venerdì 12 giugno 2015

Persona 2: Innocent Sin: Recensione

Titolo originale: Perusona 2: Tsumi
Sviluppatore: ATLUS
Soggetto: Cozy Okada, Kazuma Kaneko
Character Design originale: Kazuma Kaneko
Musiche: Toshiko Tasaki, Kenichi Tsuchiya, Masaki Kurokawa
Formato: PSX, PSP
Durata: 50 ore di gioco circa
Anno di uscita: 1999


 «I am Thou, Thou art I 
I am the Mask that dwell within the realm of the Awake and Slumber 
From the Sea of thy Soul, I come forth to brave adversity. 
By the same Coin, I test the potential and conviction in thy will and heart 
Though appearances may differ, I am a self wanting the same liberty as Thou 
Much to my dismay, if Thou wishes to be fractured then I will seek to be whole. 
However, Thou cannot separate from I so if Thou gives up life I take it 
Until that time I am Thou and Thou art I»

Cinque amici d'infanzia dal passato nebuloso ed avvolto nel mistero vengono convocati da Filemone, l'incarnazione dell'inconscio collettivo, il quale fornisce loro il potere delle Persona, degli esseri sovrannaturali che rispecchiano il lato creativo dell'inconscio - le ombre dei vari personaggi, parallelamente, sono dotate di delle Persona inverse, che ne rappresentano il lato distruttivo e complementare. Emerge fin da subito lo spiccato dualismo dell'opera, in cui ogni determinato simbolo possiede un perfetto opposto: l'altra faccia della medaglia che non si può discernere da quel sistema estremamente complesso che è l'animo umano.
Da un inizio apparentemente banale, in cui dei giovani dotati di un potere sovrannaturale devono salvare il loro mondo da uno spietato antagonista che agisce nell'ombra, il tutto si farà via via sempre più cupo ed introspettivo, culminando in quello che a mio avviso è uno dei migliori finali di sempre, una valanga di emozioni dalle spiccate allegorie psicologiche che rimandano in ogni singolo, lirico fotogramma, ai gloriosi fasti degli anime più truci ed intellettuali degli anni novanta.


Per chi scrive è veramente difficile rendere a parole l'alone d'inquietante mistero e di poesia che caratterizza una delle opere principi del celebre duo formato da Cozy Okada e Kazuma Kaneko, geniali autori che sin dai tempi dei primi Shin Megami Tensei hanno fatto la storia dei jrpg. Esattamente come il primo "Persona", che era ancora in parte legato alla tradizione degli SMT precedenti, "Persona 2: Innocent Sin" è un'opera complessa, adulta e decisamente agli antipodi rispetto ai "Persona" più recenti, i quali, sebbene godano di un gameplay più brillante e di una grafica accattivante e alla moda, a parer mio non possono minimamente reggere il confronto con il carisma e la profondità dei loro illustri predecessori. Tra puro teenage angst novantino, rimandi alla poetica di H.P. Lovercraft e alla psicoanalisi di Carl Jung,  viaggi nelle profondità abissali della mente umana - con tanto di numerose incursioni nell'esoterismo, che nelle loro simbologie s'incastrano perfettamente con la narrazione -, un susseguirsi di eventi assurdi ma estremamente coerenti che convergono nella grande metafora finale del gioco, "Persona 2: Innocent Sin" finisce automaticamente nei piani più alti della torre degli indimenticabili, rivelandosi un evergreen in grado di rapire ed ammaliare il giocatore più sensibile. 


Non si può parlare di "Innocent Sin" senza proferire alcun verbo sui suoi personaggi. Esattamente come accadeva negli anime degli anni novanta successivi ad "Evangelion", la psicologia di ogni singolo protagonista viene costruita nei minimi dettagli, per poi essere decostruita al momento opportuno, senza alcun freno inibitore nel mostrare le paradossali contraddizioni insite nelle persone, che verranno rivoltate come calzini nel momento in cui dovranno affrontare la loro ombra - il lato oscuro, inconscio e soppresso, della personalità. La stessa trama ruota attorno ad un evento accaduto nell'infanzia di tutti e cinque i protagonisti, che assume i connotati di un vero e proprio trauma infantile il quale, nella sua estrema carica emozionale, ha determinato la crescita di ognuno dei suddetti, influenzandone nel profondo il legame affettivo. Come se non bastasse, parallelamente alle oscure rivelazioni presenti nell'inconscio personale di ogni attore tragico dell'opera, si assiste ad una vera e propria rappresentazione totalizzante dell'ombra junghiana, coronata dalla resurrezione di Hitler, personificazione simbolica del male in sé stesso (non per nulla la sua Persona è il lovercraftiano Nyarlathotep, e la sua arma la lancia di Longino, quella che trafisse il Cristo).


