giovedì 28 luglio 2016

Shinsekai Yori: Recensione

Titolo originale: Shinsekai Yori
Regia: Masashi Ishihama
 Soggetto: Yusuke Kishi
Sceneggiatura: Masashi Sogo
Character Design: Chikashi Kubota
 Musiche: Shigeo Komori
 Studio: A-1 Pictures
Formato: serie televisiva di 25 episodi
Anni di trasmissione: 2012 - 2013


«Non ti pare che veniamo trattati alla stregua del vasellame? Una volta che il forno viene aperto e la ceramica ispezionata, tutti i pezzi che presentano crepe o deformazioni sono destinati ad essere distrutti. Dato che tutto ciò che ci attendeva era il destino di una ceramica fracassata, abbiamo deciso di fuggire, nella speranza di trovare un futuro diverso.» [Dalla lettera di Maria a Saki]

Inevitabilmente, nel contesto della società giapponese, la “morte” dell'individuo avviene col suo ingresso nell'età adulta e nel mondo del lavoro. Ad una fanciullezza libera, spensierata e privilegiata, giunta una precisa scadenza, seguono una pressoché completa rinuncia alla propria identità personale e una totale dipendenza dal gruppo di appartenenza, il cui invadente sguardo s'insinua in tutti gli aspetti della vita del singolo, inclusi quelli più intimi e privati. Nell'adulto nipponico non è pertanto ammesso un “lato oscuro”: l'ombra va rimossa, e i tratti psicologici incompatibili con i dettami imposti dall'esterno devono essere soppressi, pena la totale esclusione dalla società. Gli individui che non si adeguano al sistema vengono considerati alla stregua del fango, isolati e demonizzati, in modo tale che la loro carica “sovversiva” non possa danneggiare un meccanismo costruito sulle fragili fondamenta del formalismo, dell'apparenza e, in primis, della vergogna. La vergogna di non essere all'altezza delle aspettative altrui; la vergogna di esternare le proprie emozioni; la vergogna che si prova nella gestione del rimosso psicologico, che rimane sempre in agguato nel subconscio, pronto a minare la coesione sociale del gruppo. Giusto per rendere l'idea della rigidità della società giapponese, in seguito all'arresto dell'otaku serial killer di bambine Tsutomu Miyazaki (1989), gli otaku che si recavano nei negozi per comprare o noleggiare videocassette contenenti cartoni animati, venivano schedati dalla polizia come se fossero dei potenziali criminali, anche se nei fatti erano innocenti ed innocui. Da questo esempio – una goccia nel mare – si deduce che, inevitabilmente, all'interno di un insieme di persone basato sulla totale dipendenza dal gruppo, la paura per il diverso e la paranoia diventano delle reazioni meccaniche immediate, che inevitabilmente portano a crudeli “cacce alle streghe” coadiuvate da misure repressive prive di giudizio, figlie di psicosi collettive ben mascherate da volti brillanti, puliti e sorridenti.
Dal canto suo, “Shinsekai Yori” (lett. “From the New World”, palese citazione all'omonima sinfonia di Dvořák, che fa da leit motiv all'intera opera), oltre ad interrogarsi sulla legittimità di una società del genere, va molto più a fondo, decostruendola e sezionandola mediante potenti strumenti allegorici. L'anime tratto dal corposo romanzo di Yusuke Kishi (grande successo di pubblico e critica in madrepatria), unisce geniali trovate grafiche e registiche ad un coacervo di riflessioni sulla natura umana, rivelandosi uno degli anime più meritevoli, innovativi e complessi recentemente creati.

sabato 23 luglio 2016

Hell Girl: Recensione

Titolo originale: Jigoku Shoujo
Regia: Takahiro Omori
Soggetto: Hiroshi Watanabe
Sceneggiatura: Kenichi Kanemaki
Character Design: Mariko Oka
Musiche: Yasuharu Takanashi, Hiromi Mizutani
Studio: Deen
Formato: serie televisiva di 26 episodi
Anni di trasmissione: 2005-2006


«In questa pazzia, incertezza,
riusciremo a lasciare il ricordo delle nostre emozioni?
In questa pazzia, mi hai dato la vita,
come possiamo proteggere le nostre emozioni?
In questa pazzia, incertezza,
come possiamo proteggere noi stessi?»

