martedì 15 settembre 2020

Instagram e Kojève: riflessioni personali

 

 Era inevitabile che, dato il mio "nuovo" status di single - che si protrarrà per anni, credo... ma va bene così -, prima o poi sarei finito su Instagram. Ma mi ha terrorizzato, ancora più di Facebook (che bene o male mi serve per stare connesso con gli eventi/amici che riguardano il mondo di Magic:The Gathering, che per me, ora come ora, oltre ad essere una passione, è anche un modo per arrotondare lo stipendio). 

Ma perché un social basato sulle foto dovrebbe farmi paura? Perché vedo che in esso, ormai, la sessualizzazione tipica della società liquida del consumo ha raggiunto vette inenarrabili. C'è la ragazzina di quindici anni in pose osè che si fa seguire da milioni di cinquantenni arrapati, c'è quella oggettivamente brutta che crede di essere una diva, e che spalanca le cosce normodotate per ricevere qualche migliaio di like. E così via. Lo spettacolo è raccapricciante anche sul fronte maschile: novelli sosia di Fabrizio Corona, tatuati, mafiosi e palestrati, stabiliscono i nuovi canoni virtuali di ciò che un uomo dovrebbe essere. E le donne, imprigionate negli standard stabiliti dall'I.A., fanno foto tutte uguali (tipo quella classica dove fanno vedere gambe e piedi) con il seguitone di follower sbavanti che le seguono.  La comunicazione è nulla: aggiungono o vengono aggiunte solo per avere follow o like, in modo tale da compiacere il loro ego narcisistico-ipertrofico, accresciuto dall'illusione di non essere meri oggetti (fanta)sessuali destinati a svanire in un click.