lunedì 23 marzo 2015

Hotarubi no Mori e: Recensione

 Titolo originale: Hotarubi no mori e
Titolo inglese: Into the Forest of Fireflies' Light
Regia: Takahiro Oomori
Soggetto originale:Yuki Midorikawa
Sceneggiatura: Takahiro Oomori
Character Design: Akira Takada
Musiche: Makoto Yoshimori
 Studio: Brian's Base
Formato: Film
Anno di uscita: 2011


L'atmosfera calda ed elegiaca di un paesino di campagna in piena estate, una misteriosa e sovrannaturale foresta ai piedi di un monte in cui il mito e la leggenda vogliono vi dimori una antica divinità; la diafana e impalpabile linea tra sogno e realtà si assottiglia, caldeggiata da una soave atmosfera di bucolica tranquillità che permea l'ambiente circostante, conferendogli un sapore trasognato.
Una bambina in lacrime che ha perduto la strada e il suo fortuito incontro con un bizzarro compagno, uno spirito gentile che le mostra la via del ritorno: così esordisce "Hotarubi no Mori", quarantacinque minuti di poesia, una poesia dolce ma contraddistinta da un retrogusto amaro. L'elemento centrale, focus su cui si sofferma la narrazione, è il legame che si viene a creare tra i due, un legame al contempo instabile ma forte, intermittente, costantemente messo a repentaglio da un'ombra pronta a portarlo alla dissoluzione, ma che con lo scorrere del tempo diventa sempre più intenso; bizzarra dicotomia che tuttavia costituisce a mio avviso un fondamentale spunto per apprezzare l'opera.


Un breve racconto che sottende un'esile metafora, ma che non si lascia sopraffare da chimere o sentimentalismi, all'opposto, in abbandono di qualsiasi futile e stentoreo idealismo posticcio, si fa strada qualcosa di insospettabilmente concreto, in lapalissiana antitesi e conflitto con l'atmosfera idilliaca che avvolge gli avvenimenti. Una maschera che cela la verità, la consapevolezza della fugace ma intensa bellezza di ciò che è effimero, la consapevolezza dell'illusorietà dell'eterno e della felicità, una cosa tanto fragile quanto un fiocco di neve che, adagiandosi al suolo, ineluttabilmente si scioglie: nel momento stesso in cui la cogli appieno, essa ti ha già abbandonato, sottratta da un fato crudele. I legami per noi importanti, ahimè, non sono duraturi, non sono eterni, il loro valore e il loro delicato calore è affidato in custodia al ricordo, la memoria è l'indelebile freccia del tempo che testimonia quello che è stato, epigrafe di ciò che non si vuole e non si può dimenticare. Bellezza e felicità che durano un solo, incommensurabile, istante per poi inevitabilmente morire, d'altronde anche il fiore più bello, dopo essere sbocciato, sfiorisce, e alla fine dell'illusione una spietata contingenza ci impone di guardare avanti, di continuare a vivere. L'unica cosa che rimane è la flebile speranza di una consolante e preziosa sensazione, che si radica e sprofonda nell'intenso tepore dei ricordi, una conclusione forse un po' ingenua, romantica se vogliamo, ma per una volta estremamente efficace.


"Hotarubi no Mori e" è una pellicola semplice, ma semplice non sempre significa superficiale, afferendo tale attributo, in questo caso, più alla sua accezione di genuino, sincero. Non vi si può rintracciare né malizia ne un abuso o enfasi di sentimenti, nessuna strizzata d'occhio a spettatori dalla lacrima facile in cerca del solito, arido, mattatoio di emozioni; si palesa invece, semplicemente, per quello che è: il tentativo di narrare, tout court, una storia dolce e malinconica come si deve.
Buona visione!

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