sabato 2 maggio 2015

Earth Girl Arjuna: Recensione

Titolo originale: Chikyuu Shoujo Arjuna
Regia: Shoji Kawamori
Soggetto: Shoji Kawamori
Sceneggiatura: Shoji Kawamori
Character Design: Kishida Takahiro
Musiche: Yoko Kanno
Studio: Satelight
Formato: serie televisiva di 13 episodi
Anno di trasmissione: 2001


Indubbiamente, "Chikyuu Shoujo Arjuna" è l'opera più adulta e riflessiva di Shoji Kawamori, un autore il quale di certo non ha bisogno di presentazioni. Si tratta di un majokko dal sapore decisamente anomalo, esoterico, in cui la cultura religiosa indiana fa da padrona, congiunta a determinati contenuti impegnati come l'esaurimento delle risorse del pianeta, l'alienazione dei giovani giapponesi postmoderni, i difetti di comunicazione tra persone, e, sopratutto, tra uomo e natura. L'opera, come si deduce immediatamente dal titolo, è ispirata alla Bhagavad Gita, quel libro che per gli indiani corrisponde al nostro vangelo; infatti, Juna e Chris, i due protagonisti dell'anime, non sono nient'altro che delle rielaborazioni fantasiose di Arjuna, il mitologico guerriero tormentato, accecato dal dubbio e dall'incomprensione, e Krishna, la divinità che si rivelerà al suddetto al fine di risvegliarlo dal caos presente nel suo animo.


La storia ha inizio con il viaggio - indotto dalla necessità di evadere dagli asfissianti ritmi della grande città - verso il Mar del Giappone di Juna e di Tokio, il suo fidanzato; durante il tragitto, tuttavia, i due vengono aggrediti da una strana creatura dalle sembianze di un verme: nell'incidente stradale che ne consegue, Juna, ancora giovanissima, troverà la morte. Nel limbo tra esistenza e non esistenza, fluttuando per lo spazio senza alcuna forma fisica, ella vedrà la Terra morente, e osserverà che la sofferenza del pianeta si è incarnata in creature vermiformi simili a quella che ha causato l'incidente che l'ha uccisa. Conosciute come Raaja, queste entità sono di dimensioni variabili: possono essere grosse come batteri, oppure avvolgere l'intero pianeta con la loro mole. Una volta conclusa l'esperienza sovrannaturale di Juna, un giovane ragazzo di nome Chris la sottrarrà alla morte, in cambio ch'ella s'impegni a salvare il pianeta con il suo grande potere. Insicura delle sue effettive capacità, la ragazza accetterà il suo gravoso compito, andando incontro ad un graduale processo di crescita spirituale.


L'Arjuna di Kawamori, esattamente come l'eroe mitologico, è quindi una ragazza ordinaria, dotata di dei poteri magici che non riesce a gestire, ed è completamente all'oscuro di cosa debba esser fatto per adempiere la sua missione; la maggiorparte delle volte le sue azioni saranno sbagliate, e causeranno il disappunto di Chris, che invano cercherà di aprirle gli occhi sulla realtà delle cose - la coscienza della completezza dell'universo e dell'unione degli opposti, ovvero la sintesi di tutte le apparenti contraddizioni insite nell'unità primigenia della natura. Ergo, quello che il nostro novello Krishna cerca di comunicare a Juna è un panteismo in cui i vari scambi energetici tra gli esseri viventi - si pensi alla fenomenologia del cibo e della catena alimentare, tema ricorrente nell'anime - formano una fitta rete di complesse interazioni che culminano in un divenire totalizzante, cosciente, presente sia nella natura intesa come totalità assoluta che nell'uomo inteso come unità interagente.


