harari), però è bene essere consapevoli che quella di cui parla il filosofo tedesco è una sua interpretazione basata su convinzioni personali piuttosto che sui fatti (ad esempio la fine della tragedia attica è dovuto alla sconfitta di Atene nella guerra peloponnesiaca, non certo alla diffusione del socratismo nella polis). Ripeto: non è che quello che dice Nietzsche sia stupido o inutile come spunto di riflessione, semplicemente la tragedia greca è altra cosa.

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    1. Apperò, a quanto pare ne sai a pacchi. Grazie per il commento, di certo arricchisce il post.

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  2. La metafisica, come hai intuito giustamente, è qualcosa che di fatto "stacca" i piedi dell'uomo dalla terra ma non per questo lo aliena dal mondo. Tutt'al contrario, se entrambi la intendiamo per ciò che è (ovvero una Verità, non verificabile, indiscutibile e concorde in tutti quelli che ne sono partecipi) è certamente quanto di più vero ci sia al Mondo. Sfortunatamente, come certe scienze oggi chiamate erroneamente pseudoscienze (ovvero false scienze) anche il termine metafisica ha subito l'abuso e le frustate dei tempi moderni e l'ha relegata a semplice logomachia delle élite di "intellettuali" che di metafisica non conoscono assolutamente niente (perché banalmente non serve libro alcuno per questa conoscenza). Con ciò mi collego a quello che diceva Socrate circa l'Arte che completa la Scienza, nel senso che per il lavoro esplicato nella Scienza c'è un lavoro a Regola d'Arte da compiere. Socrate ha semplicemente sottolineato ciò che era vero per ogni uomo del suo calibro. Quindi l'Arte è una Scienza e la Scienza un'Arte, sono complementari e uno non esclude l'altro.

    In tutto ciò l'uomo è alienato da un mondo che non concepisce né conosce la Scienza e ormai nemmeno l'arte stessa come s'intende normalmente, fin troppo astratta e inaccessibile o terribilmente sarcastica e macchiettistica.

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    1. Ci sono vari tipi di scienza, alcuni più vicini all'Arte e altri no (esempio: la relatività generale di Einstein, che è un capolavoro del pensiero umano). Tuttavia, sempre per fare un altro esempio, taroccare i dati per far venire un orrendo esperimento in cui la natura è stata forzatamente costretta a obbedire ai tuoi strumenti di misura non è Arte, ma neanche arte. Consiglio di evitare la visione romantica e idealistica della scienza che va tanto di moda nell'oggidì (poi per carità, capisco benissimo che le pseudonarrazioni siano indispensabili per sopravvivere psicologicamente in quest'era di grandi solitudini e contraddizioni).

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    2. Affatto, non vedo di buon occhio la scienza odierna dato che è la stessa che ci ha portato (e ci porta tutt'ora) in un mondo agli estremi. Ironicamente è diventata allo stesso tempo la fonte e la soluzione ai problemi. La Scienza di cui si parla in antichità è ben altra e non è affatto un'illusione o una visione romantica, solo che col passare degli anni ne è rimasta una forma degenerata, ma mi rendo conto che tutto ciò ha senso solo se s'intende la storia con uno svolgimento ciclico e non lineare. L'attuale scienza non mi ha mai entusiasmato e non sono nemmeno positivo circa quello che può fare per "salvare" una intera popolazione mondiale. Di contro il nichilismo non è un opzione perché è troppo facile (infatti molti oggi optano per quest'opzione).

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  3. "ciò che ha fatto il cristianesimo con il platonismo" - invero già Yeshua bin Yosef mi pare fosse un ebreo ellenizzato che leggeva l'antico testamento nella traduzione dei Septuaginta. Il rapporto tra il rivoluzionario giudeo Yeshua e l'idealismo platinico è complesso, e corre sul filo dell'umanesimo che verrà poi pienamente riscoperto in quel proto-illuminismo che fu il Rinascimento, così animato dal neoplatonismo di gente quale Marsilio Ficino. Alla fine l'umanesimo rimanda sempre a culti misterici, pratiche sul filo dell'alchimia e dell'ascetismo, allo scientismo della protoscienza.

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    1. E paradossalmente Nietzsche, che voleva trascendere l'umanesimo, è finito ad abbracciare i cavalli. La condizione umana è davvero miserabile.

