martedì 2 giugno 2020

Final Fantasy VI: Recensione

 Titolo originale: ファイナルファンタジーVI 
Sviluppatore: Squaresoft
Versione giocata: PC (Steam)
Character Design: Amano Yoshitaka
Regia: Kitase Yoshinori
Musica: Uematsu Nobuo
Durata: 40 ore di gioco circa
Anno di uscita: 1994


Recensire un gioco come Final Fantasy VI è un po' come recensire un classico della letteratura: ci sono già tantissimi scritti in merito, tecnici, non tecnici, sentimentalisti, lucidi, appassionati e tutto quello che vogliamo. Perché FFVI è oggettivamente un cult, e miglior Final Fantasy di sempre a mio avviso. Dato che si è già detto tanto su questo gioco, e io non sono un videogiocatore accanito, o tecnico che dir si voglia, questa recensione avrà un taglio molto personale. 
Concepito nei bui mid-90s, FFVI gode di un'atmosfera molto più cupa e adulta dei FF precedenti. Il IV era già cupo e adulto a suo modo, ma comunque fine a sé stesso in quanto mera epopea Fantasy. Il V era tutto gameplay, forse il miglior gameplay di tutta la saga videoludica, ma nulla più (ricordiamo comunque le bellissime musiche: ogni volta che ascolto il malinconico Lenna's Theme, non posso che commuovermi) . In FFVI, invece, c'è qualcosa di vero. Di filosofico, volendo. La prima inquadratura del gioco rimanda a Narshe, un piccolo villaggio di minatori. Neve, freddo, buio. Appare Terra, una sorta di strega, bellissima, di cui qualcuno si sta servendo per i propri scopi militari. Due anonimi soldati la scortano. E sì, c'è il solito impero guidato da un sovrano assetato di potere, tale Gesthal, e sembra quasi di essere alla fine del settecento, agli albori della rivoluzione industriale. Il castello di Edgar Roni Figaro, Re appassionato di tecnologia, è pieno di ventole, di tubi, di ingranaggi. E l'atmosfera che si viene a creare, complici sia la bella gafica (per il periodo ovviamente) e le immortali musiche di Uematsu Nobuo, è unica, e mai vista prima in un jrpg.