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sabato 2 luglio 2016

Sailor Moon Crystal Season III: Recensione

Titolo originale: Bishoujo Senshi Sailor Moon Crystal: Death Busters-hen
Regia: Chiaki Kon
Soggetto: Naoko Takeuchi
Sceneggiatura: Yuji Kobayashi
Character Design: Akira Takahashi
Musiche: Yasuharu Takanashi
Studio: TOEI animation
Formato: serie televisiva di 13 episodi
Anno di trasmissione: 2016

 

Esistono due tipi di remake: quelli praticamente inutili, in quanto si trattano di mere manovre commerciali fini a sé stesse, che immancabilmente svuotano le opere da cui derivano del loro valore iconico, e quelli intelligenti, ovvero ben diretti e rispettosi dell'originale, che viene omaggiato con le dovute precauzioni. I primi due archi di “Sailor Moon Crystal”, nuovo adattamento animato del manga di “Sailor Moonprodotto dalla Toei per il ventesimo anniversario delle Sailor Senshi, indubbiamente appartengono alla prima categoria; un discorso diverso vale invece per il terzo arco del suddetto progetto, costituito dal remake che si è posto l'obbiettivo di adattare l'Infinity Arc del manga della Takeuchi, proprio quello che corrisponde, televisivamente parlando, alla serie meglio riuscita del brand, quel “Sailor Moon S” (1994) diretto da Kunihiko Ikuhara e sceneggiato da Yoji Enokido. Fortunatamente, presa coscienza della disfatta denominata “Crystal”, la Toei Animation ha deciso di cambiare lo staff dell'anime e di affidare tutto nelle mani di Chiaki Kon, una regista veramente appassionata di “Sailor Moon” e disposta a “salvare” le vicende di Michiru, Haruka e della famiglia Tomoe dal vergognoso oblio privo di verve che erano state le prime due stagioni del remake. Nasce a questo modo una sobria rivisitazione - fortunatamente sprovvista di scene di trasformazione realizzate mediante un'orripilante computer grafica - di un mito del passato, coadiuvata da continui rintocchi di sottofondo inneggianti all'opera novantina diretta da Kunihiko Ikuhara, rispetto alla quale, senza invadenti ambizioni - a parer mio la serie originale rimane comunque inarrivabile -, essa si presenta come una versione “complementare" - e non "alternativa" - della medesima storia, con la differenza di essere più fedele al manga. 

sabato 5 marzo 2016

Sailor Moon: Recensione

Titolo originale: Bishoujo Senshi Sailor Moon
Regia: Jun'ichi Satou
Soggetto: Naoko Takeuchi
Sceneggiatura: Megumi Sugihara, Katsuyuki Sumisawa, Sukehiro Tomita, Shigeru Yanagawa
Character Design: Kazuko Tadano
Musiche: Takanori Arisawa
Studio: TOEI animation
Formato: serie televisiva di 46 episodi
Anni di trasmissione: 1992-1993


All'inizio degli anni novanta, con lo scoppio della cosiddetta baburu, la bolla economica che aveva indotto un benessere fittizio nel Giappone ottantino (a parte la svalutazione del dollaro dell'85 decisa al G5 tenutosi al Plaza Hotel di New York, che contribuì al tagliuzzamento del budget di molte serie animate in corso, esclusi ovviamente gli adattamenti televisivi degli inossidabili shounen della rivista Jump), l'animazione giapponese era in crisi, e la necessità di creare a tavolino un fenomeno sociale in grado di rimetterla sui binari del successo commerciale - ovviamente con un budget ristretto - era forte nei dirigenti Toei Doga.
Nel 1991, la misconosciuta ed ancora esordiente Naoko Takeuchi ha appena pubblicato "Codename wa Sailor V", un breve manga la cui protagonista è un'eroina mascherata dotata di una carismatica veste alla marinara modellata sulla base di quelle indossate dalle scolarette giapponesi. L'opera attira subito l'attenzione di Irie Yoshio - redattore capo di Nakayoshi, lo stesso mensile per bambine edito dalla Kodensha in cui negli anni settanta veniva pubblicato il seminale "Candy Candy" -, che propone all'autrice di iniziare un nuovo manga denominato "Bishoujo Senshi Sailor Moon", in cui oltre a Sailor Venus saranno presenti altre quattro eroine, in modo tale che, poco tempo dopo l'inizio della pubblicazione dell'opera (rivolta alle bambine di sei anni), la Toei Doga possa creare un tokusatsu show televisivo a cinque elementi seguendo l'esempio della formazione di "Yoroiden Samurai Troopers" mettendoci dentro un po' di "Silent Möbius" - le cui eroine che combattono i demoni hanno parecchie affinità con quelle della Takeuchi, la quale guardacaso è amica di Kya Asamiya, l'autrice del manga - e del nagaiano "Cutie Honey", dal quale "Sailor Moon" eredita il particolare gusto per la pop art e la catartica scena di nudo che avviene durante la trasformazione delle protagoniste in guerriere sailor, fattore che viene subito incontro alle esigenze dell'audience maschile assieme alle vertiginose minigonne da loro indossate.

