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mercoledì 24 marzo 2021

DEADMAN: Recensione (by AkiraSakura & Shito)

 Titolo originale: DEADMAN
Autore: Egawa Tatsuya
Tipologia: Seinen Manga
Edizione italiana: Dynamic Italia
Volumi totali: 6
Anni di uscita: 1998~2000 (JP), 1999~2003 (IT)

 

«Lo scorrere di un fiume non si arresta mai... e per questo... non è mai uguale a se stesso.
Nell'acqua che ristagna... la schiuma può unirsi ad altra schiuma... ma non resta mai ferma a lungo.
Gli uomini e il dolore che affligge il mondo... non mutano mai.
»

Dopo una laurea ottenuta presso l'antica e prestigiosa università nazionale di educazione di Aichi (una sorta di Scuola Normale), Egawa Tatsuya decide di abbandonate la carriera di insegnante e di dedicarsi al fumetto, diventando un mangaka. Per un brillante giovane giapponese, nato nel 1961, si trattava di una scelta a dir poco controcorrente, considerata l'assai conformistica società della sua patria, soprattutto ai tempi, ma forse – come capirà al volo chi conosce la sua opera – il già intellettuale Egawa aveva in mente una forma di educazione più anticonvenzionale, se non rivoluzionaria. Nelle sue opere, infatti, mai scevre di una esplicita componente erotica, si direbbe ai limiti della pornografia, eppure del tutto assente di quella nota di voyeurismo ozioso che ne è tipico, l'autore innanzitutto critica con feroce intelligenza proprio il sistema educazionale giapponese: debutta con BE FREE!, l'antesignano del più noto, ma ben più frivolo e pecoreccio GTO, e in seguito, raggiunge grande notorietà con GOLDEN BOY, che non è affatto una mera commedia dai toni erotico-demenziali, come lascerebbe pensare la trasposizione animata. Divenuto ormai una contrastata personalità televisiva da salotti intellettuali, Egawa continua a condurre la sua critica del sistema scolastico giapponese, spingendola verso la svalutazione della formazione universitaria e della società nipponica essa tutta. Giunti negli Anni Novanta, sarà poi il turno anche di DEADMAN, che in effetti non è neanche più un manga vero e proprio, quanto una sorta di saggio di misticismo e filosofia politica travestito da storia gotica di vampiri. Dal punto di vista narrativo, DEADMAN è infatti organizzato (e disegnato) pressoché come una mera serie di dialoghi e racconti tra i personaggi, tanto da far pensare alla forma di trattato filosofico tanto amata da Platone, solo con l'aggiunta dei disegni: si tratta di una vera destrutturazione del medium narrativo chiamato "manga". 

venerdì 25 dicembre 2020

Narutaru: Recensione 2 .0

 Titolo originale: Narutaru

Autore: Kitoh Mohiro

Tipologia: Seinen Manga

Edizione italiana: Star Comics 

Volumi: 12

Anno di uscita: 1998

 


Opera dalle molteplici stratificazioni, Narutaru è indubbiamente una tragedia. Se si vuole affrontare un’analisi del manga, bisogna quindi partire da questo presupposto, per poi arrivare a considerare, più in superficie, la denuncia sociale (e politica) messa in atto dall’autore.

In primis ci si potrebbe chiedere, come fece Nietzsche, da dove abbia avuto origine la tragedia, considerando purtuttavia che l’opera è orientale, ed ergo costruita su fondamenta ben diverse dal romanticismo tedesco, dall’idealismo e dal dualismo Cartesiano. Rimane comunque un nesso con la tragedia greca antica: forse, la cosa più angosciante di Narutaru, è come esso evidenzi, con il suo essere violento, morboso e malato, sia l’inettitudine dell’essere umano – non ci sono eroismi nell’opera, solo bassezze -, sia il suo essere predestinato all’inevitabile fine, che per Kitoh, autore dalle influenze taoiste, è allo stesso tempo rinascita.

