Rivedere G Gundam mi ha fatto molto piacere. Ma dico sul serio. E no, non è soltanto Street Fighter con i robottoni: quelle erano scelte di marketing imposte ad un regista tanto intellettuale quanto nostalgico. La recensione che scrissi anni fa non mi va neanche di cambiarla: non mi va di cancellare o modificare quanto produssi, soprattutto nel punto in cui scrivevo tutto entusiasta dell'Allenby in versione fatina che rinunciava al suo amore per Domon, dato che c'era Rain a dover essere – letteralmente – salvata. Ci rimasi male, perché in fondo Allenby mi piaceva molto, ma era giusto così.
La riflessione che voglio qui esprimere è da dove provenga il male, o quantomeno cercare di definirlo. Perché il Devil Gundam, che è la stessa cosa del Lavos di Chrono Trigger, virus che infettava il mondo nella sua intima struttura spazio-temporale, o del Deus di Xenogears, arma di distruzione di massa organica senziente, mi ha dato molto da pensare. I protagonisti di G Gundam, Domon e Rain, partono come se fossero già praticamente marito e moglie, ma poi arrivano un "virus" (il suddetto Devil Gundam) e una rivale in amore (Allenby) a creare disordine. L'unità viene quindi spezzata, ma poi, mediante coscienza e sacrificio, il virus viene debellato e il nucleo familiare riunito. Questa struttura è molto comune nella tragedia: l'elemento di disturbo è il male, indubbiamente, perché mira all'ordine delle cose, la cui sintesi suprema è l'unione (vuoi spirituale, vuoi tra uomo e donna, vuoi nel gruppo). Se non fosse esistito il male, non ci sarebbe stata alcuna risoluzione, né alcun "rafforzamento" (volendo si potrebbe anche parlare di "senso"). Gli antichi Kabbalisti ebraici raffiguravano questa cosa con la rottura di un vaso primordiale, dal quale ebbe origine l'universo. Ma in fondo, anche il mito dell'Eden era così: unità, e poi dissoluzione dovuta a un elemento di disturbo (in questo caso il frutto della conoscenza del bene e del male). E volendo risoluzione (a volontà dell'individuo/credente/praticante o che dir si voglia). Ovviamente, se non vi è alcuna volontà (la mancanza di volontà è una cosa tipica dell'apatia dell'epoca moderna, che è priva di vere finalità), non vi può neanche essere alcuna risoluzione. E da qui abbiamo l'esistenzialismo, ossia la "narrazione dell'irrisoluzione" delle vite moderne. In pratica delle tragedie a metà , come molte dinamiche sociali/affettive dell'oggidì (vorrei dire la maggior parte, ma non ho dati statistici alla mano). Ma chiudiamo ora la parentesi e proviamo a classificare i vari tipi di "male".