Difficile, almeno per il sottoscritto, non affezionarsi ai protagonisti del gioco. Attorno al silent protagonist Tatsuya ruotano figure credibili e complesse come Maya, una giornalista molto femminile, allegra e solare, che cerca in tutti i modi di pensare positivo, di vedere il lato migliore di ogni cosa e persona, tuttavia nascondendo dietro al suo fresco, sincero sorriso i problemi e le inquietudini che non è in grado di affrontare; Eikichi, il tipico ragazzo giapponese sbandato degli anni novanta, narcisista, egocentrico, talvolta violento ed aggressivo, ma comunque sensibile e capace di prendere consapevolezza dei suoi errori; Lisa, la classica ragazza della porta accanto, energica, estroversa, irascibile, nonché dedita interamente all'amore e all'amicizia; Yukino, una fotoreporter amica di Maya dal temperamento mascolino e ragionevole, impacciata nelle situazioni sentimentali e perennemente crucciata da un sogno infranto; e poi c'è Jun, colui il quale meglio di tutti incarna la debolezza e l'ambivalenza umane, sia col suo aspetto fisico, effemminato e androgino, sia nel suo dominio interiore, in cui egli è allo stesso tempo assassino e amante, intellettuale e guerriero, folle e saggio, vittima e carnefice.


La storia di Maya, Tetsuya, Lisa, Eikichi  e Jun ha molte corrispondenze con la mitologia greca; il nome di ogni loro singola Persona non è scelto a caso, ma deriva dal mito. In un certo senso, le loro vicende personali ricalcano dei modelli archetipali che mirano ad inglobare in loro stesse il dramma dell'umanità intera, allo stesso modo di tutti gli altri simbolismi inseriti nell'opera dai suoi brillanti autori. Ad esempio, il dualismo tra Tatsuya e Maya, che si evince sia nel qui presente "Innocent Sin" che nel suo sequel, "Eternal Punishment", rimanda pienamente al mito di Apollo e Artemide, le loro rispettive Persona; inoltre, Jun vede Maya come una figura materna positiva, sostitutiva a quella originaria, problematica e inaffidabile, che tanto lo ha tormentato: e la sua Persona è Hermes, che nella mitologia corrisponde al figlio di Maia (delle Pleiadi). Vale anche la pena citare Lisa, che col suo temperamento passionale diventa anch'ella archetipo nel momento in cui si scopre che la sua Persona è nient'altro che la dea Afrodite. 


"Innocent Sin" è quindi una storia di personalità frammentate, di calorosi ricordi che vengono persi nei meandri dell'inconscio; una "grande narrazione" che tuttavia si rivela postmoderna nella sostanza, sia per le tematiche trattate che per la presenza di un marcato citazionismo, che va a coprire molti campi del sapere umano, sia per la struttura a modello di achivio di dati adibita alla creazione e alla catalogazione delle Persona. 


Nel gioco la narrazione è sorretta dall'avverarsi dei rumors: nell'universo di "Persona 2", a causa di un oscuro motivo legato a complessi ed occulti retroscena, i chiacchericci diventano realtà, permettendo il susseguirsi di una catena di eventi imprevedibili i quali, col progredire del gioco, diventano via via sempre più grandiosi, atavici ed oscuri. L'affascinante dualità di "Innocent Sin" non si ferma quindi all'aspetto intellettuale e contenutistico dell'opera, ma è una caratteristica comune alla totalità di essa: in un certo senso, il capolavoro ATLUS sembra avvolto da una particolarissima ambiguità che si riflette da un lato nel suo essere postmoderno, frammentario e tipicamente affine alle grandi opere giapponesi figlie dello stesso contesto, mentre dall'altro assume connotati mitici e folkloristici che rigettano in qualche modo la non-finalità della postmodernità circostante, trovando una dimensione ideale nelle "grandi narrazioni" epiche ed esoteriche. 


