martedì 19 agosto 2025

Jakubisko e la morte dell'illusione (by Molly)

  

  


Uccelli, Orfani e Pazzi, titolo della pellicola di Juraj Jakubisko datata 1969, è un'opera che mette in luce il declino dell'animo umano con la follia intrinseca della corrente cinematografica della Nová Vlna. Una follia incisiva, decisiva, che in questo caso fa da tematica portante a quest’ora e venti di film.
I tre protagonisti sono orfani, non solo di genitori, ma anche di qualsivoglia identità sociale. Difatti vivono in un mondo devastato e privo di punti di riferimento, nel quale sono spronati ad andare avanti unicamente in nome della succitata follia.

Ma cos'è esattamente questa follia tanto nominata nel film? 

La follia è una filosofia di vita, schermo protettivo contro l'annichilimento emotivo, la tristezza e la consapevolezza. Una sorta di strategia di sopravvivenza
Yorick, Ondrej e Martha rifuggono infatti costantemente nella follia, salvo brevi attimi di perentoria lucidità.

 I primi due vivono insieme in una chiesa diroccata al centro di una città senza nome: non si sa da quanto tempo vi risiedano o quando si siano incontrati. Un giorno, durante una delle notti scanzonate di Yorick, Martha, capelli rasati e un modo di fare al contempo schivo e giocoso, arriva lì quasi per caso. L’indole di quest’ultima ben si sposa con la filosofia di Yorick ed Ondrej, i quali però non sono simili come si potrebbe pensare. Ondrej infatti, l'unico a lavorare fra i nostri, è un contemplatore, un misogino che ama dilettarsi con la fotografia, mentre invece Yorick è un lottatore, un donnaiolo che preferisce vivere direttamente la vita piuttosto che rifugiarsi nella sua rappresentazione. In pratica Yorick e Ondrej incarnano l’archetipo delle due categorie in cui Schopenauer aveva diviso gli esseri umani, lottatori e contemplatori per l’appunto.

I personaggi trascorrono gran parte delle loro giornate nella chiesa abbandonata, con gli uccellini colorati che svolazzano tutt’intorno; vagano senza meta, si fanno gli scherzi a vicenda, giocano con qualsiasi cosa gli capiti a tiro, come se fossero i giullari di un circo.

Nonostante di fatto siano adulti, sembra che l'infanzia non sia mai terminata per loro, forse perché non ne hanno mai avuta una reale. Non è neanche chiarissimo il loro passato: quello che dice Yorick in merito a sé stesso sembra quasi inventato, mentre invece Martha sostiene di aver perso i genitori durante l’olocausto. 
Nati sconfitti, Yorick, Ondrej e Martha si attaccano con le unghie alla loro follia, ma quando essa viene meno, la consapevolezza della loro condizione lascia spazio ad abissi interiori decisamente al di fuori della loro portata
Il culmine del dualismo tra vitalistica follia e opprimente vuoto dell'animo viene incarnato dal "proprietario di casa", un anziano meglio conosciuto come "Il Saggio", un personaggio poco presente ma parecchio affascinante, che sembra in effetti predire il futuro dei nostri. Egli è fondamentalmente solo, e alterna un esasperato ed infantile entusiasmo a profonde esternazioni di dolore e rimpianto, come ad esempio quello di non aver mai imparato a suonare il piano.

 

 

 

Ma poi, in fondo, non importa veramente sapere il passato dei personaggi. Basta soltanto sapere che ciò che hanno vissuto li ha ridotti a uno stato di fuga spasmodica e delirante.
Il mondo che circonda Yorick, Ondrej e Martha pare non avere regole: la follia non è di certo una loro esclusiva. 
La miseria tutt’intorno è dilagante, fatta di edifici distrutti, gente accasciata sulle strade, gente priva di qualsivoglia forma di ideale o aspirazione.
A un certo punto i due protagonisti maschili si innamorano di Martha, la quale, con la sua bellezza e giocoso erotismo, riesce a frantumare la rigidità del cuore di Ondrej e a far provare un concreto interesse al libertino Yorick.

