Dato quello che sta succedendo in giro per il mondo, ho deciso di rispolverare una vecchia lettura sconosciuta ai più, ma ben nota a mia madre, che da giovane, un po' come me, era un'avida lettrice con una discreta sensibilità verso il sociale. Quindi, per ovvi motivi, lessi "Io, il mio nemico" da ragazzino, anche se all'epoca non avevo ancora la maturità necessaria per poterlo veramente capire, nonostante comunque, in qualche modo, lo avessi visceralmente assorbito e fatto mio (mi sembra di ricordare una fase della mia vita in cui volevo fare il militare e il giornalista). Fatte queste premesse, l'opera è appunto un capolavoro di giornalismo, quando il giornalismo ancora esisteva e non era perlopiù fake news o l'emblema dello sputtanamento e del partito preso come oggi. In sostanza, l'autore è un giornalista ebreo con un passato nell'esercito israeliano (paracadutisti, antiterrorismo), che nel 1986, di comune accordo con il suo giornale, decide di sfruttare il suo aspetto fisico e la sua profonda conoscenza della lingua e della cultura araba per fingersi palestinese.
domenica 29 ottobre 2023
venerdì 27 ottobre 2023
"Invidio la tua libertà": Riflessioni su una crisi tutta occidentale, identitaria e non solo
L'altro giorno è venuto a farmi visita un mio conoscente di lunga data che non vedevo più da molto tempo. Mi ha contattato privatamente sui social con l'intenzione di vedermi e siamo usciti a cena insieme, a Milano. Per questioni di privacy, lo chiamerò X.
X ha su per giù la mia stessa età, forse è più vecchio di me di qualche anno. E' fidanzato da anni con una ragazza di status sociale elevato ed è manager in qualche azienda finanziaria. I soldi e lo status, volendo anche la compagnia femminile, di certo non gli mancano. Dato che so che è diventato manager, l'ho portato in un posto abbastanza chic, per non offenderlo. Lui ha apprezzato la cosa e mi ha offerto addirittura la cena. Perché quindi scrivere un post su un'esperienza di vita così banale? Perché ormai, dopo questa ennesima esperienza di persona apparentemente "arrivata" che mi confida un grande disagio esistenziale, sentimentale e psicologico, avverto come una sensazione di "capolinea della società", di "fine dell'umanesimo occidentale", se così si può dire. Ho come il sentore che il mito del successo solitario che noi italiani, figli di una società provinciale e pastorale, abbiamo (forzatamente) importato dagli yankee - successo che poi, insieme all'invidia, è l'ultima roccaforte su cui si basa il nostro sistema di valori post-religioso e post-ideologico -, sia ormai diventato insostenibile, grottesco, e ovviamente perseguibile soltanto mediante l'auto-sedazione (i.e. la dipendenza da sostanze o dal sesso) o surrogati di amore (i.e. il cane, lo psicologo).
sabato 14 ottobre 2023
Antropofagia uscirà a breve: cosa dovrò dire nelle presentazioni?
Dato che un piccolo editore della provincia di Bari ha deciso di pubblicarmi il libro, un libro che uscirà a breve e che ha assorbito gli ultimi due anni della mia vita, e di pubblicarlo proprio a me, emerito Signor Nessuno della società italiana (ah, esiste veramente una "società italiana"? Forse mi sbaglio), ora mi chiedo: cosa dovrò dire della mia opera nelle presentazioni che sarò tenuto a fare? Il libro di punta della casa editrice, quello che ha venduto di più, che sta in alto nelle classifiche di Amazon eccetera eccetera, è quello di una ragazza borderline che racconta le sue sofferenze e le sofferenze che ha inflitto agli altri. Un'autobiografia molto sincera e onesta, ben scritta, tant'è che la ragazza in questione è finita pure in TV e ha avviato sui social un'attività parallela alla scrittura. Il mio libro, pur non essendo autobiografico, parla anch'esso di disturbi mentali e disagi sociali (e da qui credo sia nato l'interesse dell'editore), anche se, salendo sul predellino, non posso di certo dire "oh, raga, è la storia della mia vita di merda". E tutti: "poveraccio, ci fai quasi pena, mo' te lo compriamo". Questo perché Antropofogia, questo il titolo, è un'opera di narrativa, una cosa che vorrei avesse vita propria e, soprattutto, fosse slegata dalla figura del suo autore, cioè io. Ciò premesso, trattasi della storia di tre personaggi che hanno avuto gravi latenze genitoriali, che si ritrovano a lottare per sopravvivere in un mondo in cui le battaglie non avvengono mai ad armi pari, e in cui dietro a una facciata di buonismo, ottimismo e parvenza di benessere giace quel vecchio istinto antropofago che ha sempre caratterizzato la razza umana: una razza umana la quale, stordita dalle sue stesse nevrosi, dalla tecnologia e da falsi miti del progresso, è incapace di prendere coscienza della sua inevitabile autoconsunzione.