sabato 27 giugno 2015

Urashima Tarou: cosiderazioni e spunti di riflessione.



Spesso, nell'analizzare determinati anime e manga, capita di imbattersi in miti ed aspetti folkloristici tipici della cultura giapponese; l'appassionato, nelle sue ricerche tra  i numerosi scritti di addetti ai lavori, critici cinematografici e interviste agli autori, s'imbatte immancabilmente in un substrato culturale agli antipodi rispetto a quello occidentale. Personalmente parlando, tra le varie contamizioni culturali tipiche di questi media, una in particolare mi ha molto affascinato: il mito dell'Urashima Tarou. Sin dall'inizio del novecento (si pensi all'omonimo cortometraggio in bianco e nero del 1918), tale mito è stato una fonte d'ispirazione molto frequente per anime e manga; in particolare il regista - nonché studioso di antropologia e religioni - Mamoru Oshii ha conferito a tale racconto una personalissima valenza ermetica ed allegorica: ad esempio, il suo "Beautiful Dreamer" è a tutti gli effetti una brillante rivisitazione in chiave postmoderna del mito: una bizzarra ed onirica commistione che diventa un'allegoria rivelatrice di alcuni profondi risvolti psicologici e sociologici inerenti il Giappone postmoderno. Il racconto di Urashima compare altresì nel più recente film del regista, "The Sky Crawlers", altra metafora onirica incentrata sul dilemma dell'eterno adolescente che si dissolve nel nulla una volta "svegliato". Personalmente, trovo che le intuizioni di Oshii in merito al mito siano molto interessanti, contando anche il fatto che il grande studioso Carl Jung abbia conferito nelle sue teorie delle interpretazioni psicologiche a leggende e  usanze legate al folklore.

sabato 20 giugno 2015

Colorful: Recensione

 Titolo originale: Colorful
Regia: Keiichi Hara
Soggetto: basato sull'omonimo romanzo di Eto Mori
Sceneggiatura: Miho Maruo
Character Design: Atsushi Yamagata
Musiche: Kô Ôtani
Studio: Ascension
Formato: film cinematografico 
Durata: 126'
Anno di uscita: 2010


Un'anima vagante per gli ampi spazi di una sorta di purgatorio, viene informata da Purapura, un bizzarro spiritello dell'altro mondo, che deve ritornare in vita sotto le spoglie di Makoto Kobayashi, un adolescente giapponese morto suicida. Lo spirito non sembra molto entusiasta di questo compito: preferirebbe sparire definitivamente, uscire dalla catena delle reincarnazioni per poter dire di no alla vita. Ma Purapura risponde agli ordini del divino, che non possono essere trasgrediti da nessuna anima ribelle; e pertanto, lo spirito senza nome sarà costretto a rivedere un'altra volta il mondo sensibile, con gli occhi di Makoto, dovendo adempiere al compito di scoprire i motivi celati dietro al suo gesto estremo. Ha così inizio la vita del nuovo Makoto Kobayashi, il quale, volta per volta, conoscendo le persone e le situazioni che avevano spinto il titolare del suo corpo al suicidio, proverà le sue stesse emozioni e sensazioni, arrivando a comprendere sé stesso e quelle cose che, nell'agrodolce ed ambiguo mondo che lo circonda, sono ancora meritevoli di essere vissute, nonostante l'acuta sofferenza che comporta il mero vivere.

venerdì 12 giugno 2015

Persona 2: Innocent Sin: Recensione

Titolo originale: Perusona 2: Tsumi
Sviluppatore: ATLUS
Soggetto: Cozy Okada, Kazuma Kaneko
Character Design originale: Kazuma Kaneko
Musiche: Toshiko Tasaki, Kenichi Tsuchiya, Masaki Kurokawa
Formato: PSX, PSP
Durata: 50 ore di gioco circa
Anno di uscita: 1999


 «I am Thou, Thou art I 
I am the Mask that dwell within the realm of the Awake and Slumber 
From the Sea of thy Soul, I come forth to brave adversity. 
By the same Coin, I test the potential and conviction in thy will and heart 
Though appearances may differ, I am a self wanting the same liberty as Thou 
Much to my dismay, if Thou wishes to be fractured then I will seek to be whole. 
However, Thou cannot separate from I so if Thou gives up life I take it 
Until that time I am Thou and Thou art I»

Cinque amici d'infanzia dal passato nebuloso ed avvolto nel mistero vengono convocati da Filemone, l'incarnazione dell'inconscio collettivo, il quale fornisce loro il potere delle Persona, degli esseri sovrannaturali che rispecchiano il lato creativo dell'inconscio - le ombre dei vari personaggi, parallelamente, sono dotate di delle Persona inverse, che ne rappresentano il lato distruttivo e complementare. Emerge fin da subito lo spiccato dualismo dell'opera, in cui ogni determinato simbolo possiede un perfetto opposto: l'altra faccia della medaglia che non si può discernere da quel sistema estremamente complesso che è l'animo umano.
Da un inizio apparentemente banale, in cui dei giovani dotati di un potere sovrannaturale devono salvare il loro mondo da uno spietato antagonista che agisce nell'ombra, il tutto si farà via via sempre più cupo ed introspettivo, culminando in quello che a mio avviso è uno dei migliori finali di sempre, una valanga di emozioni dalle spiccate allegorie psicologiche che rimandano in ogni singolo, lirico fotogramma, ai gloriosi fasti degli anime più truci ed intellettuali degli anni novanta.

sabato 6 giugno 2015

Ginga Tetsudou no Yoru: Recensione

 Titolo originale: Ginga Tetsudou no Yoru
Regia: Gisaburou Sugii
Soggetto: basato sull'omonimo racconto di Kenji Miyazawa
Sceneggiatura: Minoru Betsuyaku
Character Design: Hiroshi Masumura
Musiche: Haruomi Hosono
Studio: Group TAC
Formato: film cinematografico 
Durata: 105'
Anno di uscita: 1985


Nella cultura giapponese, il racconto di Kenji Miyazawa che dà il nome a questo film è un grande classico, a mio avviso paragonabile a quello che per noi occidentali è il "Piccolo Principe" di Antoine de Saint-Exupéry. Gli anime che in qualche modo si sono ispirati all'opera di Miyazawa sono innumerevoli, tant'è che lo scrittore ha avuto una forte influenza sulla poetica di Isao Takahata, Hayao Miyazaki e, in parte, sul  brillante "Mawaru Penguindrum" di Kunihiko Ikuhara. Fatta questa doverosa premessa, il film di cui scriverò è un adattamento cinematografico fedele al cartaceo, che ne ripropone l'atmosfera inquieta e sognante con fare molto riflessivo, lento, denso di quel tipico sense of wonder delle fiabe per bambini. Il regista alla guida di questa monolitica trasposizione è un vero e proprio veterano dell'animazione old school, Gisaburou Sugii, un nome – purtroppo - misconosciuto ai più il quale nel corso della sua carriera ha lavorato in adattamenti animati di opere seminali del calibro di "Tetsuwan Atom", "Dororo", "Glass no Kamen" e "Genji Monogatari".