 

 

 

Da qui in poi, in una metaforica cacciata dall’Eden, a causa di un imprevisto l’equilibrio di un’adolescenza protratta ad libitum viene interrotto, e gli eventi precipitano. Passa un anno e la follia di Yorick, da escapistica qual era, diventa rancore. Gli uccellini spariscono; la chiesa sembra essere diversa da prima e Martha e Ondrej sono cambiati con essa. 
Mentre il Saggio è felice di aver finalmente imparato a suonare il pianoforte, Yorick è sempre più grigio e succube del suo tormento.
Il finale, come presagito fin dalle prime scene del film, si tinge rosso sangue. 

 

*** Considerazioni Personali ***


Uccelli, Orfani e Pazzi incarna perfettamente gli elementi tipici del cinema cecoslovacco, dal visionario surrealismo alla narrazione poco lineare. 
La camera a mano di Jakubisko cattura la frenesia dei personaggi, coinvolgendo lo spettatore e portandolo a riconsiderare continuamente le proprie aspettative. Ogni movimento di macchina che serpeggia fra le macerie enfatizza la caducità della vita, l'inarrestabile flusso del caos pronto a inghiottire qualsiasi cosa. 
Questo film mi sta particolarmente a cuore poiché lo sento estremamente vicino al mio modo di resistere alla vita
Quando il caos ti porta a nascere in un contesto socioeconomico sfortunato, gli eventi sembrano essere succubi della sfortuna e nondimeno la salute, già in giovane età, inizia a vacillare, l'escapismo diviene un qualcosa di fondamentale.
Esistono varie forme di escapismo: la follia pseudo-fanciullesca raccontata da Jakubisko non consente ai personaggi di andare avanti concretamente, quanto più di rimanere in vita, cercando qualche emozione positiva che possa dare un senso alle loro giornate. La loro condizione è estrema e quindi la strategia di sopravvivenza necessaria ad affrontarla, per tutta reazione, diventa a sua volta estrema, stucchevole e inappropriata. Ma purtroppo è l'unica via da loro percorribile.
A mio parere il film non critica del tutto questo tipo di mentalità, ma ne tratteggia senza dubbio le problematiche.
Fino a quanto ci si può proteggere in questo modo? Il rischio è di finire come Yorick: devastato da emozioni fuori controllo che non aveva imparato a gestire. 

 

 

 

Passare da un'infanzia prolungata e autoindotta alla durezza del reale senza alcuna preparazione porta il nostro personaggio a manifestare il suo lato più egoista e sofferente: di conseguenza la giocosa follia che gli aveva consentito di fuggire si trasforma, assumendo tinte macabre.
Questo fatto mi ha portata a riflettere su dinamiche quotidiane e personali.
Come può formarsi l'intelligenza emotiva, oltre che senza una guida, rimanendo fermi nel proprio guscio? Come dicevo, rifugiarsi in ciò che ci rassicura è una cosa essenziale, perché nella giuste misure permette al nostro Io di prendere fiato, di trovare il conforto necessario ad andare avanti. Ma quando si supera la soglia massima, o in qualche modo la realtà decide di entrare con prepotenza dalla nostra porta, tutto questo ci si ritorce contro, rendendoci molto vulnerabili.
Nel film i personaggi vivono in condizioni disastrose, rendendo quindi facile un giudizio esterno: un po' di equilibrio forse avrebbe potuto evitare la tragedia. Forse i tre avrebbero dovuto riconsiderare il modo in cui vivevano, magari trovare la forza dentro di loro, magari affrontare la vita con un approccio più sano e coscienzioso. 

Tutte cose ovviamente molto difficili quando là fuori ci sono più che altro macerie.  

 

 

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