sabato 27 agosto 2016

Digimon Tamers: Recensione

Titolo originale: Digimon Tamers
Regia: Yuko Kaizawa
 Soggetto: WiZ, Chiaki J. Konaka
Sceneggiatura: Chiaki J. Konaka
Character Design: Nakatsuru Katsuyoshi
 Musiche: Arisawa Takanori
 Studio: Toei Animation
Formato: serie televisiva di 51 episodi
Anni di trasmissione: 2001 - 2002


Nel 2001, nonostante il passaggio al nuovo millennio fosse già avvenuto, le leggende sul fantomatico millennium bug non erano ancora del tutto svanite. In Giappone – e non solo - nei primi anni della “nuova era” il contesto non era poi così diverso rispetto alla seconda metà degli anni novanta; la transizione verso un orizzonte temporale ignoto e a suo modo “astratto”, assai mitizzato e temuto dai media, portava con sé tutte le vecchie fobie e paranoie di una società decisamente poco disposta al cambiamento, che aveva sperimentato il peso dell'incertezza con la crisi economica novantina e, sin dagli anni ottanta, ricercato una comunione animistica e sacrale con la tecnologia, la quale, venendo percepita come un qualcosa “divino” grazie allo shintoismo, quando s'incominciò a pensare che potesse manifestare i suoi lati negativi - sopratutto se a livello digitale e informatico - inquietò parecchio i giapponesi, che rimanevano spiazzati nell'ammettere che avrebbe potuto trasformarsi da dio benevolo e utile alla vita di tutti i giorni nel peggiore dei demoni, un “oni” il quale, una volta andato fuori controllo, avrebbe minato la società nelle sue fondamenta. La terza serie animata dedicata ai videoludici “mostri digitali” creati dalla WiZ nel 1997 al fine di emulare il successo planetario del Tamagotchi, quasi come se in un contesto del genere l'avesse deciso il destino, viene affidata interamente a Chiaki J. Konaka, uno dei creatori – nonché sceneggiatore – di “serial experiments lain”, uno degli anime più complessi, iconici e profondi mai realizzati, che nella seconda metà degli anni novanta aveva spiazzato pubblico e critica col suo innovativo tecno-animismo duro e privo di compromessi. Nasce così “Digimon Tamers” - non a caso definito da alcuni come un «“serial experiments lain” per bambini» -, la serie più matura e introspettiva del brand.

sabato 20 agosto 2016

Harem End: Recensione

Titolo originale: Harem End
Autore: Shintaro Kago
 Tipologia: Seinen Manga
Edizione italiana: inedito
Volumi: 1
Anno di uscita: 2012 


Shintaro Kago è un pazzo. Decostruttore estremo del fumetto, così efferato da reputare il suo stesso operato come merda, attraverso una perizia tecnica incontestabile, che si rifà all'iperrealismo grafico di Otomo e Maruo, il mangaka muove una satira grottesca di grande impatto, che fa di tutto per rimanere impressa nella mente del lettore, ponendosi con grande prepotenza attraverso corpi squartati in mille pezzi, cadaveri in putrefazione, sanguinose dissezioni di ragazzine innocenti, falli che diventano carri armati, parti del corpo umano che vengono ruotate e disassemblate allo stesso modo delle facce di un cubo di Rubik... insomma, si tratta di perversioni talmente creative da essere addirittura difficili da concepire, sicché provengono dagli angoli più reconditi della mente. Attraverso uno stile personalissimo, riconoscibile con poche tavole, il mangaka punta il ditino contro la società dei consumi e il suo deperimento dei valori, attraverso un masochismo splatter che stordisce come una bastonata in testa.
Un autore con un tale gusto dell'orrido, che ama collezionare action figures di cadaveri in putrefazione e strumenti di tortura (!), come si approccerebbe alla critica del medium animato e dell'otakuzoku in generale?
"Harem End" ci dà la risposta.

venerdì 12 agosto 2016

Aggiornamenti: prima parte


Con questo post nasce la rubrica dedicata all'aggiornamento degli scritti più vetusti del Bokura-no Kakumei, i quali di certo sfigurano di fronte a quelli più recenti. Inoltre, in questa sede verranno altresì segnalati eventuali upgrade dei dossier contenuti nel blog.