Giocare a "Persona 2" - sequel incluso - è simile a compiere un viaggio indietro nel tempo, ritornando a vivere il Giappone degli anni novanta: ogni singolo particolare stilistico dell'opera trasuda quel tipico ed agrodolce carisma di una società postmoderna in preda a dei cupi turbamenti interni, che ne minano dalle fondamenta la facciata brillante e progressista. Il sistema dei rumors, ad esempio, benché sia perfettamente integrato nel gioco, rende parecchio l'idea di una perenne confusione mediatica e comunicativa prossima alla saturazione; immancabilmente, il fatto che dei chiacchericci sconnessi e senza finalità alcuna diventino realtà, fomentando  il caos e minacciando l'integrità sociale dei giapponesi, rappresenta uno dei tanti campanelli d'allarme che comparivano nei vari media del periodo (si pensi ad esempio a "serial experiments lain", che possiede alcune caratteristiche in comune con il qui presente "Innocent Sin"). Come il lettore avrà già da sé intuito, "Persona 2: Innocent Sin" tenterà di dare delle risposte alla crisi del suo tempo attraverso la psicologia e l'esoterismo, senza rinunciare alla tragedia e all'annichilimento, spostando il tutto in una dimensione più umana e introspettiva, tuttavia senza mai rivelarsi un mattone indigeribile - mi vengono subito in mente i frizzanti siparietti comici dell'opera, che alleggeriscono momentaneamente la pesantezza e la serietà delle vicende narrate (memorabili i battibecchi tra Lisa ed Eikichi). 
In un certo senso, i cinque  protagonisti del gioco formano una microsocietà nella macrosocietà, una microsocietà che viene altrettanto turbata dai rumors che diventano realtà, e che deve reagire alla crisi, al fine di non perdere la sua coesione interna.


Per quanto concerne gli aspetti tecnici, è necessario fare della contestualizzazione. Il giocatore abituato alle meccaniche user-friendly tipiche dei jrpg odierni troverà certamente il gameplay di "Persona 2" abbastanza superato, sebbene esso rientri perfettamente negli standard della sua epoca, allo stesso modo della grafica (una commistione tra personaggi in 2D e fondali in 3D utilizzata anche in "Xenogears" e "Grandia"). A parer mio, il gameplay del gioco risulta comunque godibile, nonostante l'elevato tasso di incontri casuali (altra cosa  tipica dei jrpg novantini che potrebbe far storcere il naso al giocatore attuale).


Il gioco consiste nell'esplorazione di dungeons, città, dialoghi e scene d'intermezzo, nonché in battaglie in cui ogni personaggio potrà invocare una Persona con determinati attacchi e magie - è possibile fondere molteplici Persona differenti utilizzando delle tarot cards ottenibili mediante la contrattazione con i demoni, un trademark tipico degli "Shin Megami Tensei" precedenti. Per chi scrive, vedere i propri beniamini che cercano di socializzare con gli antagonisti è un qualcosa di molto buffo e divertente: le opzioni per la contrattazione variano di personaggio in personaggio, in base alla sua personalità, e pertanto non mancheranno all'appello esilaranti scenette in cui Lisa si metterà a truccare Jun davanti ad un avversario, lamentandosi del fatto che sia più femminile di lei; oppure in cui Maya intervisterà un mostro approcciandosi ad esso con il suo fare bonario, da amicona del cuore alla quale si può confidare qualsiasi segreto. Ovviamente, ogni Persona creata avrà un livello, un determinato numero di attacchi, di resistenze e/o di debolezze a determinati elementi, allo stesso modo delle altre creature presenti nel gioco. Insomma, a parte alcune brillanti  particolarità legate alla tradizione dei MegaTen games precedenti, dal punto di vista del gameplay il tutto segue i canoni tipici del genere, tra i quali non manca all'appello il mitologico sistema di combattimento a turni.
Dal punto di vista operativo, come dicevo, nel gioco è possibile sfruttare il sistema dei rumors propagando determinati chiacchericci attraverso una specifica opzione, in modo tale da sbloccare missioni secondarie, ottenere armi, equipaggiamenti e così via.


Contrariamente al precedente "Megami Ibunroku Persona", con il quale il qui presente "Innocent Sin" condivide molte cose in comune - nonché numerosi aggiornamenti, sopratutto dal punto di vista della complessità della trama e della caratterizzazione dei personaggi -, in questo caso non è possibile influenzare la storia con le proprie scelte: mentre nel primo "Persona" erano presenti due routes con tanto di bad ending e good ending, in "Persona 2" la trama è una soltanto, e non sono presenti molteplici finali alternativi (questo fatto è più che comprensibile, in fondo stiamo parlando di uno dei migliori plot mai visti in un videogioco).