Siamo nel 1998, e i Pokémon sono una realtà commerciale molto popolare presso i giovani, mentre Evangelion lo è per gli adulti. L’idea di base dell’autore è di coniugare le due cose: avremo dei ragazzini con i loro mostri (Shiina, la protagonista, esteticamente è molto affine alle ragazzine della Nintendo) in un contesto drammatico, psicologico, filosofico e metanarrativo alla Evangelion. Essendo poi Narutaru un seinen manga, l’autore non si pone alcun limite nell’esporre situazioni molto violente e morbose, coadiuvate da un tratto tagliente e asettico che rende i personaggi molto simili alle bambole – e quindi incapaci di svincolarsi dalla loro condizione di tragici, di marionette mosse dalle fila del destino.

giovedì 1 agosto 2019

Neon Genesis Evangelion: Recensione 2 .0

Titolo originale: Shin Seiki Evangelion
Regia: Anno Hideaki
Progetto & Soggetto: GAINAX
Character Design: Sadamoto Yoshiyuki
Mechanical Design: Yamashita Ikuto, Anno Hideaki
Musiche: Sagisu Shiro
Realizzazione Animazioni: GAINAX, Tatsunoko Production
Formato: serie televisiva di 26 + 2 episodi
Anni di trasmissione: 1995 - 1996
Disponibilità: edizione italiana in dvd a cura di Dynit


Evangelion è Anno Hideaki, ossia uno dei più influenti otaku di prima generazione (ossia quelli che avevano vissuto l’Expo di Osaka ’70 da bambini). Non esiste altra interpretazione dell’opera: essa va letta come l’anima, volendo lo spirito, la vita, di un otaku appartenente a un determinato periodo storico post-WWII (con tutti i mutamenti sociologici del caso), che si è guadagnato da vivere con cose - all’epoca, in Giappone - considerate da bambini/ritardati.
Con quest’opera, il cerchio del sogno otaku inaugurato dalla stessa GAINAX con Daicon III si chiude definitivamente, con un ragazzino che piagnucola dacché non riesce a definire la sua identità in un mondo di solitudine. Dopodiché, travisato nei suoi significati e frainteso da una nuova generazione di otaku ormai radicalmente diversa da quella di Anno, che poco si interessa a inserirsi in una società sempre più inesistente («There is no such thing as society», Margaret Tatcher docet), Evangelion diventerà un fenomeno consumistico di massa, sia in Giappone che all’estero. Le sue protagoniste assumeranno lo status di icone pop, dai videogiochi erotici alle doujinshi pornografiche, e le loro acton figures venderanno più dei modellini delle unità Eva. Nondimeno, la storia verrà sfruttata commercialmente fino alla nausea, con decine e decine di spin-off e storyline alternative (anche ad opera dello stesso autore, si pensi al discutibile Rebuild of Evangelion). Ciò premesso, oltre ad essere una lucida analisi delle problematiche legate ad una determinata condizione sociologica, la magnum opus di Anno è altresì uno degli anime più importanti della storia del suo media, tant’è che il 1995-97 è una linea di demarcazione di cui ogni eventuale “storico degli anime” dovrebbe tenere conto.

domenica 30 dicembre 2018

Lamù - Beautiful Dreamer: Recensione

Titolo originale: Urusei Yatsura 2 - Beautiful Dreamer
Regia: Mamoru Oshii
Soggetto & sceneggiatura: Mamoru Oshii
Character Design: Akemi Takada
Musiche: Masaru Hoshi
Studio: Studio Pierrot
Formato: lungometraggio cinematografico
Anno di uscita: 1984


Poco tempo dopo l’anime boom di inizio anni ottanta (i riferimenti nel film ci sono tutti), nel quale gli animefan adulti avevano messo in atto il loro primo, storico “coming out” (1982) in una società giapponese a loro indifferente se non ostile, dopo aver girato il trascurabile Only you, primo film omaggio al mondo di Urusei Yatsura, Mamuru Oshii, con il qui presente Beautiful Dreamer, decide di analizzare l’otakuzoku dall’esterno, mediante un’opera decisamente complessa, matura e d’autore (una delle prime nel suo genere).
Il contesto è quello del Giappone della bolla finanziaria fittizia indotta dagli investimenti esteri e dalle incoscienti politiche della banca centrale nipponica: analizzando tutti i vari media del periodo, canzoni pop incluse (una su tutte: la storica Merry-go-Round di Tatsuro Yamashita, 1983), è possibile farsi un’idea dell’opulenza della Tokyo di allora, ben distante dagli attuali standard recessivi dell’economia giapponese. L’eterna estate di Beautiful dreamer è analoga al “migliore dei mondi possibili” di Megazone 23 e alla città contenuta dalla colossale SDF-1 di Macross. E’ l’estate della Tokyo “congelata” nell’occidentalizzazione, nell’apatia e nella dimenticanza del passato.

