venerdì 30 maggio 2014

Apollo no Uta: Recensione

 Titolo originale:Apollo no Uta

 Titolo inglese: Apollo's Song 

Autore: Osamu Tezuka

 Tipologia: Shonen Manga 

 Edizione italiana: inedito (disponibile solo in lingua inglese)

Volumi: 3 

Anno di uscita: 1970



«I wanted to run away from everyone, to live in a world of my own, where nobody would ever find me. This is that world, my world.»

«When you love someone, it puts you above life and death.»

Se pensate che queste citazioni vengano fuori da un anime psicologico anni '90 vi sbagliate di grosso. Le ho prese da "Apollo no Uta", quello che ritengo uno dei migliori Tezuka che abbia mai letto. Si tratta di una grande metafora della vita e dell'amore uomo-donna, in chiave psicologica, filosofica, con un forte nichilismo di fondo e un evidente richiamo alle tragedie greche (l'idea di base sulla quale si sviluppa il manga è il mito di Apollo e Daphne). Per la prima volta, il complesso di Edipo e la psico-analisi compaiono in un media di intrattenimento giapponese; "Apollo no Uta", infatti, è stato inizialmente concepito da Tezuka come mero manuale di educazione sessuale per i ragazzi del periodo, anche se il risultato finale è ben differente; l'infinita fertilità artistica del maestro, anche in questo caso, ha fatto sì che l'opera trascendesse a qualcosa di ben più profondo - un dramma umano struggente, dai molteplici livelli di lettura.

mercoledì 28 maggio 2014

Eden - It's an Endless World: Recensione

Titolo originale: Eden 
Titolo inglese: Eden - It's an Endless World
Autore: Hiroki Endo
Tipologia: Seinen
Edizione italiana: Planet Manga
Volumi 18 (9 nella nuova edizione)
Anno: 1998


1998, Hiroki Endo pubblica sulla rivista mensile Afternoon il primo capitolo di quello che sarà poi il suo più grande successo: Eden - It's an Endless World!, conclusosi nel 2008 con il diciottesimo volume. Eden è un fumetto che ha suscitato molto scalpore anche a livello internazionale, tanto che negli Stati Uniti ha persino ricevuto dei riconoscimenti da note riviste del settore, quali Wizard: The Comics Magazine e Newtype USA. In Italia a pubblicarlo è stata Planet Manga, che ultimamente ne ha proposto una nuova edizione.
“Dio ha creato l'uomo, ma ha decisamente fallito.”

sabato 17 maggio 2014

Bubblegum Crisis: Recensione

Titolo originale: Baburugamu Kuraishisu
Regia: Fumihiko Takayama, Hiroaki Gohda, Hiroki Hayashi, Katsuhito Akiyama, Masami Obari
Soggetto: Toshimitsu Suzuki
Sceneggiatura: Emu Arii, Hideki Kakinuma, Hidetoshi Yoshida, Katsuhito Akiyama, Shinji Aramaki, Toshimichi Suzuki
Character Design: Kenichi Sonoda
Musiche: Kōji Makaino
Studio: AIC, ARTMIC Studios, Youmex
Formato: serie OAV di 8 episodi (durata del singolo episodio: un'ora circa)
Anni di trasmissione: 1987 - 1991


1985. Con l'avvento di "Megazone 23", storico OAV che aggiornava "Macross" per l'home video inserendo qualche scena di nudo, mettendo la trama in disparte e le pop idol, la colonna sonora e la grafica in primo piano, nella seconda parte degli anni '80 nacquero moltissimi OAV dalle possenti musiche, dalle trovate grafiche ricercate e dalla trama pressoché nulla. "Bubblegum Crisis" non è un'eccezione: è un capolavoro di character e mecha design, ha una OST da paura, composta da brani di puro e spinto rock anni '80 (prodotta direttamente dalla EMI) e ha una trama non pervenuta: quattro bellissime ragazze, le Knight Sabers, indossando delle tute high tech combattono contro i cyborg prodotti dalla Genom Corpotration. Fine. Inutile dire che il finale è inesistente e che il sequel, "Bubblegum Crash", fornisce dell'intrattenimento extra senza aggiungere nulla di nuovo alla serie originale. Tuttavia, nel suo genere, "Bubblegum Crisis" rimane comunque un'opera di elevata caratura artistica, con un grande seguito di fans sparsi per tutto il mondo, che si è protratto da quel lontano 1987 fino ai giorni nostri.

venerdì 16 maggio 2014

Ghost in the Shell - Stand Alone Complex: Recensione

Titolo originale: Ghost in the Shell - Stand Alone Complex
Regia: Kenji Kamiyama
Soggetto originale: Masamune Shirow
Sceneggiatura: Kenji Kamiyama
Character Design: Hajime Shimomura
Mechanical Design: Kenji Teraoka, Shinobu Tsuneki
Musiche: Yōko Kanno
Studio: Production I.G
Anno:  2002
Formato: Serie televisiva di 26 episodi
Disponibilità italiana: Dynit


Con "Ghost in the Shell - Stand Alone Complex" il concept del noto manga di Masamune Shirow viene trasposto finalmente su serie animata, dico concept poiché veramente poco sopravvive delle vicende proprie del fumetto originario, si opta invece per una strada del tutto diversa che cerca di proporre qualcosa di nuovo, seppur tuttavia senza tradire troppo lo spirito cyberpunk che contraddistingue il suo progenitore. A onor del vero non credo si possa però parlare, in senso stretto, di cyberpunk vero e proprio, ma le tematiche della serie sono affini a questa corrente letteraria tanto da permettere più di un timido accostamento.

