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sabato 7 maggio 2016

Mawaru Penguindrum: Recensione

 Titolo originale: Mawaru-Penguindrum
Regia: Kunihiko Ikuhara
Soggetto: ikuni chowder (Kunihiko Ikuhara)
Sceneggiatura: Kunihiko Ikuhara, Takayo Ikami
Character Design: Lily Hoshino (originale),Terumi Nishii
Musiche: Yukari Hashimoto
Studio: Brain's Base
Formato: serie televisiva di 24 episodi
Anno di trasmissione: 2011


Tredici anni dopo aver dato alla luce il capolavoro “La Rivoluzione di Utena”, Kunihiko Ikuahara torna nuovamente in scena con un'altra opera dall'indiscutibile valore, “Mawaru Penguindrum”, adattamento (in)fedele e molto autorale di uno dei racconti più celebri della letteratura giapponese, il “Ginga Tetsudou no Yoru” di Kenji Miyazawa. Commistione postmoderna tra fiaba, commedia dell'assurdo e tragedia greca, l'anime in primis è un vero e proprio atto d'amore del suo regista nei confronti degli emarginati, di coloro i quali sono stati confinati nell'anonimato ai limiti della società giapponese, che nell'opera viene rappresentata mediante molteplici, toccanti metafore in un geniale andirivieni di situazioni estreme, riflessioni e dialoghi brillanti. Protagonisti della storia sono i due fratelli Shouma e Kanba Takakura, i quali - allo stesso modo del Miyazawa che nel 1924 iniziava a scrivere il suo racconto in preda al dolore - stanno vivendo il dramma della perdita dell'adorata sorellina Himari, la quale soffre di una grave malattia incurabile. Ha così inizio il loro viaggio a bordo del “Treno della Via Lattea” - il treno del destino -, che nell'anime diventa la metropolitana di Tokyo; all'inizio di questo percorso, che si snoda tra una puntata e l'altra della serie – ogni “fermata” è un episodio dell'anime, scelta abbastanza metanarrativa – tra allegorie ed eventi realmente accaduti, Himari torna misteriosamente in vita grazie ad un copricapo a forma di pinguino, il quale tuttavia la possiede per alcuni brevi frangenti trasformandola nell'impertinente Principessa del Cristallo, una surreale madamigella la quale reclama a gran voce ai due sfortunati fratelli il penguindrum, un oggetto magico che le permetterebbe di avere salva la vita.

sabato 6 giugno 2015

Ginga Tetsudou no Yoru: Recensione

 Titolo originale: Ginga Tetsudou no Yoru
Regia: Gisaburou Sugii
Soggetto: basato sull'omonimo racconto di Kenji Miyazawa
Sceneggiatura: Minoru Betsuyaku
Character Design: Hiroshi Masumura
Musiche: Haruomi Hosono
Studio: Group TAC
Formato: film cinematografico 
Durata: 105'
Anno di uscita: 1985


Nella cultura giapponese, il racconto di Kenji Miyazawa che dà il nome a questo film è un grande classico, a mio avviso paragonabile a quello che per noi occidentali è il "Piccolo Principe" di Antoine de Saint-Exupéry. Gli anime che in qualche modo si sono ispirati all'opera di Miyazawa sono innumerevoli, tant'è che lo scrittore ha avuto una forte influenza sulla poetica di Isao Takahata, Hayao Miyazaki e, in parte, sul  brillante "Mawaru Penguindrum" di Kunihiko Ikuhara. Fatta questa doverosa premessa, il film di cui scriverò è un adattamento cinematografico fedele al cartaceo, che ne ripropone l'atmosfera inquieta e sognante con fare molto riflessivo, lento, denso di quel tipico sense of wonder delle fiabe per bambini. Il regista alla guida di questa monolitica trasposizione è un vero e proprio veterano dell'animazione old school, Gisaburou Sugii, un nome – purtroppo - misconosciuto ai più il quale nel corso della sua carriera ha lavorato in adattamenti animati di opere seminali del calibro di "Tetsuwan Atom", "Dororo", "Glass no Kamen" e "Genji Monogatari".