sabato 15 ottobre 2016

Boku wa Mari no Naka: Recensione

Titolo Originale: Boku wa Mari no Naka
Autore: Shuzo Oshimi
Tipologia: Seinen manga
Edizione Italiana: non disponibile
Volumi:9
 Data di uscita: 2012


Shuzo Oshimi è un poeta della quotidianità dell'oggidì, attento scrutatore del disagio giovanile e della vuotezza spirituale che ne è all'origine. La sua opera è una disamina dell'adolescenza, il periodo critico della vita, volendo anche quello più pericoloso, in cui ogni cosa è in via di definizione e la sostanza umana di chi lo vive, mutuata dall'infanzia, si deve scontrare col grigiore e la freddezza delle istituzioni, con le etichette, con un contesto che tende ad omologare ogni cosa al fine di preservare il suo – fragile - equilibrio. Oshimi è altresì un poeta della postmodernità; i suoi personaggi sono tanto banali quanto realistici, afflitti da un nichilismo giovanile imperturbabile e da una crisi di ruoli/identità il cui unico rimedio è la fuga. La fuga da sé stessi, la fuga dagli altri, la fuga dal passato. Non stupisce pertanto che il suo nuovo manga, “Boku wa Mari no Naka” - per gli inglesi "I'm inside Mari" e per i francesi "Dans l'intimité de Marie" – invero si tratti di una decostruzione del genere body swap comedy nella quale un hikikomori come tanti altri, tale Isao Komori, durante un regolare rituale di stalking, inspiegabilmente “diventa” la bellissima e inarrivabile Mari, la classica ragazza borghese in cima alla gerarchia sociale, quella che fino ad un momento prima era la concretizzazione di tutte le sue frustrazioni: purezza, perfezione, bellezza, consenso da parte dei più. La prospettiva pertanto viene ribaltata; poco importa che sia un hikikomori che scopre, nel corpo di una presunta ragazza-angelo, quanto falsa e precostruita sia quella che credeva un'esistenza priva di problematiche; o che una ragazza-angelo, una volta tolta la maschera, si riveli affetta della stessa patologia del suo disadattato “ospite”, che forse era rimasto sempre lì, dentro di lei, senza alcun transfert, dacché il vero problema era altrove, non tanto nei singoli individui, tutti intercambiabili tra loro e affetti dalle stesse patologie a prescindere dalla barriera della corporeità, ma nella non-sostanza e nel non-senso di un modo di vivere alienante e privo di punti di riferimento stabili. 

sabato 20 agosto 2016

Harem End: Recensione

Titolo originale: Harem End
Autore: Shintaro Kago
 Tipologia: Seinen Manga
Edizione italiana: inedito
Volumi: 1
Anno di uscita: 2012 


Shintaro Kago è un pazzo. Decostruttore estremo del fumetto, così efferato da reputare il suo stesso operato come merda, attraverso una perizia tecnica incontestabile, che si rifà all'iperrealismo grafico di Otomo e Maruo, il mangaka muove una satira grottesca di grande impatto, che fa di tutto per rimanere impressa nella mente del lettore, ponendosi con grande prepotenza attraverso corpi squartati in mille pezzi, cadaveri in putrefazione, sanguinose dissezioni di ragazzine innocenti, falli che diventano carri armati, parti del corpo umano che vengono ruotate e disassemblate allo stesso modo delle facce di un cubo di Rubik... insomma, si tratta di perversioni talmente creative da essere addirittura difficili da concepire, sicché provengono dagli angoli più reconditi della mente. Attraverso uno stile personalissimo, riconoscibile con poche tavole, il mangaka punta il ditino contro la società dei consumi e il suo deperimento dei valori, attraverso un masochismo splatter che stordisce come una bastonata in testa.
Un autore con un tale gusto dell'orrido, che ama collezionare action figures di cadaveri in putrefazione e strumenti di tortura (!), come si approccerebbe alla critica del medium animato e dell'otakuzoku in generale?
"Harem End" ci dà la risposta.

