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domenica 25 ottobre 2015

Crayon Shin-chan: The Storm Called: The Adult Empire Strikes Back: Recensione

Titolo originale: Kureyon Shinchan: Arashi o Yobu: Mōretsu! Otona Teikoku no Gyakushū?
Regia: Keiichi Hara
Soggetto: Keiichi Hara
Sceneggiatura: Keiichi hara
Character Design: Katsunori Hara
Musiche: Shiroh Hamaguchi
Casa di produzione: Shin-Ei Animation
Formato: film cinematografico
Anno di uscita:2001


L'expo di Osaka del 1970 è stata un avvenimento fondamentale per la generazione di giovani giapponesi che vi parteciparono. La data corrisponde inoltre ai primi vagiti del boom economico post seconda guerra mondiale, con conseguente ingresso in quella che si potrebbe definire una postmodernità ancora embrionale - arrivata in ritardo di circa dieci anni rispetto a quella dei paesi occidentali -, che troverà un completo sfogo fenomenologico negli anni novanta, con lo sviluppo del settore terziario e delle comunicazioni. Tra i ragazzi del ventesimo secolocosì direbbe Naoki Urasawa – che vissero un'era in cui si pensava che l'uomo avrebbe potuto esistere per sempre nell'abbondanza, nell'armonia e nella pace, supportato dalla scienza, dalla tecnica e dal benessere derivante dalla congiuntura economica favorevole del periodo, c'era anche Hideaki Anno, l'otaku per eccellenza: si potrebbe dire ch'egli sia stato veramente felice soltanto nel 1970, e che la nostalgia e il disagio esistenziale riscontrabile nella sua produzione più matura e personale sia in una certa misura il manifesto di un sogno tradito: Anno ha vissuto il boom ideologico e sociale del 1970 e l'ha visto crollare negli anni novanta, epoca in cui la stagnazione postmoderna, la crisi degli ideali di pace e giustizia, l'esplosione della bolla speculativa ottantina con conseguente crisi economica avevano distrutto le illusioni della sua generazione. Generazione che all'improvviso si era trovata di fronte al nulla; tutto ciò in cui aveva creduto era stato demolito dalla ciclicità della Storia e dall'ambivalenza della tecnologia – con l'alienazione derivante dall'uso massiccio di internet, la crescita esponenziale del consumismo e altri fattori negativi, il mito della “tecnologia positiva per il bene di tutti” era stato altresì distrutto.

sabato 20 giugno 2015

Colorful: Recensione

 Titolo originale: Colorful
Regia: Keiichi Hara
Soggetto: basato sull'omonimo romanzo di Eto Mori
Sceneggiatura: Miho Maruo
Character Design: Atsushi Yamagata
Musiche: Kô Ôtani
Studio: Ascension
Formato: film cinematografico 
Durata: 126'
Anno di uscita: 2010


Un'anima vagante per gli ampi spazi di una sorta di purgatorio, viene informata da Purapura, un bizzarro spiritello dell'altro mondo, che deve ritornare in vita sotto le spoglie di Makoto Kobayashi, un adolescente giapponese morto suicida. Lo spirito non sembra molto entusiasta di questo compito: preferirebbe sparire definitivamente, uscire dalla catena delle reincarnazioni per poter dire di no alla vita. Ma Purapura risponde agli ordini del divino, che non possono essere trasgrediti da nessuna anima ribelle; e pertanto, lo spirito senza nome sarà costretto a rivedere un'altra volta il mondo sensibile, con gli occhi di Makoto, dovendo adempiere al compito di scoprire i motivi celati dietro al suo gesto estremo. Ha così inizio la vita del nuovo Makoto Kobayashi, il quale, volta per volta, conoscendo le persone e le situazioni che avevano spinto il titolare del suo corpo al suicidio, proverà le sue stesse emozioni e sensazioni, arrivando a comprendere sé stesso e quelle cose che, nell'agrodolce ed ambiguo mondo che lo circonda, sono ancora meritevoli di essere vissute, nonostante l'acuta sofferenza che comporta il mero vivere.