Il punto chiave dell'opera - orientale in tutto e per tutto, e ben lungi dal proporre un'ambientalismo di parte e fine a sé stesso - è che l'uomo postmoderno è giunto ad un livello di alienazione talmente elevato che ormai non ha più il tempo di capire, di comunicare, di gestirsi, di amare. Il difetto di comunicazione tra Juna e Chris è in realtà quello di tutta l'umanità col suo pianeta, un pianeta con il quale non si riesce più a convivere in armonia ed equilibrio. Nel lanciare i suoi vari moniti l'anime propone degli episodi molto eterogenei e riflessivi, sviscerando con molta lucidità le tematiche tipiche degli anime degli anni novanta; il rapporto tra Tokio ed il padre, ad esempio, mette in luce come l'alienazione dei giapponesi - ossessionati dalla vita lavorativa, dalla carriera, dalla buona reputazione e dal successo - finisca per creare degli esseri senza alcun equilibrio interiore, freddi, meccanici, che abbandonano i figli a loro stessi, viziandoli e facendoli crescere senza affetto e comprensione; ma non è tutto: il quadro generale che ne emerge è perfettamente contestualizzato in una civiltà frenetica ormai diventata il pallido riflesso di un mitologico ideale di progresso fine a sé stesso: ed ecco che "Chikyuu Shoujo Arjuna" si fa attualissimo, e quantomeno inquietante. 


Esattamente come accadeva in "Evangelion", tra l'altro diretto da un famoso collega otaku di prima generazione di Kawamori, Hideaki Anno (il quale con lui lavorò al seminale "Macross"), in "Chikyuu Shoujo Arjuna" viene analizzata la postmodernità anche dall'interno : viene dipinta con colori vivaci la frammentazione dell'identità personale, anche mediante l'utilizzo di metafore e simbologie calzanti. A scanso di equivoci, l'autore in un'intervista ha dichiarato: «noi viviamo stili di vita frammentari che si nutrono del nostro futuro. Ecco perché ho creato un personaggio che può veramente vedere il mondo così com'è.» Se in "Macross" si avevano i primi vagiti della postmodernità, e la coscienza di tale cambiamento era ancora offuscata dal benessere e dall'entusiasmo del sogno otaku, negli anni novanta, conclusasi la transizione effettiva - avvenuta seguendo un percorso percettivo via via sempre più disincantato -, si ha una sorta "risveglio" degli autori otaku, i quali, ormai cresciuti, incominciano a riflettere sulla loro crisi personale; una crisi, tra le altre cose, vissuta anche dai giovani problematici dell'epoca, sempre più disconnessi sia nel loro domino interiore che in rapporto alla realtà esterna. Ergo, secondo il Kawamori maturo e riflessivo di "Chikyuu Shoujo Arjuna", l'uomo non riesce più a coniugare emozioni, azioni, pensieri e parole perché troppo alienato dalle caratteristiche della sua società. E quindi non comunica né con sé stesso né con gli altri, generando una serie di fraintendimenti che culminano in quello totalizzante con la natura.


Per quanto concerne gli aspetti tecnici dell'opera, ad una buona e funzionale regia si aggiungono le brillanti musiche di Yoko Kanno, le quali contribuiscono a creare un ricercato mood agrodolce e misticheggiante; le animazioni tuttavia non brillano particolarmente, e vengono ulteriormente penalizzate da una rozza e stridente computer grafica, inserita più che altro per esigenze legate al risparmio. Ciò premesso, indubbiamente "Chikyuu Shoujo Arjuna" non è un titolo che si vuole basare sulla confezione, ma sui contenuti, pertanto i suoi limiti tecnici per alcuni potrebbero tranquillamente passare in secondo piano. Perché, da una narrazione talvolta farraginosa e decisamente poco mainstream, prende forma una riflessione molto interessante e profonda, figlia della ricerca spirituale di un otaku che ormai è diventato un adulto bisognoso di dare una risposta alle numerose contraddizioni insite nel suo mondo; il Deus ex Machina scelto dal suddetto in questo caso si tratta di un'affascinante commistione mistico/religiosa dal grande impatto emotivo. 










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