sabato 7 agosto 2021

Perché chi guarda anime ha quasi sempre dei problemi? Risposta ad un lettore


Qualche tempo fa mi è stato chiesto in privato da un certo Manuel: "ma perché la maggiorparte della gente che guarda anime o legge manga ha dei problemi?". Dato che ora come ora faccio davvero fatica  a consumare prodotti di intrattenimento, non mi sono neanche sentito chiamare in causa. Ma sicuramente gli animefan che stanno su Twitch o nei gruppi Facebook si sarebbero molto risentiti di questa domanda, dato che ormai l'essere "nerd", in particolare divoratore/divoratrici di media giapponesi, è quasi mainstream. Questo discorso è un po' come quello dei vecchi che dicono che giocare ai videogiochi aliena dalla realtà: certo, chi ci gioca e si sente normale si potrebbe arrabbiare, ma c'è sempre un fondo di verità in tali asserzioni. 

Prima di tutto, quali sono i problemi tipici di chi consuma grandi quantità di anime e manga?  Direi che riguardano quasi sempre la sfera sessuale e relazionale, e che il loro comune denominatore sia l'incapacità di accettare la realtà. Fare un cosplay o mettersi un nickname di un personaggio fittizio è la stessa cosa che rinunciare simbolicamente al proprio sé di carne, sangue e merda per indossare i panni di una cosa che non esiste, o di una pseudonarrazione ad essa correlata. Evitare la realtà è necessario perché un contatto cosciente con essa metterebbe di fronte a gravi latenze, la maggior parte delle volte provocate da una famiglia/società disfunzionale e priva di punti di riferimento stabili. Insomma, secondo me "chi guarda anime ha quasi sempre problemi" perché gli anime sono degli strumenti illusori molto potenti, surreali, che si discostano meglio dal mondo reale rispetto ai film e ai mezzi di evasione più comuni, come droga e prostituzione.

La sessualità nell'80% degli anime e manga è molto esasperata, e non soltanto negli hentai (i porno). Questo perché l'otakuzoku è una tribù di repressi incapaci di rapportarsi tra loro, e la società occidentale sembra che stia seguendo tale tendenza, diventando una gigantesca scuola media all'aria aperta in cui i fighi della classe si fanno le foto su Instagram e gli sfigati incel rosicano in un angolo, alimentando frustrazioni a non finire. Il manga in questo caso diventa quindi la via di fuga ideale: nella maggior parte delle (non)storie anime degli ultimi anni, di solito il protagonista è un ragazzotto rimbambito e nella media che si ritrova senza alcuno sforzo un harem di belle ragazze tutte per lui.  Il genere harem è quindi una bieca pseudonarrazione riparativa delle sofferenze incel, così come il lolicon lo è per quell'altra categoria di "sfigati" che non hanno mai potuto vivere un sincero amore giovanile. Tutti questi surrealismi sono pertanto come una droga sintetica che aiuta a soffrire di meno in una società non più costruita a misura d'uomo, ma a misura di un nulla che ormai si sta attorcigliando su sé stesso tra finte ideologie, specchietti per le allodole di un consumismo selvaggio e un disagio esistenziale che non ha precedenti nella storia dell'umanità.

Il nostro Manuel, al quale sto rispondendo con questo post, è arrivato inoltre a concludere che chi gioca ai jrpg, ossia i giochi di ruolo giapponesi, ha più problemi esistenziali rispetto a chi gioca con sparatutto e affini. La veridicità di tale asserzione la si può esprimere con la domanda: "cos'è più pseudonarrativo tra un jrpg, ossia un romanzo fantasy virtuale, e un gioco d'azione da spiaggia tipo Metal Slug ?". Ovvio che sia il primo. Non mi ricordo chi mi aveva detto "Xenogears mi ha caricato di troppe aspettative nei confronti dei rapporti di coppia", ma siamo sempre lì. In Xenogears infatti c'è la storia d'amore più romanzata e pseudonarrativa possibile, che sopravvive addirittura a molteplici reincarnazioni ed intrighi millenari (buona fortuna). Sicuramente, per chi ha avuto problemi nella sfera relazionale, dei giochi con amori e amicizie così potenti saranno di nuovo delle panacee non da poco. Talvolta delle cose che spingono ad andare avanti di fronte ad una Wasteland senza possibilità di riscatto.

