venerdì 16 maggio 2014

Ghost in the Shell - Stand Alone Complex: Recensione

Titolo originale: Ghost in the Shell - Stand Alone Complex
Regia: Kenji Kamiyama
Soggetto originale: Masamune Shirow
Sceneggiatura: Kenji Kamiyama
Character Design: Hajime Shimomura
Mechanical Design: Kenji Teraoka, Shinobu Tsuneki
Musiche: Yōko Kanno
Studio: Production I.G
Anno:  2002
Formato: Serie televisiva di 26 episodi
Disponibilità italiana: Dynit


Con "Ghost in the Shell - Stand Alone Complex" il concept del noto manga di Masamune Shirow viene trasposto finalmente su serie animata, dico concept poiché veramente poco sopravvive delle vicende proprie del fumetto originario, si opta invece per una strada del tutto diversa che cerca di proporre qualcosa di nuovo, seppur tuttavia senza tradire troppo lo spirito cyberpunk che contraddistingue il suo progenitore. A onor del vero non credo si possa però parlare, in senso stretto, di cyberpunk vero e proprio, ma le tematiche della serie sono affini a questa corrente letteraria tanto da permettere più di un timido accostamento.

Nell'opera in questione fanno da padrone i topoi fondanti del genere, come ad esempio il rapporto uomo-tecnologia, in particolare tra uomo e macchina. In questo mondo alquanto futuristico infatti gli uomini hanno raggiunto un livello tale di sviluppo tecnologico da potere meccanizzare e rendere artificiale gran parte del corpo e questo pone inevitabilmente pesanti riflessioni circa l'essere umano e la sua sostanziale differenza dagli androidi, robot completamente artificiali ma dalle fattezze umane. In una delle vicende, ad esempio, si narra della drammatica quanto patetica storia di un amore impossibile tra un uomo e un'androide femminile, e della loro fuga da una società non ancora pronta per accettare una simile alienazione da ogni schema pulsionale umano, sebbene non sia così innaturale pensare all'amore per un oggetto o per una bambola, proiettato su un "essere" capace di muoversi e agire nel mondo, pur non dotato di autocoscienza. Altro tema fondamentale è quello della degenerazione sociale con tendenziali elementi distopici quali depersonalizzazione e alienazione, che vengono resi di certo in modo meno efficace e profondo che nel relativo film di Oshii. In ogni caso gli autori riescono a prodursi in una trattazione piuttosto dignitosa, cercando di focalizzare l'attenzione sul fenomeno sociale detto "stand alone complex" di cui si dirà più avanti.
Altro tema fondamentale in "GITS" è quello della rete e della realtà virtuale, che sposta l'attenzione sulla percezione individuale, soggettiva del mondo, questo si palesa in più di una occasione, ad esempio l'abilità de "L'uomo che ride" di impossessarsi degli occhi delle sue vittime per poter mostrare loro le immagini da lui programmate falsificando la realtà. Anche qui si rintracciano dei pallidi ricordi di quello che furono il film e il fumetto, sebbene non si possa parlare di una trattazione profonda e filosofica dell'argomento, comunque esso è inserito in modo magistrale ed efficace.


A mio avviso sarebbe controproducente approcciarsi a quest'opera proponendo un confronto con il famoso film di Mamoru Oshii, questo perché Kamiyama è evidentemente interessato più a narrare una storia cyberpunk in bello stile, ricca di complicate macchinazioni fantapolitiche e di spionaggio, che a imbastire una riflessione metafisica sull'idea di essere umano e di vita. Si deve quindi prendere la serie come manifestazione più 'disimpegnata' dell'universo di "Ghost in the Shell" in particolar modo tenendo da conto come i personaggi vengano resi in modo diverso, come ad esempio il maggiore, che si avvicina a incarnare quell'ideale di sexy-eroina alla Shirow piuttosto che il personaggio dilemmatico del film, o Batou, il quale si presenta più come un uomo rude e tutto muscoli, non certo il personaggio profondo tratteggiato da Oshii, soprattutto in Innocence (che seguirà a questa serie dopo due anni, 2004).
Il punto in effetti è da considerare più a fondo, i personaggi risultano anche qui abbastanza freddi e piuttosto inumani, questo perché si deve considerare il loro avvicinarsi alle macchine, mentre le macchine subiscono il processo inverso, acquisendo una loro coscienza e imparando ad affermare la loro personalità auto-riconoscendosi come entità individuali e ben definite, umanizzandosi. Questo è messo in risalto dai momenti in cui i Tachikoma si interrogano riguardo alla propria esistenza, vere e proprie perle di sceneggiatura che poi confluiranno nel culmine del loro farsi entità sensibili e coscienti, ovvero nell'amare e sacrificarsi per il bene della persona che hanno a cuore, momento di un'intensità commovente e apice emotivo della serie.