sabato 27 febbraio 2016

Yuri Kuma Arashi: Recensione

Titolo originale: Yuri Kuma Arashi
Regia: Kunihiko Ikuhara
Soggetto: Kunihiko Ikuhara, Takayo Ikami
Sceneggiatura: Kunihiko Ikuhara, Takayo Ikami, Kei Takahashi
Character Design: Etsuko Sumimoto
Musiche: Yukari Hashimoto
Studio: Silver Link
Formato: serie televisiva di 12 episodi
Anno di trasmissione: 2015
 
 
Con il ritorno in scena di Kunihiko Ikuhara - bizzarro regista il quale potrebbe essere considerato come una sorta di "David Lynch" dell'animazione giapponese - la deflagrazione dell'hype non ha sorpreso più di tanto; orde di fans incalliti hanno difeso questo novello "Yuri Kuma Arashi" dall'attacco dei detrattori senza alcun indugio, vomitando in faccia ad essi varie teorie e speculazioni più o meno veritiere, sovranalisi ed altri orpelli degni di quei circoli dei lettori basati sull'etichetta in cui chiunque può giocare a far l'intellettuale a tempo perso. Sebbene l'alone di hype fine a sé stesso sia abbastanza irritante, c'è comunque da riconoscere che le aspettative erano molto alte, sopratutto per chi, come il sottoscritto, aveva aprezzato l'ottimo "Mawaru Penguindrum", il giusto compromesso tra nonsense, ermetismo, fanservice, pseudo-filosofia, commedia e regia d'autore. Senza scomodare con inutili paragoni mostri sacri che hanno fatto la storia dell'animazione come "La Rivoluzione di Utena", bisogna ammettere che era lecito chiedersi se il regista sarebbe stato in grado di rinnovarsi, magari proponendo un anime in grado di rendersi indipendente dai suoi illustri predecessori. Non è stato così, e gli entusiasmi degli spettatori meno acritici si sono fin da subito spezzati: "Yuri Kuma Arashi" non è niente di più che la solita brodaglia pseudo-lynchiana sull'amore, sulla società e sulla sessualità, questa volta diretta con svogliatezza, poca verve ed un'eccessiva ricerca del compromesso con le tendenze modaiole e commerciali attualmente in voga. 

sabato 23 gennaio 2016

Gozu: Recensione

 Titolo originale: Gozu
Regia: Takashi Miike
Soggetto: Sakichi Sato
Sceneggiatura: Sakichi Sato
Musiche: Koji Endo
Casa di produzione: Klock Worx Co., Rakuei-sha
Formato: film cinematografico
Anno di uscita: 2003 


Quando i canoni di riferimento del cinema raggiungono la stagnazione, inevitabilmente esso diventa postmoderno, e prendono piede determinati registi "decostruttori" dei modelli prestabiliti, che li citano ma allo stesso tempo li negano, imbastendo un percorso semiotico in cui la trama intesa in senso classico viene meno; la linearità della narrazione degli eventi viene meno; gli idealismi e i romanticismi lasciano spazio a cliché che vanno a formare strutture ad archivio di dati tra le quali, talvolta, senza dover necessariamente passare per il raziocinio, emerge un messaggio esistenzialista figlio del contesto in cui il film nasce. Nella storia del cinema i pioneri di tale modus operandi sono stati Antonioni e Bergman; Takashi Miike in un certo senso rappresenta la fase finale del regista postmoderno: la sua opera è estrema in tutto e per tutto, sia formalmente che contenutisticamente, e la sua tendenza decostruttrice è feroce e paranoica, figlia delle perversioni inconsce di una società estremamente patriarcale, autoreferenziale e rigida come quella giapponese. Il cinema di Miike cerca di svincolarsi dalla sopracitata stagnazione in ogni modo possibile, aggiornando i canoni dell'assurdo e del grottesco con un gusto del kitsch marcio e perverso, che strizza l'occhio allo stile registico funambolico di David Lynch stravolgendo i convenzionalismi tipici del cinema giapponese e non.

