Titolo originale: Kidō Butōden G Gundam
Regia: Yasuhiro Imagawa
Soggetto: Hajime Yatate, Yasuhiro Imagawa
Sceneggiatura: Yoshitake Suzuki
Character Design: Hiroshi Osaka, Kazuhiko Shimamoto
Mechanical Design: Hajime Katoki, Kimitoshi Yamane, Kunio Okawara
Musiche: Kouhei Tanaka
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 49 episodi
Yasuhiro Imagawa è
indubbiamente uno dei registi più rappresentativi degli anni
novanta. Autore dello storico OAV “Giant Robo: The Day the Earth Stood Still”, che seppe
infondere nuova linfa vitale in un genere che all'epoca sembrava
ormai aver giocato tutte le sue carte, con “G Gundam” il regista
tornò nuovamente a rompere i classici topoi di una corrente
stilistica ormai avariata - in questo caso il brand gundamico -
attraverso il suo stile registico geniale e privo di compromessi.
Non stupisce pertanto che il qui presente lavoro sia stato odiato per
lungo tempo dai gunota e dai puristi del mobile suit bianco: stiamo
infatti parlando di un'opera dissacrante, un vero e proprio
picchiaduro lacrime e sangue nato sulla scia di “Street
Fighter II”, un videogioco che andava molto di moda all'epoca; uno
shounen sconvolgente in cui
il bizzarro sense of humor di Imagawa si fonde alla perfezione
con momenti seriosi, epici e catartici, sfociando in una storia
d'amore con la A maiuscola che nei battenti finali della serie si
eleva sempre più facendosi beffe di tutto, sia dei noiosissimi
intrighi fantapolitici dei Gundam precedenti, sia della virilità
tanto declamata in precedenza dallo stesso “G Gundam”.