Resta ora da considerare quello che sarebbe dovuto essere il fenomeno centrale dell'opera, lo "stand alone complex", cui vengono purtroppo concesse troppo poche puntate per essere sviscerato con il dovuto approfondimento. In ogni caso, nella vicenda riguardante "L'uomo che ride", si riescono a dare le coordinate per comprendere a sufficienza tale fenomeno sociale, descritto come il diffondersi dell'imitazione di un simbolo, legato a un ideale, che si ripercuote come fenomeno sociale di massa ma che sembra non avere un punto iniziale, una causa scatenante. Esempio analogo, nella nostra realtà, sono i Meme, conosciuti da tutti e diventati di moda, nessuno o quasi nessuno ne conosce l'autore originale, eppure se ne fa largo uso e imitazione, similmente è per l'entità conosciuta come "L'uomo che ride" ispiratore di ideali puri e innocenti, motore immobile di un'intricata e cerebrale questione di etica e politica, che vede interessate diverse aziende prese nel mirino del terrorismo. Esso verrà imitato da una moltitudine di falsi "Uomo che ride" senza che si riesca a scoprire l'esistenza di un originale, di una causa causante primigenia.

"Ghost in the Shell - Stand Alone Complex" si distingue per una realizzazione tecnica d'avanguardia per il tempo (2002), e di bellissime colonne sonore adatte allo scopo di concretizzare un'atmosfera tesa e pregnante. La regia di Kenji Kamiyama è ottima così come la sceneggiatura, i dialoghi sono particolarmente interessanti, come già accennato soprattutto in occasione delle parti inerenti alle disquisizioni dei Tachikoma, a mio avviso punta di diamante della serie; la trama si snoda attraverso archi auto-conclusivi, spesso di un solo episodio, rimanendo però di sottofondo le vicende riguardanti il "Laughing man", che esploderanno verso la conclusione. Non posso che rimanere soddisfatto dalla visione e consigliare questa serie a tutti gli amanti del mondo di GITS e delle opere complesse, con una forte componente anche di poliziesco e di azione.

5 commenti:

  1. Io non credo che SAC sia assai più disimpegnato dei vari GITS,ma ha più livelli.Può essere apprezzato sia a cervello meno impegnato per la sua parte poliziesca e d'azione di ottimo livello che per la parte filosofica.Questa seconda parte è meno esplicita del film e del manga sicuramente,ma onnipresente,infatti guardando in profondità con più visioni te ne accorgi come anche dettagli inutili aggiungono qualcosa alla filosofia di fondo.C'è un blog(quelli della dynit leggendolo sono stati aiutati indirettamente nel doppiaggio per capire a fondo il mondo di SAC) che analizza i singoli episodi e letti dopo la prima visione mi ha aperto un mondo xD,Poi lo ho rivisto altre 2 volte e ci capisci sempre di più.
    A quando SAC 2nd gig?Che è ancora meglio.

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  2. Ehila' Tex, purtroppo io non ho ancora visto SAC quindi non posso esprimere la mia opinione. Sono comunque un grande estimatore del manga, uno dei miei preferiti, e, storicamente, quello che mi ha fatto definitivamente appassionare al fumetto giapponese assieme ad Akira.

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  3. Michele
    A scanso di equivoci: non sto dicendo che SAC sia una serie disimpegnata in sè, se noti il mio "disimpegnata" è virgolettato!!! Anzi, al contrario, è una serie piuttosto complessa e molto filosofica, quello che volevo dire è che ritengo che il film di Oshii metta molto più in secondo piano la storia, e sia molto più metafisico e astratto. Mentre la serie, come ben dici, ha più livelli di apprezzamento.

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  4. No,avevo capito,ma non sapevo quanto fosse più "disimpegnata" per te xD

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  5. Vai tranquillo,spero di aver chiarito la mia posizione :D

    2nd GIG mi piacerebbe recensirlo, ma per farlo dovrei rivederlo e questo mi porterebbe via un sacco di tempo che ora come ora non ho. Però tra me o Akira un giorno, si spera, comparirà :D

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