sabato 30 maggio 2015

The Fake: Recensione

 Titolo originale: Saibi (The Fake)
Regia: Yeun Sang-ho
Soggetto: Yeun Sang-ho
Sceneggiatura: Yeun Sang-ho
Character Design: Choe gyu-seok
Musiche: Jang Yeong-gyu
Studio: Studio Dadashow
Formato: film cinematografico 
Durata: 101'
Anno di uscita: 2013


E' un film decisamente anomalo, "The Fake". Gia' l'inizio è tutto un programma: un cane viene preso a martellate in testa da alcuni uomini ben vestiti, davanti ad una chiesa; il protagonista, un alcoolizzato violento e pieno di rancore verso i suoi simili, riempie di botte la giovane figlia, dopo aver speso al gioco d'azzardo tutti i soldi destinati ai suoi studi; e il tutto va avanti così, senza alcuna inversione di marcia, diventando sempre più violento, cinico e - questa è la cosa che più sconvolge - realistico, vero, senza alcuna svolta buonista che permetta alla catena di eventi creatasi nei primi frangenti di non sfociare in un finale simbolico ancora più terribile di quanto l'ha preceduto.


Se con il suo film d'esordio "The King of Pigs" il regista Yeun Sang-ho aveva dipinto un'umanità inetta, corrotta, detestabile ed incapace di migliorarsi, con questa nuova pellicola calca la mano ancora di più, aumentando la già immane dose di cinismo del suo primo traguardo artistico, raggiungendo vette inarrivabili di odio allo stato puro. La spirale di violenza che ruota attorno al rabbioso Min-chul assume dei toni filosofici e nichilistici che gridano, sino a perforare i timpani dello spettatore, che l'uomo è un fallimento totale, un infelice creatura talmente debole da non poter fare a meno di vivere senza illusioni. Per ordire un messaggio del genere, ecco che viene demolita la religione, l'illusione suprema della società e di chi non riesce ad accettare la durezza della realtà e l'incombenza della morte. 


Le vicende hanno luogo in un villaggio sperduto della Corea del Sud; Choi Gyeong-seok è un uomo d'affari che si diletta a truffare gli abitanti del villaggio, promettendo loro il paradiso in cambio del denaro, sfruttando il loro egoismo, la loro disperazione ed ignoranza, architettando finte guarigioni miracolose, utilizzando come pseudo figura messianica un reverendo fallito dalla faccia pulita, che in passato era stato espulso dalla sua comunità religiosa per pedofilia. Un giorno, il brutale protagonista, Min-chul, l'unica persona del villaggio dotata di un briciolo di consapevolezza, scopre la truffa, ed accecato dalla rabbia incomincia la sua battaglia nei confronti delle illusioni, senza avere nulla da perdere; egli distrugge tutto quello che trova lungo il suo cammino, non tanto per un qualche goffo ideale di giustizia, ma per puro e semplice disprezzo.


In questo film nessuno si salva. Ripeto: nessuno ne esce illeso da questo opprimente viaggio nella realtà più profonda ed intollerabile, in cui la discomunicazione, la follia e le emozioni negative danno origine ad un meccanismo dagli ingranaggi possenti, inquietanti ruote dentate che schiacciano ogni valore ed ogni speranza, i più deboli ed i più forti, lasciando indietro soltanto paura, sgomento e puro astio nei confronti della società e delle persone che la formano. Il regista dapprima presenta dei personaggi talmente reali da parer vivi, e poi si accanisce a distruggerli, portandoli alla follia, all'annichilimento e alla disperazione, senza scadere in alcun autocompiacimento e teatralità di sorta. Nell'opera la cattiveria e la stupidità umane vengono rappresentate nel modo più realistico e disinibito possibile; ognuno pensa soltanto a sé stesso, ed eleva la propria dissennatezza a verità assoluta: questo atteggiamento tipico dell'uomo nella tragedia di "The Fake"  assume connotati grotteschi, a tratti nauseanti.


Sono quindi molteplici gli spunti di riflessione che scaturiscono da questo film, che a parer di chi scrive è il primo capolavoro di Yeun Sang-ho. Tecnicamente si osserva una maggior fluidità delle animazioni rispetto al film precedente, il quale godeva di un budget minore; la bellezza di certi fondali naturalistici curati nei minimi dettagli di luce e colori vanno a creare un marcato contrasto con il volto duro e senza pietà del protagonista, redentore, vittima e carnefice allo stesso tempo. Sceneggiatura e regia nella loro commistione quanto mai calzante infondono un sapore decisamente thriller all'opera, che si dipana tra un colpo di scena e l'altro senza mai calare nell'erogazione della suspense.


Impegnato, senza speranza, coraggioso, brutale, opprimente e intellettuale nella sostanza, "The Fake"è un vero e proprio fulmine a ciel sereno per tutti gli amanti del cinema d'autore scevro da qualsiasi compromesso, nonché una di quelle rare opere in cui la natura umana viene messa a nudo realisticamente e senza alcun filtro, in modo tale da spingere lo spettatore piu' sensibile alla riflessione.








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