Il filone della Nuova Animazione Seriale (1995-2006) ha prodotto innumerevoli anime sobri, adulti, intellettuali e dai significati profondi, nei quali venivano messe a nudo l'incertezza, la pazzia e la confusione caratteristiche del periodo in cui opere come “serial experiments lain” e “Paranoia Agent” vedevano luce. I valori tradizionali sui quali si fondava il Giappone in seguito alla crisi economica novantina erano venuti meno, e l'intera nazione era disorientata, nonché succube del vuoto interiore postmoderno, altro fattore che ne lacerava – e ne lacera tuttora – l'identità nazionale e culturale, nonché quella coesione sociale estrema e quanto mai emozionale – di difficile comprensione per un occidentale - sulla quale si basano i ferrei valori gerarchici insiti nello spirito giapponese.

«Questo mondo è governato dal destino.
Un filo che si avvolge intorno ad un fragile e inutile pregiudizio.
Rabbia, odio, rancore, dolore e sofferenza.
A mezzanotte ascolteremo la tua vendetta.»

In un turbinio di cattiveria, incomprensione ed egotismo – e pertanto odio, dacché non si può odiare senza identificarsi col proprio ego/soggetto -, in una società che sta perdendo di vista la sua ragion d'essere, alcune persone, giunta la mezzanotte, si collegano a internet al fine di contattare la Jigoku Tsūshin, ovvero la Corrispondenza per L'inferno. Di sovente in preda ad un miscuglio di ansia e terrore, in soggezione o in lacrime, i suddetti malcapitati, una volta inoltrata la richiesta, vedono apparire Enma Ai, una ragazzina dallo sguardo fisso e dai capelli lunghi e neri, che consegna loro una bambola di paglia attorno alla cui testa è legato un filo rosso come il sangue. 

sabato 16 luglio 2016

Patlabor 2 - The Movie: Recensione

Titolo originale: Kido Keisatsu Patlabor 2 - The Movie
Regia: Mamoru Oshii
Soggetto: Kazunori Ito, Mamoru Oshii
Sceneggiatura: Kazunori Ito
Character Design: Akemi Takada, Masami Yuki
Mechanical Design: Yutaka Izubuchi, Shoji Kawamori, Hajime Katoki
Musiche: Kenji Kawai
Studio: Production I.G
Formato: film cinematografico
Anno di uscita: 1993


«Non pensate che io sia venuto a mettere pace sulla terra; non sono venuto a metter pace, ma spada. Perché sono venuto a dividere il figlio da suo padre, la figlia da sua madre, la nuora dalla suocera; e i nemici dell'uomo saranno quelli stessi di casa sua.» [Dal Vangelo secondo Matteo, 10,32-11,5]

Il secondo film del celebre franchise di “Patlabor”, ideato e sviluppato dal gruppo HEADGEAR (composto da Mamoru Oshii, Kazunori Ito, Akemi Takeda, Yutaka Izubuchi e Masami Yuki), a scanso di equivoci, si tratta di uno dei più grandi capolavori del cinema di animazione di tutti i tempi. Il lungometraggio - un thriller politico intellettuale e filosofico dai molteplici livelli di lettura -, si trova completamente agli antipodi rispetto al mood leggero e scanzonato tipico dell'usuale universo animato di “Patlabor”. Con esso, oltre a nascere quella storica collaborazione tra Mamoru Oshii e Production I.G. che nel 1995 porterà all'epocale “Ghost in the Shell”, si conclude il sodalizio tra i cinque artisti dell'HEADGEAR, i quali, una volta lasciata carta bianca al loro talentuoso regista, donano alla storia un film splendido, inarrivabile, lento, complesso – a detta del critico cinematografico Tony Rains, “Patlabor 2” è il «primo, inequivocabile grande film» di Oshii -, elegante, sontuoso ed estremamente autorale. 