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    2. Forse perché a parte la carne e la natura non vi è molto altro, ce ne dobbiamo fare una ragione prima o poi. Del resto non è così male ad essere sincero, tutto più semplice di quanto proviamo ad immaginare e comprendere.

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    3. "La natura ama la semplicità" cit. Keplero

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  4. Nietzsche pare (io non c'ero!) sia finito ad abbracciare cavalli a causa della sifilide, per cui il motivo potrebbe essere stato tutt'altro che filosofico.

    Non so quale edizione tu abbia letto, ma immagino che, qualunque fosse, recasse anche il "Tentativo di autocritica", attraverso il quale Nietzsche fornisce una sorta di rilettura del suo scritto giovanile, a distanza di ben sedici anni, ridimensionando anche il rapporto che ebbe con Wagner. Trovo sia davvero molto interessante, specie se letto alla fine.

    Comunque, apollineo non credo sia esattamente la saggezza della vecchiaia, quanto più la necessità tutta dell'animale uomo di imporre un ordine al caos (principium individuationis). Quest'idiosincrasia insita nella nostra specie, tra il far parte inesorabilmente del caos e averne consapevolezza, è ben riassunta dal Sileno, le cui parole riportate anche da Nietzsche nella "Nascita", suonano più o meno così: "Stirpe miserabile ed effimera, figlia del caso e della pena, perché mi costringi a dirti ciò che per te è più vantaggioso non sentire? Il meglio per te è è irraggiungibile: non essere nato, non essere, essere niente. Ma la cosa migliore per te in secondo luogo è morire presto!".

    Per il resto, concordo pienamente con il primo anonimo. Nietzsche ha cercato di piegare la tragedia al suo pensiero che, nella fase più giovanile, era fortemente influenzato da Schopenhauer (il buon Friedrich lo lesse, salvando una copia de "Il mondo" dal macero).
    La tragedia nasce dionisiaca, era originariamente il ditirambo, un misto di poesia, musica e danza che celebrava i culti di Dioniso. Dire cosa rappresentasse Dioniso è un'impresa ardua - anche e soprattutto per la località e diversità delle versioni dei culti della Grecia arcaica - e non ne possiedo sufficienti competenze, ma originariamente era una divinità legata alla physis, ovvero alla natura, alla vita, ergo al caos, all'entropia (physis è un concetto che non ha un esatto corrispettivo nelle lingue moderne). E queste cose, nella Grecia arcaica, venivano celebrate, assecondate.

    Bisognerebbe leggere i greci e, se possibile, con il testo originale a fronte perché hybris non è esattamente "tracotanza". Ma non voglio attardarmi ulteriormente e addentrarmi troppo lungo sentieri che conosco poco, quindi chiudo con un concetto tratto dal Fedone: la filosofia è melete thanatou, preparazione alla morte, comunque meditazione. La tragedia degli albori, forse, era più accettazione e accoglimento che riflessione.

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    1. Ciao, Nietzsche è semplicemente impazzito, la sifilide non la vedo come causa ma come effetto. Facevo soltanto dell'ironia sul fatto che è impossibile trascendere la propria carne, trascendere l'umano. Questo per la solita frattura tra coscienza che si percepisce come immortale ecc.

      La vecchiaia non è sempre sinonimo di saggezza, occhio che non ho usato quel termine. Il principium individuationis è in un certo senso precognizione di morte, così come lo è l'ordine. Si tratta della semplice definizione di entropia (ciò che parte con un alto grado di disordine tende a raffreddarsi fino all'immobilità). Questo secondo me intendeva Nietzsche. Non di certo attribuire saggezza alla vecchiaia, che mi pare una cosa banale considerando tutti i vecchi rompicoglioni che ci sono in giro. Poi per carità, magari sto soltanto sovranalizzando, ma non era nelle mie intenzioni fin dal principio creare una cogito academy 2.0 in stile Dufer.

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    2. Spirito della vecchiaia, non saggezza.
      Sorry per la svista!

