sabato 27 dicembre 2014

Nozomi in the Sun (Jane e Micci/Che segreto!): Recensione

Titolo originale: Sasurai no Taiyō
Regia: Chikao Katsui
Soggetto: basato sul manga di Keisuke Fujikawa e Mayumi Suzuki
Sceneggiatura: Keisuke Fujikawa, Hiroyuki Hoshiyama, Shunichi Yukimuro
Character Design: Shinya Takahashi
Musiche: Hideki Fuyuki
Studio: Mushi Production
Formato: serie televisiva di 26 episodi
 Anno di trasmissione: 1971


"Sasurai no Taiyou", conosciuto in italia per i suoi adattamenti denominati "Jane e Micci" e "Che Segreto!" è il primo anime musicale della storia. Non esistendo alcun gruppo di fansub inglese che si sia preso l'onere di fornire un'adattamento fedele all'originale, ho dovuto seguire l'anime nella sua versione "Che Segreto!", nella quale i nomi dei personaggi sono stati italianizzati. L'opera tratta la storia di Nozomi (Nicoletta), una ragazza di umili origini la quale deve farsi strada nel mondo della musica partendo da zero; molteplici saranno i colpi bassi, le torture psicologiche e le cattiverie pure delle quali ella sarà l'oggetto, sopratutto da parte della sua odiosa rivale Miki (Michela), una ragazza ricca, altolocata, che ovviamente può permettersi sconti ed agevolazioni nella sua carriera di cantante grazie al denaro e alle raccomandazioni dei genitori.

sabato 20 dicembre 2014

Caro Fratello: Recensione

 Titolo originale: Oniisama e...

 Titolo inglese: Brother, Dear Brother 

Autore: Riyoko Ikeda

 Tipologia: Shoujo Manga 

 Edizione italiana: Star Comics

Volumi: 4

Anno di uscita: 1975  



"Oniisama e...", alias "Caro Fratello" per noi italiani, è un'ottimo esempio di shojo anni '70 d'autore. All'epoca, i manga rivolti alle ragazze erano molto melodrammatici, tragici, conditi da eventi spiacevoli, storie d'amore (anche omosessuali) coadiuvate da un triste destino, critica sociale più o meno velata. Uno shojo del 1975 adesso come adesso verrebbe catalogato come seinen. Sono infatti innumerevoli le scene di morte, di disperazione, di violenza fisica e psicologica; inoltre, Ryoko Ikeda, l'autrice di "Versailles no Bara", in questo caso sembra averci calcato un bel po' la mano. Persino l'annichilente e nichilista finale non stona affatto con le precedenti pagine, grondanti pura tragedia greca mista a disagio esistenziale - si pensi al personaggio di Rei Asaka/"Saint-Just" e alla sua camera piena di specchi, la quale riflette la narcisistica solitudine del suo animo -, incomprensioni e amori - spesso proibiti - non corrisposti.

martedì 16 dicembre 2014

Avalon: Recensione

 Titolo originale: Avalon
Regia: Mamoru Oshii
Soggetto: Kazunori Ito, Mamoru Oshii
Sceneggiatura: Kazunori Ito
Musiche: Kenji Kawai
Casa di produzione: Bandai Visual, Media Factory, Miramax
Formato: film cinematografico
Anno di uscita: 2011


 2001, Mamoru Oshii torna sul palcoscenico internazionale con una nuova opera: "Avalon". Questa volta il "maestro" si destreggia nel girare un film in "carne e ossa", anziché animato, e la sua mano è chiaramente visibile anche solo per quanto riguarda le inquadrature, il ritmo lento e lo stile minimale (senza dimenticare l'immortale "Bassethound").
Tuttavia è il lato tematico quello che rispecchia maggiormente l'influsso artistico da parte dell'autore. Oshii sfodera le sue lame più affilate e le fa danzare assieme, nuovamente, per colpire in modo incisivo e tagliente il cuore dello spettatore. Non penso che corrisponda a empietà l'affermare che questo film riunisca la maggior parte dei suoi topoi più caratteristici, dalla critica sociale all'indagine dei sensi attraverso la realtà virtuale. Nondimeno, ciò che è vecchio e ciò che è nuovo qui si mescolano, dando vita a un film estremamente brillante e piacevole da seguire.

venerdì 12 dicembre 2014

Kant: Recensione

 Titolo originale: Kant

Soggetto: Takeshi Otani

Disegni: Roberto Pentassuglia, Marianna Guarnieri

Seneggiatura: Roberto Pentassuglia

 Tipologia: Produzione Indipendente

Volumi: 1

Anno di uscita: 2014 

 