Di recente mi è capitato di incontrare dei ragazzi che stavano lavorando su un loro jrpg. Tutti single, uno mi ha parlato della sua vita, che per lui è stata una delusione, e che quindi realizzare il gioco era la sua unica possibilità di riscatto. Non basta più giocare e fuggire: bisogna produrre la pseudonarrazione per salvarsi. E intanto la bella cosplayer nell'altro tavolo lì accanto aveva il fidanzato palestrato che progettava un picchiaduro. Vi è quindi di nuovo una palese correlazione tra jrpg e incel: i jrpg sono, allo stesso modo degli harem et similia, pure pseudonarrazioni riparative di latenze relazionali e sentimentali. Lo stesso gioco Undertale, da essi molto amato e idolatrato, è un gioco in  cui si può scegliere se uccidere o no la propria madre sostituto, il che è francamente tremendo e indice di un'elevata disfunzionalità affettiva. Ciò detto, per me la parabola jrpg si è conclusa con Yume Nikki : un hikikomori anonimo, quindi senza neanche aver sposato la solita pseudonarrazione del successo tipica del nostro tempo, prende Rpg Maker e crea un suo solipsismo malato colmo di disagio e  solitudine, con suicidio finale. L'illusione è finita e tanti saluti.

In conclusione, che cosa si guadagna a fuggire dalla realtà mediante pseudonarrazioni? Nulla, perché poi il tempo passerà, e ci si ritroverà vecchi senza aver mai veramente vissuto (un po' come Urashima Tarou nel palazzo del Dio Drago, o i bambini decrepiti di Akira ). Per "vivere" intendo anche solo "provare a vivere", che di per sé è una cosa che necessita di un certo coraggio, dato che siamo ancora qui a raccogliere le macerie di una società ormai giunta al capolinea. Si soffrirà, si starà male, si prenderanno tante batoste. Si verrà rifiutati o ignorati. Sì farà tanto per poi ottenere nulla. Ma almeno sarà stato tutto vero. E poi magari chissà, qualcosa di bello capiterà.

21 commenti:

  1. Qualche tempo fa mi è stato chiesto in privato da un certo Manuel: "ma perché la maggiorparte della gente che guarda anime o legge manga ha dei problemi?" Basta guardare a quanta merda viene prodotta/consumata(in questo caso anime) per rendersi conto del disagio che ci può essere nella fanbase anime(soprattutto per quanto riguarda le tematiche o il modo in cui vengono affrontate).Manca un'animazione che colpisca i suoi fruitori/consumatori(ad esempio titoli come Aku no Hana,Aoi Bungaku Series o Texhnolyze).

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    1. Sì certo, concordo. Purtroppo gli autori capaci di giudizio critico invecchiano o muoiono, e non c'è alcun ricambio generazionale.

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  2. Questa domanda mi sa molto di Revenger...

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    1. No, l'ha fatta un'altro. Usa un nick comunque, altrimenti si fa confusione tra i vari anonimi. Basta che fai "rispondi come" e ti scegli un nick.

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  3. Qui sembrerebbe spontaneo rispondere nella maniera più aneddotica, del tipo "mah, ho conosciuto X,Y,Z che seguivano abbastanza anime e manga e di superficie non mi parevano alienate ecc.". (Parlo di ragazze... Qui ci starebbe bene il coro di reazioni ambigue e misogine tipiche della scuola elementare/media stereotipata! :DDD) (N.B. nel caso per qualcuno faccia differenza: ho impressione che non facessero cosplay. :D)

    Per il resto, io leggo riferendomi a un po' di materiali e stereotipi sentiti nominare (ed espandendo a intuito) e a pochissime opere fruite effettivamente, e da tutto ciò concordo più o meno con il post. Al di là del campo anime/manga/videogame, il fatto che io sia abbastanza affezionato a Kraina Grzybów evidentemente significa che io abbia dei problemi :-| E senza dubbio sono il primo a sognare di crearsi la propria pseudonarrazione, e ad avere sentimenti contrastanti sul fatto che altri me ne abbiano fornite. (Partendo da questo, per me si finisce a discutere delle pulsioni artistiche in generale, cosa credo già fatta o allusa.)