sabato 10 maggio 2014

Space Runaway Ideon: Recensione

Titolo originale: Densetsu Kyojin Ideon
Regia: Yoshiyuki Tomino
Soggetto: Hajime Yatate, Yoshiyuki Tomino
Sceneggiatura: Arata Koga, Hiroyasu Yamaura, Kenichi Matsuzaki, Sukehiro Tomita, Yuuji Watanabe
Character Design: Tomonori Kogawa
Mechanical Design: Submarine, Kunio Okawara
Musiche: Koichi Sugiyama
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 39 episodi
Anni di trasmissione: 1980 - 1981


Quando nel 1976 Go Nagai abbandonò la Toei Animation ebbe inizio un periodo molto fecondo per il genere robotico. Gli autori iniziarono a proporre nuove idee per rinnovarlo, come ad esempio Nagahama Tadao ("Combattler V", "Vultus V", "General Daimos"), che caratterizzava i "cattivi" allo stesso modo dei "buoni", umanizzandoli e facendoli diventare protagonisti a tutti gli effetti; come Yoshiuki Tomino, che con il suo "Gundam" abbandonò definitivamente lo schema tokusatsu, spogliò il robot dell'aura super e introdusse il realismo delle vicende trattate; come Akiyoshi Sakai, che con il suo "Baldios" tentò (invano) di alzare il target a cui era destinato il genere, mettendo il robottone in disparte e concedendo tutto lo spazio ai personaggi. "Baldios" e "Gundam" erano state le opere più coraggiose, le altre - tra cui metto anche "God Sigma", "Daltanious", "Laserion" e tutti gli altri robotici di transizione - erano ancora in parte legate alla tradizione nagaiana. La gloriosa fase di "incertezza" finì nel 1982, dopo il clamoroso successo di "Macross" e dei tre film riassuntivi di "Gundam", che fissarono le nuove direttive per il robotico a venire. Tornando a noi, proprio lo stesso anno della messa in onda di "Baldios" (1980) uscì anche "Ideon", che reputo l'apoteosi della genialità di Tomino e il suo vertice massimo.

Baldios - Il guerriero dello spazio: Recensione

Titolo originale: Uchū Senshi Baldios
Regia: Kazuyuki Hirokawa
Soggetto & sceneggiatura: Akiyoshi Sekai
Character Design: Osamu Kamijo
Mechanical Design: Hajime Kamegaki, Gen Sato
Musiche: Kentaro Haneda
Studio: Ashi Productions
Formato: serie televisiva di 34 episodi
Anni di trasmissione: 1980 - 1981


Siamo all'inizio degli anni ottanta, in Giappone, e due opere rivoluzionarie, tali Kido Senshi Gandamu e Versailles no bara (Berubara per i fan), sono terminate nell'indifferenza generale del grande pubblico (il successo arriverà soltanto con le future repliche).  Il periodo storico in questione è l'anime boom, nel quale la space opera à la Matsumoto dominava le scene sin dal settantasette (anno di proiezione del primo film riassuntivo di Uchuu Senkan Yamato), e il target dell'animazione, con ciò, si stava spostando dall'audience infantile e generalista a quella degli appassionati adulti. In un contesto del genere, e soltanto in esso, potevano nascere opere come Uchuu Senshi Baldios, che mescolavano la space opera matsumotiana con le ingenuità del robotico nagaiano e i drammi con la D maiuscola tipici di Berubara (Aphrodia, protagonista/antagonista dell'anime rinuncia alla femminilità nel momento stesso in cui indossa la divisa - parole sue -, e non può cedere ai sentimenti, dacché la comprometterebbero per sempre, sia di fronte a se stessa che alla società a cui appartiene). Con l'avvicinarsi del pubblico femminile all'animazione vi erano già stati degli esempi di "robotici shoujo" (ovviamente di uno shoujo infinitamente più virile di quello attuale, dati i tempi che correvano). Si pensi al robotico copincolla alla Nagahama, con i suoi cattivi bellocci e maledetti, da Reideen sino a Daimos (ma in fondo anche Char Aznable era uno di questi "rubacuori" cartacei studiati a tavolino, con buona pace del fandom del Mobile Suit bianco). Baldios, dal canto suo, voleva fare le cose in grande, lanciando un messaggio profondamente antipolitico e antimilitarista, e pure a buona ragione, data la paura dell'atomo e la diffidenza verso la burocrazia che imperversavano all'epoca.

sabato 3 maggio 2014

Le ali di Vendemiaire: Recensione

 Titolo originale: Vandemieru no Tsubasa

Titolo inglese: Wings of Vendemiaire

Autore: Mohiro Kitoh

Tipologia: Seinen

Edizione italiana: Star Comics 

Volumi: 2

Anno di uscita: 1996

 


Iniziai a leggere "Le ali di Vendemiaire" sospinto dal fascino e dall'interesse che in me avevano destato le altre due opere, ben più note, di Mohiro Kitoh ("Narutaru" e "Bokurano") autore dall'inconfondibile stile grafico piuttosto asettico e algido, volto in funzione di una sceneggiatura affilata e crudele, che lascia la riflessione ad appannaggio del lettore, senza svolgerla a suo beneficio, aprendo così la possibilità ad una rielaborazione del tutto personale dei contenuti, i quali si connotano spesso per un cinismo decisamente marcato.