sabato 9 maggio 2015

Argento Soma: Recensione

 Titolo originale: ΑPΓΕΝΤΟΥ ΣΟΜΑ
Regia: Kazuyoshi Katayama
Soggetto: Hajime Yatate, Kazuyoshi Katayama
Sceneggiatura: Hiroyoshi Yamaguchi
Character Design: Shukou Murase
Mechanical Design: Kimitoshi Yamane
Musiche: Katsuhisa Hattori
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 25 episodi
Anni di trasmissione: 2000-2001


"Argento Soma" è la classica opera dalle potenzialità mal sfruttate. Il periodo in cui ha avuto origine è tuttavia molto fecondo: si tratta di quell'indelebile dopo-Eva in cui vedevano luce una moltitudine di anime seri e adulti dotati di un'elevata eleganza, spesso coadiuvata da contenuti per nulla banali. Etichettato dai più come uno sfacciato clone di "Evangelion", questo "Argento Soma" in realtà è il classico sci-fi robotico che sarebbe andato bene negli anni settanta, non per nulla possiede molti dei topoi tipici di tale epoca: mostri che attaccano la Terra una volta la settimana, sempre nello stesso punto; una fortezza delle scienze in cui è presente un gruppo ridotto di piloti di robot che devono affrontare i suddetti mostri - questa volta aiutati da un novello Frankenstein di origine aliena, che ha cambiato bandiera al fine di proteggere l'orfanella problematica della situazione; l'esercito terrestre cattivo che ad un certo punto si schiera contro i difensori dell'umanità, attaccandone la base con uno scontro all'arma bianca... e così via. A tutti questi schematismi ben collaudati si aggiungono il classico antagonista belloccio che verso la fine della serie si pente dei suoi misfatti cambiando fazione, gli intrighi politici e l'immancabile storia d'amore tragica - un dramma il quale, insolitamente, in questo caso si risolve subito, nella prima puntata. Nell'opera la componente esistenzialista e depressa è soltanto una facciata, una scelta dettata dalla moda del suo tempo: in realtà "Argento Soma" e "Evangelion" sono due cose ben diverse, e chi odia l'uno potrebbe amare l'altro e viceversa.


Quanto detto in precedenza perdura in modo statico e soporifero in tutti i primi venti episodi della serie; in tale infelice frangente i vari rituali e schematismi del tokusatsu settantino vengono proposti ad nauseam nel peggiore dei modi possibili, con una cattiva sceneggiatura priva di idee e dei personaggi dalla caratterizzazione piatta come quella di un asse da stiro - se si esclude il villain pseudo-emo Ryu Soma, uno Shinji Ikari adulto che almeno ha la decenza di nascondere i suoi complessi psicologici agli occhi degli altri, indossando nei momenti più opportuni la maschera del tombeur de femmes fighetto, maledetto e seduttore. Fortunatamente, dal ventunesimo episodio in poi si ha una gradevolissima inversione di tendenza, e "Argento Soma" abbandona i connotati di un tokusatsu anni settanta abortito per diventare uno sci-fi basato su un colpo di scena geniale ed imprevedibile, coronato da un'espansione narrativa che conduce ad un finale molto riuscito, quasi poetico.


Gli aspetti tecnici di "Argento Soma" sono veramente poveri: animazioni, regia e design sono la fiera dell'inefficienza e della banalità. Il numero bassissimo di frames utilizzati consistono in disegni talvolta deformati ed aberranti, delle figure spigolose dalle colorazioni obbrobriose, smorte, che rendono la visione ancor più tediosa di quanto non lo sia già di per sé. La regia fa il suo mestiere in modo poco brillante, statico, con assoluta pigrizia e svogliatezza; essa cerca tuttavia di risollevarsi dalla mediocrità con poche scene decisamente memorabili, scadendo tuttavia nell'ambizioso tentativo di scimmiottare Kubrick riproponendo una versione melensa di una famosa scena chiave del film "2001: A Space Odyssey". Ciò premesso, come se non bastasse, a peggiorare il tutto ci pensa l'eccessiva pretenziosità dell'opera, la quale si atteggia a capolavoro senza avere i mezzi fisici per esserlo: "Argento Soma" si prende molto sul serio, e quando i suoi difetti raggiungono dei picchi di inguardabilità notevoli, questo fatto crea un marcato, nauseabondo contrasto, in grado di azzerare completamente la - seppur minima - dose di pathos creatasi in qualche raro momento lirico.


Vale quindi la pena sorbirsi una ventina di puntate decisamente insufficienti - in cui le uniche attrattive potrebbero essere le paranoie di un bambinone troppo cresciuto bisognoso d'affetto e i - Signor Elfo! - gridati dalla vocina squillante e perforante da una ragazzina dal quoziente intellettivo di una locusta - per poi essere ripagati con cinque episodi meritevoli? Ai posteri l'ardua sentenza. Certamente questo "Argento Soma" è decisamente sotto la media qualitativa degli anime del suo periodo, ergo chi cerca delle opere notevoli pregne del genuino mood anni novanta del suddetto si rivolga agli altri sci-fi ben più sostanziali del mitologico dopo-Eva; giusto per citarne alcuni: "Infinite Ryvius", "Gasaraki", "Now and Then Here and There", "RahXephon", "Brain Powerd", "The Big O". "Blue Gender", "Giant Robo: The Day the Earth Stood Still". 















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