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    1. Ciao *lui*, sicuramente non tutti quelli che usufruiscono di anime e manga sono casi umani estremi, ma una componente di difficoltà ad accettare la realtà c'è sempre. Al di là della sua natura leggermente provocatoria, il senso del post è questo. Che poi alla fin fine è la stessa riflessione di Takahata Isao e dello stesso Anno Hideaki.

      Penso che il sentimento base di ogni appassioanto sia la necessità di crearsi pseudonarrazioni compensative. Un po' tutti abbiamo iniziato così alla fin fine.

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    2. Sì, in fondo è così. Beh, io a volte cerco di stemperare toni assoluti, a volte tendo a estremizzarli per qualche comunanza di sensazioni ed esperienze.



      (Sarei curioso di sapere che ne pensi di Kraina Grzybów: probabilmente a vederla da adulti sembra una stupidaggine, ma credo che (non-)narrativamente sia fatta bene e rappresenti un po' di sensazioni e simboli in modo suggestivo.)

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    3. Io sono un po' idealista e un po' trollino quindi mi è piaciuta sia la domanda di questo Manuel che fornire una risposta così diretta e sincera (che a quanto pare sta generando flame su faccialibro, a conferma della veridicità scientifica di ciò che ho scritto :P)

      Kraina Grzybów non lo conosco, ma potrebbe interessarmi. Vedo se lo trovo sul tubo. ;)

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    4. Ho visto due episodi sul tubo. Mi sa tanto di rappresentazione surrealistica della depressione femminile. Il rapporto con la sessualità, la crescita, la madre (la mucca). E quindi gli altri (il gatto). Conosco bene le motivazioni dell'abulia femminile.

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    5. (Qualcuno condivide questo blog su Facebook? Curioso.)

      Felice che ti sia interessato. Da parte mia vedevo la serie appunto come una sorta di "romanzo di formazione" allucinato dai pessimi esiti (fra l'altro, sembra quasi che gli episodi successivi divengano più lineari).

      Il dubbio di interpretazione basilare su quella serie è sempre stato, a dire il vero, se significhi effettivamente qualcosa o siano sequenze a caso; poi ci si è chiesti se esista (e quale sia) una vicenda "concreta" al di là della rappresentazione psicologica: personalmente penso ci sia, poi il contesto storico (Polonia primi anni '90) è abbastanza chiaro, ci sono curiosi riferimenti culturali impliciti ecc.)

      [Nota: anche se i sottotitoli italiani sono migliorati rispetto ad anni fa (e ora YouTube non permette più di editarli), hanno qualche errore. Sto provando per divertimento a migliorare l'adattamento (per quanto possibile senza conoscere il polacco, fortunatamente ci sono buoni strumenti) e la temporizzazione.]

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    6. La depressione femminile mi sembra il tema ricorrente comunque. :)

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  4. Da appassionato di videogiochi ottantino (infanzia) e novantino (adolescenza), ho trovato questo post molto intelligente e veritiero. Sicuramente generazioni successive alla mia hanno più e più inteso "il mondo dei videogiochi" come un ambiente di evasione ed escapismo pseudonarrativo, e questo è andato di pari passo con l'aumento "realismo immersivo" dei videogiochi. Ma in effetti, anche nel loro ruvido simbolismo grafico, i JRPG erano "narrazioni pseudointerattive" fin dall'inizio, quindi proprio l'ideale per diventare pseudonarrazioni ad uso e consumo dell'utente escapista. In questo, un JRPG è da sempre come un manga o un anime dalla fruzione ancor più immersiva. quanto gli shooting game, c'è da dire che il padrone di cosa ha qui pensato a cose giocosamente simboliche come Metal Slug, ma se pensiamo ai violentissimi e immersivissimi "first person shooter" del giorno d'oggi mi viene da alzare un sopracciglio. Mi ricordo di un personaggio del remake di Tim Burton di Charlie and the Chocolate Factory, dove una delle maschere fisse di nevrosi infantili contemporanee era indossata proprio da un bimbo iperattivo assuefatto a quel genere di videogiochi.

