lunedì 23 giugno 2014

Blue Comet SPT Layzner: Recensione

Titolo originale: Aoki Ryusei Layzner
Regia: Ryousuke Takahashi
Soggetto: Hajime Yatate, Ryousuke Takahashi, Tsunehisa Ito
Sceneggiatura: Fuyunori Gobu, Yasushi Hirano, Tsunehisa Ito
Character Design: Moriyasu Taniguchi
Mechanical Design: Kunio Okawara
Musiche: Hiroki Inui
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 38 episodi
Anni di trasmissione: 1985 - 1986


In un universo alternativo, in cui la guerra fredda tra USA e CCCP si è protratta fino all'era spaziale, una totalitaria razza aliena, proveniente da una stella di nome Grados, vuole distruggere la razza umana, rivendicando la Terra come propria patria. Il protagonista della storia, Eiji, figlio di un terrestre e di una gradosiana, sentendo il richiamo del sangue fugge dalla sua patria rubando il Layzner, l'ultimo prototipo di mecha sviluppato dal regime, con l'intento di avvisare i terrestri dell'imminente catastrofe...


Ryosuke Tahakashi è uno dei grandi maestri del realismo robotico. Sono sue opere del calibro di "Dougram", una vera e propria rivisitazione sci-fi della guerra fredda e della rivoluzione cubana, e "Votoms", un poliedrico hard sci-fi che si snoda con molta disinvoltura dalla guerra del Vietnam alle mastodontiche space opera in puro stile "2001: Odissea nello spazio". "Layzner" si differenzia parecchio da questi due titoli: siamo di fronte ad un classico sci-fi di azione/guerra, in cui la guerra fredda, già affrontata in "Dougram" senza freni inibitori e, sopratutto, senza trascurare i suoi risvolti politici e sociologici, viene messa in secondo piano, a favore di un soggetto palesemente ispirato a "Baldios" e a dei combattimenti tra mecha decisamente spettacolari e ben animati. 


"Layzner" parte alla grande, offrendo una fuga nello spazio sceneggiata molto bene e dalla sapiente regia, caratterizzata da una certa velocità espositiva e da un'indubbia padronanza della tecnica di tensione/risoluzione. Nelle opere precedenti lo stile registico di Tahakashi era molto più lento e mastodontico, mentre qui diventa assai dinamico, da buon film d'azione anni '80. "Layzner" si suddivide in due tronconi: il primo è la fuga verso la terra di Eiji, che verrà accompagnato da dei cadetti militari, originariamente inviati su Marte per un'addestramento, mentre il secondo è in puro stile "Ken il Guerriero" e "Mad Max", con un contorno robotico alla "Gundam". Questa parte è la più problematica: evidentemente le modalità di invasione della terra dei gradosiani hanno ricordato alla produzione i crimini di guerra commessi dall'esercito giapponese a danno della Corea nella seconda guerra mondiale, cosa che ha indotto un taglio di budget immediato per la serie (Tahakashi stesso ha comunque ammesso di essersi ispirato alla guerra di Corea, anche se questa analogia non è molto esplicita, a causa dell'indubbia somiglianza di alcuni eventi con il fahrenheit 451 di Bradbury). Ironicamente, a furia di scimmiottare "Baldios", "Layzner" ha avuto il suo stesso destino: nella seconda parte della serie abbiamo un notevole calo della qualità delle animazioni, dei problemi di sceneggiatura indotti dalla decimazione delle puntate, un finale inesistente. Infatti il trentottesimo episodio lascia tutto in sospeso, e per conoscere la conclusione effettiva della vicenda è necessario considerare anche il terzo OAV del 1986 (i primi due sono dei riassunti del primo e del secondo arco della serie). 


Oltre agli aspetti tecnici notevoli, il vero punto di forza di Layzner sono i personaggi, tutti ben caratterizzati e dalle reazioni molto realistiche. C'è la bambina sensibile che riesce a comprendere con facilità il prossimo, c'è il tamarro del gruppo che mena le mani prima di azionare il cervello, c'è quello freddo e razionale con gli occhiali che riesce a pilotare bene il robot, c'è l'eroina dall'improbabile acconciatura glam (la rivoluzione estetica di "Macross" si fa sentire). Inutile dire che il protagonista verrà inizialmente trattato male e umiliato per le sue origini: in "Layzner" c'è il razzismo, e ci sono dei forti problemi di comunicazione tra i personaggi. Tutta questa serietà purtroppo spesso va a farsi benedire con l'entrata in scena di Gosterro, un personaggio abbastanza inutile, ottuso e patetico a cui il regista concede troppo spazio (addirittura nella seconda parte Gosterro avrà un episodio tutto per sé, che si rivelerà uno dei picchi più bassi dell'intera serie). Sicuramente Gosterro è più un tamarro da picchiare alla "Ken il Guerriero", che un antagonista tipico da seriosa space opera alla "Baldios" e "Gundam".


"Layzner" è un ibrido real/super. Il potere speciale del robot è la cosiddetta "V-MAX mode", che nei momenti di pericolo manda il robot in berserk, trasformandolo in un efferata macchina di distruzione superpotenziata e senza controllo. E' curioso notare che questa modalità verrà poi ripresa in "Evangelion" (la "Berserk mode") e in "Xenogears" (la "Id mode").
Le sigle di apertura e di chiusura di "Layzner" meritano delle lodi a parte: sono splendide, folgoranti e in pieno mood anni '80. Decisamente le migliori sigle robotiche che abbia mai visto, assieme alla seconda OP di "Z Gundam", alla seconda OP di "Dunbine", alla OP di "Brain Powerd" e alla mitica "Silent Voice" di "ZZ Gundam".


In conclusione, "Layzner" è un robotico anni '80 nella media. Non è di certo l'opera di un Tahakashi ispirato: oltre ai vari debiti nei confronti di serie precedenti, ho addirittura notato una certa somiglianza del finale dell'OAV a quello della seconda serie di "Corazzata Spaziale Yamato". Inoltre il cliffhanger che collega le due parti della serie non mi ha convinto molto: avrei preferito che "Layzner" fosse rimasto un robotico tout court fino alla fine, anche se l'improvviso cambio di registro è comunque una scelta narrativa coraggiosa.


A chi si approccia a Tahakashi consiglio di vedere prima di "Layzner" i già citati "Votoms" e "Dougram", se poi si è aprezzato quest'ultimo vale la pena di dare un'occhiata anche a "Flag", un vero e proprio documentario di guerra civile trasposto in animazione, tuttavia privo del melodramma e dell'empatia di "Dougram".

 

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