sabato 26 dicembre 2015

One Punch Man: Recensione

Titolo Originale: Wanpanman
 Regia: Shingo Natsume
Soggetto: basato sull'omonimo manga di Yusuke Murata e ONE
Sceneggiatura: Tomohiro Suzuki
Character Design: Yusuke Murata
Musiche: Makoto Miyazaki
Studio: Madhouse
Formato: serie televisiva di 12 episodi
Anno di trasmissione: 2015


Nato come adattamento di un progetto web indipendente, casareccio e senza alcuna pretesa artistica, firmato da un autore improvvisato denominato ONE, il manga best seller di Yusuke Murata ha fatto parlare molto di sé, allo stesso modo della sua controparte animata, quel "One Punch Man" che oggigiorno è sulla bocca di tutti gli appassionati. Hype meritato o ennesima moda del momento, destinata a svanire nel nulla dopo qualche mese? Gli innegabili pregi tecnici, la freschezza del soggetto e la passione dello staff della Madhouse fanno decisamente propendere per la prima opzione.

venerdì 4 settembre 2015

I segreti di Twin Peaks: Recensione

 Titolo originale: Twin Peaks
Regia: David Lynch, Lesli Linka Glatter, Caleb Deschanel, Duwayne Dunham, Tim Hunter, Todd Holland, Tina Rathborne, Graeme Clifford, Mark Frost, Uli Edel, James Foley, Stephen Gyllenhaal, Diane Keaton, Jonathan Sanger
Soggetto: David Lynch, Mark Frost
Sceneggiatura: Mark Frost, David Lynch, Harley Peyton, Robert Engels, Barry Pullman, Tricia Brock, Scott Frost, Jerry Stah
Musiche: Angelo Badalamenti
Formato: serie televisiva di 30 episodi
Anni di trasmissione: 1990 -1991


Il misterioso omicidio di Laura Palmer; quel cadavere nudo, ritrovato per caso, avvolto in un telo di plastica. Era la ragazza più popolare di Twin Peaks, una piccola cittadina di montagna come tante altre; conduceva una doppia vita, indossando la maschera della brava studentessa solare e amichevole con tutti, nascondendo la sua dipendenza da cocaina e la sua attività di prostituta.
Spetterà all'agente dell'FBI Dale Cooper svolgere le indagini inerenti il macabro fatto, che sembra in qualche modo collegato ad un vecchio caso sul quale aveva in precedenza lavorato all'infuori della cittadina. Ma nulla è scontato a Twin Peaks, dacché ogni abitante sembra nascondere un lato oscuro alquanto inquietante: potrebbero essere stati tutti ad uccidere Laura Palmer, forse l'universo intero; e se sogno e realtà fossero intimamente collegati? E se la chiave del mistero di Twin Peaks non fosse contenuta all'esterno, nel mondo percepito dai nostri sensi, ma nella nostra mente? Soltanto una cosa rimane da dire: Let's Rock!

venerdì 27 marzo 2015

Neon Genesis Evangelion: spunti per un'interpretazione.



Il nuovo vangelo, il vangelo dell'epoca post-moderna.

Scrivere una recensione a proposito di Evangelion nel 2012 non è cosa facile; dal 1995 sono passati quasi diciassette anni e su quest'opera sono stati spesi (metaforicamente parlando) litri e litri di inchiostro, sono state costruite interpretazioni di ogni genere e specie, impalcature spesso infondate, alle volte forzate, in alcuni casi invece interessanti e produttive. Si tratta di una serie che ha segnato intere generazioni di appassionati, e la sua fama ha portato il seme della discordia nel mondo, tanto da far discutere ancora oggi le masse. Con la consapevolezza quindi che ciò che andrò a scrivere forse non sarà nulla di nuovo, né di temerario o straordinario, sicuramente già esplicitato da molti, cercherò comunque di dare un'impronta personale alla mia recensione, sperando di non esagerare, e di non annoiare.

martedì 24 giugno 2014

Princess Tutu: Recensione

 Titolo originale: Princess Tutu
Regia: Jun'ichi Satō/Shōgo Kōmoto
Soggetto: Chiaki J. Konaka/Mamiko Ikeda/Michiko Yokote/Rika Nakase/Takuya Sato
Sceneggiatura: Jun'ichi Satō/Kiyoko Sayama/Shougo Kawamoto/Tatsufumi Tamagawa/Yū Kō
Character Design: Ikuko Itō
Musiche: Kaoru Wada
Studio: Hal Film Maker
Formato: serie televisiva di 26 episodi
Anno di trasmissione: 2002