domenica 15 novembre 2015

Sailor Moon S: Recensione

Titolo originale: Bishoujo Senshi Sailor Moon S
Regia: Kunihiko Ikuhara
Soggetto: Naoko Takeuchi
Sceneggiatura: Yoji Enokido, Katsuyuki Sumisawa, Sukehiro Tomita, Shigeru Yanagawa
Character Design: Ikuko Ito
Musiche: Takanori Arisawa
Studio: TOEI animation
Formato: serie televisiva di 38 episodi
Anni di trasmissione: 1994-1995
 

Dopo il timido esordio registico di “Sailor Moon R”, Kunihiko Ikuahara prende definitivamente le redini della trasposizione animata di “Sailor Moon”, coadiuvandola con i vagiti di quelli che diventeranno i tratti caratteristici del suo stile personale. Al fianco di colui che qualche anno dopo dirigerà uno dei massimi capolavori dell'animazione tutta - “La Rivoluzione di Utena” - troviamo un Hideaki Anno in veste di animatore chiave, nonché gli artisti i quali, una volta terminata l'esperienza TOEI, collaboreranno con Ikuhara nella veste ufficiale di Be-Papas: Yoji Enokido (tra l'altro uno dei futuri sceneggiatori di “Evangelion”) e l'animatore Shinya Hasegawa.
Le carte in regola per creare un qualcosa di sensazionale ci sono tutte; ora che la prima, storica serie di “Sailor Moon” - nonostante la crisi economica dilagante e lo sviluppo del mercato OAV - ha sdoganato l'animazione seriale novantina con un grande successo di pubblico, si può andare più in profondità, dando alle avventure di Usagi e soci un taglio ben più complesso, adulto, dai risvolti oscuri ed imprevedibili: “Sailor Moon S” è la miglior saga del brand, un'opera seminale la cui influenza stilistica nelle produzioni successive è innegabile.

sabato 2 maggio 2015

Earth Girl Arjuna: Recensione

Titolo originale: Chikyuu Shoujo Arjuna
Regia: Shoji Kawamori
Soggetto: Shoji Kawamori
Sceneggiatura: Shoji Kawamori
Character Design: Kishida Takahiro
Musiche: Yoko Kanno
Studio: Satelight
Formato: serie televisiva di 13 episodi
Anno di trasmissione: 2001


Indubbiamente, "Chikyuu Shoujo Arjuna" è l'opera più adulta e riflessiva di Shoji Kawamori, un autore il quale di certo non ha bisogno di presentazioni. Si tratta di un majokko dal sapore decisamente anomalo, esoterico, in cui la cultura religiosa indiana fa da padrona, congiunta a determinati contenuti impegnati come l'esaurimento delle risorse del pianeta, l'alienazione dei giovani giapponesi postmoderni, i difetti di comunicazione tra persone, e, sopratutto, tra uomo e natura. L'opera, come si deduce immediatamente dal titolo, è ispirata alla Bhagavad Gita, quel libro che per gli indiani corrisponde al nostro vangelo; infatti, Juna e Chris, i due protagonisti dell'anime, non sono nient'altro che delle rielaborazioni fantasiose di Arjuna, il mitologico guerriero tormentato, accecato dal dubbio e dall'incomprensione, e Krishna, la divinità che si rivelerà al suddetto al fine di risvegliarlo dal caos presente nel suo animo.