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  5. Ciao Francesco, credo che tu non abbia colto appieno il senso di "Estensione del dominio della lotta". Per quanto il protagonista ha tanto dell'autore, non per questo riflette il suo modo di vedere il mondo e le relazioni sociali. Al contrario si tratta di un cattivo esempio. Nichilista e cinico, si rende conto dei rapporti tra colleghi divenuti vacui, ma disprezza il collega che festeggia la pensione. Percepisce che il dominio della lotta nella vita si é esteso dall'economia ai rapporti di coppia, ma é lui stesso distruttivo, suggerendo a Tisserand di commettere un crimine e rigettando con disprezzo le avances della sua collega poco attraente. In generale il personaggio é un uomo incapace di amare e nel finale si ritrova in una clinica psichiatrica.

    Per quanto nel romanzo sia presente il primo incel letterale e letterario (Tisserand), non vi é alcun tono giustificativo né vittimizzante nei suoi confronti. Non vi é alcuna rappresentazione degli uomini che soffrono a causa delle donne, quanto una sofferenza ed un malessere generalizzati a tutti.

    Infine, la storia della quindicenne serve da contesto al concetto, molto vero, che gli amori adolescenziali non sono riproducibili in etá adulta, si resterá per sempre orfani di tali esperienze spensierate e forti allo stesso tempo se non sono state vissute al momento giusto. Di fatto il protagonista e Tisserand non comprendono l'amore, agiscono con immaturitá, ciascuno a modo suo. Riguardo quest'ultimo punto sono abbastanza certo, Houellebecq non mi risulta essere socialista (é piú un cattolico conservatore), negli altri romanzi di adolescenti non se ne vedono e immagino che Sartre lo disprezzi con tutti gli altri intellettuali francesi che hanno contribuito al post-modernismo e al 68.

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    1. Ciao, io non disprezzo niente e nessuno perché il disprezzo è una cosa troppo impegnativa e faticosa per me. Figuriamoci poi Sartre, che in realtà ho apprezzato. Molto probabilmente hai ragione sulla disamina del libro, ma sinceramente questo Houallebecq mi è parso troppo vittimistico e di parte per poter essere considerato "neutro". Il protagonista non mi è parso un cattivo esempio da non seguire, ma la glorificazione del reietto incel vittima di un mondo ormai troppo veloce e complesso per lui. Idem Tisserand, ovviamente. Comunque ho letto che lo scrittore si è sposato una cinesina molto più giovane di lui, quindi la sua sete di carne fresca credo si sia placata, fortunatamente.

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    2. Circa il parere su Sartre e il 68, il soggetto era lo scrittore, non tu. Devo essere stato poco chiaro. È stato cresciuto dalla nonna (di cui ha mantenuto il cognome), perché abbandonato da entrambi i genitori "fresconi" e mezzi hippy. Questo vissuto lo ha portato a disprezzare il movimento di liberazione sessuale.

      Per quanto riguarda la nuova moglie, non è il primo intellettualea ad accompagnarsi ad una giovane donna. Almeno lei era una sua vicina di casa e non una studentessa di un suo corso, come capita a chi è professore. Inoltre è bruttina, l'avrà scelta per il carattere mite (gli ha concesso di andare a girare un porno con degli olandesi, con tutto il macello che ne è conseguito).

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    3. Ok, capito. In pratica odia i socialisti francesi ma si comporta come loro (la cosa dei porno non la sapevo, ma è l'ennesima conferma di una frustrazione sessuale mal sopita dell'autore, cosa che traspare moltissimo dall'estensione del dominio del blablabla).

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    4. É decisamente frustrato sessualmente, credo abbia pure sofferto di dipendenza sessuale. Nel suo libro piú famoso, Le particelle elementari, descrive efficacemente tale ossessione in uno dei due protagonisti. Poi la ricollega alla sfera emotiva e sentimentale non maturata in infanzia e adolescenza e che non trova spazio neppure in etá adulta.Tale analisi la trovo molto azzeccata (anche la critica letteraria in realtá, pure i francesi che successivamente lo apprezzeranno meno che i lettori stranieri).

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    5. Sì, l'aver saltato lo step dell'amore giovanile è una delle cause dell'attrazione per le ragazzine, imho (una delle tante).

