lunedì 31 maggio 2021

Le pseudo narrazioni: osservazioni di un lettore

Devo ammettere che il post sulla definizione di pseudonarrazione ha generato un certo dibattito tra i lettori. In particolare un certo Seele94 penso che abbia donato al blog un commento molto onesto e lucido che riporto qui per dargli maggiore visibilità:

 

«Credo che diventare adulti senza aver avuto la possibilità di vivere una vita affettiva e sentimentale decente, comporti tutta una serie di difficoltà e di problematiche. Come si manifestano tali problematiche? Difficile dirlo, visto che ogni persona reagisce diversamente dinnanzi al medesimo dolore, alla medesima mancanza. Arrivare a 30-40 anni suonati con ancora l'idea in testa della donna angelo, della relazione adolescenziale turbolenta e coinvolgente, della coppia tanto affiatata quanto affamata di felicità, secondo me non è altro che un meccanismo inconscio atto a mettere una pezza su quella che fino a quel momento è stata una vita non vissuta, fatta di storielle sentimentali assenti o molto precarie: una non vita, fondamentalmente. La verità è che se non si ha avuto la possibilità di diventare adulti tramite un percorso funzionale, ci si arriverà in modo "sbagliato", con tutte le problematiche e i disagi che esso comporta. Giunti a 30 anni in tale modo, riuscendo a mettere pezze più o meno grandi alle proprie lacune, ci si ritrova ad avere (generalmente parlando) una posizione socio-economica consolidata, e si è finalmente appetibili dopo anni di invisibilità. Quello che, tuttavia, si può raccogliere ora è ben diverso da quello che si poteva raccogliere qualche anno prima, quando la gente si avvicinava a te mossa da un genuino interesse verso la tua persona, piuttosto che da motivazioni di tipo convenzionale. Ciò che si può raccogliere in questo tipo di scenario diventa così tanto misero, che la pseudonarrazione funge da escapismo; un modo come un altro per tirare avanti ignorando quella che è una realtà, per molti, inaccettabile o troppo dolorosa.» [Seele94] 


Dopo un po' di tempo, il lettore mi ha informato di aver scritto un articolo derivante dalle (sue) riflessioni maturate durante la lettura del mio post. Tale scritto lo potete reperire qui, sul suo blog personale, e dato che potrebbe fornire spunti di riflessione interessanti, con la sua autorizzazione lo riporto per intero a seguire.

venerdì 14 maggio 2021

L'insostenibile potenza delle "pseudonarrazioni"

Per Lyotard, nella sua concezione storiografica, la metanarrazione era una "grande narrazione" del passato, come potevano essere illuminismo e socialismo. Una volta arrivata la postmodernità, ossia l'assetto sociale contemporaneo, le metanarrazioni per come intendeva Lyotard sono state abbandonate. Nel postmodernismo infatti viene meno la pretesa propria dell'epoca moderna di fondare un unico senso del mondo partendo da principi metafisici, ideologici o religiosi, e si ha quindi la conseguente apertura verso la precarietà di ogni sensoNella nostra epoca non esistono quindi più le "grandi narrazioni" o "metanarrazioni" del passato. Esistono tuttavia delle narrazioni mutuate dai prodotti di intrattenimento, che sono l'imprinting principale a cui tutti noi consumatori siamo soggetti. Per differenziare questo tipo di narrazioni simulacro da ciò che Lyotard chiamava "piccole narrazioni", e per evitare confusione col termine storiografico di "metanarrazione", le chiamerò, come suggerito dall'amico G. Cannarsi, "pseudonarrazioni" (il prefisso "pseudo" rende l'idea di un qualcosa di fittizio).  Ciò detto, a parer mio, il termine "piccola narrazione" è impreciso. Infatti il suffisso "pseudo" mi serve per rendere l'idea di una narrazione nata puramente nella finzione, o quantomeno da una pseudo-società quasi ormai caricaturale o teatrale (nel senso di simulacro di esistenze/solitudini individuali, come intendeva Pirandello). Una "piccola narrazione", a mio modo di vedere le cose, è una "grande narrazione" in scala, come ad esempio la storia di Ashita no Joe, che è una credibile rivalsa sociale in un'epoca di malessere e povertà diffusa come il dopoguerra giapponese. Fatte tutte queste premesse, la narrazione simulacro o pseudonarrazione, molto più tiepida delle grandi ideologie del passato,  è una sorta di imprinting: ad esempio, se si passa l'adolescenza a guardare molto intensamente shoujo anime, inevitabilmente, una volta arrivato l'amore nel mondo reale, si cercherà di elaborarlo secondo la pseudonarrazione shoujo assimilata in precedenza (Shoujo Kakumei Utena, con il Principe Azzurro Dios e il suo oscuro corrispettivo Akio, tanto per dire, si prende un po' gioco di questa cosa). Parlo di imprinting perché, nella maggior parte dei casi, la pseudonarrazione appartiene alla sfera infantile, e questo è palese quando si va a considerare il fenomeno otaku (che è l'avanguardia di quanto sta succedendo oggi in occidente: la dipendenza dalla finzione è ormai mainstream). 

martedì 4 maggio 2021

Perfect Blue è terrificante • non una recensione, solo qualche nota di lettura (by Gualtiero "Shito" Cannarsi)


Dunque il film di cui qui si dice è quel grande capolavoretto intitolato Perfect Blue, di Kon Satoshi. 

Qualche anno fa, ma non saprei ricordarne né il come né il perché, incappai in interi video su YouTube che argomentavano proprio su questo stesso preciso enunciato: Perfect Blue è terrificante. Espresso in lingua inglese, però, dove terrificante era proprio "terrifying" e non l'ambivalente "terrific" (scosa significativa se si conosce la lingua inglese). Segue l'indigesto digesto di quelli, ossia: "la dualità, l'ossessione del regista col vero e col sogno, il make-believe, la finzione del sé, gli avatar, siamo circondati dai social" e blah-blah. Cose così, che erano corredate da spezzoni invero pressoché casuali di diverse cose diverse come Matrix, Blade Runner, o quant'altro. Quindi applausi, baci&abbracci, sciacquone e stop. Poi è capitato che un amico caro mi ha chiesto cosa ne pensassi, di Perfect Blue, così io ho pensato che no, invece di fare un video su YouTube avrei potuto, ovvero voluto, quindi dovuto scrivere un articoletto vecchio stile, come c'era una volta, tanto tempo fa. Poi ancora avevo pensato di non pubblicarlo affatto, perché al giorno d'oggi non si sa mai la gente cosa legge dentro parole e frasi fatte di puro pensiero, ma il padrone di casa qui mi segnala luce verde e controfirma, anzi mi incoraggia e mi sospinge e sprona (o istiga?), e allora eccoci qui. E quindi nessuna sinossi. Nessuna fiche con dati di produzione. Nessun copioso taglia-e-scolla, copia-e-incolla da una qualche fonte che tanto poi nessuno andrebbe a verificare: è il 2021 anche per voi che state leggendo, se siete interessati e non sapete di cosa si stia scrivendo, cercatelo, cercate. Oppure anche no, che tanto non fa nulla, anzi altrimenti non servirebbe a niente.

A noi, dunque. Perfect Blue è terrificante, si diceva.