sabato 9 luglio 2016

Anime, manga e otaku: l'angolino del lettore


Questo "dossier" nasce per raccogliere le mie considerazioni personali inerenti alcuni tra i più noti libri su anime, manga e otaku in circolazione (i tomi sulla cultura giapponese più generale e non necessariamente vincolata a questi tre argomenti non verranno commentati, ma solamente citati nelle bibliografie di eventuali miei dossier/approfondimenti su determinati aspetti del Giappone e della postmodernità; oppure in una possibile nuova sezione del blog dedicata esclusivamente alla letteratura, giacché la mole d'informazioni e titoli da trattare in questo caso è molto alta, e riportare tutto in questa sede risulterebbe oltremodo prolisso). Ciò premesso, i lettori sono invitati a commentare e a proporre a loro volta eventuali titoli da me ignorati nello scritto, in modo tale da accrescere la completezza di questa sorta di “punto di ritrovo” - sempre soggetto ad aggiornamenti - in cui i fan più assetati di sapere possono scegliere che libri acquistare per acquisire una maggiore consapevolezza degli argomenti trattati nel blog e della letteratura esistente su di essi, che non sempre è brillante e meritevole – come tutte le cose, d'altronde. Inutile dire che la maggiorparte degli studiosi e accademici interessati ad anime, manga e otaku sia perlopiù straniera - molto probabilmente a causa della nostra equazione cartoni=bambini, un pregiudizio che soltanto recentemente sembra stia svanendo dagli ambienti culturali che contano, e al parallelo, deteriore culto dell'infanzia in voga nell'italico stivale, secondo il quale «gli unici anime che contano veramente sono quelli che vedevamo da bambini», un leit motiv abbastanza ricorrente anche nella letteratura a tema -, pertanto la conoscenza dell'inglese è obbligatoria per approcciarsi ad alcuni testi da me ritenuti fondamentali. Alla luce di ciò, tutti i libri da me citati con il titolo in inglese sono disponibili esclusivamente in inglese, mentre quelli con il titolo italiano in italiano. Dato che non conosco il giapponese (ma cercherò di provvedere a questa carenza in futuro, tempo permettendo), purtroppo in questa sede i libri scritti nella suddetta lingua verranno ignorati. Ringrazio inoltre Jacopo Mistè (autore del ben noto blog Anime Asteroid) per avermi fornito i suoi pareri inerenti tre libri da me non letti. 

sabato 2 luglio 2016

Sailor Moon Crystal Season III: Recensione

Titolo originale: Bishoujo Senshi Sailor Moon Crystal: Death Busters-hen
Regia: Chiaki Kon
Soggetto: Naoko Takeuchi
Sceneggiatura: Yuji Kobayashi
Character Design: Akira Takahashi
Musiche: Yasuharu Takanashi
Studio: TOEI animation
Formato: serie televisiva di 13 episodi
Anno di trasmissione: 2016

 

Esistono due tipi di remake: quelli praticamente inutili, in quanto si trattano di mere manovre commerciali fini a sé stesse, che immancabilmente svuotano le opere da cui derivano del loro valore iconico, e quelli intelligenti, ovvero ben diretti e rispettosi dell'originale, che viene omaggiato con le dovute precauzioni. I primi due archi di “Sailor Moon Crystal”, nuovo adattamento animato del manga di “Sailor Moonprodotto dalla Toei per il ventesimo anniversario delle Sailor Senshi, indubbiamente appartengono alla prima categoria; un discorso diverso vale invece per il terzo arco del suddetto progetto, costituito dal remake che si è posto l'obbiettivo di adattare l'Infinity Arc del manga della Takeuchi, proprio quello che corrisponde, televisivamente parlando, alla serie meglio riuscita del brand, quel “Sailor Moon S” (1994) diretto da Kunihiko Ikuhara e sceneggiato da Yoji Enokido. Fortunatamente, presa coscienza della disfatta denominata “Crystal”, la Toei Animation ha deciso di cambiare lo staff dell'anime e di affidare tutto nelle mani di Chiaki Kon, una regista veramente appassionata di “Sailor Moon” e disposta a “salvare” le vicende di Michiru, Haruka e della famiglia Tomoe dal vergognoso oblio privo di verve che erano state le prime due stagioni del remake. Nasce a questo modo una sobria rivisitazione - fortunatamente sprovvista di scene di trasformazione realizzate mediante un'orripilante computer grafica - di un mito del passato, coadiuvata da continui rintocchi di sottofondo inneggianti all'opera novantina diretta da Kunihiko Ikuhara, rispetto alla quale, senza invadenti ambizioni - a parer mio la serie originale rimane comunque inarrivabile -, essa si presenta come una versione “complementare" - e non "alternativa" - della medesima storia, con la differenza di essere più fedele al manga.