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  6. Anche io mi ricordo diversa la nascita della tragedia. Cioè tutti parlano di contrapposizione tra apollineo e dionisiaco, ma nel libro mi pare si parla di Dioniso come sintesi tra l'eleganza formale dell'apollineo e la ferinita dei desideri e della vita (rappresentata dal satiro mi pare). Quindi alla fine sempre una culturalizzazione, formalizzazione degli impulsi vitali ferini

    Ma lo lessi una vita fa, forse sbaglio. Certo mi venne sempre il dubbio se chi parlava di contrapposizione Apollineo vs dionisiaco si basasse sulla lettura del libro o sul sunto trovato online capito male.

    Paradossalmente nella storia dell'arte dal rinascimento in poi le figure piu rappresentate.sono satiri, dioniso, apollo. Il terzo in misura minore rispetto agli altri due credo. Sono cose che mi danno da pensare come l'attrazione per le belle donne o il gusto per gli ornamenti vegetali... che si tramandano nei secoli e nei luoghi

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    1. Penso che tutto si riconduca al dualismo giovinezza/vecchiaia. Non tanto perché lo dice o non lo dice il filosofo X, ma perché osservando la vita e il corpo umano le esigenze cambiano. Saturno divora i suoi figli perché soltanto invecchiando ha capito il valore della giovinezza e vorrebbe riappropiarsene. Il vecchio Buzzati andava con la ballerina poco più che adolescente per sentirsi vivo, perché nelle sue carte e nel suo mestiere vi era l'immobilità tipica della morte. Siamo sempre lì, secondo me. L'umanità è molto più banale di quel che si crede.

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    2. Non lo so davvero. Ultimamente ho pensato che la brillantezza negli occhi di alcune ragazzine sia una sorta di accettazione a farsi usare.

      Ci ho riflettuto leggendo il libro di Paulina Porizkova No Filter, che ho conosciuto come fidanzata/moglie del cantante dei Cars. Scrisse un libro negli anni '90 chiamato A model summer, a mio avviso di buona fattura , relativamente snobbato come tanti altri.
      No.filter e un accozzaglia di riflessioni buttate la, alcune pure banali, pero fa tanto filosifa come la si faceva nei dialoghi platonici piu semplici alla fine.

      Vabbe nota anche lei che il business nacque intorno alle ragazzine. La sua idea è che fossero più usabili, piegabili alle voglie altrui.
      Ok, forse si.
      Pero credo che la vera brillantezza negli occhi sia sempre la capacità di darsi, il fatto di accettare coscientemente di essere usata per gli interessi di un altro. Come accetto che tu fai di me quel che vuoi.

      Inevitabilmente una donna adulta lo perde progressivamente, in modo proporzionale alle cattiverie vere che ha subito.

      Le ragazze davvero belle,con l occho brillante, infatti per esperienza sono sempre molto generose del proprio se. Forse la principessa splendente era tutto sbagliato, una ragazza che non si da emanera sempre il puzzo ei un mostricciattolo represso piuttosto che splendore. Questa mi è venuta ora.

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  7. Concordo molto su Crono.

    Il resto credo sia alla base dell'attuale disgregazione sociale. Una sorta di distonia socio-biologica che è nata dopo la II guerra mondiale.
    Nel senso le ritualità servono per formalizzare, Ernesto De Martino direbbe culturalizzare, i momenti topici dell'esistenza umana.
    Una grande differenza che ho notato tra le religioni monoteiste e quelle politeiste è che le monoteiste sembrano essere quasi religioni normative (di rappresentazione), le politeiste piuttosto di ritualizzazione di momenti topici.

    I momenti topici per eccellenza sono nascita, morte (vedi morte e pianto e rituale nel mondo antico), le iniziazioni (un libro intero di Angelo Brelich), sicuramente il matrimonio.
    Il punto di De Martino era che per elaborare il carico emozionale di certi momenti, lui ragionava sulla morte ma fece di quelle riflessioni il centro della sua antropologia, l'uomo ha bisogno di formalizzarle, ritualizzatle, culturalizzarle.

    Il matrimonio e la culturalizzazione dell'intensità del per sempre del sentimento, del donarsi, di quel che si voglia, che una ragazza vive in maniera eminente da giovane.

    Se la prima relazione seria, liceo-universita, viene vissuta come transitoria, da subordinare a studio, amicizie etc, perché non quella seria della.vita etc
    Ovvio.che si va a dare una formalità a ciò che intenso non è. Crolla.tutto.

