martedì 7 maggio 2024

Salone del libro 2024


Scrivo questo post un po' in ritardo causa impegni, ma ci sta buttarlo fuori per i quattro gatti che leggono qui. Per chi passasse dalle parti di Torino, sabato 11 sarò presente al salone del libro, o in giro (tipo alla presentazione della Di Grado alle 13:30) oppure allo stand del mio microeditore a giocare a fare la farsa dell'autore intellettuale in un mondo di animalizzati. Padiglione Ovale W73, comunque. Chi volesse incontrarmi mi scriva via mail, tanto le controllo sempre dal telefono, come i giapponesi. Per chi non avesse voglia di cercarla in "Chi Siamo" è kingcrimson90@gmail.com. 

10 commenti:

  1. Solita anonimissima domanda: com'è andata? C'era un po' di interesse anche estemporaneo (leggasi, di gente che non ti conosceva prima) per Antropofagia? :D

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    1. C'era interesse per la copertina, poi la gente leggeva il prezzo e lo lasciava lì. Ma il prezzo non l'ho scelto io (e diciamocelo: servirebbe l'ebook) . Per il resto no, è rimasto lì sepolto in mezzo a mille altri titoli. Senza un marketing focalizzato, dei contatti con i media ecc. i libri restano invisibili. Per il resto comunque è andata bene, almeno avevo il pass autore e sono andato un po' in giro a comprare libri e parlare con la gente.

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    2. Eh, tutto vero. Appena prendono in mano il libro per più di due secondi, bisogna subito intercettarli e parlargliene bene a sufficienza perché sia troppo maleducato non comprarlo! O magari questo funziona solo coi provincialotti...? :D
      Poi se ci fosse promozione a sufficienza e a meno che chi si affaccia allo stand sia già carico di libri, immagino che i pochi euro in più sarebbero sopportabili (i romanzi degli altri piccoli editori avevano prezzi molto diversi?).
      Comunque bene per l'esperienza.

      (Hai per caso incrociato una tale Gog Edizioni di Roma? Almeno a livello "ideale" potrebbe fare al caso tuo o di altri emergenti, anche se magari a essere stimolanti sono solo i loro blog.)

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    3. "bisogna subito intercettarli e parlargliene bene a sufficienza perché sia troppo maleducato non comprarlo"

      Ecco, il fatto che un autore debba diventare un venditore di pentole è una cosa che francamente non riesco a capire. Anche l'università era così: devi produrre e devi vendere, poi sono cazzi tuoi. Fortunatamente di cultura non ci vivo e ho un lavoro serio con cui mantenermi, altrimenti sarebbero stati cazzi. Forse il problema è che ragiono come ragionavano due generazioni precedenti alla mia. Sono un millennial, in fondo.

      "Poi se ci fosse promozione a sufficienza e a meno che chi si affaccia allo stand sia già carico di libri, immagino che i pochi euro in più sarebbero sopportabili"

      Secondo me un editore dovrebbe selezionare pochi autori e pochi libri e spingerli con tutti i mezzi che ha, anche cartelloni, locandine, recensioni, annunci sui giornali... In modo tale che chi arriva al bancone sa già cosa trovare o quantomeno è indirizzato (ad esempio: Cartellone di Antropocoso, magari una bella Lena disegnata da DP che si fuma una cannetta; due parole sulla storia; sicuramente qualche dark che passa di lì prima di tutto si ferma, e magari è anche disposta a pagare quella cifra). L'editore del mio libro d'altro canto sembra che stia puntando più sulla quantità di autori che altro. Scelte sue.

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    4. PS: il GOG che dici non c'era al salone, quindi boh... un editore micro o macro che sia deve esserci al salone, altrimenti ciaone.

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    5. "Ecco, il fatto che un autore debba diventare" ecc.

      Non intendevo portare il discorso su tale situazione... Se la cosa ti interessasse (o meglio, fuor di modestia: per mia esagerata autogiustificazione): il fatto che io capisca poco le dinamiche dell'interesse, specie per ciò che non è ampiamente promosso, mi porta al pregiudizio spontaneo che le produzioni di nicchia ecc. si sostengano in fondo per una sorta di "costrizione sociale" a
      scala -- di comunità d'idee, sociali et sim., o quella "uno-a-uno" del venditore di pentole. Probabilmente è appunto un pregiudizio ovvero sovra-generalizzazione, entrambe delle tendenze abbastanza invalidanti...

      "Secondo me un editore dovrebbe selezionare" ecc.
      In sostanza concordo. Personalmente mi sembrerebbe però più intelligente e lungimirante identificarsi con un genere / collana, più che pochi libri o pochi autori: questo approccio sarebbe altrettanto efficace e permetterebbe più facilmente di ampliare il parco libri/autori in maniera coerente ma non banale. Per dire, Sellerio non è solo l'editore di Camilleri ma in generale si identifica con gialli calati in vari contesti locali, e gli autori più famosi aiutano a piazzare gli altri... credo. (Poi nel loro caso aiuta la veste editoriale sempre uguale, e via di sottigliezze più o meno cruciali.)
      In sunto, l'editore non dovrebbe sembrare una proprietà privata né di un autore né di qualcheduno che la fonda e che tira avanti col principio "pubblico cose varie che piacciono a me".
      Pecco di idealismo?

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    6. (Sul Gog, prova comunque a leggerti i loro "manifesti" e in specie l'assurdo blog nuovo-punk accele-reazionario trans-ideologico iper-memico Il Blast (alcuni termini sono inventati da me, e loro ne inventano di migliori): sono curioso di sapere che ne pensi e se ci vedi delle somiglianze con la mentalità che ravvisavi negli universitari moderni :D)

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    7. "per una sorta di "costrizione sociale""

      Direi per una sorta di costrizione social, senza la e, dato che a parer mio sono stati proprio i social a far insinuare nella testa delle persone, indipendentemente dal loro ruolo e dal loro potere economico, l'idea che ogni cosa vada scaricata sul singolo (costa anche di meno, tra l'altro). Tanto ognuno si può promuovere da sé con l'internet, e se fallisci "è colpa tua". In fondo i media non fanno altro che strombazzare ogni giorno questo leit motiv della nostra sottile dittatura della sovrainformazione digitale.

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    8. Ridurre tutto ai social mi pare un po' cronologicamente miope (al neoliberismo bastava pure la TV!), ma di sicuro e tristemente la dinamica è quella e la enfatizzano. Poi io dovrò essere meno presbite (!), per non dir di peggio, e farmeli, prima o poi...

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    9. Il vero embrione dei social media sono stati programmi tipo "Il Grande Fratello" (il nome infatti è tutto un programma). Nella televisione di tipo classico non era ancora possibile imprigionare *tutte* le persone in gabbie di vetro costituite dal loro stesso ego. Si imprigionavano attori e attrici e ballerine e ragazzine, ma non era una cosa sistematica come oggi.

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