sabato 7 giugno 2014

Kaiba: Recensione

 Titolo originale: Kaiba
Regia: Masaaki Yuasa
Soggetto: Masaaki Yuasa/Madhouse
Sceneggiatura: Masaaki Yuasa
Character Design: Nobutake Ito
Musiche: Kiyoshi Yoshida
Studio: Madhouse
Formato: serie televisiva di 12 episodi
Anni di trasmissione: 2008


Un inaspettato incipit in "medias res" ci catapulta in un mondo a noi totalmente sconosciuto e incomprensibile, di cui non conosciamo nulla e di cui nulla ci viene spiegato. L'assenza di una voce narrante esterna agli avvenimenti dona alla serie quel tocco di realismo che lascia in un primo momento confusi, smarriti, sensazioni che condividiamo con il protagonista stesso che, come lo spettatore, si ritrova precipitato in un mondo alieno e oscuro. Egli ha perduto infatti le sue memorie e, dimentico del suo passato, inizia un surreale e onirico viaggio alla ricerca di se stesso.


Lentamente si apre uno spiraglio di luce sulle fugaci ombre che ammantano i retroscena di questo assurdo mondo, delineando un'ambientazione futuristica, dalle reminiscenze cyberpunk, in cui emerge una società degradata e amorale, ove lo sviluppo tecnologico ha corrotto l'uomo, o forse sarebbe più corretto affermare ove l'uomo ha corrotto la tecnologia, sfruttandola per il proprio egoismo. Il progresso ha raggiunto vertici inimmaginabili, riuscendo a sviluppare un processo in grado di convertire la memoria degli individui in dati informatici scissi dal corpo e trasmissibili mediante chip. L'essere umano, in questo modo, si proietta oltre se stesso e oltre il tempo, potendo mutare forma a piacimento e inoltre avendo l'opportunità di modificare i propri ricordi, rimuovendo quelli dolorosi e tragici del passato per costruirsi di fatto una realtà piacevole ma fittizia. Si crea perciò un lucroso commercio di corpi e di chip di memoria in mano ai ricchi e ai potenti; la fascia di popolazione povera rimane reclusa nei bassifondi, impotente e indifesa dalle prepotenze e dai capricci degli strati sociali più elevati. Riserbando per dopo le considerazioni di carattere tecnico in merito alla realizzazione di tale ambientazione, accingiamoci ora a una breve disamina circa la strutturazione della trama.


Senza commettere grave empietà si può ragionevolmente affermare che "Kaiba" si divida grossomodo in due archi narrativi. Il primo, comprendente le prime sette puntate, si concentra maggiormente nel fugare i pesanti dubbi e le incertezze dello spettatore, e insieme del protagonista, circa l'ambiente e i personaggi che si incontrano, dando spazio così alle problematiche di natura etica e morale che emergono dalle varie vicende narrate. La ricerca delle memorie del protagonista viene dunque messa da parte per invece addentrarsi in una sorta di "viaggio" alla scoperta del mondo circostante, narrazione che in un certo qual modo ricorda vagamente quanto avviene in "Kino no Tabi". Il nostro eroe errabondo visita i più disparati luoghi e pianeti, in ognuno dei quali si troverà coinvolto, volente o nolente, nelle tragiche vicissitudini dei personaggi che incontra, vittime di una società corrotta e della crudeltà propria dell'uomo. Una triste malinconia pervade questa prima parte, nonostante la surreale grafica psichedelica si avverte intensamente il dramma dei personaggi, per merito di una poetica intensa e di una regia di grande classe ed efficacia. Le commoventi vicende in cui ci si trova coinvolti, brevi e drammatici squarci di una società degenerata e crudele, avvolgono ancor di più nel mistero la trama principale, presentando piccoli e sconcertanti frammenti rivelatori, i quali, essendo apparentemente scollegati fra loro, risultano indecifrabili e non permettono di potere far luce sull'intricato enigma del passato di Kaiba.


Spetta alla seconda parte il compito di ricostruire, grazie a un magistrale uso del flashback, l'insieme delle vicende e dei retroscena rimasti fino a quel momento celati, andando lentamente a ricomporre quest'immenso e complesso puzzle, mettendo gradualmente al loro posto tutti i pezzi di cui esso è composto.
La regia è qui intelligente e conduce, come già accennato, tale ricostruzione per gradi, dimodoché lo spettatore stesso si faccia partecipe e cerchi d'interpretare gli avvenimenti, aspettando il tassello successivo, che sveli finalmente la verità. La narrazione è continuamente spezzata da flashback e da flashforward, ma non si avvertono buchi di trama, tutte le informazioni vanno al loro posto fino all'apoteosi finale.
Proprio riguardo alla conclusione però, ho rilevato dei difetti che si sarebbero potuti evitare per rendere la trattazione del tutto maggiormente coerente con quanto mostrato in precedenza. Non perdono al regista l'aver voluto forzare un lieto fine non tanto nel messaggio, cosa peraltro azzeccata e ben realizzata, bensì per quanto riguarda i destini dei personaggi, il che rovina l'atmosfera drammatica che si era fino a quel punto delineata, volendo a tutti i costi concludere in modo totalmente positivo, fino all'ultimo fotogramma.


Dal punto di vista contenutistico a mio avviso si poteva fare di più. Gli spunti c'erano tutti per potersi addentrare in considerazioni escatologico-filosofiche riguardo la vita e la personalità degli individui, ma si è preferito concentrasi sulla storia, lasciando a chi guarda un'interpretazione delle tematiche, senza però approfondirle sufficientemente. Questo non è tuttavia un difetto grandemente rilevante poiché in fin dei conti la risultante si può fregiare di un certo spessore e profondità, dovuti in maggior parte alle atmosfere cupe e inquietanti e a una sceneggiatura matura e convincente.


Passiamo ora alle osservazioni in merito all'immaginifico repertorio grafico realizzato da Masaaki Yuasa, punta di diamante di quest'opera. La prima caratteristica che risalta in maniera preponderante agli occhi di chi guarda è senz'altro la stranissima realizzazione tecnica di questa serie. Un disegno essenziale, gretto, delinea figure e paesaggi onirici e deliranti, che sembrano partoriti da una mente visionaria e malata. Le animazioni sono curate e la regia si rivela fenomenale. Come già accennato in precedenza, nonostante la grafica psichedelica e surreale, che potrebbe porre una distanza incolmabile tra lo spettatore e le vicende narrate, traspare, come in una dolce poesia, il dramma dei personaggi, ognuno segnato da un infausto destino di solitudine e dolore.
I personaggi sono gommosi, caratterizzati da un disegno che potrebbe sembrare infantile ma che serba non poche sorprese.
Serie sperimentali come questa se ne vedono raramente nel mondo dell'animazione di oggi, "Kaiba" è un tentativo coraggioso dell'autore di realizzare qualcosa di completamente fuori dagli schemi e dai gusti del grande pubblico.


Pervenendo infine alla conclusione della recensione, non posso che consigliare questa serie a coloro i quali non disdegnano le opere di nicchia e che riescono a vedere un po' più in là dell'apparenza, cercando di cogliere gli spunti e le riflessioni che un'opera vuole donare al proprio pubblico. Alla faccia di chi afferma che l'animazione è una forma artistica inferiore che poco ha da offrire. 

Nessun commento:

Posta un commento