    Perché il secondo dopoguerra, perché con l allungamento dsi tempi di studio etc è anomala una formalizzazione precoce. Anomala socialmente. Conflitto socio-biologico.
    Tuttavia, ancora, la bellezza vera è proprip e solo li.

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    1. "Se la prima relazione seria, liceo-universita, viene vissuta come transitoria, da subordinare a studio, amicizie etc, perché non quella seria della.vita etc
      Ovvio.che si va a dare una formalità a ciò che intenso non è. Crolla.tutto."

      This. A me ferì parecchio quando qualcuno mi venne a dire che quella che credevo la relazione della mia vita sarebbe stata una cosa transitoria. Ma ero troppo insicuro, troppo immaturo, finii per crederci veramente a quelle parole. Al di là dei problemi della società di oggi, comunque, rimane sempre il fatto che da giovani non si è ancora ben capaci di amare, soprattutto con certi trascorsi adolescenziali alle spalle. E' molto difficile essere umani, non abbandonarsi al sonno e alla disattenzione, cercare di non commettere errori quando non si ha esperienza. Per fortuna comunque ora mi rendo conto di queste cose e cerco di andare avanti senza pilota automatico, anche se comunque il mondo post pandemico non aiuta. "Il faut alors continuer sa route tout seul,dans la nuit", scriveva qualcuno.

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    2. Chi ha amato davvero sa che siamo noi nel giusto. Sono stato piu volte a letto con donne piu grandi di me, che piu piccole. Quello che ne salvava l'equilibrio mentale, che rendeva la tristezza tollerabile, era aver amato intensamente almeno una volta. Chi lo ha fatto può fare sesso in modo maturo. Tristezza e compagnia.

      Una società di gente che svaluta i momenti topici della sessualità e del sentimento è una società di donne isteriche e dissociate e uomini costretti ad amare quelle donne.

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  8. Aggiungo che in assoluto non credo che per una ragazza giovane sia positivo andare con un vecchio, o comunque maturo. Nell inverno della vita.
    Non era questo che intendevo.
    D'altronde a crescere insieme si sviluppa un affetto tutto particolare. L'ho potuto notare leggendo i racconti degli anni insieme.con Picasso di Francoise Gilot e molto dopo Fernande Olivier. Se una donna ti vede crescere presumo che, almeno talvolta, possa amarti con una tenerezza particolare.

    E l'aver preso dell'altro quello lo splendore giovanile (cfr Splendour in the grass di Elia Kazan) non dia il sentimento di essere state usate.

    Mi trovassi da vecchio a dover corteggiare una 20enne, oltre a riempirla di regali e di attenzione per compensare, certamente chiederei molta indulgenza perché molto iniqua sarebbe la relazione. Andrebbe questo quantomeno detto.

    Io mi riferivo semplicemente al cogliere la primavera della vita che e fisiologico sia reciproca o quasi.

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    1. Tra una ragazza giovane e un vecchio più che altro ci sarebbero enormi problemi di comunicazione. Già a 35 anni quelle di 20 mi pare vengano da un altro pianeta rispetto al mio. Figuriamoci quando ne avrò 50, a quel punto non potrò ipoteticamente fare altro che pagare e farmi prendere per il culo come accadde al povero Buzzati.

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    2. Mi viene in mente maledette malelingue di ivan graziani, peraltro ne parlai con un collega con cui ho partecipato recentemente ad un congresso. Tutti professori con lo sguardo tra lo sbavoso e il represso. Sicuramente sfigati.
      Lui figurone di discorso, sguardo sano e vigoroso ed in compagnia dell'amante che è una figa stratosferica oltre che la piu figa della stanza.

      E davvero pieno di storie con importante comunicazione nonostante il gap di età. E non sono storie come Lolita, nella quale riecheggiano le cose piu sordide e deprecabili ...(incomunicabilità, quasi uso dell'alteo, etc)

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    3. Cmq ho poi letto l'ultimo libro di Matzneff, autore che ti citi e me ne sono procurato alcuni degli altri suoi.

      Per il poco che vale, ne condivido ogni singola virgola, non parola. È bello come si lamenta non del linciaggio sociale ma del rinnegamento da parte di Vanessa. E di come non si rimproveri nulla verso di lei.