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    1. La veridicità del post è altresì confermata dal flame che ha generato, stando a quello che mi hanno detto, in un gruppo Facebook in cui la gente attaccava la mia persona senza contraddittorio (non mi sono abbassato ad andare da loro) e senza fornire motivazioni convincenti per confutarlo. E' il solito solipsismo da social media, nel quale ci si pettina l'ego in un gioco di specchi e illusioni del sé. Solite malattie della postmodernità, enlla quale ormai, come mi faceva notare anche l'altro giorno un mio amico di Milano, non si può più pensare di dire la verità alla persone: si offenderebbero e reagirebbero come bambini dispettosi e irrispettosi.

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  5. Sono un appasionato sia di videogichi, che di anime e manga, ho però anche una famiglia mglie e figli ed ho fatto anche un discreta carriera lavorativa, quindi si ammetto che da giovane ero un hikikomori, ma col passare degli anni anche se tutt'oggi vedo parecchi anime, appasionato sopratutto di isekai, credo di essere una persona con i piedi per terra e che guarda in faccia la realà. Credo che invece di parlare del problema dovuto agli anime, sia il contesto familiare e/o amicizie che vada verificato prima di additare qualcosa o qualcuno come responsabile della situazione singola di una persona.

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    1. Ciao, son felice che da hikikomori tu sia passato a diventare un padre di famiglia e ti faccio i complimenti. Ciò detto, il mio post è parecchio sottile e facile da fraintendere: io dico che è la società (post)moderna a creare hikikomori, otaku ecc. dediti a consumare narrazioni compensative. La "compensazione" che mettono in atto è proprio quella che permette loro di sopravvivere in una società decadente, dalla quale si hanno contesti familiari fallimentari e amicizie superficiali e venefiche.

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  6. MA DOVE STA SCRITTO CHE CHI GUARDA ANIME DEVE PER FORZA AVERE DEI PROBLEMI ? Per molti l'animazione giapponese è una passione o un hobby portato avanti con difficoltà (dato che la televisione non aiuta e, per acchiappare materiale nuovo o "inediti datati" si devono ringraziare i fansub o i siti di straming) e gli editori hanno da tempo "tradito" gli appassionati non pubblicando o ripubblicando titoli spariti da tempo, permettendo loro di poterli rivedere quando possibile (la vicenda Gundam lo dimostra). Qul l'unica cosa che deve cambiare è la mentalità, MA NON SUCCEDERA' MAI!

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    1. Scusami, ma ti chiederei di rileggere l'articolo e i commenti e di ripensarci un minuto. Non è dato per scontato che chi guarda anime ecc. abbia problemi: la tesi è che ciò risulti in certe occasioni, in dipendenza dalle diverse generazioni e contesti.

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  7. Il punto è che gli anime/manga nascono come una forma di intrattenimento che a volte può sfociare in dipendenza come qualsiasi altra cosa presente in questo mondo... Per questo ritengo completamente inutile parlare di questo argomento perché ognuno ha un proprio bagaglio di vita e non si potrà mai fare di tutta l'erba un fascio... . Neanche in quella parte che tu chiami problematica poiché non sai nulla del loro passato, formazione, cultura e soprattutto il loro modo di pensare dato che è scientificamente provato che non proviamo le cose allo stesso modo. Ovviamente le mie parole per la maggior parte di voi andranno al vento, perché preferite avere ragione da entrambi i lati scannandovi. Ovviamente poi se inizierete a parlare su basi concrete di una singola persona dopo vari controlli medici allora potrò prendere seriamente il discorso.