Spesso si può essere portati erroneamente a credere che le fiabe siano un genere di racconti adatti solamente ai bambini, solite propinare una qualche morale costruita a puntino senza riuscire ad addentrarsi in riflessioni dotate di una certa maturità e profondità. Ritengo che questo sia uno dei più gravi errori e pregiudizi in cui si possa incorrere. "Princess Tutu" è la prova inoppugnabile di come una fiaba possa rivelarsi incredibilmente significativa, tragica e dolce. Questa serie non è altro, infatti, se non una bellissima fiaba, anzi, a voler essere precisi, la si dovrebbe considerare la fiaba delle fiabe, la storia per antonomasia, poiché la riflessione che propone va a incidere sul significato stesso della costruzione di una storia, del ruolo dei suoi personaggi e della funzione del suo autore.

lunedì 23 giugno 2014

Combat Mecha Xabungle: Recensione

Titolo originale: Sentou Mecha Xabungle
Regia: Yoshiyuki Tomino
Soggetto: Hajime Yatate, Yoshiyuki Tomino
Sceneggiatura: Soji Yoshikawa, Tsunehisa Ito, Yoshihisa Araki
Character Design: Tomonori Kogawa
Mechanical Design: Kunio Okawara
Musiche: Kouji Makaino
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 50 episodi
Anni di trasmissione: 1982 - 1983


Il nome del pianeta è Zola. Anche se nessuno se lo ricorda più. Da tempi immemorabili i membri di una ristretta e privilegiata classe sociale, gli Innocent, sfruttano per il proprio tornaconto l'ignoranza dei Civilians, la classe sociale inferiore, creando strane leggi e cospirando nell'ombra, alimentando per convenienza le conflittualità interne al loro dominio. Jiron Amos è un Civilian in cerca di vendetta, che dopo una serie di avvenimenti si unisce ai Sand Rats, una brigata di rozzi ladruncoli analfabeti e fracassoni. Essi diventeranno l'equipaggio dell'Iron Gear, una mastodontica corazzata/robottone comandata da Eichi, un'isterica ragazza di bell'aspetto che, a suo dire, vorrebbe piantare il seme della cultura nel deserto dell'ignoranza. Le azioni avventate di Jiron Amos faranno via via soffiare il vento della ribellione verso gli Innocent: i nostri scapestrati protagonisti diventeranno dei veri e propri rivoluzionari senza neanche saperlo...

domenica 22 giugno 2014

Bokurano: Recensione

  Titolo originale: Bokurano

 Titolo inglese: Bokurano

  Autore: Mohiro Kitoh

 Tipologia: Seinen Manga 

 Edizione italiana: Kappa (sospeso al sesto volume)

Volumi: 11

Anno di uscita: 2003


"Bokurano" come metafora della vita; "Bokurano" come critica alla società giapponese; "Bokurano" come magistrale poesia. "Bokurano", "Ours", "Nostro". Il nostro gioco, quello di ogni giorno. L'agrodolce gioco della vita.

sabato 12 aprile 2014

Lei, l'Arma Finale (Saikano): Recensione

 Titolo originale: Saishu Heiki Kanojo/Saikano: The last love song on this little planet

 Titolo inglese: She, the Ultimate Weapon  

Autore: Shin Takahashi

 Tipologia: Seinen Manga 

 Edizione italiana: Planet manga (fuori catalogo)

Volumi:7  

Anno di uscita:2000



Amore e morte. È questa la dicotomia che regola "Lei l'arma finale", aka "Saikano", oppure "The Last Love Song on this Little Planet". Si tratta di un manga nicchia, ormai fuori catalogo e ignorato dai più a causa della sua forte carica anomala. Un titolo molto riflessivo, deprimente, pessimista, tragico. Una lettura pesante, in grado di colpire profondamente i lettori più sensibili. Una vera e propria storia d'amore maledetta, con tanto di climax apocalittico e finale annichilente.