      Che una ragazza che si è tanto amato possa decidere di torturarci non solo abbandonandoci ma rinnegandoci anche è stato sempre un mio chiodo fisso.
      Era l'ossessione con la mia ex storica, una precognizione. Alcune ragazze lo hanno scritto nel volto e nel linguaggio del.corpo cosa faranno.
      Quando vidi il cuore altrove di pupi avati ne rimasi paralizzato.
      Nel suo omicidio-suicidio però (la mia ex)si umilio fino in fondo, intellettualmente ma anche socialmente, economicamente. La madre con cui pure eravamo ai ferro corti mi disse...è una pazza lasciala stare, non merita niente, non merita niente.
      È davvero un alto livello di sado masochismo a volte. Al di la del principio del piacere, un concetto freudiano su cui riflettei per anni dopo.

      La mia ex impazzi letteralmente, urla sconnesse una volta cje la sentii al.telefono, non riuscii mai piu a vederla. Un silenzio può essere ambiguo, vis a vis non ci si può mentire.

      L ultimo giorno a casa mi cucino piangendo l ultimo delizioso pranzo e se ne ando piangendo disperata... ho sbagliato tutto, non ho capito niente, ho sbagliato, mi sono rovinata, non ho capito.


      Capii mesi dopo, col suo silenzio provo a portarmi al suicidio.
      Ritengo inclemente e complice dire cje le.donne semplicemente dimenticano e voltano pagina, e non sono piu interessante..complice nell omicidio che si compiva associata al suicidio.
      Piu tentano di distruggerto e piu ti amano.

      Sottoscriverei Matzneff ogni parola.

      Con tutto il rispetto per te, con piglio da entomologo dopo la comunione emotiva di prima che il libro chenho letto valeva in cambio, credo che manci di un educazione sentimentale vera e ricca. Nel senso in cui ne diceva Flaubert, il Balzac di Lucien Rubempre, Proust. Altrimenti non penseresti a suddetti proboemi di comunicazione e presi per il culo.

      Mi verrebbe un altro aneddoto di vita. Sara se leggero uno spunto altrettanto valevole. Sono i miei due tre momenti epifanici piacevoli nell esistenzs

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    4. Un bel commento perché ci hai messo molto del tuo. Di mio posso soltanto dire di essere stato fortunato ad avere la mia ex: non l'avessi avuta ora sarei un essere umano molto peggiore di prima. Il problema è che sono stato un coglione, ossia troppo giovane per poterLa amare. La natura femminile poi è scandita dal tempo, dai momenti. Evidentemente sono stato parte di un determinato momento della sua vita, e poi, modulo vari errori, sono "scaduto". E' impossibile tornare indietro con le femmine, quando il latte è stato versato non c'è più niente da fare. Tuttavia ci danno la voglia di vivere e ci cambiano, come è giusto che sia.

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    5. Il mondo è grande, siamo 6-7 miliardi, monicelli e picasso conobbero le loro amanti e poi compagne di vita 18enni a 60anni.
      Me lo ripetevo ogni volta da single.ero preparato ad una traversata nel deserto molto molto dura. Amanti, prostitute etc servono usate con misura anche a sopravvivere a ipotetici 10-20-30 anni da single. E una pazziandi oggi toccare una donna solo per amore quasi disneyano. Infatti si ha un mondo polarizzato come spesso detto qui.

      Valeva la pena continuare a lavorare, non lasciarsi andare ancje perché, se non per egoismo, fossi stato decente avrei potuto sollevare dalla solitudine un'altra persona qualora l avessi incontrata.

      Concordo su tutto il tuo commento, escluse le parti personali che non conosco ovviamente. L'unico consiglio che mi sento di darti è cerca di capire in quale momentondelnsuo tempo vorrai la tua prossima donna.

      Ho sviluppato la credenza che ad ogniuno si addica un certa età

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    6. E' difficile trovare i fiori tra le macerie.

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  9. Non credo sai. Leggiti il libro di Francoise Gilot su Picasso, io credo che lei lo capii molto bene. Se penso ad una 20enne intelligente credo abbia tutte le potenzialità per capire uno uomo anche di 50.
    Anche Monicelli con la rapaccini, l'ultima compagna di toto e via dicendo. La giovinezza è l'olio lenitivo della disillusione.

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    1. Erano altri tempi, non so se regge il paragone con l'oggidì. Cmq ci darò un'occhio, per ora sono tornato su Dazai

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