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  8. Ciao Francesco, ho letto con estremo interesse il tuo post. Io sono una fan sfegatata dei JRPG e di Xenogears in particolare, un titolo oggi che ricordiamo solo in pochi, ormai. Io sono nata nel '91 e faccio parte di quella che veniva chiamata "generazione Playstation"; i videogiochi erano uno status symbol quindi non li ho mai visti oggetto di esclusione, anzi. Devo dire che giocare ai videogiochi era per me uno strumento per avvicinarmi agli altri. Ricordo benissimo che chiesi la PS1 al mio settimo compleanno perché "l'avevano tutti". Poco più grande, verso i nove/dieci anni, ho iniziato ad essere vittima di bullismo a scuola (prima lieve, poi pesante durante le medie per via di una classe molto difficile...). Final Fantasy VIII è stato spesso considerato uno dei titoli minori della saga ma per me è stato un vero e proprio miracolo, potevo vivere in prima persona una storia che parlava di amore e amicizia, elementi che nella mia vita mancavano (tranne l'amore dei genitori). Poi iniziai ad amare il Giappone e gli anime e manga sono stati - non solo contenitore di esperienze che non potevo vivere nell'immediato - un mezzo per viaggiare "zero cost" verso il Giappone :D per me videogiochi, anime e manga sono stati una vera e propria fuga dalla realtà distruttiva che stavo vivendo, sicuramente ho avuto problemi relazionali in adolescenza, poiché mi mancava avere amici d'infanzia, una compagnia, fare esperienze. Negli anni le cose sono un po' cambiate ma ho preso le distanze da coloro che consideravo troppo "eccessivi", troppo "fissati". Vi dico solo che una volta ho frequentato per un mesetto una persona così credendo di aver trovato la mia anima gemella, sono scappata via disperata perché era "troppo"... ero io all'ennesima potenza. Per tal motivo ho avuto sempre partner che non conoscono anime, manga, videogiochi... o meglio, si fermano sulla soglia del "mainstream" senza approfondire e mi va bene così. Questa è senza dubbio una scelta personale, poi c'è chi fa quello che crede. Spesso ho giudicato lo stile di vita altrui, ho un'amica che ama i giochi da tavolo e vuole solo partner con cui condividere questa passione, non a caso passa intere giornate chiusa in casa con il fidanzato di turno e si abbandona a partite fino a sera. Questa fuga dalla realtà la trovavo controproducente ma alla fine, a 31 anni, posso solo dire che ognuno è libero di fare ciò che gli pare, di trovare la felicità in qualsiasi cosa e che le cose che per noi sembrano irrinunciabili possono essere inutili per gli altri. Per questo ho smesso chiedermi se quello è strano, quell'altro no. Ognuno di noi ha semplicemente punti di vista diversi di vivere la sua vita (ovviamente senza sfociare in condizioni debilitanti e patologiche).

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    1. Ciao elhaym, mi sembra di ricordare che tu avessi già commentato la recensione di Xenogears, se non erro. La fuga riparativa nei propri feticci adolescenziali comunque è cosa tipica da millennial. Se guardo ai ventenni di oggi, sono talmente assuefatti dal disagio sociale che non si pongono neanche più il problema. La maggiorparte dei trentenni che conosco invece riconoscono di sentirsi un po' come Urashima nel palazzo del dio Drago, ossia in qualche modo congelati nei propri fetish. Fetish quali possono essere storie d'amore trasognate ed eterne e con le reincarnazioni (lol), mondi in cui tutto funziona alla grande come quello dei giochini dei Pokémon ecc. Tuttavia il tempo passa, e il prezzo di tutto ciò lo si sente. Soprattutto in una generazione come la nostra, che ha vissuto in prima persona il disastro sociale avendo comunque coscienza di come si stava bene prima (il magico mondo dei nonni). E' questo il vero punto del discorso, secondo me.

      Per quanto mi riguarda, ormai questi feticci me li sono definitivamente scrollati di dosso. Mi va bene la vita così com'è: mi va bene la merda. Non penso di avere più bisogno di coprirla con un disegnino colorato o una bella narrazione che dice che in realtà non lo è. Ma in fondo sono sempre stato scettico e autocritico. A 14 anni già leggevo Gurdjieff, quindi non poteva che andare così. Non ho paura di soffrire.

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    2. " La maggiorparte dei trentenni che conosco invece riconoscono di sentirsi un po' come Urashima nel palazzo del dio Drago, ossia in qualche modo congelati nei propri fetish" Tutto vero.

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