mercoledì 10 settembre 2014

Brain Powerd: Recensione

 Titolo originale: Brain Powerd
Regia: Yoshiyuki Tomino
Soggetto: Hajime Yatate, Yoshiyuki Tomino
Sceneggiatura: Yoshiyuki Tomino
Character Design: Mutsumi Inomata
Mechanical Design: Mamoru Nagano, Takumi Sakura
Musiche: Yoko Kanno
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 26 episodi
Anno di trasmissione: 1998

 
"Brain Powerd" è un robotico anni '90 decisamente nella media. Scritto e diretto interamente da Yoshiyuki Tomino nella sua fase post-depressione (vi ricordate quel mattatoio di "V Gundam"?), questo anime è una vera e propria celebrazione della figura femminile in salsa New Age. Ancora una volta, con quest'opera, il regista torna ad affrontare il tema a lui più caro, quello dell'incomunicabilità tra le persone, aggiungendoci anche riflessioni sulla crisi della famiglia moderna in cui la figura della "madre che cresce i figli" è diventata sempre più rara. Infatti, molti personaggi di "Brain Powerd" sono tormentati dal rapporto che hanno (o hanno avuto) con i genitori, soffrono per la perdita della madre (o della nonna) come figura di riferimento, sono abbandonati a loro stessi.
In quest'opera, così come nel successivo "Turn A Gundam" (che uscirà un anno dopo, nel 1999), si osserva che Tomino ha riacquisito fiducia nel genere umano: i suoi messaggi sono coadiuvati da un insolito "happy ending" assai più positivo dei truculenti finali di "Z Gundam", "Ideon" e "Aura Battler Dunbine".


Al di là della nobiltà dei contenuti (in una società estremamente patriarcale come quella giapponese, elogiare così direttamente la femminilità è un scelta molto coraggiosa), "Brain Powerd" rimane comunque una serie nella norma, che non fa di certo gridare al capolavoro. La sceneggiatura è volutamente molto frammentaria e veloce, in modo da far sembrare le vicende completamente estranee allo spettatore. All'inizio della serie quest'ultimo rimarrà spiazzato in quanto vengono introdotti millemila concetti senza alcuna spiegazione: "Brain Powerd", "Orphan", "Revival", "Grand Child", "Antibody", "Plate"... vi avverto: sarà peggio della prima lezione di matematica della vostra vita, in cui il professore aveva riempito la lavagna di strani simboli di cui nessuno aveva capito nulla.


Allo stesso modo dei suoi personaggi, prigionieri di sé stessi e rinchiusi in continui monologhi, anche l'opera in questione si comporta come un lungo monologo di 26 puntate in cui l'osservatore esterno difficilmente riesce a penetrare. "Brain Powerd" parte in quarta e se ne va per i fattacci suoi, senza comunicare con lo spettatore e senza fornirgli alcuno spunto di identificazione con le vicende narrate e con i personaggi. L'incomunicabilità in quest'opera è assoluta e a doppio taglio: i personaggi non comunicano tra loro e lo spettatore non comunica con "Brain Powerd".


Le vicende dei protagonisti ruotano intorno ad una misteriosa entità di origine aliena a forma di astronave, "Orphan", che vive nelle profondità dell'oceano e che si nutre dell'energia dei pianeti in cui si stabilisce, per poi successivamente migrare verso lo spazio (no, non è il "Lavos" di "Chrono Trigger"!). I principali antagonisti della serie sono gli "Antibody" di "Orphan", delle persone condizionate dall'immondo essere (?) che, a bordo dei "Grandchild", lo difendono da quelli della "Novice Noah", che pilotano i cosiddetti "Brain Powerd" (praticamente dei "Grandchild" non soggetti all'influenza di "Orphan"). In questa fazione fa capolino il "protagonista" Yu, uno dei pochi personaggi di sesso maschile presenti nella serie. I robot sono esseri organici e senzienti, presentano una cabina di pilotaggio inguinale e vengono chiamati "bambini" dai loro piloti in quanto sono appena "nati" dalle "Plate", dei cerchi magici rotanti che spuntano fuori da... boh, e chi lo sa! Comunque non ridete se in "Brain Powerd" i piloti si rivolgono al loro robot dicendo: "questo bambino ha paura", "questo bambino è nervoso" quando il bambino in questione è un coso alto venti metri e dal design accattivante, con un cannone laser nel braccio e una beam-saber ad energia karmica (?) nella mano. Evidentemente a Tomino piace molto prendere in giro gli animefan ed il robotico in generale, cosa che ha sempre fatto con molto piacere fin dai tempi di "Daitarn 3".


La sigla di apertura di "Brain Powerd" è un'opera d'arte a parte, che da sola riesce a trasmettere il messaggio finale dell'anime con una chiarezza cristallina ed una sempicità scoinvolgente. La donna nel cielo; la donna nel mare; la donna che ascende verso le nuvole, lasciandosi dietro una suggestiva stupa indiana; la donna che medita, nuda, di fronte alla testa del buddha... la sacralità del corpo femminile, che dà la vita, viene celebrata da bellissime scene di nudo con un sottofondo rock-new age (le musiche sono di Yoko Kanno, la stessa di "Cowboy Bebop"). Dieci pieno alla sigla, una delle migliori in assoluto per bellezza e capacità di sintesi dell'opera che introduce.


Spesso questo titolo viene erroneamente affiancato a "Evangelion". Niente di più sbagliato: in "Brain Powerd" non c'è postmodernismo, non ci sono sedute psico-analitiche, non ci sono scelte registiche alla David Lynch. "Evangelion" è una decostruzione del genere, mentre "Brain Powerd è un robotico tout court. Se poi i suoi personaggi si pongono alcuni problemi esistenziali ci sta; non è stato forse Tomino, con il suo "Gundam", ad introdurre in animazione il realismo psicologico?


Dal punto di vista tecnico, le animazioni sono assai minimaliste e a tratti legnose. Il character design di Matsumi Inomata (responsabile del design dei personaggi di tutti i capitoli della saga jrpg dei "Tales of") è di gran classe, e di certo rappresenta uno dei punti di forza della serie. I combattimenti tra i vari robot sono assai ripetitivi e poco spettacolari, in piena sintonia con il minimalismo che contraddistingue l'opera. Inoltre nel corso della serie non viene affatto spiegata l'origine dei "Brain Powerd" e dei loro affini: rimane una cosa in sospeso e comunque secondaria, in quanto l'autore preferisce concentrarsi sul messaggio che vuole trasmettere alle nuove generazioni.


Tomino è un po' come Van Gogh: le sue opere migliori sono nate in periodi di crisi depressiva e di lucida follia. Tuttavia, "Brain Powerd" è comunque un buon prodotto: ne consiglio la visione per comprendere meglio il pensiero del maestro nella sua terza fase artistica, quella più ottimista e meno sanguinaria. Altri robotici anni '90 che mi sento di consigliare sono "RahXephon" e "The big O", un altro lavoro della Sunrise, questa volta con lo script di Chiaki J.Konaka (lo stesso di "serial experiments lain", "Texhnolyze" e "Digimon Tamers").













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