domenica 10 agosto 2025

Ubik: Recensione e interpretazione


Questo è il mio primo approccio a Dick; di fantascienza avevo letto altri libri, cose ben più "classiche" e meno genuinamente postmoderne. Lo scrittore è inutile presentarlo: trattasi di un pezzo grosso della letteratura, e su internet è pieno di saggi e materiale biografico su di lui. La cosa che più mi ha colpito del personaggio, comunque, a parte le conclamate neurodivergenze e dipendenze da sostanze, è stato il trauma, mai risolto in vita, della prematura morte della sorella gemella. La grande prolificità di Dick, quindi, mi puzza molto di "strategia di sopravvivenza" a un dolore primigenio, un po' come quella di Enrico Fermi, che decise di dare tutto sé stesso alla fisica dopo la morte del fratello, o di Michelangelo, che  nelle sue madonne sembrava quasi ricercare il volto della defunta madre (addirittura, quando si trattava di vivisezionare i cadeveri per studiarne l'anatomia, l'artista si rifiutava di toccare i corpi femminili, giusto per non rievocare l'antico trauma). Ergo arte e scienza, così come la religione, sono a loro modo forme di cope, di compensazione psicologica di fronte all'insensatezza della schopenaueriana Wille che muove da dietro le quinte la Vorstellung, o velo di Maya che dir si voglia. Tutto torna quindi in questo Ubik, con le sue metafore gnostiche e filosofiche, i suoi sbalorditivi plot twist che mirano a indagare la natura del tempo, della coscienza, del Male e così via, senza mai giungere a una vera e propria risposta, perché una risposta in realtà non c'è, ma si potrebbe soltanto intuire sperando di attingere un po' di polvere dorata da qualche fugace stato di coscienza superiore.