Indubbiamente, a contribuire in modo molto rilevante al particolarissimo mood dell'opera, sono le sue spendide OST, una raccolta molto eterogenea di melodie che vanno dal rock a quella particolare musica elettronica che andava di moda nel Giappone degli anni novanta; non mancano all'appello brani misteriosi, cupi e atavici, come l'indimenticabile "Philemon Theme" e il riflessivo "Title Song", che condensa in pochi minuti molteplici sensazioni tipiche dell'opera, le quali rimandano alla tristezza e al senso di perdita; oppure l'epico tema dell'altrettanto epica OP originale del gioco, che fa da leitmotiv a tutto l'universo di "Persona 2". 


Esiste un sequel di "Innocent Sin", "Eternal Punishment", il quale, nonostante le ottime premesse, ricicla molti dei cliché inaugurati dal prequel in modo alquanto manieristico, cionondimeno rielaborandoli in modo affine al thriller poliziesco soprannaturale, con tanto di protagonisti adulti (il ruolo del silent protagonist questa volta spetta a Maya). Ergo, sebbene il suddetto gioco a mio avviso  non sia indispensabile a livello di contenuti - l'anima di "Persona 2" è a tutti gli effetti "Innocent Sin" -, esso presenta in modo abbastanza verosimile le problematiche tipiche degli adulti, mettendo da parte le insicurezze e le dinamiche adolescenziali affrontate nel prequel, in cui la maggiorparte dei protagonisti era ancora nell'acerba età di transizione. Detto questo, in "Eternal Punishment" ognuno dei quattro nuovi comprimari viene caratterizzato con grande cura: questa volta il giocatore vivrà le vicende dell'hacker fuorilegge Baofu, della coinquilina di Maya - Ulala, una donna  sfortunata con gli uomini e piena di insicurezze e complessi - e dello stoico ed imperturbabile fratello poliziotto di Tatsuya, il serioso e razionale Kazuya. 


Volendo fare un paragone tra prequel e sequel, è fondamentale notare che mentre "Innocent Sin" si concentra sulla trama, "Eternal Punishment" preferisce centralizzarsi sul gameplay: sono infatti presenti una new game plus mode, un dungeon opzionale sbloccabile dopo aver completato il gioco - il cosiddetto EX dungeon, con tanto di boss nascosto da sconfiggere dopo aver allenato i personaggi al limite -, più missioni secondarie da sbloccare diffondendo i rumors, nonché la possibilità di scegliere due ruotes differenti, ciascuna legata ad uno specifico personaggio di "Megami Ibunroku Persona" (i leggendari Ellen e Nanjo).


La localizzazione di "Persona 2" in occidente è stata abbastanza infelice: a causa della presenza nel gioco di Hitler e di una relazione omosessuale tra due personaggi, in America  "Innocent Sin" è uscito addirittura anni dopo il suo sequel, "Eternal Punishment". Ciò premesso, la versione PSX del gioco è stata comunque tradotta in inglese dal rinomato Gemini. Nel 2011 è finalmente arrivata in occidente la versione PSP di "Innocent Sin", sebbene sia stata rimaneggiata al fine di mitigare quegli elementi che in passato avevano scandalizzato gli americani: Hitler è stato rinominato "Führer" e gli sono stati fatti indossare degli occhiali da sole, e la relazione omosessuale del protagonista è stata eliminata (viva l'ipocrisia). La versione PSP del gioco, censure a parte, è sostanzialmente fedele a quella per PSX (sono comunque presenti alcune differenze, che sono riportate in modo accurato in questa sede). 
E' da citare l'esistenza di un remake PSP di "Eternal Punishment", in cui il gioco originale è stato notevolmente migliorato, anche mediante l'inserimento di un risvolto narrativo inedito che non era presente nella versione per PSX. E' davvero un peccato quindi, che la ATLUS USA si sia rifiutata di localizzare questo gioiellino. Ma grazie alla passione del fandom le speranze sono le ultime a morire, ed è presente un progetto di traduzione - ancora in corso - operato da TRADUKO Soft


In conclusione, ci sarebbe ancora molto da dire su un jrpg di questa portata. Personalmente, una frase detta da uno dei personaggi del gioco mi è rimasta particolarmente impressa: «la cosa peggiore non è morire, ma essere dimenticati». Penso che questo pensiero riassuma in sé stesso molti aspetti, sia della vita del giocatore esterno inteso come uomo che della stessa  natura dell'opera - nella quale il ricordo ha un'importanza fondamentale a livello speculativo. L'unica cosa certa, al di là dei possibili, forse numerosi stimoli intellettuali ed esistenziali che un gioco del genere potrebbe suggerire, è che chi scrive non lo dimenticherà mai, mettendolo al riparo, per quanto possibile, dall'annichilente fato peggiore della morte al quale, inevitabilmente, ogni cosa è destinata.

 







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