«L'incontro avviene la prima sera d'estate. Si entra nel bosco come bambini e se ne esce come adulti. Non è un cambiamento fisico quanto una sorta di consapevolezza.
Noi l'abbiamo sempre considerato un gioco, un'avventura, una curiosità morbosa di sapere come sarebbe stato una volta avuto il proprio Es.
Per diventare adulti nella società bisogna mostrare il proprio Es. L'incontro avviene nel bosco che circonda il villaggio.
Lo chiamiamo villaggio perché così ci hanno insegnato, ma potrebbe essere un borgo o una grande città. Le parole non bastano per descrivere l'essenza delle cose. Per questo serve l'Es. E' ciò che caratterizza le persone e i luoghi. I nomi e le descrizioni non sono nulla di fronte all'immagine.
Dare vita ad un'idea, fornirle voce e corpo, questo è il miracolo che chiamiamo Es. Queste presenze dotate di vita propria sono il sigillo del destino. Indicano cosa diventerai nella vita, quali grandi mete ti sono destinate.
»

mercoledì 10 dicembre 2014

Ai City: Recensione

Titolo originale: Ai Shiti
Regia: Kouchi Mashimo
Soggetto: basato sull'omonimo manga di SYUFO
Sceneggiatura: Hideki Sonoda
Character Design: Chuuichi Iguchi
Musiche: Shiro Sagisu
Studio: Toho, Movic, Ashi Productions
Formato: film cinematografico
Anno di uscita: 1986


In una marea di robaccia dimenticata, c'è sempre della robaccia buona. "Ai City" emerge dal marasma degli OAV anni '80 filo-statiunitensi in modo quanto mai eclatante e sborone: già la scena di apertura è tutta un programma. Si accendono le luci della città, ed ecco che parte una musica J-POP composta da un'ispirato Shiro Sagisu che rimanda ai gloriosi fasti di "Megazone 23"; le trombe midi squillano, le chitarre elettriche ringhiano aggressive, scandiscono note possenti, meccaniche; sono ritmi da musica dance, quella vera, e vengono giustamente coadiuvati da un cantato banale e senza senso alcuno. E lo spettatore, che se ne sta lì, sdraiato sul divano con lo sguardo apatico e fiacco, anch'egli diventa anni '80. Gli crescono i capelli, con tanto di tinta ed acconciatura Glam Rock, mentre si esalta di fronte all'inseguimento iniziale alla "Miami Vice" animato a ventiquattro frames al secondo, pieno di luci, colori, ombreggiature e riflessi studiati al dettaglio. I grattacieli, le donne alte due metri, gli esper che devastano tutto muovendosi con delle coreografie che paiono appena uscite da un video di Michael Jackson... che l'esaltazione abbia inizio. Ci vuole lo stato d'animo giusto: gli anni '80 bisogna sentirli dentro. Bisogna riviverli.

lunedì 8 dicembre 2014

Remì Senza Famiglia - Recensione


  Titolo originale: Ie Naki Ko
Regia: Osamu Dezaki
Soggetto: basato sul romanzo "Senza Famiglia" di Hector Malot
Sceneggiatura: Haruya Yamazaki, Tsunehisa Ito
Character Design: Akio Sugino
Musiche: Takeo Watanabe
Studio: Tokyo Movie Shinsha
Formato: serie televisiva di 51 episodi
Anni di trasmissione: 1977-1978


«Remì, ti senti felice o infelice in questo momento? Pensaci, voglio una risposta precisa.» 
«Non... non lo so proprio.» 
«E' una risposta giusta. Purtroppo non possiamo mai saperlo. Se tu pensi alla tua felicità di una volta, allora ti capita di sentirti infelice adesso. E se invece ti senti felice adesso e pensi di essere stato infelice in passato, questo vorrebbe dire che non sai cosa sia la felicità. Sai ragazzo, da questo villaggio è uscito un uomo che un giorno diventò Re. Non voleva essere povero, e così si mise a lavorare sodo, e combatté, e uccise molti nemici, e alla fine diventò il Re di Napoli. Ma quell'uomo una volta mi disse che rimpiangeva i giorni in cui era un semplice ragazzo di paese. Non mi disse il perché, ma io lo sapevo benissimo.
Non possiamo cambiare il destino di una persona, né il suo passato né il suo presente, e non sappiamo se è felice o no.
» [Vitalis si rivolge a Remì]